anti pki
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Abstract

Il movimento del 30 Settembre era un gruppo formato da militari dissidenti che ha cercato, secondo la narrazione ufficiale, di perpetrare un Colpo di Stato in Indonesia nel 1966; a tale evento è seguita il regime autoritario di Suharto, che ha dominato il Paese asiatico per quasi 32 anni. La narrazione ufficiale di questi eventi, evidentemente, deve essere rivista in maniera critica, allo scopo di ricostruire le responsabilità dei diversi attori coinvolti.

Allo stesso tempo, si osserva che il bando giuridico del Partito Comunista Indonesiano, al pari delle idee marxiste e leniniste, deve essere compreso alla luce del peculiare contesto storico; in questo modo, l’attuale stigmatizzazione, sociale e legale del comunismo in Indonesia, può essere adeguatamente compresa ed analizzata.


Introduzione

Il Gerakan 30 September, o ‘G30S’, ovvero il Movimento del 30 Settembre, rappresenta una delle dinamiche fondamentali della storia indonesiana moderna; verso la fine del 1965, questo gruppo ha cercato di perpetrare un Colpo di Stato, per rovesciare il governo di Sukarno. Tale episodio, del resto, si inserisce in un contesto caratterizzato da crescenti tensioni politiche e sociali, ma questa operazione, che aveva come obiettivo l’instaurazione di un nuovo regime, è fallita. Ne è seguita una tumultuosa transizione del potere, che ha posto le basi per la dittatura di Suharto, che avrebbe inaugurato un regime autoritario durato oltre trent’anni.

Il Movimento G30S, del resto, non è sorto casualmente, ma si inserisce in un preciso contesto storico, gli anni Sessanta del secolo scorso, in cui l’Indonesia era segnata da molteplici e laceranti conflitti interni; lo scenario politico e sociale era polarizzato su ideologie politiche, tra cui il comunismo, il nazionalismo e l’Islamismo. La crescente influenza del Partito Comunista Indonesiano, noto con l’acronimo PKI, Partai Komunis Indonesia, destava notevoli preoccupazioni tra le forze militari e le élite nazionaliste e conservatrici. Tali raggruppamenti sociali, in effetti, consideravano il comunismo una seria minaccia per la stabilità e la sicurezza nazionale; le tensioni presenti determinarono un clima di paura e di violenza, che prose le premesse per il successivo colpo di Stato.

L’episodio del 30 settembre 1965, evidentemente, ha assunto un carattere complesso e drammatico; un gruppo di alti ufficiali dell’esercito, sostenuti da alcuni membri del Partito Comunista, sequestrò sei generali, allo scopo di instaurare una sorta di governo rivoluzionario. La reazione dell’esercito e di altre istituzioni fu rapida e violenta; il golpe, come noto, è fallito fallì e l’Indonesia si trovò in una situazione caotica. La risposta dell’esercito, guidato dal generale Suharto, si tradusse in una vasta campagna di repressione contro i comunisti e coloro che si presumeva fossero simpatizzanti del PKI. Il risultato fu una serie di violenze indiscriminate e di massacri di massa.

Le ripercussioni politiche e sociali del G30S furono enormi e durature, e la presa di potere di Suharto rappresentò l’inizio di un regime autoritario che avrebbe controllato l’Indonesia per oltre tre decenni, mediante politiche repressive, la censura dei media e diffuse violazioni dei diritti umani. Il nuovo governo, poi, implementò anche una serie di riforme economiche che comportarono un aumento delle ineguaglianze, anche se esse contribuirono ad una crescita economica nel breve periodo.

Da ultimo, si osserva che l’impatto a lungo termine del G30S sull’Indonesia ha assunto caratteri profondi e complessi; le ferite ereditate da questo periodo di violenza e repressione non sono state completamente sanate. Non sorprende, dunque, che il dibattito sul passato rimanga una tematica che suscita ancora tensioni nella società indonesiana contemporanea; in effetti, le modalità con cui Movimento viene ricordato ed interpretato rimane divisivo, ed influenza la politica, la cultura e le relazioni sociali del Paese. . Il Movimento G30S, in definitiva, ha lasciato una complesa eredità segnata da conflitti e domande irrisolte, che continuano ad influenzare lo scenario sociale e politico indonesiana.


Contestualizzazione Storica

Negli anni Sessanta del secolo scorso, l’Indonesia, come è stato già osservato su questa rivista, era caratterizzata da una profonda instabilità politica, e tale contesto era ulteriormente complicato da tensioni economiche e sociali che pervadevano la vita quotidiana. In seguito all’indipendenza dal dominio coloniale nel 1949, il Paese asiatico era guidato da Sukarno, un leader carismatico che aveva intrapreso un ambizioso progetto per unificare le diverse etnie e culture dell’Indonesia. Egli promosse una politica basata sulla Pancasila, una sorta di umanesimo indonesiano, che promuove i principi della giustizia sociale e della democrazia.

