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Abstract

La schiavitù è un’istituzione che si osserva nelle società asiatiche diversi secoli prima dell’avvento del colonialismo europeo; gli schiavi sono presenti nei regni islamici dell’Indonesia pre-coloniale, e, di conseguenza, non è possibile ritenere che questa istituzione sia stata introdotta dagli europei. Al contrario, i sultani dei regni islamici dell’arcipelago indonesiano ottennero ingenti proventi dal commercio di schiavi, venduti ai colonizzatori europei.


Slavery is an institution observed in Asian societies several centuries before the advent of European colonialism; slaves are present in the pre-colonial Islamic kingdoms of Indonesia, and, consequently, it is not possible to consider that this institution was introduced by the Europeans.On the contrary, the sultans of the Islamic kingdoms of the Indonesian archipelago obtained substantial profits from the slave trade, selling slaves to European colonizers.


Introduzione

Spesso, si parla della schiavitù negli imperi europei, come quello inglese, spagnolo e olandese, e certamente questa istituzione fu presente; ciò nondimeno, non bisogna dimenticare che gli europei non introdussero la schiavitù nei territori conquistati, ma la mantennero, oppure introdussero nuove modalità. Si tratta di un discorso che difficilmente viene proposto, ma che, nondimeno, risulta fondamentale per comprendere la storia in maniera non ideologica.

In questo articolo cercherò di mostrare il ruolo della schiavitù nell’Indonesia pre-coloniale, ovvero il periodo che ha preceduto la colonizzazione europea nel XVI secolo; al contrario di quanto si potrebbe pensare, gli schiavi ed il lavoro forzato erano una caratteristica comune del continente asiatico, e non sono pratiche introdotte dagli europei.

Nelle società asiatiche, ed in particolare del Sud Est asiatico, si osservano forme costanti e significative di commercio e appropriazione degli schiavi; per questa ragione, la rilevanza della schiavitù in quest’area, che comprende l’attuale Indonesia, non può essere sottovalutata. Del resto, lo status di schiavo poteva essere acquisito con modalità differenti, in quanto la schiavitù non era basata solamente su un elemento razziale, ma derivava, più spesso, da altre cause. Tra queste, si possono menzionare i debiti, le guerre, oppure una punizione, o ancora la cattura come merce da rivendere sui mercati che richiedevano schiavi, come avveniva in Occidente.

In questo articolo, mi concentrerò in modo particolare sulle civiltà dell’arcipelago indonesiano, allo scopo di rendere evidente che la schiavitù era un’istituzione consolidata quando gli europei hanno avviato il processo di colonizzazione nel XVI secolo. Allo stesso tempo, diventerà evidente che la schiavitù è stata giustificata, e promossa dall’Islam, che si diffonde proprio nel periodo precedente la colonizzazione europea.


La Schiavitù nell’Islam – Un Fatto Storico Consolidato

L’Islam, al pari di altre religioni, come il cristianesimo, ha giustificato e regolato il commercio e l’appropriazione degli schiavi; le razzie di schiavi da parte di stati islamici sono note dai primi secoli in cui è nata la terza fede monoteistica. In effetti, gli schiavi hanno sempre avuto un ruolo fondamentale, e tutt’altro che secondario nelle società islamiche, come testimoniano i numerosi episodi ed esempi storici; anche escludendo la penisola arabica, si nota che l’appropriazione ed il commercio degli schiavi era significativo.

Ancora più importante, si tratta di un’istituzione che si consolida e si ripete a diverse latitudini e nel corso del tempo, fino ad arrivare ai giorni nostri; anche se si tratta di un fenomeno spesso taciuto, storicamente non è possibile negarlo. Dalla penisola arabica all’Asia, all’Africa la schiavitù è stata praticata e anche incoraggiata attivamente dai governanti musulmani; di conseguenza, non si tratta di una sorta di anomalia, ma di una caratteristica costante.

Il Sud Est asiatico, da questo punto di vista, conferma quanto osservato in precedenza, e conferma anche che gli europei hanno incontrato società in cui la schiavitù era parte integrante della vita pubblica, da secoli. In tale contesto, in particolare, si osserva che le città asiatiche erano piene di schiavi, come confermano i resoconti degli europei che hanno viaggiato in queste terre; di conseguenza, la progressiva colonizzazione portoghese e olandese si sono inserite in questo ambito, ma non lo hanno modificato in maniera sostanziale.


Un Fenomeno (Prettamente) Urbano

La schiavitù, in questa area geografica, è stato un fenomeno essenzialmente urbano, e questo non sorprende, considerando che erano le città a richiedere la manodopera degli schiavi e ad attirare gli scambi commerciali. Secondo le prove storiche attualmente disponibili, la maggioranza degli schiavi era detenuta da persone agiate, ovvero, principalmente, la corte reale e le élites urbane, come i mercanti; tale osservazione si accorda con quanto testimoniato dai primi olandesi che giunsero a Banten nel luglio del 1596.

