Abstract
Padre Henricus Christianus Verbraak era un sacerdote gesuita, che ha prestato il suo servizio in modo particolare nel corso della guerra di Aceh; la statua che è stata eretta e conservata a Bandung, nell’attuale Indonesia, contrasta con il mito dell’eroe nazionale, che si vorrebbe musulmano e indigeno. Di fatto, la sua figura non sembra suscitare particolari controversie, se non considerazioni generiche sulla relazione tra le missioni cattoliche ed il colonialismo.
Father Henricus Christianus Verbraak was a Jesuit priest who served particularly during the Aceh War; the statue that has been erected and preserved in Bandung, in present-day Indonesia, contrasts with the myth of the national hero, who is imagined to be Muslim and indigenous. In fact, his figure does not seem to provoke particular controversies, except for general considerations about the relationship between Catholic missions and colonialism.
Introduzione – Un Eroe Cattolico
Nell’immaginario collettivo, gli eroi indonesiani, sia del presente che di epoche più remote, sono figure militari e/o religiose, tendenzialmente musulmane, che hanno combattuto contro il colonialismo e/o gli olandesi. Tale narrazione, tuttavia, omette moltissime altre figure che, pur non essendo militari o musulmani, sono stati dichiarati eroi; ancora diversa, poi, è la situazione di quelle persone che non sono ufficialmente eroi, ma che vengono lo stesso ricordati come tali.

Tra di essi, spicca la figura del gesuita Henricus Christianus Verbraak, attivo durante la guerra di Aceh, combattuta tra la fine del XIX secolo e l’inizio di quello successivo; la sua statua a Bandung, in effetti, testimonia il pluralismo di queste terre, nonostante le note problematiche che esistono. Si tratta di uno scenario inconsueto, ma reale, e la sua figura rimane, nonostante le controversie, una testimonianza di un’Indonesia plurale e coesa attorno al mito nazionalistico.
Come si nota dalla foto riportata, al gesuita vengono attribuiti meriti militari, che lo inseriscono, di fatto, nell’epopea nazionalista indonesiana. L’iscrizione alla base del monumento, poi, ricorda le coordinate della sua avventura umana.
In questo articolo, si cercherà di comprendere la rilevanza di questo missionario, che si è distinto in modo particolare nella guerra di Aceh, sebbene egli non sia noto come altri protagonisti dell’era coloniale, come Snouck Hurgronje. Padre Verbraak, ‘Pastor Verbraak’, dunque, si configura come una sorta di anomalia nella storia dell’Indonesia, che non corrisponde certamente al mito nazionalistico, ma che rimane, silenzioso, a ricordare che la realtà della costruzione del Paese è decisamente più complessa di quello che si pensa.
Pastor Verbraak – Una Testimonianza Interessante
Le informazioni su una figura come Verbraak sono abbastanza scarse, in quanto egli rappresenta un personaggio non centrale per la storia indonesiana; tuttavia, in un articolo de Sint Claverbond, del gennaio 1922, a pochi anni di distanza dalla sua morte, ricorda questo missionario. La comunità in cui egli era nato, lo ricorda con queste parole,
Hij, onze pastoor, onze vader en vriend, die altijd mèt ons
was in de ure des gevaars, die immer daar te vinden was, waar
zijn hulp, zijn troostend woord, zijn zelfopofferende naastenliefde
ons, militairen van het Indische Leger, tot een zegen was hij
is ook thans in ons midden ook nu, terwijl we een strijd voeren,
niet tegen een Inlandschen vijand, maar een strijd om datgene
te veroveren, waarop wij een rechtmatige aanspraak meenen te
mogen maken Gelijkstelling.
Lui, il nostro pastore, il nostro padre e amico, che è sempre stato con noi nell’ora del pericolo, si è sempre fatto trovare lì, dove il suo aiuto, la sua parola di conforto, la sua auto-sacrificante carità è stata una benedizione per noi, soldati dell’Esercito indiano (delle Indie Orientali), lui è in mezzo a noi anche ora, mentre stiamo combattendo una battaglia, non contro un nemico dell’entroterra, ma una battaglia per conquistare ciò che sentiamo di avere un diritto di equivalenza.
Sint Claverbond, Pastor Verbraak, Gennaio 1922, p. 100.
