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Numeri sospetti

La guerra che si sta combattendo nella regione israeliano-palestinese non ha caratteri eccezionali, ma viene percepita come un conflitto differente dagli altri; eppure, la guerra si sta combattendo a Gaza, e non a Gerusalemme. Esattamente, Gerusalemme, città contesa da secoli, non è la causa del conflitto iniziato da Hamas il 7 Ottobre del 2023, con un eccidio di innocenti e la presa di ostaggi che sono ancora detenuti (o uccisi) da qualche parte.

Attualmente, ci sono oltre 100 conflitti, dei quali 45 sono localizzati nella regione Medio Orientale e Nord Africana; in altre parole, circa la metà delle guerre in corso sono concentrate in un’area ristretta, la medesima in cui si stanno confrontando anche Israele ed Hamas, che ‘governa’ la Striscia di Gaza. La guerra, tuttavia, non risparmia nemmeno l’Europa, in cui sono in corso 7 conflitti. Tuttavia, la guerra israelo-palestinese è la sola, o quasi, sotto i riflettori della stampa del mondo intero, ed ha acquisito un carattere di eccezionalità.

Se guardiamo al passato, il confronto tra Hamas ed Israele ha dei precedenti, in termini di morti, feriti e danni; in cosa consiste, dunque, l’eccezionalità di questa guerra? I numeri forniti dai ministeri di Hamas non sembrano credibili. Questo giudizio viene condiviso da una serie di attori molto elevato, e la ragione consiste, essenzialmente, nel fatto che

The first place to look is the reported “total” number of deaths. The graph of total deaths by date is increasing with almost metronomical linearity … This regularity is almost surely not real. One would expect quite a bit of variation day to day. In fact, the daily reported casualty count over this period averages 270 plus or minus about 15%. This is strikingly little variation. There should be days with twice the average or more and others with half or less. Perhaps what is happening is the Gaza ministry is releasing fake daily numbers that vary too little because they do not have a clear understanding of the behavior of naturally occurring numbers. Unfortunately, verified control data is not available to formally test this conclusion, but the details of the daily counts render the numbers suspicious.

Il primo posto da cui partire è il numero “totale” di morti riportato. Il grafico dei decessi totali per data sta aumentando con un’linearità quasi metronomica … Questa regolarità quasi sicuramente non è reale. Ci si aspetterebbe una certa variazione di giorno in giorno. In effetti, il conteggio giornaliero dei decessi riportati durante questo periodo è in media di 270, più o meno circa il 15%. C’è sorprendentemente poca variazione. Ci dovrebbero essere giorni con il doppio della media o più e altri con la metà o meno. Forse quello che sta succedendo è che il ministero di Gaza sta rilasciando numeri giornalieri falsi che variano troppo poco perché non hanno una chiara comprensione del comportamento dei numeri che si verificano naturalmente. Sfortunatamente, i dati di controllo verificati non sono disponibili per testare formalmente questa conclusione, ma i dettagli dei conteggi giornalieri rendono i numeri sospetti.

(Wyner, A., How the Gaza Ministry of Health Fakes Casualty Numbers, The evidence is in their own poorly fabricated figures, March 7, 2024)

Inoltre,

There are other obvious red flags. The Gaza Health Ministry has consistently claimed that about 70% of the casualties are women or children. This total is far higher than the numbers reported in earlier conflicts with Israel. Another red flag, raised by Salo Aizenberg and written about extensively, is that if 70% of the casualties are women and children and 25% of the population is adult male, then either Israel is not successfully eliminating Hamas fighters or adult male casualty counts are extremely low. This by itself strongly suggests that the numbers are at a minimum grossly inaccurate and quite probably outright faked. Finally, on Feb. 15, Hamas admitted to losing 6,000 of its fighters, which represents more than 20% of the total number of casualties reported.

Ci sono altri segnali d’allerta evidenti. Il Ministero della Salute di Gaza ha costantemente affermato che circa il 70% delle vittime sono donne o bambini. Questo totale è di gran lunga superiore ai numeri riportati nei conflitti precedenti con Israele. Un altro campanello d’allarme, sollevato da Salo Aizenberg e su cui è stato ampiamente scritto, è che se il 70% delle vittime sono donne e bambini e il 25% della popolazione è composto da uomini adulti, allora Israele non sta eliminando con successo i combattenti di Hamas oppure i conteggi delle vittime maschili adulte sono estremamente bassi. Questo di per sé suggerisce fortemente che i numeri siano almeno grossolanamente inaccurati e molto probabilmente completamente falsificati. Infine, il 15 febbraio, Hamas ha ammesso di aver perso 6.000 dei suoi combattenti, il che rappresenta più del 20% del numero totale di vittime segnalate.