De afbeeldinghe vande groote vergaderinghe, die zy den Krijghsraedt noemen, die tot Bantam ghewoonelijcks des nachts ghehouden wordt, eenighe sware saken voorhanden zijnde, de landtsaecken oft den crygh aengaende, waer zy alle op de ryegheseten zijn. J. is den Gouverneur met den vier principale 2), als Capiteynen generael. B. Js een Bisschop ende ouderlinghen. C. Den Admirael ende eerbare Capiteynen te water. D, Zijn naturale Edelluyden van den lande. E. Zijn de Ma. layos. F. Zijn de Turcken ende Arabische. 6^. Zijn de jonghe edelluy. den. //. Sijn de dienaers ende Slaven 3).

Della rappresentazione della grande assemblea, che essi chiamano “Krijghsraedt”, che si tiene regolarmente a Bantam di notte, quando sono presenti alcune questioni gravi riguardanti il paese o la guerra, dove tutti sono seduti in fila. J. è il Governatore con i quattro principali (2), come Capitani generali. B. È un Vescovo e un anziano. C. L’Ammiraglio e i nobili Capitani di mare. D. Sono i nobili naturali del paese. E. Sono i Malayos. F. Sono i Turchi e gli Arabi. 6. Sono i giovani nobili. //. Sono i servi e gli schiavi (3).

(De eerste schipvaart der Nederlanders naar Oost-Indië onder Cornelis de
Houtman 1595-1597; La prima navigazione degli olandesi verso le Indie Orientali sotto Cornelis de
Houtman 1595-1597;
Volume 1: D’eerste boeck van Willem Lodewycksz. Il primo libro di Willem Lodewycksz. ,Gravenhage: Martinus Nijhoff. [Werken uitgegeven door de LinschotenVereeniging, 1915, p. 129)

Rappresentazione della Grande Assemblea di Banten, con annessi schiavi

Il possesso di schiavi era dunque una caratteristica consolidata della società giavanese, che aveva abbracciato l’Islam da circa 2 secoli; di conseguenza, sembra ragionevole ritenere che la schiavitù fosse pienamente accettata, e anche promossa, dai governanti musulmani. Le èlites, dunque, si distinguevano per il possesso di schiavi, anche se non è possibile accertare con una certa precisione il loro numero; il loro impiego, invece, doveva essere variegato.

Alcune note giunte fino ai nostri giorni supportano l’ipotesi secondo cui gli schiavi erano impiegati in ambito agricolo, come nel caso delle piantagioni di pepe di Palembang e Aceh; a parte questi esempi, il loro impiego risulta prettamente urbano. In altre parole, lo schiavo veniva usato per lavori domestici, come sembrerebbe dimostrare il caso di Sumatra Occidentale, testimoniato da William Marsden nel 1770.


Il Sultanato di Aceh

Il Sultanato di Aceh, rimasto indipendente fino al termine della lunga guerra con gli olandesi, nel 1904, conosceva certamente la pratica della schiavitù, praticata da tempi remoti; tale pratica era ancora vitale nel XIX secolo, quando il Sultanato era ancora formalmente indipendente. Le testimonianze abbondano su questo punto, come suggerisce Daniel Perret,

It is widely acknowledged that during the seventeenth century, the Sultanate of Aceh
procured slaves from the Northeastern coast and the vicinity of Lake Toba. Reader
Kembaren documented the slave trade from the North, including anyata Lake Toba and
Langkat, to Aceh through the Wampu River.

È ampiamente riconosciuto che durante il diciassettesimo secolo, il Sultanato di Aceh
procacciava schiavi dalla costa nord-orientale e dalle vicinanze del Lago Toba.Lettore
Kembaren ha documentato il commercio degli schiavi dal Nord, inclusi il Lago Toba e
Langkat, fino ad Aceh attraverso il fiume Wampu.

(Daniel Perret. La formation d’un paysage ethnique. Batak et Malais de Sumatra nord-est. Ecole française d’Extrême-Orient, 1995, p. 34)

Il sultanato di Aceh, evidentemente, seguiva una pratica, quella della schiavitù, comune ad altri sultanati e regni coevi; in tutti questi casi, si tratta di tradizioni ereditate dal periodo precedente e integrate dallo stato islamico.

