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Abstract

La relazione tra Stato e religione, in Indonesia, è determinato dalla Pancasila, l’ideologia ufficiale della Repubblica Indonesiana; l’Indonesia, dunque, non è uno Stato religioso, ma nemmeno laico, nel senso di netta separazione tra la sfera religiosa e quella civile.

L’analisi di alcune sentenze della Corte Costituzionale, poi, dimostra la subordinazione della sharia rispetto alla Costituzione, e non il contrario; di conseguenza, a questa istituzione viene riconosciuta l’autorità di interpretare la legislazione nazionale alla luce della Pancasila, limitando, quando ritenuto necessario, il campo di applicazione della legge islamica.


Introduzione

In Indonesia, le relazioni tra Stato e religione in Indonesia si basano sulla Pancasila, l’ideologia ufficiale della nazione posta a fondamento del Paese asiatico; da questo punto di vista, la Pancasila può essere considerata come un compromesso tra il modello secolare e lo Stato islamico. Secondo tale paradigma, l’Indonesia non è una teocrazia; in altre parole, lo Stato viene regolato, tendenzialmente, da leggi che non sono religiose, ma secolari. Allo stesso modo, gli obiettivi e le politiche della nazione, anche se elaborati ed implementati in modo laico, possono essere influenzati dagli insegnamenti religiosi.

Dalla storia dell’Indonesia, si desume che i confini tra la religione e la politica non sono rigidamente separati, ma, al contrario, essi sono fluidi e si evolvono nel corso del tempo; pertanto, esiste una certa sovrapposizione tra lo Stato e la sfera religiosa. Allo stesso tempo, si osserva un certo grado di autonomia tra i due ambiti, ovvero quello religioso, islamico, e quello secolare; per questa ragione, non ci si può aspettare, in Indonesia, che religione e Stato siano nettamente e rigidamente separati, come avviene (o si auspica) in Occidente.

Pertanto, la relazione tra l’ambito religioso e quello secolare devono essere compresi secondo quanto previsto dalla Pancasila; il riferimento all’ideologia ufficiale dello Stato asiatico, in effetti, appare legato ad uno dei compiti principali della Corte Costituzionale indonesiana, ovvero la revisione della legislazione (undang-undang) alla luce del dettato costituzionale. I giudici costituzionali, dunque, deve vagliare le leggi dello Stato, comprese, ovviamente, quelle che riguardano la religione; si osserva, a tale proposito, che la Carta Costituzionale del 1945 pone la Pancasila nel suo Preambolo. Il dettato costituzionale, poi, disciplina anche il diritto alla libertà di religione e di culto. In altre parole, la Corte Costituzionale ha un ruolo nel determinare il rapporto tra stato e religione.

Kemudian dari pada itu untuk membentuk suatu Pemerintah Negara Indonesia
yang melindungi segenap bangsa Indonesia dan seluruh tumpah darah Indonesia dan
untuk memajukan kesejahteraan umum, mencerdaskan kehidupan bangsa dan ikut
melaksanakan ketertiban dunia yang berdasarkan kemerdekaan, perdamaian abadi dan
keadilan sosial, maka disusunlah Kemerdekaan Kebagsaan Indonesia itu dalam suatu
Undang-Undang Dasar Negara Indonesia, yang terbentuk dalam suatu susunan Negara
Republik Indonesia, yang berkedaulatan rakyat dengan berdasar kepada : Ketuhanan
Yang Maha Esa, Kemanusiaan yang adil dan beradab, Persatuan Indonesia dan
Kerakyatan yang dipimpin oleh hikmat kebijaksanaan dalam
permusyawaratan/perwakilan, serta dengan mewujudkan suatu Keadilan sosial bagi
seluruh rakyat Indonesia.

Poi, per formare un Governo dello Stato Indonesiano che protegga tutta la nazione indonesiana e tutto il suolo indonesiano e per promuovere il benessere generale, educare la vita della nazione e partecipare alla realizzazione dell’ordine mondiale basato sulla libertà, la pace eterna e la giustizia sociale, è stata redatta l’Indipendenza Nazionale Indonesiana in una Costituzione dello Stato Indonesiano, che si è formata in una struttura dello Stato della Repubblica Indonesiana, che è sovrana del popolo e si basa su: (la fede in) Dio Onnipotente, Umanità giusta e civile, Unità dell’Indonesia e Deliberazione guidata dalla saggezza nella deliberazione/rappresentanza, e la Giustizia sociale per tutto il popolo indonesiano.

