Abstract
Questo articolo esplora come il sistema educativo pakistano, a partire dagli anni Settanta e Ottanta, abbia veicolato una visione militarizzata dell’islam attraverso i curricula scolastici; la jihad viene quasi sempre insegnata come dovere alla lotta armata, mentre le sue interpretazioni spirituali ricevono una scarsa attenzione. Manuali e materiali didattici contribuiscono dunque alla formazione di un’identità nazionale esclusivista e radicale, con l’Islam che motiva e giustifica l’uso della violenza contro nemici dello Stato e della fede. Tale visione, evidentemente, ha delle implicazioni rilevanti in termini sociali e geopolitici.
This article explores how the Pakistani educational system, starting from the 1970s and 1980s, has conveyed a militarised vision of Islam through school curricula; jihad is almost always taught as a duty to armed struggle, while its spiritual interpretations receive little attention. Textbooks and teaching materials thus contribute to the formation of an exclusive and radical national identity, with Islam motivating and justifying the use of violence against enemies of the state and faith. Such a vision, evidently, has significant implications in social and geopolitical terms.
Introduzione – Educare alla Jihad
In una scuola elementare di Rawalpindi, un insegnante legge insieme ai suoi alunni un brano del manuale di studi islamici; il testo parla della jihad come dovere del buon musulmano, enfatizzando il sacrificio e l’eroismo nella difesa della fede. Le parole risuonano forti tra i banchi, ma senza alcuna contestualizzazione storica o distinzione tra dimensione spirituale e militare; si tratta di una scena ordinaria, quotidiana, che si ripete in migliaia di scuole pubbliche pakistane. Eppure, dietro quelle righe stampate si cela una questione cruciale, relativa all’idea del mondo trasmessa dall’educazione nazionale alle giovani generazioni.
In Pakistan, l’istruzione non è mai stata solo uno strumento di conoscenza, ma rappresenta anche, e soprattutto, un dispositivo ideologico; negli ultimi decenni, e in particolare a partire dagli anni Ottanta, lo Stato ha utilizzato il sistema educativo per rafforzare una precisa visione dell’identità nazionale, profondamente intrecciata con la religione islamica, il patriottismo e la percezione costante di una minaccia esterna. In questa visione, concetti come jihad, martirio, onore religioso e inimicizia verso “l’altro” (sia esso indù, occidentale o membro di una minoranza interna) non sono rari, ma integrati nel lessico formativo.

Tale impostazione solleva interrogativi profondi, come il ruolo dell’istruzione, che, pensata per emancipare, diventa veicolo di radicalizzazione e indottrinamento; ci si dovrebbe chiedere cosa accade quando un sistema scolastico smette di formare cittadini e inizia a plasmare ‘credenti militanti, che considerano la violenza come strumento principale di confronto.
Questo articolo intende affrontare queste domande esplorando criticamente il ruolo dell’educazione statale pakistana nella diffusione, normalizzazione e spesso giustificazione della violenza religiosa, con particolare attenzione al concetto di jihad. Attraverso l’analisi di manuali scolastici, documenti ministeriali e testimonianze dirette, cercheremo di comprendere non solo come viene raccontato il mondo agli studenti, ma anche quale tipo di cittadino e credente lo Stato desidera formare.
Contesto Storico
Nei decenni successivi all’indipendenza del Pakistan, il sistema educativo divenne uno dei principali strumenti attraverso cui lo Stato cercò di costruire un’identità nazionale unitaria; in un Paese frammentato per lingua, etnia e interpretazioni religiose, la scuola apparve come lo spazio ideale per dare coerenza a una narrazione collettiva unitaria. Ma ciò che sarebbe potuto essere un terreno per il pluralismo e l’inclusione si trasformò, nel tempo, in un dispositivo ideologico funzionale alla centralizzazione del potere e alla legittimazione religiosa della visione politica.
La svolta più incisiva si verificò durante il regime del generale Muhammad Zia-ul-Haq (1977–1988), che impose un processo di islamizzazione profondo e sistemico; la riforma dei curricula scolastici fu parte integrante di un progetto politico volto a consolidare il potere militare attraverso una legittimazione religiosa dello Stato. L’istruzione fu dunque modellata per produrre cittadini ‘devoti’, patriottici e conformi a un’interpretazione sunnita ortodossa dell’Islam, con una visione netta del nemico interno ed esterno.

