MUI
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Abstract

La shariatisation e l’Islamizzazione sono due processi in corso in Indonesia, il Paese che conta la comunità islamica più numerosa al mondo; questi due processi intendono agire sia sulla cultura che sull’ordinamento giuridico. La shariatisation, in effetti, ha come obiettivo l’integrazione della legge islamica nell’ordinamento dello Stato; questo processo, tuttavia, si rivela ambiguo, come dimostra la fatwa del Majelis Ulama Indonesia (Consiglio degli Ulema Indonesiani) del 2005.

In questo caso, il MUI ha condannato il liberalismo, il pluralismo ed il secolarismo religioso, valori che tuttavia non sono solamente religiosi ma anche civili, propri di uno Stato democratico; il tentativo di sharitisation del MUI, dunque, appare evidente, e traspare sia dal linguaggio che dalla forma della fatwa, che suggerisce l’equivalenza, se non la superiorità della sharia rispetto alla legge dello Stato.


Introduzione

L’esistenza di un Consiglio di ulama (sapienti islamici) non è un fenomeno unico dell’Indonesia contemporanea, ma affonda le sue radici nella storia del Paese, a partire dall’epoca dei regni islamici di Aceh fino ad oggi, oltre che nella forma attuale dello stato indonesiano. Più recentemente, si deve a Sukarno l’istituzione di un ente che ha preceduto l’istituzione attuale nel 1962; invece, il Majelis Ulama Indonesia (MUI) è stato creato ufficialmente da Suharto nel 1975.

La creazione di questo organismo islamico si deve ad una molteplicità di fattori, tra cui l’idea personale di Suharto di creare “un forum unico” che potesse accogliere gli interessi e le agende delle organizzazioni islamiche in Indonesia. Si tratta di una nozione espressa nello Statuto del MUI, che descrive il Consiglio degli Ulama Indonesiani in termini di ‘wadah’ (forum) per la consultazione tra leader e studiosi musulmani.


Il ruolo del MUI, tuttavia, è quello di un’istituzione intermedia che non implementa programmi pratici; il suo compito, in effetti, è quello di consolidare le attività ed i programmi che sono stati intrapresi da altre organizzazioni musulmane. La base ideologica e filosofica di questa organizzazione è la Pancasila, la dottrina filosofica ufficiale della Repubblica Indonesiana.

Di conseguenza, il MUI dovrebbe contribuire ad implementare l’Islam come una religione a sostegno di una società sicura, pacifica e prospera nel quadro dei principi filosofici della Pancasila; per questa ragione, al MUI sono assegnati alcuni compiti principali. Per iniziare, si nota che l’esistenza di un Consiglio di ulama (sapienti islamici) non è un fenomeno unico dell’Indonesia contemporanea, ma affonda le sue radici nella storia del Paese, a partire dall’epoca dei regni islamici di Aceh fino ad oggi, oltre che nella forma attuale dello stato indonesiano. Più recentemente, si deve a Sukarno l’istituzione di un ente che ha preceduto l’istituzione attuale nel 1962; invece, il Majelis Ulama Indonesia (MUI) è stato creato ufficialmente da Suharto nel 1975. degli Ulema Indonesiano deve fornire consigli e raccomandazioni, anche non richiesti, al governo di Jakarta. Il MUI, inoltre, si pone come guida morale alla società musulmana indonesiana in generale; tale compito viene svolto mediante la pubblicazione mensile di una rivista, nota come ‘Mimbar Ulama’, compilazioni di fatawa (verdetti religiosi), volantini ed opuscoli. In aggiunta al materiale stampato, fisico o virtuale, si nota che la guida religiosa viene offerta mediante conferenze, discussioni, predicazioni religiose, televisione e radio.

Il terzo compito del Consiglio degli ulama (sapienti islamici) non è un fenomeno unico dell’Indonesia contemporanea, ma affonda le sue radici nella storia del Paese, a partire dall’epoca dei regni islamici di Aceh fino ad oggi, oltre che nella forma attuale dello stato indonesiano. Più recentemente, si deve a Sukarno l’istituzione di un ente che ha preceduto l’istituzione attuale nel 1962; invece, il Majelis Ulama Indonesia (MUI) è stato creato ufficialmente da Suharto nel 1975.  degli Ulema, poi, è la pubblicazione delle fatawa, e, diversamente dalle raccomandazioni e dai consigli, si tratta di verdetti che vengono resi solamente su richiesta di persone che appartengono al governo, centrale o locale, oppure da un musulmano. Il quarto compito, ancora ,è la creazione della cosiddetta ‘fratellanza islamica’, e, a tale scopo, la MUI organizza alcuni eventi e programmi che coinvolgono leaders e organizzazioni islamiche. Oltre a servire a consolidare le opinioni dei leader del MUI rispetto alle questioni della legge islamica, gli eventi ed i programmi regolari sono anche utilizzati per diffondere e condividere informazioni tra i suoi stakeholder.

