- Abstract
- Introduzione – Un Campo di Battaglia Innovativo
- L'Attivismo Cattolico – Un Altro Mondo è Possibile
- Il Radicalismo Salafita – Una Logica Autoritaria
- Pro Ecclesia et Patria – Una Democrazia Possibile
- Noi vs. Loro – Il Populismo Islamico Indonesiano
- I Social Media – Luogo Privilegiato del Populismo Islamico
- Conclusioni
- Letture Consigliate
Abstract
In Indonesia, la percezione comune, rinforzata dalla propaganda nazionalista, associa l’Islam sunnita all’identità indonesiana; questa narrativa, che non è affatto marginale, ma dominante, viene rinforzata da leaders religiosi (e non) che accettano e diffondono una narrativa basata sul populismo islamico. Una reazione a questa tendenza, tuttavia, la si osserva nell’attivismo dei cattolici indonesiani, che si riconoscono naturalmente nella Pancasila e nei valori democratici, al contrario di quanto avviene nella maggioranza islamica, in cui queste tematiche sono divisive e oggetto di dibattito nel migliore degli scenari. Si configura dunque una vera e propria battaglia delle idee, che si sta consumando nell’Indonesia del XXI secolo.
In Indonesia, the common perception, reinforced by nationalist propaganda, associates Sunni Islam with Indonesian identity; this narrative, which is not at all marginal but dominant, is reinforced by religious (and non-religious) leaders who accept and spread a narrative based on Islamic populism.A reaction to this trend, however, can be observed in the activism of Indonesian Catholics, who naturally identify with the Pancasila and democratic values, unlike the Islamic majority, where these issues are divisive and a subject of debate in the best-case scenario. A true battle of ideas is thus taking shape, unfolding in 21st century Indonesia.
Introduzione – Un Campo di Battaglia Innovativo
In Indonesia si sta combattendo un’intensa battaglia per definire l’identità del Paese dopo l’indipendenza e dopo le esperienze controverse di Soekarno, Soeharto e della Reformasi, che probabilmente è già finita, o forse non è mai iniziata veramente. La battaglia che si sta combattendo non usa armi convenzionali, ma le idee, o meglio l’idea di nazione che deve essere incarnata; certamente, dopo le esperienze traumatiche del colonialismo, dell’occupazione giapponese e dei regimi autoritari imposti dai primi due presidenti non è agevole trovare un’identità nazionale.
Il campo di battaglia, evidentemente, è lo spazio pubblico, sia virtuale che fisico, ma anche quello privato, in quanto l’idea di nazione e la direzione del Paese sono tutt’altro che chiari, specialmente in un momento in cui il governo Prabowo ha cercato di mettere insieme le diverse anime della nazione, da quelle islamiste a quelle più moderate. Il governo attuale rappresenta uno spettro significativo dell’Indonesia, ma non conferisce alcuno spazio alle minoranze religiose, cattoliche e protestanti, che invece sono realtà in crescita e decisamente dinamiche.
La storia dell’Indonesia, da questo punto di vista, appare come un laboratorio in cui si sperimentano formule differenti, ma poco o nulla viene appreso dal passato; le formule autoritarie potevano forse essere giustificate in un contesto di emergenza, ma la storia ha dimostrato che esse non funzionano. Invece, diverse leggi (blasfemia, stampa, ecc) sembrano una riedizione delle normative olandesi del periodo coloniale; tuttavia, il tentativo di preservare l’élite al potere è fallito ed è destinato a fallire ancora ai nostri giorni.
La domanda che ci si potrebbe porre, dunque, dopo 4 secoli di colonialismo e decenni di autoritarismo e censure, è sull’identità dell’Indonesia; la Costituzione, a tale proposito, sembra tracciare un profilo ed un cammino chiari, ma questa traccia non viene seguita. Le libertà garantite dal dettato costituzionale sono spesso condizionate all’appartenenza alla maggioranza sunnita e ad una cerchia ristretta di oligarchi che si divide il potere da decenni.
La tecnologia potrebbe favorire un autentico percorso di democratizzazione e inclusione, grazie alla sua capacità di diffondere narrative alternative a quella dominante, ed alla sua abilità di aggirare censure e ostacoli. In questo articolo, cercherò di analizzare una narrazione diversa da quella islamica/islamista che viene solitamente proposta, e che sfida l’idea secondo cui l’Indonesia è (e deve rimanere) una nazione ‘islamica’, anche se non retta direttamente dalla sharia (fatta eccezione per Aceh).
