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Abstract

La Primavera Araba, iniziata nel mese di dicembre del 2010, ha rappresentato un momento fondamentale per il mondo arabo, in quanto milioni di cittadini hanno richiesto riforme democratiche ed il rispetto dei diritti umani. Mentre la Tunisia ha visto alcuni progressi con una nuova Costituzione che teoricamente garantisce libertà fondamentali, altri Paesi come la Siria, lo Yemen e la Libia hanno subito un deterioramento drammatico dei diritti umani a causa di guerre civili e conflitti interni. Le dinamiche geopolitiche e socio-economiche hanno ulteriormente complicato la situazione, mentre la società civile e gli attivisti continuano a lottare per la giustizia ed il rispetto dei diritti fondamentali, nonostante la repressione e le difficoltà.


Introduzione

La Primavera Araba, una serie di proteste e movimenti di rivolta che hanno attraversato il mondo arabo a partire dal dicembre 2010, ha rappresentato un momento di fondamentale importanza per la storia contemporanea della regione. A causa di una combinazione di elementi socio-economici, politici e culturali, sono stati milioni i cittadini che si sono mobilitati per richiedere riforme democratiche, giustizia sociale ed il rispetto dei diritti umani. Questo articolo, che conclude la serie sulla Primavera Araba, intende analizzare l’eredità di questi eventi, con particolare attenzione per i diritti umani, ed esplora sia i progressi compiuti che le difficoltà che permangono in molte aree della regione Medio Orientale e Nord Africana.


Contesto e origine della Primavera Araba

Come noto, l’evento che ha segnato l’avvio della Primavera Araba è stata l’auto-immolazione di Mohamed Bouazizi, un giovane venditore ambulante tunisino, avvenuta nel mese di dicembre del 2010; il suo gesto disperato, simbolo di una lotta contro l’umiliazione e l’abuso di potere, ha innescato una serie di manifestazioni che hanno rapidamente coinvolto l’intera Tunisia. Questa ondata di proteste si è poi diffusa in altre nazioni arabe, come l’Egitto, la Libia, lo Yemen e la Siria; tale espansione ha effettivamente dimostrato l’interconnessione delle diverse realtà, unite da un comune desiderio di cambiamento e di giustizia.

In tale ambito, la lotta per i diritti umani è emersa come una delle tematiche principali di queste insurrezioni; gli attivisti, spesso rappresentati da giovani, hanno reclamato con forza le libertà politiche, unitamente ai diritti fondamentali, come la libertà di espressione, di associazione e di partecipazione alla vita politica. Si nota, a tale proposito, che la ricerca di questi diritti può essere considerata l’obiettivo ultimo del movimento, ma anche un catalizzatore per l’unità nazionale e per un effettivo cambiamento sociale. La richiesta di maggiore libertà e dignità ha coinvolto gruppi sociali differenti, sia all’interno che all’esterno del contesto politico, ed ha creato una coalizione eterogenea di cittadini che aspirava e richiedeva un futuro migliore. In questo senso, la Primavera Araba non ha solamente rappresentato una reazione contro regimi autoritari, ma anche, e soprattutto, il tentativo di costruire nuove narrazioni identitarie e politiche, che ponessero al centro i diritti e le aspirazioni dei cittadini, e non di una ristretta élite.


Progressi e fallimenti nell’ambito dei diritti umani dopo la Primavera Araba

In seguito alla Primavera Araba, che ha scosso il mondo arabo a partire dalla fine del 2010, i diversi Paesi coinvolti hanno attraversato fasi alternanti di transizione politica; si tratta di cambiamenti che hanno comportato risultati eterogenei in termini di rispetto e protezione dei diritti umani. Da questo punto di vista, si nota che la Tunisia è stato il solo Paese ad emergere da questi eventi con una certa stabilità politica. In tale contesto, come osservato in un articolo pubblicato su questo blog, si può affermare che è stata avviata una vera e propria democratizzazione. La nuova Costituzione, approvata nel 2014, ha introdotto norme avanzate sui diritti umani, ed ha garantito fondamentali libertà civili come quella di parola, di riunione pacifica e di stampa. Questi progressi hanno rappresentato un significativo prigresso verso la costruzione di una società autenticamente democratica, in cui i cittadini possono esprimere le proprie opinioni e partecipare attivamente alla vita politica.

Una particolare importanza la assumono gli articoli 32 e 37 della Costituzione del 2014

Article 31

Freedom of opinion, thought, expression, information and publication shall be guaranteed.These freedoms shall not be subject to prior censorship.