Il quinto compito, poi, è la cosiddetta ‘dawah’, ovvero la predicazione islamica, e, a partire dal 1985, il  MUI ha enfatizzato una particolare metodologia, la ‘da’wah bi al-ḥāl’, ovvero la predicazione mediante  l’esempio. In altre parole, alle parole pronunciate deve corrispondere una pratica islamica coerente, e tale modello è stato adottato in particolare nelle aree in cui sono presenti gli immigrati, solitamente cristiani, per contrastare le azioni dei movimenti missionari cristiani.

Il sesto compito, ancora, è l’organizzazione di corsi di formazione sull’Islam e sulla legge islamica, mediante iniziative formative dedicate agil ulama ed agli altri predicatori islamici del Paese asiatico; si osserva, da questo punto di vista, che il MUI ha cercato di svolgere un ruolo come rappresentante della società musulmana rispetto alle organizzazioni non musulmane.

Un ulteriore compito è la proposta di attività sociali ed economiche islamiche, come la creazione della Bank Muamalat Indonesia e la certificazione Halal; ancora, si nota l’obiettivo di promuovere la cooperazione con agenzie internazionali, quali l’UNICEF ed il WHO. Da questo punto di vista, si osserva l’attivismo del MUI rispetto alle organizzazioni di ‘ulama’ dei Paesi confinanti, come il Brunei, la Malaysia e Singapore. Al MUI, infine, viene affidata la gestione del ‘Lembaga Pengkajian Pangan Obat-obatan dan Kosmetika’, LPPOM, ovvero ‘Istituto di Valutazione per Alimenti, Farmaci e Cosmetici‘.


Shariatisation e Islamizzazione

La ‘shariatisation’ è un fenomeno che non è certamente limitato all’Indonesia, e che può essere intesa come una serie di iniziative che hanno lo scopo di incorporare le norme della legge islamica nella sfera legale e pubblica dell’Indonesia. Si tratta di una definizione ispirata alla teoria dell’evoluzione della sharia introdotta da uno studioso egiziano che descrive le fasi di tale processo;

  1. La prima fase. Attuata nell’era di Muḥammad, nel VII secolo dell’era volgare, la legge islamica, secondo questa visione, non si riferiva alle regole legali islamiche, ma piuttosto alla vita religiosa, nei suoi aspetti di culto, codice etico e relazioni sociali.
  2. La seconda fase. Si riferisce ai precetti menzionati nel Corano, ed implementati nella società come norme legali.
  3. La terza fase. In questo caso, la sharia ha ampliato il suo significato per coprire le sentenze legali nel Corano e le tradizioni del Profeta Maometto.
  4. La quarta ed ultima fase. La sharia include l’intero corpo della legge islamica che si è sviluppato nel corso della storia.

Pertanto, la quarta definizione comprende le opinioni e le interpretazioni degli studiosi giuridici islamici, ed in questa sede, la shariatisation si riferisce all’adozione delle norme della sharia sia nella sfera legale che in quella pubblica.

A questo punto, sembra interessante analizzare la relazione tra la shariatisation, nel senso precisato in precedenza, e l’islamizzazione, in quanto si tratta di due concetti simili ma non perfettamente sovrapponibili. La differenza, in effetti, deve essere ricercata nel loro ambito, in quanto la sciariatizzazione sembra avere un focus più ristretto rispetto all’islamizzazione; quest’ultima, effettivamente, ha come obiettivo l’assimilazione della cultura islamica all’inteno della società. Invece, la shariatizzazione può essere compresa in termini di strutturalizzazione dell’Islam mediante la sua struttura politica e legale, seguendo un ordine prescritto.