Una figura, dunque, ben nota in Patria, ma che oggi, a distanza di oltre un secolo dalla morte, risulta difficile da comprendere, ma non da apprezzare; la sua fama, ricordata dalla statua a lui dedicata a Bandung, rimane una testimonianza di un’identità complessa. L’Indonesia è stata costruita intorno al mito fondatore dell’indigeno musulmano che lotta contro i colonizzatori; Padre Verbraak non era certamente un nazionalista indonesiano, nemmeno ante litteram.
Eppure, la sua vita ha suscitato l’attenzione e l’apprezzamento di una parte del Paese, quella parte che crede realmente nella Unità nella Diversità, e nei valori fondanti della Pancasila, ispirati ad una sorta di umanesimo. Nello stesso articolo, del resto, si ricorda che
Pastoor Verbraak bezocht alle vaste bezettingen op
Atjeh om beurten, teneinde de Roomsch-Katholieke militairen in
de gelegenheid te stellen, hun godsdienstplichten te onderhouden.
Wegens de groote afstanden der overzeesche bezettingen en de
vele bentings der geconcentreerde linie, had de volijverige pastoor
een zeer uitgebreid gebied te doorreizen en verliep er een geruime
tijd tusschen de verschillende bezoeken.
Geen wonder dus, dat men verheugd was den beminden pastoor
weder te zien.
l pastore Verbraak visitava a turno tutti i posti fissi ad Atjeh, per dare l’opportunità ai militari cattolici romani di adempiere ai loro doveri religiosi. A causa delle grandi distanze delle lontane postazioni e delle molteplici curvature della linea concentrata, il diligente pastore doveva percorrere un territorio molto vasto e trascorreva un lungo periodo di tempo tra le varie visite. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se si era felici di rivedere il caro pastore.
(Sint Claverbond, Pastor Verbraak, Gennaio 1922, p. 100).
In questo caso, la ‘linea concentrata’ a cui si riferisce l’articolo del 1922 indica una serie di fortificazioni o postazioni militari, che si situano lungo una frontiera, allo scopo di difendere meglio una certa area; le ‘curvature’ di cui si parla, poi, lasciano intendere che tale configurazione non era lineare, ma irregolare, allo scopo di rendere più difficili gli spostamenti dei nemici, ma anche di chi, come Verbraak, cercava di visitare i fedeli cattolici.
Si tratta di una strategia militare comune, usata anche nel contesto coloniale indiano, e in particolare nel corso della rivolta dei Sepoy del 1857; in questo caso, in effetti, la popolazione locale si organizzò in un movimento di protesta, che portò ad una serie di insurrezioni. La reazione delle autorità coloniali fu immediata, e la strategia usata si basò, appunto, su una linea concentrata, che prevedeva la dislocazioni di diversi avamposti e truppe in aree strategiche. Tra di essi, si ricordano i forti di Delhi, Cawnpore e Lucknow, attorno a cui si sono svolti diversi scontri, terminati con la repressione delle rivolte.
L’Approccio di Vebraak
Padre Verbraak viene ricordato in modo particolare per la sua opera svolta nel corso della guerra tra Aceh e le Indie Orientali Olandesi, tra il (circa) 1873 ed il 1904; nel suo numero di Febbraio del 1937, il Sint Claverbond ricorda l’operato dei cappellani militari nel corso di questo conflitto.
Geen strijd heeft meer toewijding en offers gevraagd van het Nederlandsch-Indische leger dan de onge- lukkige Atjeh-oorlog, die ruim dertig jaren heeft geduurd. Begrijpelijkerwijs heeft die strijd dan ook een ruim arbeidsveld geopend voor de legeraalmoezeniers. Vóór wij die werkzaamheden gaan verhalen, volgt hier eerst een kort overzicht der gebeurtenissen, welke de aanleiding waren tot dien strijd en de redenen, die er toe hebben bijgedra- gen, dat deze zoo lang heeft geduurd. Toen gedurende de heerschappij van Napoleon ook ons vaderland bij Frankrijk was ingelijfd, vielen successievelijk alle Nederlandsche koloniën in handen der Engelschen.
Nessuna lotta ha richiesto più dedizione e sacrifici dall’esercito indo-olandese della sfortunata guerra di Aceh, che è durata più di trent’anni. Comprensibilmente, questo conflitto ha creato un ampio campo di lavoro per i cappellani militari. Prima di raccontare quelle attività, ecco una breve panoramica degli eventi che hanno portato a questa lotta e delle ragioni che hanno contribuito alla sua lunga durata.