Nei manuali di storia e di religione di quegli anni, molti dei quali ancora in uso, la narrazione dell’Islam si mescola(va) con quella dell’identità nazionale, presentando il Pakistan come ‘bastione dell’Islam’ in un contesto regionale ostile. Il conflitto con l’India non veniva solo descritto come un dato geopolitico, ma elevato a paradigma morale, incardinando il nemico in una categoria religiosa e ontologica. La jihad veniva (e viene) evocata, anche se in modo (nemmeno poi tanto) implicito, come risposta necessaria e ‘nobile’ a un mondo percepito come minaccioso e moralmente decadente.
In tale contesto, il ruolo delle istituzioni educative venne progressivamente subordinato agli interessi dell’establishment militare e religioso; l’alfabetizzazione e la formazione civica passarono in secondo piano rispetto all’obiettivo di costruire una cittadinanza obbediente, ‘devota’ e facilmente mobilitabile in nome di ideali religiosi. La scuola pubblica, che avrebbe potuto essere un ponte tra comunità diverse, divenne un mezzo per cristallizzare differenze e rafforzare barriere, secondo la classica logica del ‘noi vs. loro’.
Comprendere questa evoluzione storica è essenziale per interpretare le sfide attuali dell’istruzione pakistana; la resistenza a ogni tentativo di riforma non si spiega solo con fattori burocratici o finanziari, ma affonda le radici in un passato in cui la scuola è stata (ed è tuttora) pensata non tanto per educare alla libertà di pensiero, quanto per formare alla disciplina ideologica.
Gli Effetti dell’Islamizzazione degli Anni Ottanta
Sebbene le minoranze (sia cristiane che Indu) sono una realtà evidente in Pakistan, il sistema educativo attuale sembra risentire delle politiche islamiste del Presidente Zia ul Haq, che megli anni Ottanta diede inizio ad un evidente processo di islamizzazione della società. Si tratta di un atteggiamento che manipola il fatto che la maggioranza dei pakistani appartiene alla religione islamica (sunnita) e che intende costruire uno Stato in cui le minoranze sono poco tollerate e con scarsi diritti.
Questo modello si riflette anche nel sistema educativo, che insegna e trasmette l’immagine del Pakistan come di uno Stato islamico monolitico, in cui la diversità e le differenze religiose vengono eliminate o strumentalizzate. L’identità nazionale viene dunque fatta coincidere con l’appartenenza all’Islam sunnita, e tale modello si osserva anche ad altre latitudini, specialmente in Paesi con un passato coloniale, come l’Indonesia (qui tale tendenza è più sfumata e temperata dalla Pancasila, ma è presente l’idea secondo cui essere indonesiani significa essere musulmani, specialmente in alcune parti del Paese, come Giava).
Si è dunque creato un ambiente in cui i non musulmani sono considerati, di fatto, dei cittadini di seconda classe, con minori diritti rispetto alla maggioranza sunnita; il patriottismo dei non musulmani viene guardato con sospetto, mentre il loro contributo alla società (che è notevole) viene generalmente ignorato.
Non sorprende, dunque, che i curricula elaborati nel periodo dell’islamizzazione (anni Ottanta del secolo scorso) riflettono fedelmente la filosofia (dis)educativa di una scuola di pensiero sunnita, secondo la quale l’intera conoscenza (non solamente religiosa, ma anche scientifica, storica, ecc.) sarebbe stata rivelata nei testi sacri dell’Islam. In altre parole, non esiste un concetto di ‘conoscenza secolare’, ma tutto viene ricondotto ad una visione religiosa bigotta e ristretta, in cui la conoscenza non deve mai contraddire le ‘verità’ islamiche; da questo punto di vista, sembra corretto affermare che qualunque materia insegnata sia comunque islamica, o meglio ‘islamizzata’.
Si tratta di una visione del mondo espressa chiaramente come principio guida per l’insegnamento nei documenti pakistani sui curricula
In the teaching material, no concept of separation between the worldly and
the religious be given; rather all the material be presented from the Islamic
point of view.
Nel materiale didattico, non deve essere dato alcun (spazio al) concetto di separazione tra il mondano e la religione; piuttosto tutto il materiale venga presentato dal punto di vista islamico.
(Curriculum Document, Primary Education, Class K-V, 1995, p. 41).
Sebbene dal 2021 siano state tentate alcune timide riforme, la situazione attuale è ancora quella espressa nelle righe precedenti; pertanto, le osservazioni svolte sono ancora pertinenti, e non è chiaro quale sarà la portata di tali riforme, o la loro reale implementazione.
Identità Nazionale Islamica
Dalla lettura congiunta dei libri di testo previsti per i curricula delle materie obbligatorie, il Pakistan viene presentato solamente per i musulmani; in altre parole, il Pakistan è solamente islamico, e non sono ammesse altre identità complementari, come quella cristiana. Gli insegnamenti islamici, inoltre (come la memorizzazione del Corano) devono essere inclusi in tutte le materie e insegnati a prescindere dalla fede religiosa.