L’islamizzazione, in effetti, offre idee alternative, ma non detta nessuna norma per la vita pubblica, mentre la shariatizzazione, al contrario, impone legge e ordine, in virtù dell’idea che l’adesione alla legge islamica offra un futuro migliore per il mondo. La shariatizzazione, dunque, rappresenta un processo più concreto rispetto all’islamizzazione; tale differenza, del resto, era evidente nell’Islamizzazione dei progetti scientifici in Indonesia, promossi da studiosi musulmani come A.M. Saefudin (nato nel 1940), Jujun Suryasumanteri (nato nel 1940) ed altri, ma si tratta di una tematica ormai marginale.

Non sorprende, pertanto, che la shariatisation sia spesso definita come ‘islamizzazione legale’, una descrizione più appropriata della legislazione della sharia o della positivizzazione della legge islamica; in realtà, la shariatisation deve essere compresa come il tentativo di introdurre il sistema di credenze islamico per imporre legge e ordine nella sfera pubblica. Si tratta di un intento evidente dall’ambizione del MUI di rendere il sistema di credenze sunnita normativo per tutti i musulmani indonesiani. In altre parole, la shariatizzazione può essere compresa come avente un contesto più ampio rispetto all’islamizzazione legale. Oltre a codificare le norme della sharia come regole giuridiche positive, la shariatisation si può tradurre, sia direttamente che non, in numerosi campi di applicazione, e può variare nel suo livello di profondità e significato nelle sfere legali e pubbliche.

Tali variabili, in effetti, dipendono dai concetti teologici di fondo, dalle opportunità e da altri parametri che caratterizzano un particolare contesto; la shariatisation, in effetti, rappresenta un processo connotato da una notevole complessità. Ad essere coinvolti, di conseguenza, sono molteplici ambiti, come la teologia, la cultura, la politica e, ovviamente, il diritto.


Il ruolo del Majelis Ulama Indonesia

Il MUI, come ricordato in precedenza, è stato originariamente fondato nel 1975, allo scopo di rafforzare l’adesione della comunità musulmana indonesiana all’Islam; sebbene non sia un organo ufficiale dello Stato, il Majelis Ulama Indonesia riveste un’influenza fondamentale. In effetti, questo organismo offre prescrizioni religiose sia allo Stato che alla società sulla corretta o desiderata contestualizzazione dell’Islam nell’ambito dello Stato indonesiano, in quanto la sua autorità nel promulgare fatawa è riconosciuta dalle altre organizzazioni islamiche.

In effetti, sia lo Stato che la società possono consultare il Consiglio su questioni puramente islamiche, ovvero sulla legge islamica o su questioni ad essa correlate; nell’era di Suharto, l’influenza del MUI nella sfera legale e pubblica era limitata. La Pancasila era effettivamente interpretata in maniera diversa, e sosteneva un impianto ideologico autoritario, che tendeva a controllare anche l’ambito religioso; di conseguenza, durante il trentennale regime del generale Suharto il MUI ha subordinato le norme dell’Islam alla legge civile. Su questo tema, del resto, è recentemente intervenuta la Corte Costituzionale, che ha ribadito questo principio, limitando, di fatto, la shariatisation in corso.

Il MUI ha anche agito come principale organizzazione islamica nella promozione della sicurezza nazionale, dell’armonia religiosa e dei programmi di sviluppo nazionale nel corso del regime di Suharto; il MUI, del resto, aveva bisogno di legittimare le politiche, le iniziative e le direttive del governo per non essere marginalizzato, trasformandole in un linguaggio religioso che fosse accettabile e comprensibile per la popolazione musulmana generale.

Il MUI è dunque diventato il portavoce dello Stato per l’interpretazione dell’Islam nel contesto dell’Indonesia, spesso chiamato Islam Nusantara, Islam indonesiano, caratterizzato come una forma moderata di Islam, capace di apprezzare la cultura, le tradizioni, ed i valori della società indonesiana.

Il ruolo del MUI nell’era della reformasi, dopo la caduta del regime di Suharto nel 1998, è cambiato, coerentemente con i più ampi cambiamenti sociali e politici del nuovo corso storico; il successore, il presidente Baharuddin Jusuf Habibie, ha ricoperto la carica di Presidente per circa un anno, dal 1998 al 1999. In questo breve periodo Habibie inaugurò un nuovo corso, caratterizzato dal processo di democratizzazione, che coinvolse alcuni aspetti della politica e delle legge nazionali; in questo modo, vennne riconosciuto il diritto, per i partiti politici e le organizzazioni di massa, di rivendicare l’Islam come ideologia.