Mercato degli Schiavi di Aceh, XIX secolo

Anche in questo caso, dunque, la shariah ha accettato e integrato una delle pratiche ereditate dall’adat, allo scopo di creare (e preservare) una società tradizionale; Aceh, inoltre, rappresenta un centro importante per lo sviluppo dell’Islam e della legislazione islamica. Di conseguenza, le scelte fatte, anche rispetto alla schiavitù, hanno avuto una significativa influenza sui regni circostanti, la cui conversione all’Islam era relativamente recente.


Schiavi per Batavia

Con l’avvento dei colonizzatori europei, portoghesi e specialmente olandesi, la schiavitù venne espansa ed ampliata in maniera considerevole; di conseguenza, i colonizzatori adottarono tale istituzione dal periodo precedente. L’uso degli schiavi deriva dalle difficoltà, per gli olandesi, di procurarsi una forza lavoro locale sufficiente rispetto alle loro esigenze; la provenienza degli schiavi era il Magadascar, ma anche Timor e Flores. Tuttavia, gli olandesi non potevano fare affidamento su una rete vasta come quella transatlantica; all’inizio del XVII secolo, in effetti, la maggior parte degli schiavi era importata dall’India, ed erano le navi della VOC a trasportarli nella colonia tropicale.

L’approvigionamento di schiavi, tuttavia, non era costante in questo periodo, e la disponibilità di schiavi dipendeva essenzialmente dagli eventi che si svolgevano a Coromandel, in India; per questa ragione, la Compania (delle Indie Orientali) decise, nel 1625, di esplorare nuovi mercati per questo bene particolare. Dopo diversi tentativi, il Magadascar venne individuato come mercato principale per le esigenze degli olandesi; in effetti, sembra che gli schiavi presenti nell’arcipelago fossero in numero non sufficiente per le crescenti esigenze dell’amministrazione coloniale.

Per questa ragione, le esigenze di Batavia vennero soddisfatte mediante contratti siglati con mercanti europei e asiatici; ciò nonostante, si osserva che molti schiavi vennero contrabbandati e che un gran numero di essi giungeva ancora mediante le imbarcazioni della Compagnia. Fatte queste premesse, si stima che, tra il 1683 ed il 1682 vennero importati oltre 9,800 schiavi a Batavia mediante navi dell’arcipelago. Un quarto di essi provenivano da Bali, un altro centro molto attivo nel commercio di schiavi nel periodo pre-coloniale; due quinti, inoltre, provenivano da Makassar ed il 12% circa da Butung.

Sebbene le fonti non siano precise, è comunque possibile riconoscere alcune dinamiche, come il generale aumento degli schiavi importati in questo periodo; negli anni Cinquanta del XVII secolo gli schiavi erano meno di 100, mentre dal 1669 essi diventano oltre 1,000. Si tratta di un aumento elevatissimo, quello relativo agli schiavi importati, dipeso dalla presenza olandese nell’arcipelago; prima del 1669, in effetti, le importazioni dalla regione del Sulawesi erano scarse. In seguito alla vittoria su Makassar, tuttavia, la rete commerciale si è allargata, e gli schiavi importati a Batavia sono aumentati in maniera significativa.

Una breve analisi della popolazione di schiavi a Batavia permette di comprendere questo fenomeno nel lungo termine; anche in questo caso, le fonti non sono precise, ma consentono di avere un’idea chiara del fenomeno in esame.

Tabella riportata in Boomgaard, P., Kooiman, D., & Nordholt, H. S. (Eds.). (2008). Linking destinies: trade, towns and kin in Asian history (p. 15). KITLV Press. p. 128

L’improvviso aumento di schiavi, e della loro proporzione rispetto alla popolazione totale, prossima al 50% nel 1673, convinse le autorità coloniali a prendere misure per far diminuire le importazioni di schiavi nel centro amministrativo della colonia. Le prime restrizioni si riferivano alle regioni ‘orientali’, per poi estendersi a Bali e ad altre aree dell’arcipelago; nel 1694, la VOC proibì al Sultano di Butung, uno dei principali mercanti, il commercio degli schiavi verso Batavia. Per questa ragione, la percentuale di schiavi si ridusse notevolmente dal 40% (circa) del 1689 al 24.6% un secolo più tardi. Il Sultano sil lamentò della decisione, e chiese alle autorità coloniali di inviare 50-60 schiavi all’anno.


Una Pratica Europea? – Gli schiavi di Timor

Dalle osservazioni precedenti, dovrebbe essere evidente che la schiavitù, osservata nel corso del periodo coloniale, venne ereditata, e permessa, dai regni islamici che ancora erano indipendenti nel XVII secolo; al contrario di quanto si sarebbe portati a pensare, gli schiavi, la loro appropriazione e commercio, erano parte integrante dell’economia e della società dell’arcipelago indonesiano nei secoli precedenti il colonialismo europeo.