L’Attivismo Cattolico – Un Altro Mondo è Possibile
Il movimento per l’Indipendenza del Paese si è nutrito di idee nazionaliste associate all’Islam, creando il cosiddetto ‘Populismo Islamico’, un’idea secondo cui la prosperità della nazione è indissolubilmente legata alla preservazione del carattere islamico del Paese, un aspetto che, secondo questa visione, non potrebbe essere posto in discussione. Si tratta di un uso della religione in chiave anti-coloniale, che viene riproposta anche nel periodo post-indipendenza come la garanzia del futuro della nazione; non dovrebbe sorprendere, in effetti, che il cristianesimo venga ancora considerato (di fatto) come qualcosa associato al passato coloniale, e, dunque, da esorcizzare, o quantomeno da circoscrivere, da contenere.
Per cercare di ottenere una maggiore visibilità nello spazio pubblico, che dovrebbe essere garantito dalla Costituzione, si osserva un attivismo cattolico (specialmente giovanile) in diverse province; attualmente, i cattolici indonesiani costituiscono una minoranza significativa. In effetti, a partire dal 1940, in cui è stato nominato un vescovo cattolico a Giava, sembra possibile associare il nazionalismo indonesiano alla professione della religione cattolica. Pertanto, un’identità cattolica, che si aggiunge a quella islamica, dell’Indonesia esiste, è teoricamente possibile, ma non corrisponde alla percezione comune della stagrande maggioranza del Paese.
Per questa ragione, non sorprende l’esistenza di un attivismo cattolico, che si ispira ad una sorta di ‘teologia della liberazione’, un approccio ideologico volto a dirigere l’attenzione verso coloro che sono in qualche modo emarginati, a causa della povertà o di altre ragioni. Nel contesto indonesiano, questa logica viene posta in funzione della promozione della giustizia sociale, uno dei valori fondanti dela Pancasila.
Di conseguenza, sono molti i cattolici che scelgono di dedicarsi ai poveri, in contrapposizione alla spinta anti-democratica dell’Islam populista che invece sembra pervadere la narrazione ufficiale della maggioranza sunnita. Questo lavoro, evidentemente, si nutre anche di iniziative inter-fede, ovvero gruppi di cattolici e di musulmani moderati e attenti alle tematiche della giustizia sociale e della democrazia; si tratta di un programma autenticamente indonesiano, che traduce perfettamente la filosofia di base della nazione, ovvero l’unità nella diversità.
Il Radicalismo Salafita – Una Logica Autoritaria
Nella battaglia delle idee per definire la natura e la direzione dello Stato Indonesiano si inserisce di diritto la narrativa salafita, che punta sull’esclusività dell’Islam, andando ben oltre la proposta del governo e dell’Islam mainstream in Indonesia. Il Salafismo si concentra su una visione del mondo, e dell’Indonesia in particolare, dominata dalla religione maggioritaria, le cui regole dovrebbero prevalere su quelle già tenuamente laiche dell’ordinamento vigente.
Da notare, poi, che la stessa idea di Islam proposta diverge notevolmente da quella veicolata dalle principali organizzazioni islamiche del Paese, Muhammadyiah e Nadlatul Ulama; si tratta di un’Islam ‘arabo’, dai caratteri autoritari e intransigenti, che non contempla la democrazia come strumento accettabile. Anche se non viene (generalmente) esplicitato, lo Stato (secondo questa visione) dovrebbe avere una natura strettamente teocratica, escludendo, allo stesso tempo, i gruppi islamici (la maggioranza dell’Islam indonesiano) che non seguono la rigida (e miope) idea proposta della religione. Non sorprende, dunque, che i salafiti siano oggetto di aspre critiche da parte degli esponenti del governo e delle organizzazioni islamiche di massa.
Ciò nonostante, questa visione radicale ha avuto un discreto successo nel corso degli ultimi dieci anni, ed è stato giustamente osservato che il conservatismo religioso sta crescendo, un fenomeno differente dal populismo islamico, ma non meno efficace. Nella battaglia per le idee, il salafismo propone un’idea semplice e agevole da diffondere, che sta avendo un certo successo, specialmente tra i giovani che cercano un’identità forte e chiara. Si tratta di un aspetto comune al metodo di reclutamento dei gruppi terroristi, ovvero la presenza di una o più idee rigidamente definite, che definiscono una visione del mondo che non è possibile mettere in dubbio.
Per queste ragioni, il salafismo costituisce un fenomeno insidioso, subdolo, opposto diametralmente, e apertamente, alla democrazia e ai suoi valori fondanti, come il liberalismo e il pluralismo, ma che, proprio per queste ragioni, è capace di essere attraente per una massa di persone confuse e in cerca di identità da decenni.