Analogamente, il Washington Institute riporta che,


In the first month of the war, the Hamas-controlled Ministry of Health (MOH) in Gaza relied on its existing collection system, made up primarily of hospitals and morgues, to certify each death. Starting in early November, however, hospitals in northern Gaza began to shut down or evacuate during the Israeli ground invasion, spurring the MOH to introduce a new, undefined methodology for counting fatalities: media reports. This methodology, which the MOH has rarely acknowledged publicly, accounts for the majority of fatalities reported over the past four months, surpassing the traditional collection system.

Nel primo mese di guerra, il Ministero della Salute (MOH) controllato da Hamas a Gaza si è affidato al suo sistema di raccolta esistente, composto principalmente da ospedali e obitori, per certificare ogni morte. A partire dai primi di novembre, tuttavia, gli ospedali nel nord di Gaza hanno iniziato a chiudere o evacuare durante l’invasione terrestre israeliana, spingendo il Ministero della Salute a introdurre una nuova metodologia indefinita per contare i decessi: i rapporti dei media. Questa metodologia, che il MOH ha raramente riconosciuto pubblicamente, rappresenta la maggior parte delle fatalità segnalate negli ultimi quattro mesi, superando il sistema di raccolta tradizionale.

Di conseguenza, le accuse di genocidio contro Israele, accompagnate dall’isteria generale di cui è preda l’Occidente, si basano su cifre palesemente false e poco affidabili; del resto, la razionalità non è amica della guerra. Evidentemente, le vittime civili esistono, come in ogni conflitto, ma non hanno la portata che i media vorrebbero indicare, e su cui sembrano fare acritico affidamento governi ed istituzioni internazionali.

In effetti,

The result is that MOH statistics do not appear to offer a reliable guide to the actual Palestinian death toll even by the “foggy” standards of normal wartime reporting. Journalists, analysts, and government officials need to be aware that the actual overall death toll may be significantly higher (or, less likely, lower) than what the MOH has reported; the demographic composition of these fatalities is certainly far different than what the MOH claims.

Il risultato è che le statistiche del MOH non sembrano offrire una guida affidabile al numero effettivo di morti palestinesi nemmeno secondo gli standard “nebulosi” del normale reportage di guerra. I giornalisti, gli analisti e i funzionari governativi devono essere consapevoli che il numero totale effettivo dei decessi potrebbe essere significativamente più alto (o, meno probabilmente, più basso) rispetto a quanto riportato dal Ministero della Salute; la composizione demografica di queste fatalità è certamente molto diversa da quanto affermato dal Ministero della Salute.

(Epstein, G., Gaza Fatality Data Has Become Completely Unreliable, March 26, 2024)

Il legittimo sospetto che sorge, dunque, è che si voglia costruire un’eccezionalità per questa guerra, che di fatto ha oscurato conflitti come quello in Siria e quello che oppone la Russia all’Ucraina; si tratta di conflitti che potrebbero avere conseguenze decisamente più destabilizzanti rispetto a quello combattuto nella regione israelo-palestinese.


La domesticazione della guerra

Un altro problema che contribuisce ad amplificare e distorcere le notizie che provengono dal fronte di Gaza, poi, è rappresentato dalla domesticazione della guerra; sebbene le statistiche proposte da Hamas non sono affidabili, morti e feriti sono numerosi, specialmente per la parte ‘palestinese’. Allo stesso tempo, è verosimile affermare che molti di essi siano bambini, donne e persone vulnerabili, che non hanno una parte attiva in questa guerra.

Tuttavia, anche in questo caso, il conflitto israelo palestinese non presenta caratteri eccezionali, specialmente in termini di vittime innocenti come i bambini.

Bambini vittime (uccisi o feriti) di guerre dal 2014 (dati statista 2024)

Anche da questo grafico appare evidente che il numero di bambini morti nel corso della guerra tra Hamas ed Israele è poco verosimile; appare poco credibile che sarebbe morto, a causa di un singolo conflitto, un numero talmente elevato di bambini. Pertanto, è altamente probabile che la quota di giovani vittime riportato debba essere rivista al ribasso.

Ovviamente, questo non significa che qualche migliaio di bambini morti non sia una tragedia, ma semplicemente che si sta combattendo una guerra; del resto, l’Occidente sembra aver trasformato la violenza e le guerre in una sorta di intrattenimento a cui ci si è abituati. La guerra, in altre parole, è diventata un gioco, e quando le statistiche di un conflitto reale ci riportano alla realtà lo shock è inevitabile.