Sint Claverbond, De jezuïeten en het Nederlandsch-Indische Leger, De Atjeh Oorlog, I gesuiti e l’Esercito delle Indie Orientali Olandesi, La Guerra di Aceh, Feb 1937, p. 27.
Il ricordo della guerra di Aceh era dunque ancora vivo, al pari delle figure che hanno lasciato una particolare impronta, come i cappellani militari, come padre Verbraak, che viene citato espressamente verso la fine dell’articolo in esame.
In de jaren 1874-1877 heeft hij nogmaals verschillende
malen, beurtelings met Pater H, Verbraak S,J,, den zwaren
dienst van het aalmoezenierschap in Atjeh waargenomen. Hij is
de leermeester geweest van Pater Verbraak, die in October 1872
te Padang was aangekomen. Onder de leiding van Pater Smit
heeft deze zich hier voor het eerst gewijd aan de zielzorg van den
Indischen soldaat en daarin zijn laatste voorbereiding gevonden
voor het werk, dat zijn levenstaak zou worden : het aalmoeze-
nierschap bij het Nederlandsch-Indische leger in Atjeh, (…)
Negli anni 1874-1877 ha nuovamente svolto, a turno con Padre H. Verbraak S.J., il pesante servizio di cappellania ad Atjeh. È stato il maestro di Padre Verbraak, che era arrivato a Padang nell’ottobre del 1872. Sotto la guida di Padre Smit, egli si è dedicato per la prima volta alla cura delle anime del soldato indonesiano, trovando in questo la sua ultima preparazione per il lavoro che sarebbe diventato il suo compito di vita: la cappellania presso l’esercito indonesiano olandese ad Atjeh, (…)
Sint Claverbond, De jezuïeten en het Nederlandsch-Indische Leger, De Atjeh Oorlog, I gesuiti e l’Esercito delle Indie Orientali Olandesi, La Guerra di Aceh, Feb 1937, p. 32
La sua attenzione alla cultura locale ed alla cura pastorale dei fedeli lo hanno reso uno dei protagonisti, silenziosi, di una guerra sanguinosa combattuta per oltre tre decenni; in effetti, il padre Verbraak non viene ricordato solamente dalla stampa olandese, ma anche da quella indonesiana. In Indonesia viene ricordato come ‘pastor umanis’, un sacerdote umanista, sebbene lui fosse parte, di fatto, dell’amministrazione coloniale.
La Memoria del Padre Verbraak
Nel necrologio a lui dedicato, si può leggere,
Van ganscher harte sluit de Claverbond zich aan bij de talloozen, die hulde brachten aan Pastoor Verbraak z.g., nadat de telegraaf ons had meegedeeld dat de waardige man het tijdelijke met het eeuwige verwisseld had. Hetgeen op het bidprentje van Pastoor Kortenhorst te lezen staat: „Velen hadden hem lief; want hij was de vader der arrhen en de vertrooster der bedrukten”, geldt insgelijks van hem. Wie zal ons, ook, maar bij benadering, zeggen hoevele militairen de goede man heeft opgebeurd in de ellenden en wederwaardigheden van het oorlogsleven in Atjeh; hoevelen hij er getroost heeft op hun sterfbed; voor hoevelen hij de poort der eeuwige zaligheid heeft ontsloten? Bij honderden niet alleen maar bij duizenden zijn zij te tellen. Met welk een liefde zal deze eenvoudige, meer dan dertig jaren iederen dag van den morgen tot den avond ten’ bate onzer arme kolonialen in strenge zelfverloochening geleefd hebbende geloofsheld door den Hemelschen Vader ontvangen zijn bij zijne intrede in het Huis der eeuwigheid!
