Abstract
Il Pakistan emerge nel 1947 come Stato indipendente, ma le correnti islamiste emergono presto come dominanti sulle aspirazioni democratiche; per questa ragione, il carattere islamista si rafforza e diventa evidente a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, periodo in cui si rafforza la trasformazione in uno Stato islamico vero e proprio.
Pakistan emerged in 1947 as an independent state, but Islamist currents soon emerged as dominant over democratic aspirations; for this reason, the Islamist character strengthened and became evident starting from the 1980s, a period in which the transformation into a true Islamic state was reinforced.
Introduzione – Un Passato Controverso
Durante l’era coloniale, l’India Britannica comprendeva un territorio immenso, di cui facevano parte territori che in seguito sarebbero diventate nazioni indipendenti, come il Bangladesh o il Pakistan; la partizione post-indipendenza fu dovuta ad una serie di fattori molto complessi, con particolare attenzione per il nazionalismo islamico. Si tratta di un fenomeno che nasce verso la fine del XIX secolo, e che si pone come obiettivo quello di contrastare la spinta uniformatrice di un ambiente a maggioranza induista.
Si pensi, in questo senso, al movimento Aligarth, che ebbe un ruolo primario per il nazionalismo islamico, ed era segnato dalla volontà dichiarata di modernizzare le società islamiche mediante un programma di riforme sociali ed educative. Un altro esempio è costituito dalla Lega Islamica Indiana, fondata nel 1906, che, mediante leaders come Muhammad ali JInnah, chiedevano la creazione di uno Stato Islamico separato nel sub-continente indiano.

Tale visione si basava sul progetto di creare uno Stato in cui fossero preservate le ‘aspirazioni’ culturali, economiche e politiche della consistente popolazione musulmana dell’India Britannica; inizialmente, tali richieste furono accolte con diffidenza dal Congresso Nazionale Indiano, i cui rappresentanti desideravano un’India unita e secolare. Ciò nonostante, l’idea di uno Stato islamico separato si fece strada nei primi decenni del XX secolo, e questa tendenza culminò con la Risoluzione di Lahore del 1940, in cui si chiedeva esplicitamente di creare uno Stato Islamico indipendente nelle aree settentrionali dell’India.
Uno Stato Islamico ‘Puro’
Dopo aver ottenuto l’indipendenza nel 1947, il Pakistan testimoniò la sua prima assemblea costituente nel 1949, che approvò la cosiddetta ‘Risoluzione sugli Obiettivi’, RO; quest’ultima definiva uno Stato con chiari caratteri islamici, e pose le basi per la legislazione degli anni e decenni successivi. L’Islam, in effetti, fu da subito uno strumento con cui i diversi leaders cercavano di accreditarsi e di conquistare il potere del neonato Stato.
La RO dichiarava esplicitamente che la sovranità del Pakistan e le sue leggi dovevano essere in accordo con la shariah, che doveva essere rispettata da tutti i musulmani del Paese; si tratta di clausole simili al Jakarta Charter in Indonesia, anche se quest’ultimo era più limitata e venne abbandonato immediatamente. Le intenzioni, tuttavia, erano simili, e se la clausola di Jakarta fosse stata preservata dal testo costituzionale, probabilmente l’Indonesia attuale non avrebbe leggi secolari, ma islamiche, magari su basi regionali.
In Pakistan, la RO rappresenta ancora oggi la base della sua architettura istituzionale, che rende la ‘Repubblica Islamica del Pakistan’ un Paese in cui la legge islamica domina la sfera pubblica e privata; non sorprende, dunque, la rilevanza ideologica e pratica dell’idea associata alla ‘purezza dell’Islam’. Immediatamente dopo l’indipendenza, il Pakistan iniziò politiche di ‘pulizia religiosa’, che in un momento iniziale era limitata alle relazioni con Cristiani e Hindu, ma nel corso del tempo si estese anche agli sciiti e agli Ahmadi. Anche in questo caso, si nota una certa convergenza con la storia indonesiana, e specialmente con quella recente, specialmente se si pensa ad Ahmadiyah, una setta islamica attivamente perseguitata dalle autorità civili in seguito ad una fatwa del Consiglio dei Sapienti (islamici) indonesiano, il MUI.