Il rifiuto ostinato di accogliere pratiche religiose comunemente accettate, come il culto dei morti, crea delle frizioni con i valori islamici mainstream, in cui queste prassi sono state incorporate nell’Islam indonesiano. Un’altra opposizione è quella alla democrazia (e dunque alla Costituzione) ed alla Pancasila, che di fatto rende i predicatori salafi un pericolo costante, anche se non diretto, per la democrazia e la convivenza tra fedi differenti. L’idea di uno Stato Islamico, al centro dell’ideologia salafita, si oppone apertamente all’idea di nazione voluta da Soekarno e dai padri fondatori dopo il 17 agosto del 1945; ciò nonostante, si registrano fenomeni come il salafismo urbano, che testimoniano la diffusione delle idee salafite (spesso ben oltre i circoli chiaramente salafiti).
Pro Ecclesia et Patria – Una Democrazia Possibile
L’attivismo cattolico, di cui si è discusso in precedenza, si basa su argomentazioni prettamente religiose, nel senso che sono i valori cattolici (secondo questa visione) a ispirare e determinare il patriottismo/nazionalismo, e non viceversa. Da questo punto di vista, la Pancasila viene considerata come un insieme di valori da proteggere; del resto, di fronte all’aggressività della narrativa islamica, che tende ad escludere i cristiani (e i cattolici) dall’idea di nazione, la Pancasila è stata accolta dai cattolici come la possibilità e il dovere di essere ‘cattolici indonesiani’. Un’idea affine a quella di Islam Nusantara, ovvero di un Islam radicato nella cultura e nella storia indonesiana, al contrario di quanto affermato dai salafiti, il cui Islam sarebbe ideale e slegato da una determinata cultura.
Nel cattolicesimo, il rapporto con la Pancasila appare meno problematico rispetto all’Islam, in quanto anche il MUI, il Majelis Ulama Indonesia ha espresso posizioni simile a quelle salafite in alcune fatawa, e in particolare nella celebre fatwa del 2005, in cui i sapienti islamici indonesiani condannavano come errori il pluralismo religioso, il secolarismo e il liberalismo, i valori fondanti della democrazia, anche in Indonesia. I cattolici indonesiani hanno sempre considerato la Pancasila come una filosofia pienamente compatibile con i valori del cattolicesimo, come dimostra la lunga serie di dichiarazioni in senso positivo, a partire da Y.B. Mangunwijaya (Romo Mangun). Secondo quest’ultimo, la Pancasila non era un valore dalla natura astratta, ma una forza positiva che incoraggiava i giovani cattolici a crescere come autenticamente indonesiani.
Nel 2016, l’arcidiocesi di Jakarta ha lanciato un’iniziativa, nota come ‘Amalkan Pancasila’, ‘Pratica la Pancasila’, con cui si incoraggiava la responsabilità politica dei cattolici indonesiani; nel 2017, in occasione del Settimo Giorno della Gioventù Cattolica Asiatica, tenutasi a Yogyakarta, un coro composto da circa 500 cattolici ha intonato le note di un compositore cattolico, eseguendo ‘Indonesia Jaya’, in cui si ricordavano i merirti della Pancasila. La filosofia di Stato è dunque considerata un valore da difendere per i cattolici indonesiani. Sebbene la stessa Chiesa Cattolica non sia una democrazia, la Pancasila viene considerata ‘decisamente compatibile’ con la dottrina e gli insegnamenti cattolici.
Anche il motto nazionale, ‘Unità nella Diversità’, viene valutato positivamente dai cattolici indonesiani, che hanno superato da oltre un secolo e mezzo la storica condanna del pluralismo religioso da parte di Pio IX; quest’ultimo aveva condannato come errori (per i cattolici) una serie di dottrine e posizioni filosofiche, tra cui il liberalismo e il pluralismo religioso. Dopo il Concilio Vaticano II, in effetti, è stato adottato un approccio differente rispetto alla modernità e alla democrazia, mentre nel mondo islamico la condanna rimane pressoché unanime, sebbene la democrazia sia accettata in maniera crescente.
Noi vs. Loro – Il Populismo Islamico Indonesiano
In Indonesia si è creato un populismo religioso dominante, che viene usato dai leaders religiosi per mobilitare le masse islamiche, notoriamente attente a determinati discorsi e tematiche; in Indonesia, si tratta di una sorta di internazionalismo della comunità islamica, presentata come perseguitata e abusata nei suoi diritti. In questo modo, diventa possibile sfruttare emozioni quali la rabbia e la paura, allo scopo di mobilitare le persone e spingerle a compiere determinate azioni o a supportare delle specifiche posizioni.
In questo modo, si crea un discorso binario, dove ‘noi’ viene contrapposto ad un generico ‘loro’, un contenitore in cui si può inserie un elenco di soggetti e posizioni da combattere, in quanto considerate non islamiche o non compatibili con la versione proposta dell’Islam. In tale contesto, i non musulmani vengono considerati una minaccia per l’Indonesia e i suoi interessi; in questo caso, l’appartenenza ad una religione, e non ad un gruppo etnico, definisce i confini accettabili del ‘noi’. Inoltre, essere Indonesiani e Musulmani viene proposto come un assioma indiscutibile; di conseguenza, si nega, sia implicitamente che esplicitamente, il pluralismo, uno dei valori fondanti della democrazia.