Con tutto il cuore, il Claverbond si unisce ai molti che hanno reso omaggio al Pastore Verbraak, dopo che il telegrafo ci ha comunicato che l’uomo degno ha scambiato il temporaneo con l’eterno. Ciò che si legge sul biglietto commemorativo del Pastore Kortenhorst: “Molti lo amavano; perché egli era il padre degli orfani e il consolatore degli oppressi”, vale altresì per lui. Chi potrà dirci, anche solo approssimativamente, quanti militari quel buon uomo ha sollevato nelle miserie e nelle sventure della vita di guerra ad Aceh; quanti ha consolato sul loro letto di morte; per quanti ha aperto la porta della salvezza eterna? Non solo centinaia, ma migliaia sono coloro da contare. Con quale amore sarà accolto, al momento della sua entrata nella Casa dell’eternità, questo semplice, che per più di trenta anni ha vissuto ogni giorno dalla mattina alla sera per il bene dei nostri poveri coloniali, in rigoroso disprezzo di sé, eroe della fede, dal Padre Celeste!
Berichten uit Nederlandsch-Oost-Indië, (Notizie dalle Indie Orientali Olandesi), In Memoriam, I, 1918, p. 79.
L’omaggio funebre, e coevo, della rivista missionaria olandese esalta il ruolo del sacerdote, ma anche il lato umano del defunto, ricordando la sua attività nella guerra di Aceh; il linguaggio è simile a quello usato per i martiri. Vale la pena sottolineare l’espressione ‘zelfverloochening‘, che si può tradurre come ‘sacrificio di sè stesso’, e ‘abnegazione’, volte a promuovere l’idea di un uomo santo (secondo i canoni cattolici), che ha dedicato la sua vita alla missione.
Gli scritti che si possono reperire attualmente riportano la sua storia, oppure quella legata alla leggenda della statua, che si potrebbe muovere da sola; tuttavia, non ho riscontrato vere e proprie critiche, se non generici riferimenti alla relazione tra missione e colonialismo, che evidentemente non riguardano solamente il padre gesuita.
Una Figura Scomoda
Padre Verbraak non è unico nel suo genere, anche se rimane una peculiarità, sono almeno tre le personalità che possono essere menzionate, allo scopo di tracciare un parallelo con Verbraak; si tratta di Francisco de Lemos, di Daniel Waal e di Hendrajit. Sebbene costoro abbiano operato in epoche storiche differenti, si osserva il medesimo interesse e attenzione per la costruzione di ponti tra culture e religioni diverse.
Sicuramente, il padre gesuita rimane una figura alquanto scomoda, che contrasta con la leggenda e la propaganda nazionalista ufficiale; sembra incredibile, in effetti, che la sua statua non sia stata rimossa, un destino comune a diversi monumenti (ed edifici) dell’era coloniale. Un sacerdote cattolico, olandese, cappellano militare, che conserva una sua statua in un Paese a maggioranza musulmana appare decisamente poco consono con la narrazione ufficiale dell’eroe musulmano, indigeno e fieramente opposto al colonialismo e ai suoi protagonisti.
La sua statua testimonia, invece, la capacità dell’Indonesia di essere plurale, come ci si aspetterebbe in considerazione della Pancasila, la dottrina ufficiale del Paese asiatico; la sua figura ricorda che spesso la storia non corrisponde a quella ufficiale. Una sorte simile è accaduto con la resistenza italiana, che si vorrebbe comunista, e si tende a dimenticare, o a relegare in secondo piano tanti eroi silenziosi e invisibili che erano cattolici, o apolitici/areligiosi. Evidentemente, i miti di fondazione, o ri-fondazione nazionale, si nutrono di semplificazioni che possono alterare la realtà storica, ma che devono essere attentamente esaminati dagli storici.
Conclusioni
Il Padre gesuita Verbraak, vissuto tra il XIX e XX secolo, costituisce una sorta di anomalia, in quanto egli, pur essendo un sacerdote cattolico e olandese, viene ricordato con una statua a Bandung (dove il missionario non è mai stato, del resto), che è stata preservata dal periodo coloniale. La sua figura, ben nota in patria nei decenni passati, è praticamente sconosciuta, ma rimane il suo ricordo e l’esempio della sua vita. Di fatto, la comunità indonesiana sembra ricordare Verbraak in termini positivi, o perlomeno neutrale, e la sua figura è oggetto di diverse leggende.
Letture Consigliate
- Sint Claverbond, Pastor Verbraak, Gennaio 1922.
- Berichten uit Nederlandsch-Oost-Indië, (Notizie dalle Indie Orientali Olandesi), In Memoriam, I, 1918
- Madinier, R. (2023). From ‘mystic synthesis’ to ‘Jesuit plot’: The Society of Jesus and the making of religious policy in Indonesia. Modern Asian Studies, 57(2), 409-434.