I Fatti
Le autorità malesi hanno recentemente annunciato lo smantellamento di una rete terroristica operante nel Paese e composta interamente da cittadini del Bangladesh; l’operazione, condotta tra aprile e giugno di quest’anno, ha portato all’arresto di 36 lavoratori migranti sospettati di appartenere ad un’organizzazione legata allo Stato Islamico, denominata Gerakan Militan Radikal Bangladesh, Gruppo Militante Radicale del Bangladesh.
Secondo le dichiarazioni ufficiali, il gruppo aveva sviluppato una rete di reclutamento e finanziamento per sostenere l’ISIS in Siria e in Bangladesh; la strategia adottata si basava sulla radicalizzazione di lavoratori migranti attraverso social media, appllicazioni di messaggistica e incontri religiosi clandestini, strumenti che venivano utilizzati per veicolare contenuti radicali, raccogliere giuramenti di fedeltà (bai’ah) e ovviamente anche fondi.
“Ogni recluta era apparentemente tenuto a pagare una quota annuale di adesione di RM500, mentre ulteriori donazioni venivano effettuate a discrezione dei membri.I fondi sono stati trasferiti utilizzando varie app di portafoglio elettronico e servizi di rimessa internazionale verso il Bangladesh, ha aggiunto Mohd Khalid”, secondo quanto riportato da The Star.
Le indagini, condotte dal Dipartimento Speciale per la Sicurezza (Special Branch), hanno dunque accertato che ciascun membro versava una quota di circa RM 500 (circa 100 euro), oltre a contributi volontari, destinati al sostegno diretto delle attività dell’ISIS. Alcuni dei sospettati, secondo fonti investigative, avevano già manifestato l’intenzione di unirsi ai combattenti in Medio Oriente.
Dei 36 arrestati, 5 sono stati formalmente incriminati, 16 sono trattenuti sotto la legge speciale di sicurezza (SOSMA), mentre i restanti 15 verranno deportati in Bangladesh. Al momento non si segnalano cittadini malesi coinvolti nella rete.
Il Ministero dell’Interno ha ribadito che la Malesia non tollererà la presenza di cellule estremiste nel proprio territorio;
“Lavoriamo attivamente per prevenire infiltrazioni ideologiche tra le comunità migranti. La sicurezza nazionale è prioritaria,” ha affermato il ministro Datuk Seri Saifuddin Nasution Ismail, secondo quanto riportato dal Malay Mail.
Una Minaccia Transnazionale
L’emergere di una rete jihadista tra migranti stranieri rappresenta un segnale d’allarme per la regione del Sud-Est asiatico nel suo complesso; questo caso, effettivamente, rivela l’evoluzione delle modalità operative del jihadismo globale. La tendenza attuale, in effetti, è quella di concentrarsi su forme di ‘radicalizzazione silenziosa’, attraverso circuiti informali e digitali (specialmente Whatsapp e Telegram) in contesti vulnerabili.
Le autorità malesi hanno in effetti confermato che la cellula operava in modo clandestino, senza contatti diretti con ambienti religiosi locali o movimenti estremisti autoctoni. Questi risultati rafforzano l’ipotesi di un fenomeno importato e isolato, ma potenzialmente esplosivo se non adeguatamente monitorato.
Secondo gli osservatori regionali, in passato si sono verificati episodi analoghi sia a Singapore che in Indonesia, ma con un coinvolgimento minore delle comunità bengalesi. Il nuovo caso suggerisce una diversificazione delle reti jihadiste nel Sud-Est asiatico, in cui la Malesia continua a rappresentare un punto strategico primario per i traffici e gli spostamenti migratori.
Mantenere Alta la Vigilanza
L’arresto dei 36 sospetti segna un punto di svolta nella lotta al terrorismo in Malesia, e sottolinea la necessità di adottare un approccio integrato che implichi il coordinamento tra intelligence, controllo migratorio e cooperazione internazionale. Il caso in esame, allo stesso tempo, evidenzia anche la necessità di evitare generalizzazioni sulla comunità bengalese, che rappresenta una parte fondamentale del tessuto lavorativo malese.
Come sottolineato da The Star, “non ci sono prove che i cittadini malesi siano stati coinvolti, ma l’episodio richiama l’attenzione sull’uso di piattaforme digitali per obiettivi estremisti.”
Il monitoraggio continuo e l’educazione preventiva rimangono, strumenti cruciali contro il radicalismo, specialmente nel Sud Est asiatico, e questi casi lo dimostrano ampiamente.