Abbiamo anche dimenticato che le guerre sono state combattute sul nostro suolo, ma questo trauma è stato presto dimenticato; si ricorda, a tale proposito, che nella strage di Gorla, nel 1944, perirono 184 bambini, la cui scuola venne bombardata dagli alleati.

Pertanto, la morte di bambini innocenti nel corso di un conflitto non presenta nulla di eccezionale, ma rientra, purtroppo, nelle dinamiche di un conflitto armato, e quello israeliano palestinese non costituisce certamente un’eccezione.

Nella guerra civile che sta ancora divampando in Siria, il computo delle vittime rappresentati da bambini, nel 2002, era pari a circa 900, un numero superiore a quello degli altri conflitti che si stavano combattendo. Per questa ragione, le statistiche sulle morti dovrebbero essere considerate con maggiore cautela, ma spesso (quasi sempre) a prevalere sono le emozioni e non la razionalità; inoltre, la distinzione tra il ‘campo di battaglia’ e lo spazio civile tende ad assottigliarsi, e concetti che in passato erano riconosciuti ed accettati devono essere rivisti.


Le nuove guerre

Nelle nuove guerre, in effetti, gli spazi diventano tutti occupati dal conflitto, e questo fenomeno lo si è osservato con chiarezza a partire dalle Guerre dei Balcani, combattute alla fine degli anni Novanta del secolo scorso. A differenza dei conflitti combattuti in passato, quelli di nuova generazione non prevedono una netta divisione degli spazi, e tutti possono essere coinvolti nella guerra; per questa ragione, quando si parla di ‘vittime civili’ bisognerebbe essere cauti, e ricordare questo cambiamento fondamentale nella dinamica dei conflitti.

Nel caso della guerra contro Israele, poi, l’intera Striscia di Gaza è stata trasformata in un campo di battaglia, ed è difficile delineare uno spazio civile ed uno militare; le dinamiche sono complesse ed in continuo cambiamento, e la definizione di ‘civile’ dovrebbe essere rivista con maggiore criticità e lucidità. Un caso analogo, anche se differente, è successo con la presa di Berlino, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, in cui un’intera regione è diventata il campo di battaglia, che si è allargato in maniera crescente, fino alla resa della Germania Nazista.

Quando un’intera regione diventa il campo di battaglia significa che il suo governo ha fallito ed è disperato; una situazione del genere denota il caos totale, ed il rifiuto ostinato di arrendersi complica ulteriormente la vita alle persone innocenti che vi si trovano coinvolte. Invece, circola una narrazione romantica della ‘resistenza’, che viene abbracciata anche dall’Occidente, mentre si dovrebbe prendere atto del fallimento totale del governo della Striscia e trarne le dovute conseguenze. L’impossibilità di difendere il territorio e di coordinare una reale ed efficace risposta dovrebbero innescare un senso di responsabilità.

La reazione, invece, è di stampo emotivo, e questo atteggiamento illogico trascina una guerra che Hamas ha perso, e che non poteva vincere; il prezzo della scommessa di Hamas, che si attendeva un aiuto dagli altri governi arabi, lo stanno pagando e continueranno a pagarlo le persone innocenti, come i bambini.


Prospettive Future

E’ difficile fare previsioni su un conflitto che si trascina da oltre un anno, e che non ha più ragione di esistere; l’unica ragione che determina il perdurare della guerra, in effetti, è lo stallo in cui sono cadute le parti. Il danno maggiore, tuttavia, lo ha sostenuto la parte ‘palestinese’, che ha dimostrato la sua incapacità di governare la Striscia e di dare risposte convincenti ai suoi abitanti; bisognerebbe ripartire da una leadership differente, sia per Israele che per la Palestina, ma è difficile prevedere una fine duratura delle ostilità.

Appare evidente che, per intraprendere un nuovo percorso verso la pace, sia necessario ripartire da una leadership differente, per entrambe le parti; si tratta, tuttavia, di un’impresa alquanto complicata e di difficile realizzazione. La questione della leadership, in effetti, si intreccia con una rete complessa di interessi politici, sociali e militari, che rende complicato e talvolta impossibile prevedere una conclusione duratura delle ostilità. Le speranze di una risoluzione pacifica sembrano dunque lontane, e la comunità internazionale deve affrontare l’urgenza di spingere entrambe le parti ad intraprendere un dialogo costruttivo, prima che la situazione degeneri ulteriormente.


Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.)

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