E’ stato osservato, a tale proposito, che

Ideologi agama Islam dan sosialisme menyatu dalam ideologi pancasila yang menjadi dasar negara Indonesia. Pada sidang Badan Penyelidik Usaha-Usaha Kemerdekaan Indonesia (BPUPKI) di Gedung Chuo Sang In (saat ini Gedung Pancasila di Jalan Pejambon, Jakarta Pusat), Sukarno menyampaikan pidato panjang yang menjelaskan pandangannya tentang 5 prinsip dasar negara Indonesia. Prinsip pertama yakni kebangsaan, kedua internasionalisme (perikemanusiaan), ketiga prinsip mufakat perwakilan rakyat (demokrasi), keempat kesejahteraan, dan kelima prinsip ketuhanan. Kelima prinsip tersebut Sukarno namai dengan sebutan Pancasila yang berarti lima dasar. Pancasila kemudian menjadi dasar negara Republik Indonesia. Pancasila juga mengilhami Sukarno ketika diundang oleh PBB untuk pertama kali di hadapan peserta Sidang Umum PBB di New York. Dalam pidatonya beliau memperkenalkan Pancasila kepada dunia tepatnya pada tanggal 30 September 1960. Saat itu Presiden Sukarno diberi kesempatan menyampaikan pidato di Sidang Umum PBB yang berjudul Membangun Dunia Kembali (To Build The World A New).

Le ideologie dell’Islam e del socialismo sono unite nell’ideologia di Pancasila, che è la base dello Stato indonesiano. In occasione di una sessione della Commissione d’inchiesta sull’indipendenza indonesiana (BPUPKI) presso l’edificio Chuo Sang In (attualmente l’edificio Pancasila su Jalan Pejambon, nel centro di Giacarta), Sukarno tenne un lungo discorso in cui spiegò il suo punto di vista sui cinque principi fondamentali dello Stato indonesiano. Il primo principio era il nazionalismo, il secondo l’internazionalismo (umanità), il terzo il consenso dei rappresentanti del popolo (democrazia), il quarto il benessere e il quinto la divinità. Sukarno chiamò questi cinque principi Pancasila, che significa cinque fondamenti. Pancasila divenne in seguito il fondamento della Repubblica di Indonesia. Il Pancasila ispirò Sukarno anche quando fu invitato dalle Nazioni Unite a parlare per la prima volta davanti ai partecipanti dell’Assemblea Generale dell’ONU a New York. Nel suo discorso introdusse il Pancasila al mondo proprio il 30 settembre 1960. In quell’occasione il Presidente Sukarno ebbe l’opportunità di tenere un discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dal titolo To Build The World A New.

(Fonte: https://lamongankab.go.id/beranda/dinarpustaka/post/15459 )

La sua visione tuttavia, non fu sufficiente per stabilizzare il Paese, e le politiche neutrali adottate da Sukarno nel corso della Guerra Fredda, unitamente ad una complessa combinazione tra socialismo e nazionalismo, determinarono notevoli tensioni tra diversi settori della società, come la sfera militare e le organizzazioni islamiche. La rapida ascesa del Partito Comunista Indonesiano, che godeva di un notevole sostegno tra contadini ed operai, alimentava la percezione di vulnerabilità del governo di Sukarno, sottoposto a crescenti pressioni, sia interne che esterne.

La crisi economica di questo periodo, poi, ebbe profonde ripercussioni sulle condizioni di vita della popolazione indonesiana; la crescente inflazione, associata alla disoccupazione ed a gravi carenze alimentari, alimentò un notevole dissenso, e creò un clima di preoccupante insoddisfazione. la crisi dell’economia, del resto, era accompagnata ad una crescente repressione politica; il governo, in effetti, adottò misure di tipo autoritario allo scopo di mantenere il controllo del Paese, ed esercitò una notevole repressione contro qualunque forma di opposizione o presunta tale.

Il PKI continuava ad emergere come una forza dall’infuenza crescente, forte di una base profondamente radicata tra le classi lavoratrici e contadine; questa situazione, evidentemente, costituiva un’ulteriore difficoltà in un contesto precario. Le forze militari erano in fermento, mentre i leader islamici cercavano di affermare e consolidare la loro influenza politica; Sukarno, pertanto, dovette affrontare una serie di significative tensioni sociali, politiche e religiose. In questo modo, vennero poste le basi per un’epoca di conflitti devastanti nei decenni successivi.