Articolo 31

La libertà di opinione, pensiero, espressione, informazione e pubblicazione sono garantite. Tali libertà non sono soggette a censura.

Article 37

The right to assembly and peaceful demonstration is guaranteed.

Articolo 37

Il diritto di assemblea e di pacifica dimostrazione viene garantito.

Da notare che la Costituzione sembra blindare alcune libertà, come quelle sancite dall’articolo 32, ma non altre, che vengono garantite, ma che potrebbero essere, teoricamente, ristrette, in assensa di una esplicita clausola contraria nella Costituzione.

Anche in Tunisia, tuttavia, il percorso verso un effettivo rispetto delle libertà e dei diritti fondamentali è ancora caratterizzato da sfide ed ostacoli; si consideri, a tale proposito, che la crescente polarizzazione politica tra le diverse fazioni, unitamente alle difficoltà economiche, hanno alimentato genuine preoccupazioni rispetto alla libertà dei media e dei diritti umani nel loro complesso. Le autorità tunisine, in effetti, hanno represso manifestazioni pacifiche organizzate da cittadini che avanzavano richieste legittime. Un esempio recente è costituito dalla repressione delle manifestazioni che si sono svolte nel periodo elettorale; tra il 12 e il 13 settembre 2024, in effetti, circa 97 membri di Ennahda sono stati arrestati. Le autorità tunisine, poi, hanno anche limitato la libertà di espressione e di associazione, detenendo arbitrariamente avvocati, giornalisti e difensori dei diritti umani.

Tale ondata di repressione può essere considerata come parte di una più ampia tendenza di erosione dei diritti umani e dell’indipendenza del potere giudiziario sotto la presidenza di Kais Saied; spesso, le autorità ricorrono ad accuse senza fondamento per silenziare il dissenso e le critiche, ignorando le decisioni della giustizia amministrativa. Tali episodi dimostrano che, nonostante i progressi compiuti, il cammino verso una piena realizzazione dei diritti umani è ancora lungo, complesso e decisamente fragile, specialmente in considerazione degli eventi recenti che hanno caratterizzato il Paese.

In netto contrasto con la situazione tunisina, paesi come la Siria e lo Yemen hanno visto una drammatica e catastrofica erosione in termini di diritti umani; la guerra civile in Siria, iniziata nel 2011, ha dato origine ad una crisi umanitaria senza precedenti, come è stato osservato su questo blog. Gli attivisti per i diritti umani, pertanto, hanno dovuto fronteggiare persecuzioni sistematiche, mentre la violazione dei diritti fondamentali è diventata una costante in un contesto devastato da una guerra continua. Torture, arresti arbitrari ed attacchi indiscriminati hanno caratterizzato la vita quotidiana di molte persone, riducendo drasticamente gli spazi di libertà ed il rispetto dei diritti basilari.

In Yemen, analogamente, il prolungato conflitto ha avuto conseguenze disastrose sulla vita dei civili e sui diritti umani; la guerra, effettivamente, ha causato la morte di migliaia di persone innocenti ed ha compromesso le già fragili strutture sanitarie e di assistenza sociale. Le violazioni dei diritti umani, come i bombardamenti indiscriminati e le atrocità perpetrate da vari gruppi armati, sono diventate un elmento ordinario, e migliaia di persone soffrono per la mancanza di servizi essenziali come il cibo, l’acqua e l’assistenza medica.

Anche la Libia ha avuto una sorte analoga, e la situazione è precipitata in maniera drammatica; in effetti, dopo la caduta del regime di Gheddafi nel 2011, il Paese ha affrontato una prolungata interruzione della vita democratica, associata ad una considerevole e diffusa violenza tra le diverse milizie. L’assenza di un governo centrale forte e unificato, poi, ha reso impossibile garantire il rispetto dei diritti umani; per questa ragione, si osservano con una certa frequenza le razzie, gli omicidi indiscriminati e gli atti di violenza, con particolare attenzione per quelli perpetrati contro le donne. Le divisioni politiche e le rivalità tra gruppi armati hanno creato un ambiente segnato da instabilità e caos, e la vita dei cittadini è costantemente messa a rischio dalla violenza e dall’assenza di leggi chiare.

Sebbene la Primavera Araba ha inizialmente suscitato speranze di riforma e progresso in molti dei Paesi coinvolti, la realtà attuale evidenzia un quadro complesso ed eterogeneo per quanto riguarda i diritti umani. Alcuni Paesi, come osservato in precedenza, hanno compiuto significativi progressi, mentre altri continuano a lottare contro situazioni che si sono ulteriormente deteriorate nel corso del tempo.


