Radicalismo
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Negli ultimi 15 anni, la Lombardia è divenuta il principale osservatorio italiano del rapporto tra islam, sicurezza e integrazione; la concentrazione di centri islamici, la presenza di storiche realtà associative e i casi di radicalizzazione documentati rendono la regione un banco di prova cruciale per le politiche di prevenzione del radicalismo islamico e per la tenuta del pluralismo religioso nel contesto europeo.


In the last 15 years, Lombardy has become the main Italian observatory for the relationship between Islam, security, and integration; The concentration of Islamic centres, the presence of historical associations, and documented cases of radicalisation make the region a crucial testing ground for policies aimed at preventing Islamic radicalism and for the resilience of religious pluralism within the European context.


Introduzione – Lombardia, un Territorio sotto Controllo

La Lombardia, cuore economico e demografico d’Italia, rappresenta attualmente uno dei principali laboratori europei per la gestione del pluralismo religioso e la prevenzione della radicalizzazione jihadista; la regione italiana conta in effetti (secondo stime recenti), oltre 400 luoghi di culto islamico. Tale numero comprende sia moschee riconosciute, centri culturali e sale di preghiera informali, che ospitano la più ampia comunità musulmana del Paese. Tale densità, espressione di una lunga tradizione migratoria e imprenditoriale, costituisce al contempo un punto di forza e una vulnerabilità strategica dal punto di vista del terrorismo e della radicalizzazione.

Moschea al Rahman di Segrate. (Credits: Milano Fandom)

Le province di Milano, Brescia e Bergamo, in particolare, concentrano la maggior parte dei centri islamici attivi in Italia; il capoluogo, poi, ospita le principali realtà associative e rappresentative; si tratta del Centro Islamico di viale Jenner, storicamente legato al primo islam organizzato in Italia, e la Moschea Al-Rahman di Segrate. Brescia e Bergamo, invece, si caratterizzano per la presenza di una rete capillare di sale di preghiera gestite da comunità etniche specifiche, come quella marocchina, pakistana, e albanese.

L’assenza di un quadro normativo unitario sui luoghi di culto e la mancata stipula di un’intesa tra lo Stato e le organizzazioni islamiche rendono complessa la regolazione di questi spazi, molti dei quali operano in forma associativa o privata. Tale frammentazione ha favorito l’emergere di contesti difficilmente monitorabili, all’interno dei quali, seppur in casi minoritari, si sono sviluppate predicazioni ispirate a ideologie salafite o jihadiste.

In realtà, si è tentato di sottoscrivere accordi con alcune associazioni islamiche (UCOII, COREIS), ma i progetti sono stati abbandonati, oppure non sono mai stati siglati; le ragioni sono differenti, e includono la scarsa trasparenza delle fonti di finanziamento o il mancato rispetto delle clausole. Gli unici accordi che esistono sono locali, ma riguardano aspetti pratici della comunità islamica, come la sepoltura oppure la formazione interculturale e la formazione delle guide religiose. Si tratta, comunque, di progetti ancora limitati, che hanno una scarsa incidenza sulla lotta alla radicalizzazione.


Espulsioni e Casi Notevoli di Radicalizzazione

La politica italiana di contrasto alla radicalizzazione si fonda su un approccio preventivo e amministrativo, che consente di disporre l’espulsione immediata di cittadini stranieri per motivi di sicurezza nazionale, anche in assenza di condanne definitive. In Lombardia, questo strumento è stato applicato in numerosi casi di imam e predicatori sospettati di attività estremiste e incompatibili con i valori e la sicurezza nazionale.

Secondo i dati del Ministero dell’Interno, tra il 2015 e il 2023 sono state eseguite, in Italia, oltre 150 espulsioni per motivi di sicurezza, di cui una quota significativa in Lombardia; tali provvedimenti hanno spesso riguardato individui legati a reti di radicalizzazione informale o con contatti online con ambienti jihadisti siriani.

Un caso particolare è poi costituito dal centro islamico di Viale Jenner, che in passato è stato oggetto di diverse espulsioni e anche della chiusura temporanea del centro, in seguito riaperto; in un rapporto del 2016, l’ISPI (Istitiuto per gli Studi di Politica Internazionale), era proprio l’Istituto Culturale Islamico di Viale Jenner, insieme a quello di Via Quaranta, a finire sotto i riflettori.