Inoltre, l’ideologia del Pakistan coincide con la visione islamica proposta, mentre deve essere creato odio contro l’India e gli Indu; infine, gli studenti (anche quelli crisitani) vengono incoraggiati ad intraprendere il cammino della jihad e del martirio.
Non sorprendono, dunque, affermazioni come questa,
A feeling be created among students that they are the members of a Muslim
nation. Therefore, in accordance with the Islamic tradition, they have to be
truthful, honest, patriotic and life-sacrificing mujahids (janbaz mujahid).
Si crei nei studenti la percezione (coscienza, ndr) di essere membri di una nazione musulmana.
Pertanto, in conformità con la tradizione islamica, (gli studenti) devono essere
veritieri, onesti, patriottici e sacrificatori della vita mujaheddin (janbaz mujaheddin).
(National Early Childhood Education Curriculum (NECEC), Ministry of Education, Government of Pakistan,
March 2002, p. 41)
Il nazionalismo viene dunque alimentato con una visione dell’Islam intransigente e militante, simile a quella che si può osservare in altri contesti (Iran, ecc.) che esaltano la dimensione della jihad e del martirio. Anche se recenti riforme sono state tentate, e gli studenti non musulmani non devono più apprendere questi concetti (almeno teoricamente), essi rimangono validi per la stragrande maggioranza sunnita, che sta aumentando nel Paese.
E’ evidente che la pressione sociale a diventare musulmani, convertendosi all’Islam, inizia dai primi anni di scuola, e si estende ovviamente ai genitori, che sono invitati a trasmettere un senso di orgoglio per essere musulmani e pakistani, un binomio che non è mai stato posto in dubbio.
La Jihad nei Testi Scolastici
Frequentemente, i testi scolastici del Pakistan propongono l’idea di jihad non in termini di una riflessione spirituale o morale, ma di un richiamo diretto alla lotta armata, presentato come dovere religioso e prova di fede. Nessun cenno, invece, viene fatto alle altre e molteplici interpretazioni della jihad, che nella tradizione islamica la jihad può essere anche interiore, ovvero un percorso di miglioramento personale o di giustizia sociale.
Questo scenario, del resto, rappresenta la normalità, e non l’eccezione, e nei manuali usati nelle scuole pakistane, soprattutto in quelli redatti durante e dopo il periodo di islamizzazione degli anni Ottanta, il termine jihad compare frequentemente in chiave militare. Viene insegnato attraverso racconti (epici, non storici) delle battaglie del profeta Maometto, celebrando figure di (presunti) martiri della storia islamica e (soprattutto) delle guerre indo-pakistane. Questi esempi vengono spesso proposti senza alcun inquadramento critico o contestualizzazione storica, generando nei giovani un’associazione diretta tra religione e violenza legittima.
Ancor più preoccupante è l’uso trasversale del concetto in materie non religiose, in quanto anche nei testi di lingua inglese o letteratura urdu si trovano poesie e racconti che esaltano il mujahid, il combattente per l’Islam, presentato ome modello civico e morale da emulare. In questo modo, la jihad penetra silenziosamente nel tessuto educativo quotidiano, diventando parte integrante e fondamentale della visione del mondo inculcata a bambine e bambini fin dai primi anni di studio.
Ciò che colpisce non è solo la presenza costante di questo concetto, ma anche l’assenza delle sue alternative; raramente gli studenti entrano in contatto con interpretazioni più inclusive e non violente della jihad, come quelle offerte dalle tradizioni sufi o da pensatori contemporanei che ne sottolineano il significato etico e sociale. Il pensiero critico non trova alcun spazio, in quanto l’Islam insegnato è unico e coincide con un’idea di obbedienza e militanza che esclude di fatto qualunque nozione di pluralismo religioso.
Curriculum di Guerra
La guerra e le arti militari vengono esaltate e la loro importanza viene esasperata, allo scopo di insegnare a bambini e adolescenti la necessità di dover sempre essere pronti per la guerra e il sacrificio di sé, anche con la vita.
Dopo aver presentato un’immagine distorta, quando non inventata della storia, allo scopo di presentare dei nemici da combattere, i curricula esaltano l’eroismo in battaglia e le guerre; si tratta di una tendenza iniziata negli anni Settanta, sotto la Presidenza di Bhutto, e poi esasperata da Zia negli anni Ottanta. In nessun Paese occidentale si insegna ai bambini e ragazzi un curriculum così completo sulle arti della guerra, che comprende diverse aree.