Le minoranze religiose, e in primis quella cristiana, sono considerate (all’interno di tale contesto) una minaccia significativa, al contrario di quanto prevede la Costituzione, che cerca di costruire una società pluralista, anche dal punto di vista religioso. Da questo punto di vista, l’ideologia islamista diventa uno strumento politico, che afferma la superiorità culturale e morale dell’Islam rispetto alle altre religioni; recentemente, un dirigente della polizia indonesiana ha affermato che i leader che si formano nelle scuole religiose (pesantren) sono più immuni alla corruzione, in virtù dei (supposti) valori morali superiori islamici.
The National Police chief argued that pesantren students have the mature character to resist temptation on duty thanks to the Islamic boarding schools’ curriculum, which focuses on morality and ethics.
Il capo della Polizia Nazionale ha sostenuto che gli studenti dei pesantren hanno il carattere maturo per resistere alla tentazione durante il servizio grazie al curriculum delle scuole islamiche, che si concentra sulla moralità e sull’etica.
(Police to focus on ‘santri’ in latest cadet recruitment, Jakarta Post, 20 Feb 2025)
Pertanto, il populismo non è esclusivo di alcuni leaders religiosi, ma si estende anche ad altri attori della società e dello Stato, come dimostra l’affermazione del capo della polizia nazionale, basata su una sorta di suprematismo islamico. Il populismo islamico, in effetti, presuppone sempre una superiorità morale e culturale dell’Islam, che, di fatto diventa la sola fede ammessa in Indonesia, secondo le intenzioni e le implicazioni di questo discorso.
Da un punto di vista politico, questo fenomeno si pone in contrapposizione al fragile processo democratico, fondato sul principio costituzionale (e sulla Pancasila) della pluralità delle fedi religiose nello Stato indonesiano.
I Social Media – Luogo Privilegiato del Populismo Islamico
La diffusione dell’ideologia populista/islamista avviene con particolare efficacia mediante i social media, che diventano il mezzo privilegiato per raggiungere un pubblico molto ampio, diventano un discorso mainstream. Pertanto, i social media vengono letteralmente sommersi da materiale radicale proveniente da predicatori influenti, sia salafiti che non, accomunati dalla posizione che, pur essendo radicale, viene presentata come ‘verità indiscutibile’.
Si tratta di una vera e propria galassia di influencers religiosi, che hanno posizioni differenti su altri aspetti, ma che convergono (per ragioni apparentemente diverse e non sempre esplicitamente) sulla necessità di instaurare uno Stato retto dalla sharia, e non dalla Costituzione e dal Parlamento, ovvero istituzioni democraticamente e liberamente elette. Per questa ragione, non sorprende trovare figure molto diverse come Khalid Basalamah e Abdul Soumad, che probabilmente non si identificherebbero nel medesimo gruppo ideologico. Sebbene il primo affronti raramente questioni che riguardano lo Stato ed il suo funzionamento, la sua predicazione presuppone il rigetto della democrazia, e, dunque, il sostegno a forme che siano più coerenti con la tradizione islamica. Il leit motif è dunque il rifiuto della democrazia come forma di governo, giudicata incompatibile con l’Islam sunnita da questi predicatori.
Conclusioni
In Indonesia si sta combattendo una fiera battaglia ideologica, nonostante la Costituzione incoraggi una forma di Stato democratica, pluralista e liberale; il populismo ideologico, che dai leader religiosi si sta ampliando a settori più ampi della società, lo dimostra. In questo modo, si nega la necessaria visibilità politica alle minoranze religiose, come quella cristiana, che rappresenta il 10% del Paese; paradossalmente, i cattolici sembrano maggiormente allineati con la Pancasila rispetto alla maggioranza islamica. Sono diverse (e in certi casi non marginali) le frange islamiche che concordano nel considerare errata la democrazia e i suoi valori fondanti, ovvero il secolarismo, il liberalismo e il pluralismo religioso, ponendo una sfida significativa al già fragile processo democratico.
Letture Consigliate
- Nilan, P., & Wibowanto, G. R. (2021). Challenging Islamist populism in Indonesia through catholic youth activism. Religions, 12(6), 395.
- Sahrasad, H. (2020). Youth movement and islamic liberalism in indonesia. Epistemé: Jurnal Pengembangan Ilmu Keislaman, 15(1).
- Ali-Fauzi, I. (2018). Nationalism and Islamic populism in Indonesia. Heinrich-Boll Stiftung Southeast Asia. https://th. boell. org/en/2018/05/16/nationalism-and-islamic-populism-indonesia (accessed 1 July 2019).
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