Le nuove politiche hanno anche modificato l’orientamento del MUI, che da ente nazionalista-religioso ha assunto un crescente orientamento islamista; non sorprende, dunque, che il Majelis Ulama Indonesia si allineò agli interessi dei gruppi islamisti, che volevano incorporare le norme della legge islamica nell’ordinamento giuridico dello Stato asiatico. Il MUI, effettivamente, ha iniziato ad avvicinarsi ai gruppi islamisti, come si può evincere dalle fatawa e dalle raccomandazioni religiose che giustificano e legittimano l’agenda ed i programmi dei gruppi islamisti, desiderosi di implementare la legge islamica.

Si ricorda, a tale proposito, che l’Indonesia è stata costituita come una società democratica, il cui riferimento è la neutralità dello Stato rispetto alla religione; pertanto, il tentativo di introdurre le disposizioni islamiche nella legislazione dello Stato può essere considerato problematico. Secondo il MUI, tuttavia, tale ingerenza della sharia nell’ambito democratico deve essere tollerato, in considerazione del fatto che la maggioranza della popolazione indonesiana aderisce (o dichiara di aderire) all’Islam. Pertanto, secondo il MUI la legge islamica sono parte integrante dell’ordinamento e del dibattito giuridico, e non come una ingerenza esterna e problematica.

La principale motivazione che spiega l’aumento della shariatisation viene generalmente riconosciuta nella delusione di alcune frange delle società musulmane rispetto ai sistemi democratici esistenti, sia nei loro paesi d’origine che in Occidente. Per questa ragione, essi desiderano modificare questi sistemi, rendendoli coerenti con la legge islamica, che, secondo questa visione non sarebbe compatibile con la democrazia ed il secolarismo.

I gruppi islamisti, del resto, sono convinti che le ideologie secolari che si sono consolidate del mondo moderno siano destinate a crollare, a ragione della loro presunta incapacità di fornire una risposta al dilemma dell’identità islamica, della dislocazione dei popoli e della discriminazione.

L’aumento dei movimenti islamisti in Indonesia, caratterizzati dai loro discorsi ed azioni provocatorie, segue anch’esso il modello di contrasto ad un sistema secolare; da questo punto di vista, il MUI sembra avere un ruolo centrale. Il Majelis Ulama Indonesia, in effetti, si configura come il principale ‘produttore’ di fatawa e consigli religiosi, che possono avere implicazioni politiche. Il Majelis Ulama Indonesia, inoltre, può essere considerato come una ‘tenda besar’, una ‘grande tenda’, o organizzazione ombrello, che accoglie diverse posizioni islamiche in Indonesia.

Anche se il MUI non esprime posizioni necessariamente radicali, sono molte le organizzazioni e gli individui islamisti a sostenere e supportare le sue affermazioni; il Front Pembela Islam, o ‘FPI’, il Fronte Difensore dell’Islam, ha sostenuto in diverse occasioni le fatawa ed i consigli del MUI. Si consideri, ancora, che il ‘Hizbut Tahrir Indonesia’, ‘HTI’, il Partito della Liberazione dell’Indonesia, fondato a Bogor nel 1984, ha sostenuto il discorso e l’attivismo del MUI a favore della supremazia dell’autorità islamica. Il suo portavoce, Ismail Yusanto, è stato attivo nel periodo 2005–2010, in cui ha preso parte a diversi eventi e dibattiti, sostenendo la necessità di un sistema politico islamico e di un’autorità islamica forte, ovvero di un Califfato.


Il Majelis Mujahidin Indonesia, MMI, il Consiglio dei Mujahidin Indonesiani, è un’altra organizzazione che raggruppa diversi gruppi islamisti indonesiani, ed è stato fondato a Yogyakarta nel 2000; si tratta di un gruppo che ha sostenuto con vigore le fatawa del MUI (2005) contro il liberalismo, il secolarismo ed il pluralismo. Posizioni simili sono state sostenute anche da altri partiti politici islamisti, come il Partai Persatuan Pembangunan, PPP, il Partito per lo Sviluppo Unito, ed il Partai Bulan Bintang, PBB, Partito della Stella Crescente. In una certa misura, poi, anche le principali organizzazioni islamiche indonesiane, Nadlatul Ulama, e Muhammadiyah, sostengono il MUI.