L’Episodio del 30 Settembre

Nella notte tra il 30 settembre ed il 1 ottobre 1965, si è verificato un evento epocale per la storia dell’Indonesia, segnato dall’azione di un gruppo di militari, conosciuto in seguito come ‘Gerakan 30 September’, ovvero ‘Movimento di 30 Settembre’. Il G30S, come noto, era composto da alti ufficiali dell’esercito indonesiano, ed ha rapito, ed in seguito ucciso 6 generali che si ritevano coinvolti in un complotto contro il presidente Sukarno. L’obiettivo dichiarato del Movimento, dunque, era la prevenzione di colpo di Stato che, sarebbe stato progettato da questi ufficiali, allo scopo di deporre Sukarno, uno degli eroi nazionali ed il principale fautore dell’Indipendenza del Paese.

La situazione interna al G30S, tuttavia, era confusa, in quanto le sue motivazioni e strategie apparivano poco chiare e disorganizzate; pertanto, seguì una serie di eventi caotici che sfuggirono rapidamente al controllo dei membri dello stesso movimento. La reazione delle autorità, come noto, fu immediata e decisa, ed ha segnato un capitolo buio della storia indonesiana.

Il generale Suharto, che comandava le forze armate nella regione di Giava centrale, emerse come il principale leader della controffensiva contro il gruppo ribelle comunista; grazie alla sua abilità strategica e ad un significativo sostegno militare, Suharto progettò una serie di operazioni militari. Il suo obiettivo era quello di sconfiggere il movimento e ripristinare l’ordine, e, in poche settimane, la situazione si deteriorò rapidamente, e Sukarno venne deposto.

Il potere venne preso saldamente da Suharto, che trasformò radilcalmente lo scenario poltico indonesiano, mediante un regime autoritario che avrebbe controllato il Paese per decenni; il nuovo governo, in effetti, esercitò una notevole forte repressione di qualsiasi opposizione, come è già stato osservato in precedenza.


Conseguenze Politiche e Sociali

Le conseguenze, sia dirette che indirette del G30S sono state devastanti ed hanno lasciato un’eredità duratura nella storia indonesiana; la stima dei morti è di circa mezzo milione di persone, tra le quali si devono includere moltissimi membri del Partito Comunista Indonesiano, i loro simpatizzanti ed altre minoranze. E’ stata dunque inaugurata una fase segnata da una violenza sistematica, che evidentemente non ha riguardato un singolo evento, ma ha caratterizzato mesi cruciali per la storia del Paese asiatico.

Da un punto di vista politico, poi, il Colpo di Stato ed i massacri che sono seguiti, hanno avuto notevoli ripercussioni rispetto all’orientamento ideologico dell’Indonesia, in cui emerse un regime militarizzato che giustificava sistematicamente l’uso della forza per mantenere l’ordine e la stabilità nazionale. Una delle caratteristiche del nuovo regime fu la sua visione decisamente ostile al comunismo; non sorprende, dunque, che siano state emanate diverse leggi-decreti che sanzionavano qualunque forma di opposizione. Inizialmente, le riforme economiche e politiche del regime di Suharto generarono una certa crescita economica, grazie alla loro capacità di attrarre investimenti esteri; si trattava, in effetti, di politiche liberali, favorevoli al mercato. Tale progresso ebbe, nondimeno, un costo sociale elevatissimo, a ragione delle gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani, dalla repressione della libertà di espressione, e dalla marginalizzazione di attivisti ed oppositori politici.

Il Movimento G30S, e le conseguenze delle sue azioni, rappresentano una fase oscura della storia indonesiana, e richiamano un periodo segnato dalla violenza e dall’oppressione; gli eventi che si sono verificati in questo periodo, di conseguenza, continuano ad esercitare la loro influenza sulla società indonesiana. Per questa ragione, è necessario comprendere questa fase storica fondamentale, allo scopo di approfondire la complessità dell’attuale situazione dell’Indonesia e delle sue dinamiche politiche.


L’Impatto a Lungo Termine

Il G30S, noto anche come Movimento del 30 Settembre, unitamente alle sue drammatiche conseguenze, hanno lasciato un’impronta profonda e duratura nella memoria collettiva indonesiana; si nota, a questo proposito, che il regime autoritario di Suharto ha cercato di creare un’immagine di stabilità, crescita economica e progresso. La gestione delle vicende legate a questo gruppo, tuttavia, è diventata una tematica complessa e controversa, specialmente in Indonesia.