Un esempio cogente, da questo punto di vista, è costituito da Timor, la cui parte occidentale, dopo una sanguinosa guerra civile, è parte integrante dell’Indonesia; si tratta di un’area in cui, al pari di altre, si osserva una sostanziale continuità tra l’epoca pre-islamica, islamica e coloniale. In altre parole, è ben documentato che la schiavitù è sempre stata una delle istituzioni fondamentali a Timor;.

E’ stato osservato, a questo proposito, che

Slavery has a prolonged tradition before the
European impact. The social structure in a
particular society familiarised slavery manifested
into four hierarchical societies. First, king (rajah or
liurai , landover, local leader (fettors ), royal
administrators (rijksbestieders ). Second, warlords
(Beranis people). Third, free people (mardika or
mardijkers ). Last, enslaved people (ata ).

La schiavitù ha una lunga tradizione prima del
impatto europeo.La struttura sociale in una
una particolare società ha familiarizzato con la schiavitù manifestata
in quattro società gerarchiche.Prima, re (rajah o
liurai, landover, leader locale (fettors), reale
amministratori (rijksbestieders).In secondo luogo, i signori della guerra
(La gente Berani).Terzo, persone libere (mardika o
mardijkers ).Infine, le persone schiavizzate (ata).

(Sholihah, F., Rochwulaningsih, Y., & Sulistiyono, S. T. (2023). Timor Zone: Slave Trading Network from the Traditional Era to the Late Nineteenth-Century Dutch Colonial State. Jurnal Sejarah Citra Lekha7(2), 171)

La situazione non era poi migliore per gli schiavi liberati, che non potevano ottenere una posizione sociale elevata a causa dello stigma che pesava su di loro, in quanto ex-schiavi; si tratta di una condizione che si osserva in diverse parti dell’arcipelago, e viene testimoniata dai vocaboli locali con cui si designavano gli schiavi e coloro che lo erano stati.

I sultani locali guadagnarono sui proventi degli schiavi venduti successivamente ai colonizzatori olandesi, e non si opposero certamente a questa pratica; anzi, erano proprio loro ad essere i principali fornitori di questa particolare merce. Del resto, non era razionale importare gli schiavi da regioni lontane se esisteva una fonte locale che riduceva i costi e i rischi di questo commercio; per questa ragione, non sembra corretto dipingere gli olandesi in termini puramente negativi e presentare i sovrani locali come vittime sacrificali. La realtà storica è differente, e dipende dalla natura dei mercati, che si compone sempre di due parti, la domanda e l’offerta; la prima era coloniale, la seconda, invece, spesso e volentieri locale.


Conclusioni

La schiavitù, come ho cercato di dimostrare in questo articolo, non è stata introdotta dagli imperi coloniali europei, ma si tratta di un’istituzione radicata nelle società asiatiche e indonesiane ben prima dell’avvento del colonialismo. Le testimonianze storiche, sia da fonti europee che locali, confermano che la schiavitù era una caratteristica comune di molte società del Sud Est asiatico, integrata all’interno delle strutture sociali e religiose dell’Islam che non ha abolito questa pratica, ma l’ha sfruttata per mantenere il controllo sociale e ottenere profitti economici.

Esempi come Timor e Aceh, con la loro struttura gerarchica e il commercio di schiavi, dimostrano che la schiavitù era una pratica consolidata e accettata, giustificata da tradizioni locali e da interpretazioni religiose coerenti con le tradizioni pre-islamiche. La collaborazione tra i regni islamici e i colonizzatori olandesi, nella quale i sovrani locali guadagnarono profitti dal commercio di schiavi, evidenzia una realtà storica complessa, in cui gli europei non furono i soli artefici di questa economia basata sul lavoro forzato.

La storia della schiavitù in Indonesia, quindi, non è solo una narrazione di oppressione e sfruttamento, ma anche di continuità e adattamento; in effetti, gli europei (principalmente portoghesi e olandesi) si inserirono in un contesto ampiamente consolidato, ampliando e modificando una pratica che era già parte integrante dell’economia e della società dell’arcipelago.


Letture Consigliate

  • Sholihah, F., Rochwulaningsih, Y., & Sulistiyono, S. T. (2023). Timor Zone: Slave Trading Network from the Traditional Era to the Late Nineteenth-Century Dutch Colonial State. Jurnal Sejarah Citra Lekha7(2).
  • Boomgaard, P., Kooiman, D., & Nordholt, H. S. (Eds.). (2008). Linking destinies: trade, towns and kin in Asian history (p. 15). KITLV Press.
  • Brown, J. A. (2020). Slavery and Islam. Simon and Schuster.



Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.)

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