La Fatwa del 2005

Nel 2005, il MUI ha emesso una fatwa (Fatwa Majelis Ulama Indonesia, Nomor: 7/MUNAS VII/MUI/11/2005, Tentang Pluralisme, Liberalisme dan sekularisme agama), che condannava il liberalismo, il pluralismo ed il secolarismo religioso; considerando l’importanza di questo verdetto, sembra interessante riportarne alcuni stralci e porzioni significative.

La prima sezione della fatwa precisa la ragione per cui essa è stata emessa

bahwa berkembangnya paham pluralisme, liberalisme dan sekularisme agama di
kalangan masyarakat telah menimbulkan keresahan sehingga sebagian masyarakat
meminta MUI untuk menetapkan fatwa tentang masalah tersebut

(che) lo sviluppo del pluralismo, liberismo e del secolarismo religioso nella
società ha causato disordini, tanto che alcune persone hanno chiesto al MUI di emettere una fatwa
su questo tema

In seguito, si definiscono i concetti su cui si sta pronunciando il MUI, ed il pluralismo viene concepito come

Pluralisme agama adalah suatu paham yang mengajarkan bahwa semua agama adalah sama dan
karenanya kebenaran setiap agama adalah relatif; oleh sebab itu, setiap pemeluk agama tidak boleh
mengklaim bahwa hanya agamanya saja yang benar sedangkan agama yang lain salah. Pluralisme agama juga mengajarkan bahwa semua pemeluk agama akan masuk dan hidup berdampingan di surga

Il pluralismo religioso è una dottrina che insegna che tutte le religioni sono uguali e, di conseguenza, la verità di ogni religione è relativa; perciò, ogni seguace di una religione non può affermare che solo la propria religione sia vera mentre le altre siano false. Il pluralismo religioso insegna anche che tutti i seguaci di una religione entreranno e vivranno insieme in paradiso.

Il liberalismo religioso viene inteso come

Liberalisme agama adalah memahami nash-nash agama (Al-Qur’an & Sunnah) dengan menggunakan
akal pikiran yangg bebas; dan hanya menerima doktrin-doktrin agama yang sesuai dengan akal pikiran
semata.

Il liberalismo religioso è comprendere i testi religiosi (Corano e Sunnah) utilizzando un pensiero libero; e accettare solo le dottrine religiose che sono in accordo con il pensiero razionale.

Infine, viene chiarito il senso del ‘secolarismo religioso’,

Sekularisme agama adalah memisahkan urusan dunia dari agama; agama hanya digunakan untuk mengatur hu-bungan pribadi dengan Tuhan, sedangkan hubungan sesama manusia diatur hanya dengan berdasarkan kesepakatan sosial.

Il secolarismo religioso è la separazione degli affari mondani dalla religione; la religione è utilizzata solo per regolare i rapporti personali con Dio, mentre i rapporti tra gli esseri umani sono regolati solo sulla base di accordi sociali.

A questo punto, viene emesso il verdetto su queste tematiche, da un punto di vista religioso, ma con evidenti ripercussioni politiche

Pluralisme, sekularisme dan liberalisme agama sebagaimana dimaksud pada bagian pertama adalah
paham yang bertentangan dengan ajaran agama Islam.

Il pluralismo, il secolarismo e il liberalismo religioso come indicato (nel senso indicato) nella prima parte sono nozioni contrarie agli insegnamenti dell’Islam.

Di conseguenza, la fatwa, che sembrerebbe limitato all’ambito religioso, continua, precisando, con un linguaggio proprio del diritto (hukum), che

Umat Islam haram mengikuti paham pluralism, sekularisme dan liberalisme agama.

I musulmani non possono seguire le dottrine del pluralismo, del secolarismo e del liberalismo religioso.

E ancora,

Dalam masalah aqidah dan ibadah, umat Islam wajib bersikap eksklusif, dalam arti haram
mencampuradukkan aqidah dan ibadah umat Islam dengan aqidah dan ibadah pemeluk agama lain.

In materia di fede e culto, i musulmani devono adottare un atteggiamento esclusivo, nel senso che è vietato mescolare la fede e il culto dei musulmani con quelli di altre religioni.

Infine, si precisa che

Bagi masyarakat muslim yang tinggal bersama pemeluk agama lain (pluralitas agama), dalam masalah sosial yang tidak berkaitan dengan aqidah dan ibadah, umat Islam bersikap inklusif, dalam arti tetap melakukan pergaulan sosial dengan pemeluk agama lain sepanjang tidak saling merugikan.