(Preambolo della Costituzione della Repubblica indonesiana del 1945, emendata nel 1999, 2000, 2001 e 2002, secondo paragrafo)

Del resto, il crescente ruolo della sfera religiosa nel discorso ed ambito pubblico di diversi Paesi sembra dimostrare che la religione può essere compatibile con la democrazia e la politica; da questo punto di vista, si osserva che anche la religione può essere un significativo e talvota necessario contrappeso all’egemonia del mercato e dello stato moderno. In questo senso, appare necessario mantenere la religione come un fattore rilevante, ma non determinante della vita pubblica; in altre parole, bisogna realizzare un equilibrio adeguato.

Per questa ragione, sono stati proposti dei criteri da seguire, ovvero una definizione abbastanza precisa di ‘affari pubblici’, di ‘popolo’, e la sostanza e funzione delle istituzioni democratiche; da ultimo, è necessario comprendere come usare tale concetto per determinare, a vari livelli, il funzionamento dello Stato. E’ stato affermato, a tale proposito, che i musulmani hanno bisogno di uno Stato laico, inteso, tuttavia, come neutralità delle istituzioni repubblicane rispetto alla religione, e non di separazione tra politica e religione.

Una concezione di questo genere, in effetti, consente alla maggioranza musulmana di proporre politiche o leggi legate all’Islam; si tratta, teoricamente, di un diritto riconosciuto a tutti i cittadini; ciò nonostante, si richiede che una legge di ispirazione cristiana o buddista sia sostenuta da una ‘ragione civica’. In altre parole, una potenziale legge dovrebbe essere accettata o rifiutata secondo criteri secolari, e non religiosi, anche se da essi deriva o viene ispirata.


Il ruolo della Pancasila e della Costituzione

La formazione della Pancasila è un processo articolato e complesso, ma in questo sede sembra sufficiente ricordare che questa ideologia si è formata mediante l’interazione di diverse correnti di pensiero e di movimenti sociali dell’Indonesia. I fondatori della nazione, come Sukarno, furono influenzati dalle teorie e dai movimenti nazionalisti sia dell’Occidente che dell’Islam, sintetizzati e declinati secondo le condizioni ed i punti di vista locali. Il pensiero occidentale, dunque, deve essere considerato un punto di riferimento imprescindibile, anche se alcuni aspetti dell’individualismo e del liberalismo sono stati rifiutati.

D’altra parte, è innegabile che l’Islam abbia costituito parte integrante della formazione del nazionalismo indonesiano; organizzazioni islamiche come Sarekat Islam aspiravano espressamente all’indipendenza dal dominio coloniale. In realtò, i leaders musulmani che si riferivano espressamente al pensiero islamico, rifiutavano la separazione tra Stato e religione, ed intendevano porre l’Islam come base della nazione. Secondo questa visione, uno stato islamico, retto dalla shariah, non sarebbe stata una teocrazia ma una ‘democrazia divina’ o ‘teo-democrazia’ (M. Natsir, “Persatuan Agama dan Negara” [The Union of Religion and State] in M. Natsir, Agama dan Negara dalam Perspektif Islam [Religion and State in Islamic Perspective] (Jakarta: Media Dakwah, 2001), 93.)

Mentre i padri fondatori della futura nazione indonesiana elaboravano una possibile Costituzione, una delle tematiche dibattute fu il carattere islamico o secolare del nuovo Stato; si tratta, del resto, di un dibattito che ha attraversato diverse fasi. La dichiarazione di indipendenza dell’Indonesia del 17 agosto 1945 fu seguita, il giorno successivo, dalla promulgazione della Costituzione del 1945 e dalla Pancasila; non si tratta, tuttavia, di una fase finale, preceduta da un profondo cambiamento sociale. Quest’ultimo, invece, è stato un lungo processo, che si è dispiegato nei decenni successivi, specialmente nella popolazione musulmana.

La Costituzione indonesiana, dunque, si fonda su un compromesso di fondo, concluso dal Presidente Sukarno, mediante il Decreto Presidenziale del 5 luglio 1959; in questo modo, venne ripristinata la Costituzione del 1945 e fu definitivamente sciolta l’Assemblea Costituente. Le aspirazioni delle forze islamiche, che hanno rinunciato ad uno Stato retto dalla shariah, viene espresso da quanto affermato dal menzionato Decreto Presidenziale. Sukarno, in effetti, affermò che