Un altro dato interessante è il ruolo della provincia di Milano. Casa di quasi 120.000
musulmani, il milanese è l’epicentro del radicalismo islamico in Italia. La città è sede di moschee
radicali come quella di Via Quaranta e quella di Gallarate. Inoltre, l’Istituto Culturale Islamico di Viale
Jenner è stata considerata come l’organizzazione più radicale e pericolosa presente in Italia. In
aggiunta, dei 13 piani d’attacco preparati, 6 avevano come bersaglio il capoluogo lombardo (con una
preferenza per la metropolitana della città). Sempre la città meneghina ha assistito, inoltre, ad 1
attentato effettuato ma non riuscito (quello del signor Quaranta) e, infine, all’unico attentato jihadista
perpetrato sul suolo italiano (quello del signor Game). In totale, quindi, dal 2001 Milano è stata al
centro di ben 8 casi di natura jihadista, risultando, di gran lunga, la città italiana preferita dai terroristi
islamici.

(Groppi, M., Dossier sulla comunità islamica italiana: indice di radicalizzazione, 2016, p. 11)

Nel maggio del 2013 era statp espulso Abu Imad, l’imam di Viale Jenner che predicava la jihad e la lotta agli ‘infedeli’, come ricorda un articolo relativo alla sua morte, nel giugno del 2021,

Non è la chiusura di una stagione, è solo la fine di uomo. Il tempo della jihad «classica» milanese ed europea s’era già concluso prima che venisse espulso dall’Italia (maggio 2013), dopo aver scontato una condanna a 3 anni e 8 mesi per terrorismo internazionale nel carcere di Benevento. L’ex imam della moschea di viale Jenner è morto nei giorni scorsi in Arabia Saudita.

(Santucci, G., È morto Abu Imad, l’ex imam della moschea di viale Jenner a Milano (che condannava l’11 settembre): ingegno e segreti dell’uomo della jihad milanese, Corriere della Sera, 24 giugno 2021)

Centro Islamico di Viale Jenner (Credits: Repubblica)

Milano, dunque, era al centro di una rete jihadista e radicale, che coinvolgeva diversi centri e istituti islamici del capoluogo lombardo; attualmente, sembra che la propaganda si sia spostata online, come ricorda un recente evento di cronaca.

Nelle prime ore della mattinata odierna il Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un minore residente nella provincia di Pavia, emessa dal G.I.P. del Tribunale per i Minorenni di Milano su richiesta della Procura per i Minorenni. L’operazione — che ha visto la collaborazione dei Comandi Provinciali di Milano e di Pavia — riguarda un caso di auto‑radicalizzazione e propaganda jihadista sul web, con comportamenti e materiali connessi a istigazione e partecipazione ad organizzazione terroristica.

(Legnano News, Operazione anti‑terrorismo tra Milano e Pavia: arrestato un minore per radicalizzazione jihadista, 4 novembre 2025)

Milano e la Lombardia rimangono dunque al centro dell’attenzione per la radicalizzazione violenta, e anche la moschea di viale Jenner rimane legata ad eventi violenti;

Il giornalista ed esperto di mass media Klaus Davi è stato aggredito venerdì pomeriggio davanti alla moschea di viale Jenner, non lontano dal centro di Milano. L’uomo, che ha 59 anni, stava realizzando alcune interviste sulle prossime elezioni americane previste per il 5 novembre e, in particolare, sull’orientamento del mondo islamico sul tema. Dopo un po’,  alcuni frequentatori del luogo di culto, infastiditi dalle sue domande, si sarebbero scagliati contro di lui tentando di prendergli il microfono.

(Il Giorno, Milano, il giornalista Klaus Davi aggredito di nuovo fuori dalla moschea di viale Jenner: “Facevo solo domande”, 2 novembre 2024).

Klaus Davi, come noto, è un intellettuale ebreo, nonchè giornalista italiano, e l’aggressione è stata dovuta, oltre che a domande evidentemente scomode per i frequentatori dell’Istituto Islamico di Viale Jennner, proprio alla sua appartenenza religiosa ed etnica.

In un altro articolo de Il Giorno, del 22 giugno 2024, si riporta un’altra aggressione, sempre a Klaus Davi, con sputi e minacce, e sempre nelle vicinanze di Viale Jenner,

Spintoni, sputi e minacce contro Klaus Davi che nella giornata di ieri si è recato nei pressi del Centro islamico di viale Jenner a Milano per realizzare alcune interviste ai passanti e ai frequentatori della Moschea.