Per la comunità musulmana che vive insieme a persone di altre fedi (pluralità religiosa), nelle questioni sociali che non riguardano la fede e il culto, i musulmani adottano un atteggiamento inclusivo, nel senso che continuano a interagire socialmente con i seguaci di altre religioni purché non ci sia danno reciproco.

Da questa fatwa emergono alcuni punti che meritano di essere sottolineati

  • Linguaggio giuridico. La forma della fatwa ed il linguaggio usati generano confusione tra l’Hukum (diritto) islamico e quello dello Stato, ponendoli, di fatto, sullo stesso piano, contrariamente a quanto disposto dalla Costituzione del 1945.
  • Confusione tra religione e Stato. La fatwa usa i termini ‘agama’, ‘religione’, oppure direttamente ‘umat Islam’, ‘comunità islamica’, ponendo il divieto di accettare il pluralismo, il liberalismo ed il secolarismo religioso per i musulmani. Questi ultimi, tuttavia, sono anche cittadini dello Stato, e si ripropone, dunque, il dilemma tra democrazia e legge islamica; si deve dunque scegliere se essere cittadini di uno Stato democratico, oppure sudditi, di fatto, di una teocrazia, in cui le regole religiose regolano anche la vita pubblica.
  • Convivenza e supremazia islamica. La fatwa invita i musulmani a convivere in armonia con persone di altre fedi, ma tale invito appare puramente formale, considerando che il verdetto pone la sharia al di sopra della legge civile, o perlomeno sullo stesso piano. Un verdetto rivolto ai soli musulmani, dunque, dovrebbe avere valore, seppure indirettamente, anche per coloro che non sono musulmani, ma cittadini indonesiani.


Conclusioni

L’Indonesia è un Paese che, secondo la Costituzione del 1945, emendata a più riprese tra il 1999 ed il 2002, è formalmente democratico; tuttavia, la pressione dei gruppi islamisti, unitamente ad alcune fatawa del Majelis Ulama Indonesia, hanno contribuito ad una maggiore influenza della legge islamica nella sfera pubblica.

In realtà, il MUI non può essere definito estremista o radicale, ma alcuni dei suoi pronunciamenti, che rimangono, ovviamente, non vincolanti e senza alcun valore legale, sono stati interpretati da gruppi radicali e terroristi come base per le loro ideologie. Del resto, la fatwa del 2005 contro il liberalismo, pluralismo e secolarismo religioso risulta ambigua; l’apposizione dell’aggettivo ‘religioso’, in effetti, farebbe intendere il riferimento alla sola sfera religiosa. Tuttavia, questo verdetto religioso ha anche implicazioni politiche e sociali evidenti; si ripropone, dunque, la scelta tra democrazia e legge islamica, che vincola il fedele, di fatto, anche sul piano pubblico.

Il MUI, dunque, ha emesso una fatwa con cui ha legittimato e promosso l’incidenza della religione nell’ordinamento statale, proponendo un modello secondo cui la sharia dovrebbe essere il riferimento principale per l’87% della popolazione indonesiana. Ovviamente, il verdetto in esame, al pari delle altre fatawa, non ha alcun valore legale, ed il rispetto dei divieti imposti sul secolarismo, liberismo e pluralismo, che non sono solamente religiosi, ma anche sociali, in quanto valori democratici, dipende dai singoli.

Si tratta, dunque, del tentativo di orientare la coscienza e l’azione della maggioranza musulmana del Paese, che potrebbe avere ricadute anche sull’ordinamento e sulla forma dello Stato; anche se di fatto il MUI non ha parlato di ‘democrazia’, esso ha vietato ai musulmani di adottare i valori principali di questo modello di governance. Tale posizione, seppur legittima, considerando la storia del Paese ed il mandato del Majelis Ulama Indonesia, può essere interpretato per sostenere ideologie incompatibili con lo Stato di diritto e con la konstitusi del 1945.


Letture Consigliate

  • Syafiq Hasyim. (2023). The shariatisation of Indonesia: The politics of the Council of Indonesian Ulama (MUI). Leiden: Brill.
  • Hasyim, S. (2022). The Shariatisation Agenda: Where is MUI Headed?. In RSIS COMMENTARY: The Series: Jokowi’s Second Term: Emerging Issues (pp. 85-88).
  • Hasyim, S. (2022). The politics of’halal’: From cultural to structural shariatisation in Indonesia. Australian Journal of Asian Law22(1), 81-97.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.)

3 pensiero su “Majelis Ulama Indonesia – Religione e Politica”

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