Tale apartheid religiosa è stata sostenuta dalle proteste popolari che scoppiarono in Pakistan negli anni Cinquanta (e Sessanta) del secolo scorso; alcuni gruppi radicali riescono a consolidarsi proprio in questi anni, e organizzano una serie di proteste che hanno lo scopo di rafforzare il carattere islamico dello Stato. Si tratta di veri e propri partiti islamici, che evidentemente avevano interesse a conquistare un maggiore spazio politico in Pakistan; tra le azioni più diffuse si possono annoverare la contestazione dei risultati elettorali e la richiesta di leggi contro le minoranze. I sapienti islamici chiesero una stretta applicazione della shariah, e domandarono che ai non musulmani fosse conferito lo status di ‘dhimmi’, cittadini di seconda classe, a cui erano preclusa la pienezza dei diritti civili e politici.
Anche se tale richiesta non diventò mai una clausola costituzionale, l’ambiente che si creò dopo l’indipendenza vietò (di fatto) a coloro che non erano musulmani di avere incarichi pubblici; una situazione simile si osserva ancora oggi in Indonesia, dove (nelle province in cui l’Islam è maggioritario) i candidati cristiani (o buddisti) raramente riescono ad accedere ad incarichi rilevanti. La Costituzione indonesiana non richiede lo status islamico per accedere alla presidenza o ad incarichi governatoriali, ma di fatto un’interpretazione conservatrice e politicamente orientata dell’Islam impedisce a candidati non musulmani di ottenere incarichi rilevanti. Un’eccezione, in questo senso, è stato il governatore cristiano di Jakarta, noto come Ahok, rimosso nel 2017 dopo una serie di proteste e un processo farsa che lo hanno rimosso da un incarico dopo esservi stato eletto nel 2014.
Democrazia vs. Islam
In Pakistan, la conquista dell’indipendenza non si è tradotta nella creazione di un moderno Stato democratico, un’aspirazione espressa da alcuni gruppi, ma non certamente dalla maggioranza della popolazione, né da una leadership che ha posto l’ideologia islamista come centro nevralgico del nuovo Stato. A differenza di altre esperienze, come quella indonesiana, la corrente islamista ha prevalso su quella secolare; non sorprende, dunque, che il Pakistan sia sempre stato connotato (di fatto) dalla legge islamica.
In Pakistan, in particolare, si nota una tensione tra la shariah e il secolarismo, che si risolve a favore della prima, come esemplificato dalla prima clausola della RO, in cui si afferma che ‘la sovranità appartiene ad Allah’. In questo modo, viene posta una regola confessionale, che esclude automaticamente coloro che appartengono ad altre religioni; a differenza di quanto auspicato da Jinnah, lo Stato pakistano nasce con un’evidente ambivalenza, che si risolverà negli anni successivi nella creazione di uno Stato Islamico. La Costituzione del 1956, del resto, è quella della ‘Repubblica Islamica del Pakistan’.
Anche se molti elementi rimangono ‘secolari’, e vengono fornite delle garanzie per le minoranze del Paese, l’elemento islamico sembra prevalere dall’inizio; nel Preambolo, in particolare, viene espressa l’ambivalenza fondamentale del progetto statale.
Si afferma, in effetti, che
Whereas sovereignty over the entire universe belongs to Allah Almighthy alone, and the authority to be exercised by the people of Pakistan, within the limits prescribed by Him as a sacred trust;
Considerando che la sovranità su tutto l’universo appartiene solo ad Allah Onnipotente, e l’autorità deve essere esercitata dal popolo del Pakistan, entro i limiti prescritti da Lui come un sacro mandato.
(Costituzione della Repubblica Islamica del Pakistan, 1956, Preambolo).