(a) Guerra
(b) Storia Militare
(c) Economia di Guerra
(d) Geografia Militare
(e) Difesa del Pakistan
(f) Studi Speciali Militari
(A Hand Book of Curricula and Syllabi For the Intermediate Examination To be Held in 1996, Board of
Intermediate and Secondary Education, Lahore, pp. 221-227)
Queste sono le competenze che vengono insegnate a ragazzi e ragazzi che frequentano istituti corrispondenti alle scuole medie inferiori e/o superiori; ancora più interessante, poi, è il dettaglio che viene fornito di queste materie.
Secondo il manuale citato (ma si potrebbero portare altri esempi analoghi), il curriculum prevede le seguenti materie belliche,
a. War: To Create in the students and elementary understanding of the various factors
governing War and its Conduct.
b. Military History: To give a board survey of the factors determining the rise of World
powers from time to time.
c. Economics of War: To give and understanding of the elementary principles involved in
the analysis of war-time economic phenomena with particular reference to the economy
of Pakistan.
d. Military Geography: To study the bearing of geographical factors on War with particular
reference to the defence of Pakistan.
e. Defence of Pakistanf. Special Military Study: Understanding of the application of the principles and factors
involved in War through special study of some important campaigns and military leaders.
a. Guerra: Creare negli studenti una comprensione elementare dei vari fattori che
governano la guerra e la sua condotta.
b. Storia Militare: Fornire una panoramica generale dei fattori che determinano l’ascesa delle diverse potenze mondiali.
c. Economia di Guerra: Fornire una comprensione dei principi elementari coinvolti nell’analisi dei fenomeni economici di guerra con particolare riferimento all’economia del Pakistan.
d. Geografia Militare: Studiare l’influenza dei fattori geografici sulla guerra con particolare
riferimento alla difesa del Pakistan.
e. Difesa del Pakistanf. Studi Militari Speciali: Comprensione dell’applicazione dei principi e dei fattori
coinvolti nella guerra attraverso lo studio speciale di alcune importanti campagne e leader militari.
(A Hand Book of Curricula and Syllabi For the Intermediate Examination To be Held in 1996, Board of
Intermediate and Secondary Education , Lahore, pp. 221-227)
Questo esempio è sufficiente per comprendere e mostrare come l’aspetto militare e il militarismo vengano insegnati dai primi anni di scuola; non sorprende, dunque, che il Pakistan abbia assunto un profilo militare rilevante nella regione asiatica. Inoltre, la continua reiterazione della retorica sui nemici e sulla guerra creano un ambiente volatile, pronto ad incendiarsi senza preavviso; ciò nonostante, il Pakistan rientra raramente nelle analisi geopolitiche, come se si trattasse di un attore marginale o che si può ignorare. Al contrario, la cultura di guerra che viene attivamente insegnata crea le condizioni favorevoli ad una sostanziale instabilità, che non deve essere sottovalutata.
Conclusioni
Dall’analisi dei curricula pakistani delle classe primarie e secondarie emerge un quadro preoccupante, che pone al centro gli aspetti militari; gli adolescenti pakistani vengono dunque indottrinati a diventare dei soldati e prendere parti ad azioni di guerra contro nemici designati. Si tratta dell’India, ma anche dell’Occidente, che vengono rappresentati come corrotti e come minacce per l’indipendenza del Pakistan; la motivazione, poi, è (pseudo) religiosa, in quanto ai ragazzi pakistani viene insegnato che si tratta di un dovere religioso combattere la jihad.
Questi aspetti sono evidenti, e dovrebbero essere maggiormente considerati nelle analisi geopolitiche in cui, invece, solitamente è assente o marginale il Pakistan; quest’ultimo, grazie alle sue forze armate e alle testate nucleari rappresenta una minaccia latente, ma reale, della stabilità dell’Asia e del mondo intero.
Letture Consigliate
- Malik, N. (2024). Guns better than education: political economy of defence, radical education policies, textbooks, and teachers’ outlook in Pakistan. Journal of Education Policy, 1-23.
- Badshah, I., Ejaz, I., Faiz, F. A., & Kamran, M. (2021). Religious chauvinism and Minority rights: Pakistani history textbooks and students worldview. PSYCHOLOGY AND EDUCATION, 58(5), 1553-6939.
- A. H. Nayyar and Ahmad Salim. (2005). The Subtle Subversion. The State of Curricula and Textbooks in Pakistan. Urdu, English, Social Studies and Civics. SUSTAINABLE DEVELOPMENT POLICY INSTITUTE.