I diritti umani e le dinamiche geopolitiche e socio-economiche

Una considerazione di grande importanza che emerge dall’analisi della Primavera Araba è il ruolo delle dinamiche geopolitiche e socio-economiche; si tratta di variabili, che, effettivamente, hanno contribuito a plasmare la situazione dei diritti umani nel contesto regionale. Gli interventi delle potenze straniere, frequentemente motivati da interessi strategici e non da una sincera preoccupazione per il benessere delle popolazioni locali, hanno ulteriormente complicato un quadro già compromesso.

In Libia e Siria, in particolare, le ingerenze internazionali hanno avuto ripercussioni negative sulle pre-esistenti dinamiche di potere, e, allo stesso tempo, hanno creato un contesto in cui i diritti umani sono stati sistematicamente compromessi. L’appoggio offerto da paesi come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti a regimi autoritari ha dimostrato che le considerazioni geopolitiche possono erodere le aspirazioni democratiche e l’esercizio dei diritti fondamentali delle popolazioni locali, privandole di una vera autonomia, oltre che della capacità di auto-determinarsi.

Dal punto di vista socio-economico, inoltre, persiste una situazione caratterizzata da instabilità, e si osservano problematiche come l’elevata disoccupazione dei giovani che si associa ad una povertà diffusa; tali elementi continuano a rappresentare considerevoli ostacoli per il progresso sul fronte dei diritti umani. Le aspettative di progresso e trasformazione, alimentate dalle speranze suscitate dalla Primavera Araba, sono rimaste sostanzialmente deluse, e tale risultato negativo ha generato una diffusa frustrazione tra molti cittadini, che si spesso si manifesta in nuove forme di resistenza ed attivismo.

Il panorama delle manifestazioni, tuttavia, è compless, e, sebbene ci siano segnali di un rinnovato impegno civico, le repressioni del dissenso messe in atto dai governi hanno di fatto paralizzato diversi movimenti di protesta. La strategia repressiva ostacolano il progresso verso il rispetto e la realizzazione dei diritti umani, e può produrre una maggiore radicalizzazione tra i settori più svantaggiati della società, che si sentono sempre più alienati e privati delle proprie speranze di cambiamento. In tale contesto, il futuro dei diritti umani nella regione appare incerto e complesso, e molte sono ancora le sfide che devono essere efficacemente affrontate per ottenere una reale giustizia sociale e un’autentica democrazia.


L’importanza della società civile e degli attivisti

Nonostante le difficoltà senza precedenti che hanno caratterizzato la situazione nella regione in esame, la società civile ha dimostrato una straordinaria resilienza, ed ha continuato a svolgere un ruolo indispensabile nella difesa dei diritti umani. In un contesto spesso segnato da repressione e sistematiche violazioni, gli attivisti hanno deciso di fronteggiare rischi considerevoli allo scopo di combattere per realizzare principi fondamentali come la giustizia, la trasparenza e la responsabilità dei governanti e delle istituzioni dello Stato.

Si tratta di persone che hanno organizzato manifestazioni, scritto articoli, ed utilizzato le piattaforme digitali per diffondere il loro dissenso rispetto al regime; si è dunque creatoa una rete di solidarietà e di supporto, capace di mobilitare le comunità locali e di attirare l’attenzione della comunità internazionale su questioni che spesso venivano ignorate.

In tale contesto, si nota che le organizzazioni non governative, sia a livello locale che internazionale, hanno assunto un ruolo fondamentale; si tratta di enti che hanno operato per documentare le violazioni dei diritti umani. Essi, effettivamente, hanno raccolto testimonianze, prove e dati che attestano l’ampiezza e la gravità della situazione, ed hanno spesso svolto un lavoro di advocacy, ovvero di pressione sui governi per ottenere il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini.

Queste organizzazioni hanno informato il pubblico rispetto alle violazioni, ed hanno attivato campagne di sensibilizzazione, mediante l’adozione di strumenti creativi ed innovativi per educare e mobilitare la popolazione e sollecitare il supporto della comunità internazionale. Attraverso eventi, seminari e campagne sui social media, tali enti hanno cercato di coinvolgere le persone ed aumentare la loro consapevolezza rispetto a problemi critici, allo scopo di promuovere un cambiamento positivo.

Nonostante le difficoltà, si nota la continuano resistenza ed organizzazione di gruppi di protesta della società civile, che cercano di rappresentare coloro che i regimi vorrebbero privare dei diritti più basilari; in tale contesto, il supporto della comunità internazionale e la solidarietà tra i popoli diventano strumenti fondamentali per promuovere un cambiamento positivo e duraturo.