Immediatamente dopo si può leggere
Whereas the Founder of Pakistan, Quaid i Azam Mohammad
Ali Jinnah, declared that Pakistan would be a democratic State
based on Islamic principles of social justice;
Considerando che il Fondatore del Pakistan, Quaid i Azam Mohammad
Ali Jinnah dichiarò che il Pakistan sarebbe stato uno Stato democratico
basato sui principi islamici di giustizia sociale;
(Costituzione della Repubblica Islamica del Pakistan, 1956, Preambolo).
Leggendo questi due brani del Preambolo Costituzionale del Pakistan si potrebbe avere l’impressione di una leadership che non aveva ancora deciso quale impronta conferire allo Stato; ciò nonostante, sia l’introduzione ‘Nel nome di Allah…’, che il brano sopra riportato conferiscono l’idea di una democrazia limitata e solamente formale. I limiti sono proprio quelli della shariah, che viene immediatamente indicata come ratio suprema di quello che segue, compreso il riconoscimento dei diritti fondamentali; per questa ragione, dalla lettura combinata delle clausole del Preambolo appare evidente la struttura di uno Stato Islamico, e non democratico, sottolineata dal nome ufficiale del Paese, quello di Repubblica Islamica.
Dalla Democrazia Formale allo Stato Islamico
Alla luce delle osservazioni precedenti, risulta evidente che lo Stato nascente era già islamico nelle intenzioni, sebbene permanessero diversi elementi secolari; la trasformazione istituzionale in uno Stato islamico, in effetti, è stata lenta, ed è diventata palese solamente a partire dagli anni Ottanta. Un episodio che può essere considerato uno spartiacque, da questo punto di vista, è costituito dal caso di Gul Hassan (1979).
Si tratta della prima volta (dall’indipendenza) che un reato viene esaminato esplicitamente alla luce del suo potenziale contrasto con la legge islamica; Gul Hassan (minore quando ha commesso il fatto) è stato trovato colpevole e condannato dalla Branca Islamica dell’Alta Corte di Peshawar per omicidio. Hassan, inoltre, riuscì a trovare una sorta di compromesso con gli eredi della persona da lui uccisa, e venne perdonato; egli affermò che in base alla legge islamica, nessun minore poteva essere condannato ala pena capitale.
In altre parole, i legali di Hassan dichiararono che il caso si era già risolto in base alla shariah, e che, di conseguenza, la sentenza dell’Alta Corte di Peshawar doveva revocare la sentenza, e stabilirne una conforme al diritto islamico. La Corte Suprema del Pakistan, tuttavia, decise di procedere con il Codice Penale del 1860, che ancora veniva applicato nel Paese, anche se l’Alta Corte di Peshawar aveva accolto il suo appello.
A partire da questo momento, dunque, la shariah diventa un punto di riferimento esplicito anche per i giudici, che iniziano ad accogliere le richieste di revisione delle sentenze per incompatibilità (o presunta tale) rispetto al diritto islamico. Anche dal punto di vista giuridico, dunque, la lotta tra il codice secolare (risalente al periodo coloniale) e la shariah, sembra risolversi a favore della seconda. La figura di Zia ul Haq, come si vedrà nel corso dell’articolo, modificherà gli equilibri legali, portando alla creazione formale di uno Stato islamico.
Zia ul Haq – Un Militare Efficiente
Una figura che ha segnato la storia del Pakistan, portandolo sulla strada della radicalizzazione religiosa, è stato il generale Zia ul Haq, nato nel 1924 a Jullundur, da una famiglia di contadini e piccoli proprietari terrieri. Nonostante le sue umili origini, Zia mostrò qualità accademiche notevoli, che gli valsero l’ammissione al prestigioso St Stephen College di Dheli; durante la seconda guerra mondiale, egli si distinse nell’esercito indiano. Egli era considerato un musulmano obbediente che aveva come unico vizio quello di fumare tabacco.