Bahwa kami berkejakinan bahwa Piagan Djakarta tertanggal 22 Djiuni 1945 mendjiwai Undang-Undang Dasar 1945 dan adalah merupakan suatu rangkaian-kesatuan dengan Konstitusi tersebut

siamo certi che la Carta di Giacarta del 22 luglio 1945 ha ispirato la Costituzione del 1945 ed è parte della catena di unità con la Costituzione

(Dekrit Presiden Republik Indonesia 5 Djuli 1959, Decree of the President of Indonesia, 5 July 1959)

Tale affermazione viene considerata, da alcuni osservatori, come la base legale per l’autorità della sharia rispetto al sistema giuridico indonesiano; la Carta di Giacarta del 1945, in effetti, era un documento in cui, oltre a ribadire i principi della Pancasila, si affermava anche la necessità di implementare la legge religiosa per i cittadini di religione islamica. Le affermazioni sulla sharia, note come ‘sette parole’, non sono poi confluite nel testo della Costituzione approvata nel 1945, ma rimangono comunque un aspetto che segnala l’importanza dell’Islam nella costruzione dell’identità nazionale dell’Indonesia.

Per influenzare il funzionamento dello Stato, dunque, il coinvolgimento delle istituzioni religiose nelle società politiche deve essere soggetto ai principi della ragione pubblica e della deliberazione; in altre parole, si ammette che gli insegnamenti religiosi possano ispirare le leggi. Tuttavia, essi ma devono essere formulati, sostanzialmente, secondo una ratio democratica, e non devono limitarsi a semplici riferimenti letterali alla letteratura religiosa. Si ricorda, a tale proposito, che una decisione pubblica può essere considerata razionale quando essa si basa sui fatti, è orientata al bene pubblico nel lungo termine, e prevede la potenziale partecipazione di tutti i gruppi sociali rilevanti.


Politiche Legali sulla Sharia

Per gli Stati coloniali, la gestione del pluralismo legale da parte dell’amministrazione coloniale è motivo di seria preoccupazione, in quanto i cittadini vengono posti in condizioni disuguali, e spesso essi vengono discriminati in base ad elementi come la razza, la religione, l’etnia ed il regionalismo. La lotta per la libertà non ha come unico obiettivo la liberazione, ma la fine del trattamento legale discriminatorio. Pertanto, uno dei caratteri essenziali dello Stato post-coloniale è il rifiuto del pluralismo giuridico, e l’unificazione costituisce, da questo punto di vista, una politica per sostituire la pluralità delle leggi coloniali. L’unificazione giuridica, dunque, comporta la necessità di non adottare leggi diverse in base alla religione della comunità; gli sviluppi attuali, tuttavia, sono differenti, in quanto molti Paesi hanno adottato il pluralismo giuridico.

Un orientamento unificato nello sviluppo del sistema legale in Indonesia, del resto, può essere osservato, principalmente, durante l’era del Presidente Sukarno e l’inizio del Nuovo Ordine di Suharto; in ambito religioso, si è cercato di migliorare la vita religiosa e la fede nel Dio Onnipotente, che doveva essere coerente con la Pancasila. L’ordinamento ha cercato di unificare le leggi esistenti, e, nello stesso tempo, di salvaguardare il pluralismo legale; per questa ragione, si è proceduto all’emanazione di diverse leggi di ispirazione religiosa,

Lo Stato ha dovuto contemperare due interessi contrapposto, ovvero la realizzazioen di una semplice e definitiva unificazione legale, e, allo stesso tempo, di accogliere la pluralità delle leggi; si considerino, in questo senso, la Legge sulla Registrazione dei Matrimoni, successivamente diventata la Legge sul Matrimonio, la Compilazione della Legge Islamica (KHI), la Legge sulla Gestione dello Zakat, la Legge sul Hajj, la Legge sul Waqf, la Legge sulla Banca Islamica e la Legge sui Titoli di Stato Sharia (SBSN).

Si tratta di iniziative legale che sono state generalmente considerate come successi dei gruppi islamici nell’incorporare la sharia nell’ordinamento statale; si è trattato, in realtà di una necessità per unificare la legge. Gli obiettivi perseguiti sono stati tre, ovvero l’unificazione delle leggi che si applicano ai musulmani, la massimizzazione delle loro potenzialità economiche, e la tutela della vita religiosa. Questi tre obiettivi sono laici, e non religiosi, in quanto riguardano solo gli affari sociali, e vengono realizzati dallo stato come istituzione laica.