Suharto e i suoi sostenitori, in effetti, hanno attentamente curato la narrazione ufficiale degli eventi, ed hanno minimizzato o negato il coinvolgimento del regime nelle atrocità che seguirono al Colpo di Stato; secondo la narrazione ufficiale, il Partito Comunista Indonesiano è indicato come principale colpevole. Il caos e le violenze, dunque, sarebbero state giustificate dal tentativo di contenere la minaccia comunista, che ha attentato alla stabilità ed alla sicurezza della nazione. principale, responsabile della violenza e del caos che ha caratterizzato quel periodo turbolento. Si tratta della versione degli eventi imposta come verità indiscutibile, che ha avuto evidenti e notevoli ripercussioni sul dibattito pubblico, sulla società indonesiana, e sulla memoria storica della nazione asiatica.

Recentemente, tuttavia, si segnalano sforzi da parte del mondo accademico per riesaminare e discutere criticamente questi eventi storici; la ricerca accademica, a questo punto di vista, ha un ruolo fondamentale, in quanto consente di indagare aspetti della storia indonesiana che in precedenza erano stati ignorati o distorti. Questa maggiore consapevolezza ha permesso, entro una certa misura, di proporre una narrazione che includa i fatti accaduti, e che, allo stesso tempo, consideri le esperienze e le testimonianze delle vittime e delle loro famiglie.

Il regime di Suharto ha dunque cercato di consolidare il proprio potere mediante uno stretto controllo della narrazione storica delle vicende legate al 30 settembre ed al Colpo di Stato del 1965; recentemente, è iniziata una lenta ed incerta transizione verso un approccio storico e non politico di questi avvenimenti.


Il Bando Giuridico del Partito Comunista in Indonesia

In Indonesia, il Partito Comunista, così come l’ideologia marxista-leninista, sono considerati illegali, e tale situazione giuridica riflette una lunga storia caratterizzata da conflitti politici ed ideologici che hanno segnato profondamente il Paese asiatico, specialmente nel corso della Guerra Fredda. In questo priodo storico, effettivamente, il comunismo rappresentava una concreta minaccia per i regimi democratici e capitalisti. Non sorprende, dunque, che le autorità indonesiane abbiano implementato leggi e misure molto serie per reprimere qualunque forma di espressione o di organizzazione legata a queste ideologie.

Si sottolinea, in particolare, l’importanza della risoluzione n. XV del 1966 del Consiglio Supremo della Rivoluzione; quest’ultimo, in effetti, ha giocato un ruolo fondamentale nella definizione e consolidamento della percezione negativa del comunismo. Secondo la Risoluzione in esame, il governo si impegnava a mantenere la stabilità politica e sociale del Paese; in questo modo, veniva giustificato lo status illegale del Partito Comunista. In altre parole, questa misura è stata presentata come necessaria per la prevenzione di potenziali disordini e per contrastare la diffusione di ideologie ritenute pericolose per lo Stato e per la società. La risoluzione, in effetti, non ha sancito solamente delle normative restrittive, ma ha anche contribuito a creare un clima di paura e sospetto tra coloro che potrebbero essere indicati come simpatizzanti del comunismo.

Il paesaggio politico indonesiano, pertanto, è tuttora dominato da forze conservatrici e nazionaliste, mentre le ideologie comuniste e marxiste-leniniste continuano ad essere marginalizzate e stigmatizzate; si tratta di una situazione che, del resto, è stata supportata dalle potenze occidentali dell’epoca. Recentemente, questa decisione è stata criticata a ragione delle sue ripercussioni in termini di potenziali limitazioni alla libertà di spressione; si osserva, a tale proposito, che questa Risoluzione ha influito sulle dinamiche sociali ed economiche dell’Indonesia, ed ha creato divisioni persistenti.

L’applicazione delle leggi anti-comuniste in Indonesia serve a riflettere sulle modalità con cui la legge e le istituzioni possano plasmare la memoria collettiva di un Paese; si tratta di norme che furono inizialmente emanate nel corso del regime militare nel 1966, ma che sono state rafforzate per mantenere la memoria collettiva negativa rispetto al comunismo. Nel 1999, effettivamente, le disposizioni anti-comuniste sono state confermate ed inserite nel codice penale indonesiano, in seguito ad una decisione del Parlamento. In tale contesto, si afferma che l’ideologia comunista/leninista/marxista si è dimostrata un serio pericolo per la sicurezza e la stabilità dell’Indonesia; pertanto, tali ideologie sono state equiparate, di fatto, al terrorismo, e sono illegali.