Dopo la partizione del Pakistan, la sua famiglia fu costretta a trasferirsi a Peshawar, al confine con l’Afghanistan; la sua relazione con il nuovo Stato e l’Islam rimarrà fortissima, e verrà espressa in diverse occasioni. Dopo essersi sposato, venne addestrato negli Stati Uniti, in Kansas, dal 1962 al 1964, e nel corso della sua carriera militare, gli vennero assegnati incarichi delicati, come quello in Giordania dal 1967 al 1970, per addestrare i soldati giordani che dovevano difendersi dall’insurgenza palestinese. Egli risultò fondamentale per re Hussein, che riuscì a mantenere il potere nonostante gli eventi che caratterizzano gli anni Settanta del secolo scorso.
La sua nomina a generale venne sostenuta, oltre che dalla Giordania, anche dagli Stati Uniti, e, di conseguenza, il Presidente Bhutto lo nominò generale il 1 aprile del 1976; tale decisione si nominò in seguito fatale, in quanto Zia usò le sue capacità per orchestrare un colpo di Stato che lo portò alla presidenza del Paese l’anno successivo.
La Dittatura Islamista
Dopo una serie di dissidi e le dimissioni di Bhutto dalla presidenza, l’Alto incarico venne assunto da Zia il 16 settembre del 1978; nel corso della suo incarico, egli emanò diversi decreti che svuotarono di significato la già precaria Costituzione, e gli conferirono un potere pressoché illimitato, detenuto fino alla morte. La Costituzione del 1973 venne emendata, allo scopo di rafforzare le prerogative del Presidente, ed il Pakistan diventò una dittatura militare.
La shariah, come accade in numerose altre realtà, viene usata per consolidare il potere del Presidente, e garantirgli una pressoché totale immunità, anche se la Costituzione conteneva delle garanzie formali; egli intendeva modernizzare l’esercito, ma morì in un incidente, i cui contorni non sono mai stati chiariti, nel 1988. Anche se il periodo al potere (10 anni) è modesto, la Presidenza di Zia ha avuto un impatto duraturo sul Paese.
La radicalizzazione del Paese, il cui futuro venne affidato a predicatori radicali finanziati con denaro pubblico, lasciò un’impronta indelebile, al pari delle milizie islamiche addestrate nei confini del Pakistan; la promozione delle madrase (scuole coraniche), poi, creò una generazione di musulmani che promuoveva (e promuove) un Islam intollerante con evidenti scopi politici. Zia, dunque, legittimò il suo dominio e il suo potere mediante la promozione della shariah e l’islamizzazione formale di un Paese che era già islamico in nuce.
Il suo intervento si estese anche all’ambito accademico, dove al rigore del metodo scientifico, venne imposta una acritica metodologia islamista, che ha provocato danni ingenti al Paese e lo ha posto in una posizione controversa. L’obiettivo degli studi sociali, dunque, ha cessato di essere quello di ricercare e interpretare i fenomeni con strumenti razionali, ma di dimostrare in maniera pseudo scientifica che il modello islamista era vincente.
Da queste politiche emerse una generazione di musulmani intolleranti e avversi ai sistemi occidentali (come la democrazia) giudicati corrotti, mentre l’ideologia islamista, con la sua idea della superiorità della ‘civiltà islamica’, diventò il solo punto di riferimento.
Conclusioni
Il sogno di un Pakistan democratico, in cui la democrazia e l’Islam potessero essere promossi, naufragò presto, con l’emergere di ideologie politiche che proponevano un modello di Islam intollerante e politico; lo Stato si trasformò dunque in un’entità islamica formale, guidato e plasmato da una retorico pseudo religiosa.
Il posizionalmento geopolitico del Pakistan ha risentito, evidentemente, delle politiche che si sono affermate dalla metà degli anni Ottanta, che hanno portato il Paese a diventare una terra della shariah, in cui potere politico e religioso sono indissolubilmente e istituzionalmente legati.
Letture Consigliate
- Jalal, A. (2014). The struggle for Pakistan: A Muslim homeland and global politics. Harvard University Press.
- Akhtar, A. S., & Akhtar, A. S. (2022). The struggle for hegemony in Pakistan: Fear, desire and revolutionary horizons. London: Pluto Press.
- Kamran, T. (2024). Chequered Past, Uncertain Future: The History of Pakistan. Reaktion Books.
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