Una legge che segnala il pluralismo giuridico dell’ordinamento indonesiano, poi, è la Legge sull’Autonomia Speciale di Aceh, che offre spazio per l’applicazione della legge islamica attraverso l’istituzione di leggi regionali diverse da quelle nazionali. Tale status particolare, nondimeno, deriva dal contesto segnato dal conflitto nella provincia di Aceh, che ha richiesto l’assegnazione dell’autonomia speciale. La legge islamica imposta finora ad Aceh, in aggiunta, riguarda solo alcuni reati minori legati alla ‘decenza’; allo stesso modo, le regolamentazioni locali della sharia, in alcune aree dell’Indonesia, generalmente regolano solamente questo ambito, che è visibile ma ha scarsa incisività sul funzionamento del sistema giuridico.


Il Ruolo della Corte Costituzionale

Per comprendere il ruolo della Corte Costituzionale indonesiana nel determinare la relazione tra Stato e religione, in base ai dettami della Pancasila, sembra interessante prendere in considerazione alcuni ambiti di intervento.


La limitazione dell’autorità dei Tribunali Islamici

Nel caso numero 19/PUU-VI/2008, un cittadino di nome Suryani ha presentato una petizione per la revisione giudiziaria della Legge numero 7 del 1989, modificata dalla Legge n. 3 del 2006 (Legge sui Tribunali Religiosi); in questa occasione, il ricorrente ha richiesto che la legge penale islamica fosse applicata in Indonesia come una delle giurisdizioni del Tribunale Religioso. Suryani ha sostenuto che la legge islamica, nelle sue diverse branche, compresa quella penale (jinayah), dovesse essere applicata in base al principio della Pancasila secondo cui l’Indonesia è uno stato basato sulla “Fede nell’Unico Dio Onnipotente”. Il ricorrente ha anche sostenuto che i seguaci di ogni religione riconosciuta possono chiedere allo stato di applicare le rispettive leggi religiose. Secondo Suryani, l’Articolo 49 (1) della Legge sui Tribunali Religiosi contraddice con gli Articoli 28I(1)(2) della Costituzione, che affermano

il diritto alla religione … è un diritto umano che non può essere privato in nessuna circostanza

Ogni persona ha il diritto di essere libera da trattamenti discriminatori basati su qualsiasi motivo e ha il diritto alla protezione da tali trattamenti discriminatori

La Corte Costituzionale ha respinto l’argomento del ricorrente, ed ha giustificato la sua decisione dichiarando che l’Indonesia non è uno Stato religioso, ma neanche laico; in particolare, l’Indonesia non è uno Stato basato esclusivamente su una particolare religione. Allo stesso tempo, il Paese asiatico non è nemmeno uno Stato laico, che non presta alcuna attenzione alla religione e delega completamente gli affari religiosi agli individui ed alla società. Rispetto ai fondamenti della Pancasila, la legge nazionale deve garantire l’integrità dell’ideologia e del territorio dello stato, allo scopo di stabilire la giustizia e la tolleranza religiosa. Pertanto, la legge nazionale diventa il fattore di integrazione che unifica la nazione, e tale decisione ha chiarito che i servizi garantiti ai cittadini non si basano sulla maggioranza o sulla minoranza di aderenti a religioni, tribù o razze.

Nell’ambito del diritto costituzionale indonesiano, pertanto, la sharia non viene una fonte formale, ma materiale; la legge islamica, infatti, è una fonte del diritto nazionale, ma non è l’unica, poiché oltre alla sharia sono presenti altre fonti. Si considerino, a tale proposito, la legge consuetudinaria e la legge Occidentale, al pari di altre tradizioni giuridiche che costituiscono fonti del diritto nazionale. Pertanto, la legge islamica può essere solamente una delle fonti materiali, che deve essere usata in combinazione con altre fonti di diritto.


Riconoscimento delle fedi religiose

L’Indonesia, come noto, riconosce ufficialmente sei religioni, e tale disposizione si è tradotta nell’impossibilità, per coloro che professavano un credo tradizionale (e non riconosciuto), di dichiarare la propria appartenenza religiosa sui documenti d’identità. Questa situazione ha spinto quattro cittadini di fedi indigene a presentare una petizione alla Corte Costituzionale per una revisione della Legge Numero 23 del 2006, modificata dalla Legge Numero 24 del 2013 sulla Amministrazione della Popolazione. Il 7 novembre 2017, la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza sul caso numero 97/PUU-XIV/2016 riguardante la revisione della Legge sull’Amministrazione della Popolazione. In questa decisione, la Corte ha sottolineato che religione e credo sono due ambiti diversi ma hanno il medesimo status.