Le sfide future ed i percorsi di cambiamento

Guardando al futuro, diventa evidente che la costruzione di un’eredità duratura dei diritti umani nella regione richiederà determinazione, unitamente alla solidarietà; si nota la necessità, in particolare, di creare spazi di partecipazione politica, facilitare il coinvolgimento dei giovani e garantire una maggiore inclusione delle donne nei processi decisionali.

Da questo punto di vista, il ruolo di Internet e dei Social Media appare decisivo, specialmente quando si considera che queste piattaforme hanno la capacità di abbattere le barriere geografiche e culturali, consentendo una comunicazione più diretta ed immediata tra le persone. Internet, effettivamente, costituisce un’opportunità unica per mobilitare le masse, sensibilizzare sul rispetto dei diritti umani e creare reti di supporto tra attivisti, e soggetti vulnerabili, come i giovani e le donne. Attraverso campagne online, petizioni ed un uso strategico dei social media, diventa possibile diffondere informazioni, raccogliere fondi e promuovere l’attivismo in maniera efficace.

I social media, inoltre, possono essere usati come un importante strumento di denuncia; attraverso la condivisione delle esperienze personali e delle ingiustizie subite, le persone possono unire le forze e portare all’attenzione del pubblico generale problemi che altrimenti rimarrebbero nascosti o poco visibili. Risulta fondamentale, tuttavia, operare un’educazione degli utenti sull’uso critico e responsabile degli strumenti digitali, allo scopo di evitare la disinformazione e di garantire che il discorso rimanga costruttivo e positivo.

Da ultimo, si nota che la comunità internazionale ha il dovere di sostenere attivamente la lotta per i diritti umani, non solamente attraverso le forme ordinarie di assistenza umanitaria, ma anche attraverso la pressione sui governi autoritari, per ottenere il rispetto degli impegni presi sui diritti umani. Da questo punto di vista, si nota che l’adozione di politiche che promuovano lo sviluppo sostenibile, la giustizia economica e la libertà di espressione possono contribuire a rafforzare la resilienza delle società civili nella regione Medio Orientale e Nord Africana.


Conclusioni

In conclusione, si osserva che l’eredità della Primavera Araba è complessa e sfaccettata, e molte speranze di libertà e giustizia, innescate dalle prime manifestazioni che hanno sconvolto lo scenario politico e sociale nel mondo arabo, si sono dovute scontrare con una realtà segnata da sfide ed ostacoli significativi. Gli appelli e le richieste per un cambiamento in senso democratico, oltre che per il miglioramento delle condizioni socio-economiche sono stati spesso frustrati da conflitti interni, dalla repressione governativa e dall’emersione di nuovi poteri autoritari.

Le aspirazioni di un’intera generazione, che richiedeva una società più giusta ed inclusiva, in cui i diritti umani fossero rispettati, sono state largamente disattese; in alcuni Paesi, come osservato in precedenza, le conseguenze della Primavera Araba hanno comportato una maggiore instabilità e conflitti armati. In altre realtà, invece, si è assistito a tentativi di riorganizzare la società e le istituzioni politiche, sebbene con risultati ambivalenti.

Da questo punto di vista, è importante notare che, nonostante tali difficoltà, sono stati molti gli attivisti ed i cittadini che continuano a lottare per la libertà e la giustizia, ispirati dai principi che hanno animato le piazze del mondo arabo nel corso della primavera del 2011. La memoria di tali eventi, caratterizzati da unità e speranza, costituisce un potente catalizzatore per il cambiamento, e rimane viva in coloro che continuano a lavorare per garantire un futuro migliore a sé stessi ed ai propri figli.

L’eredita della Primavera Araba, pertanto, non può essere considerata una semplice cronaca di eventi passati, ma come un processo in continua evoluzione, capace di plasmare le società del Medio Oriente e del Nord Africa.


Letture Consigliate

  • Tazi, M. (2021). The Arab Spring and Women’s (Cyber) activism:“Fourth Wave Democracy in the Making?” Case Study of Egypt, Tunisia, and Morocco. Journal of International Women’s Studies22(9), 298-315.
  • Korotayev, A., Shishkina, A., & Khokhlova, A. (2022). Global echo of the Arab Spring. In Handbook of revolutions in the 21st century: The new waves of revolutions, and the causes and effects of disruptive political change (pp. 813-849). Cham: Springer International Publishing.
  • Zaporozhchenko, R. (2021). Rethinking the Arab Spring in the context of geohistorical transformations. Ideology and Politics Journal3(19), 10-33.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.)

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