Recentemente, si osserva che il nuovo Codice Penale, entrato in vigore nel mese di gennaio del 2023, ha confermato questa impostazione; si consideri, in particolare, l’articolo 188 (1);

Setiap Orang yang menyebarkan dan mengembangkan ajaran komunisme/marxisme-leninisme atau paham lain yang bertentangan dengan Pancasila Di Muka Umum dengan lisan atau tulisan termasuk
menyebarkan atau mengembangkan melalui media apa pun, dipidana dengan pidana penjara paling lama 4 (empat) tahun.

Chiunque diffonda e sviluppi in pubblico, oralmente o per iscritto, gli insegnamenti del comunismo/marxismo-leninismo o di altre ideologie contrarie al Pancasila, compresa la diffusione o sviluppo attraverso qualsiasi mezzo di comunicazione, sarà punito con una pena detentiva massima di 4 (quattro) anni.

(Kitab Undang-Undang Hukum Pidana 2023, Pasal 188(1); Codice di Diritto Penale 2023, Articolo 188(1))

La sanzione viene poi incrementata, secondo quanto previsto dai successivi articolo 188(2), 188(3), 188(4) e 188(5), se le ideologie comuniste vengono diffuse o sviluppate per sostituire il comunismo alla Pancasila o se da tali azioni derivano danni economici o fisici a beni o persone, per una sentenza massima di 10 anni. Invece, viene esclusa qualsiasi punizione per lo studio scientifico delle ideologie marxiste o leniniste ed affini, secondo quanto previsto dall’articolo 188(6).

Tidak dipidana orang yang melakukan kajian terhadap ajaran komunisme/marxisme-leninisme atau paham lain yang bertentangan dengan Pancasila untuk kepentingan ilmu pengetahuan.

Non può essere condannato chi conduce uno studio degli gli insegnamenti del comunismo/marxismo-leninismo o di altre ideologie che sono contrarie alla Pancasila per gli l’interesse della scienza (per interessi scientifici, di studio ed insegnamento accademico, ndr)

(Kitab Undang-Undang Hukum Pidana 2023, Pasal 188(6); Codice di Diritto Penale 2023, Articolo 188(6))

Questa impostazione viene poi confermata dalla giurisprudenza, come dimostra il caso di Andi Bajang, un lavoratore della Regione di Giava Est, indagato per 12 posts apparsi sul suo account Facebook nel maggio del 2017. Una delle immagini incriminate mostrava l’imputato mentre teneva in mano una foto del simbolo del Partito Comunista Indonesiano; sotto alla foto, poi, compariva una scritta propagandistica.

Le leggi anti-comuniste, dunque, vengono applicate in diverse occasioni e fattispecie, che includono le espressioni sui social media, la diffamazione e le manifestazioni pubbliche; di conseguenza, la stigmatizzazione del comunismo è ancora attuale, e generalmente percepita come giustificata da parte del pubblico generale.


Conclusioni

Il Movimento del 30 Settembre rimane un capitolo cruciale e fondante della storia dell’Indonesia; questo gruppo, del resto, si è sviluppato in un contesto segnato da una profonda crisi politica e sociale, ed ha innescato la transizione dal regime di ‘Democrazia Guidata’ di Sukarno al regime autoritario di Suharto. La comprensione di questo movimento e delle sue ripercussioni, con particolare attenzione per lo status illegale del partito e delle ideologie comuniste, diventa essenziale per affrontare le questioni legate alla giustizia, alla memoria ed alla riconciliazione che rimangono tuttora irrisolte. Per queste ragione, è di fondamentale importanza incoraggiare una ricerca aperta e critica sul G30S e sugli eventi che sono seguiti al fallito Colpo di Stato del 1965.


Letture Consigliate

  • Sutimin, L. A., Ardianto, D. T., & Abidin, N. F. (2024). Critical Discourse Analysis of G30S Representations in Grade XII Indonesian History Textbooks: A Comparative Study Across Different Curricula (1994-2013). Theory and Practice in Language Studies14(6), 1927-1936.
  • Putri, S. A. (2024). The Politics of Representation of the G 30 S Incident at the Museum of Monumen Pahlawan Pancasila. Journal of Philology and Historical Review2(1), 44-61.
  • Citrawan, H., & Putri, G. C. (2024). Law, Memory, and Silence: The Case of Anti-Communism Laws in Indonesia. The Age of Human Rights Journal, (22), e8021-e8021.
  • Lindsey, T., & Pausacker, H. (2020). Crime and punishment in Indonesia. In Crime and Punishment in Indonesia (pp. 1-17). Routledge.
  • Prahassacitta, V. (2024). Anti-Pancasila Offence: Protection of National Security or Threat to Freedom of Speech. Kosmik Hukum24(2), 87-100.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.)

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