La Corte Costituzionale ha dichiarato che il diritto di aderire ad una religione o ad un credo è un diritto costituzionale, non un dono dello Stato; al contrario, il ruolo di quest’ultimo è quello di garantire questo diritto. Nel caso dell’Indonesia, questa affermazione non riveste un semplice valore dottrinale, ma è diventata normativa e sancita dalla Costituzione, e, pertanto, vincolante per le differenti articolazioni del potere statale.

Gli articoli 61 e 64 della menzionata Legge sull’Amministrazione della Popolazione sono rubricati sotto il sottocapitolo ‘Documenti della Popolazione’; questi ultimi sono quelli aventi forza legale come prova autentica, ed includono la regolamentazione di una serie di diritti dei cittadini, compresa la libertà di religione e di credo. Gli sforzi per attuare una gestione ordinata della popolazione non devono ridurre i diritti dei cittadini, inclusa la libertà religiosa e di credo; Il primo e secondo dell’Articolo 61, al pari del primo e quinto comma dell’Articolo 64, stabiliscono che ‘religione’ si riferisce ad una di quelle ufficialmente riconosciute.

Di conseguenza, la libertà di aderire ad una religione viene limitata a quelle religioni riconosciute in conformità alle normative statutarie; per questo motivo, la responsabilità o l’obbligo costituzionale dello Stato di garantire e proteggere questo diritto non viene garantita a tutti i cittadini. Tale situazione, evidentemente, non è compatibile con lo spirito della Costituzione del 1945, che garantisce esplicitamente ad ogni cittadino il dirittio di abbracciare liberamente una religione ed una fede, adottandone le pratiche previste.

Per questi moviti, la Corte Costituzionale ha dichiarato che la parola ‘religione, nel senso inteso dall’Articolo 61(1) e dall’Articolo 64(1) della Legge sull’Amministrazione della Popolazione deve essere dichiarata contraria alla Costituzione del 1945 se non viene interpretata come inclusiva anche del “credo’. Pertanto, lo spazio dedicato alla religione sui documenti d’identità e su quelli ufficiali, per i credenti, anche in religioni differenti da quelle riconosciute ufficialmente, deve essere compilata con ‘credenti’, e non lasciata vuota o contrassegnata con una linea.


Conclusioni


Sulla base dell’analisi appena svolta, appare evidente che la Corte Costituzionale indonesiana ha adottato un modello basato sulla Pancasila per delineare la relazione tra lo Stato e la religione, allo scopo di esaminare diverse leggi relative alla religione. I giudici costituzionali, pertanto, hanno posto la Pancasila come criterio per determinare le differenze e le relazioni tra lo Stato e la religione, e non si notano segnali che mostrino la tendenza di considerare la Repubblica indonesiana diventare uno Stato religioso o laico (netta separazione della sfera religiosa e civile). Di conseguenaza, la Corte Costituzionale indonesiana riconosce che Stato e religione sono interconnessi, ma entro certi limiti.

Tale approccio, del resto, appare coerente con quanto osservato da alcuni autori, secondo cui non esistono segnali di un cambiamento della Pancasila o della volontà di subordinare la Carta Costituzionale alla legge islamica. Al contrario, è la sharia che si deve accordare con le previsioni della Costituzione, e può essere limitata da quest’ultima in caso di incompatibilità, come successo nel caso esaminato in precedenza.

La Corte Costituzionale, da ultimo, emerge come l’istituzione in possesso dell’autorità necessaria per interpretare la Costituzione, ed eventualmente interpretare e limitare il campo di applicazione della legge islamica in Indonesia. La Corte Costituzionale, del resto, ha dichiarato di non essere vincolata dagli interpreti classici della legge islamica e dalle loro opinioni; al contrario, essa ha pieno potere di adottare un’interpretazione della sharia che sia coerente con i dettami e lo spirito della Costituzione repubblicana.


Letture Consigliate

  • Safaat, M.A., The Roles of the Indonesian Constitutional Court in Determining State-Religion Relations, in Constitutional Review, 8(1), 2022.
  • Butt, S., Islam, the State and the Constitutional Court in Indonesia, in Pac. Rim L. & Pol’y J., 19, 2010.
  • Rofii, A. (2021). The religiosity of the Indonesian constitution: article 29 (1) and its interpretation. Const. Rev.7, 203.
  • Butt, S. (2020). Constitutional recognition of “Beliefs” in Indonesia. Journal of Law and Religion35(3), 450-473.
  • Pertiwi, M. K. (2021). Religious freedom and the Indonesian constitution: a case study of the Blasphemy Law, Marriage Law, and Civil Administrative Law (Doctoral dissertation, Macquarie University).

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.)

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