(…)

Attorno alle 13 alcuni frequentatori del Centro Islamico si sono avventati sul giornalista intimandogli di abbandonare la zona urlando e spintonandolo. “Siete degli assassini, vattene, figlio di put…. Ebreo di m…..ti ammazziamo”. L’aggressione sarebbe degenerata se alcuni passanti non fossero intervenuti a contenere i due aggressori. “Stavo facendo sul viale delle domande sul 7 ottobre, sulla guerra in Medio Oriente, sugli ostaggi in mano ad Hamas, quando i due uomini mi hanno minacciato e spintonato e sputato. Ho cercato di mantenere la calma. La mia intenzione era semplicemente indagare sul punto di vista dei frequentatori del centro relativamente alla strage del 7 ottobre. E poi eravamo sul Viale, uno spazio pubblico, non all’interno del centro”.

(Il Giorno, Milano, sputi e minacce a Klaus Davi: “Ebreo di m…..ti ammazziamo”, 22 Giugno 2024)

Dagli episodi, sia passati che recenti, emerge un quadro preoccupante per la sicurezza di Milano, ma non solo; anche se gli imam di Viale Jenner o di via Quaranta non predicano più esplicitamente la violenza, è evidente che l’antisemitismo, legato anche alla guerra in Medio Oriente (ancora in corso al tempo degli eventi ricordati in precedenza) è un elemento sistematico. Il rifiuto dell’imam di incontrare il giornalista, se non in moschea, proposta ovviamente rifiutata, segnala la presenza di diverse problematiche, che non sono state risolte dal cambio di gestione del centro islamico.


Le Dinamiche della Radicalizzazione Lombarda

Gli studi condotti dall’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) e dal Centro di Ricerca sulla Sicurezza e la Criminalità dell’Università Cattolica di Milano indicano che la radicalizzazione nella regione si sviluppa lungo tre direttrici principali.

Il primo è quello della predicazione non regolata all’interno di sale di preghiera prive di un controllo teologico o istituzionale; inoltre, sono diventati fondamentali, i contenuti digitali di tipo jihadistico, diffusi attraverso piattaforme social, canali Telegram e gruppi di messaggistica privata. Infine, deve essere considerata la marginalità economica e isolamento sociale, particolarmente evidenti nelle periferie industriali di Brescia, Bergamo e Cremona, dove la deindustrializzazione ha prodotto spazi di alienazione e disaffiliazione. Queste dinamiche principali producono un ambiente ricettivo a messaggi radicali, presentati come promesse di riscatto sociale e di prestigio religioso.

Spesso, poi, il processo di radicalizzazione non avviene direttamente nel centro islamico, ma avviene in contesti più informali; evidentemente, le medesime persone poi frequentano anche un centro islamico e cercano di contagiare altri con le loro idee radicali. Nel caso dell’anti-semitismo, poi, anche la predicazione svolge un ruolo, diretto, nel diffondere ostilità contro gli ebrei e lo Stato di Israele, considerati ‘nemici della comunità islamica’ in diverse fatawa, anche di sapienti operanti in organi religiosi europei.

Uno sviluppo interessante, poi, è dato dalla rivista (regolarmente registrata al Tribunale di Milano), ‘Il Messaggero dell’Islam‘, del Centro Islamico di Milano e della Lombardia, in cui compaiono articoli che parlano di ‘martirio’, oppure di figure storiche (presentate in forma propagandistica, come esempio da seguire), come il ‘Saladino’, o ancora predicatori islamici radicali e controversi come ‘Zakir Naik’. Si tratta del tentativo di normalizzare e far accettare discorsi radicali, o estremamente conservatori, anche ai musulmani e al pubblico italiano; ovviamente, il linguaggio è volutamente ‘neutro’ per evitare di essere accusati di radicalizzazione, ma il messaggio che arriva ai lettori è chiaro,


Conclusioni – Un Cambiamento Strategico

Attualmente, la Lombardia presenta la più elevata concentrazione di comunità islamiche in Italia, una rete di centri culturali ufficiali ma anche di sale di preghiera informali; questa regione, pertanto, può essere considerata un laboratorio per osservare i meccanismi e i canali di radicalizzazione, che riguardano solamente una parte marginale dei musulmani che vivono in Italia.

Le misure adottate dalle autorità locali, come l’espulsione dei predicatori radicali, i controlli, le mappature (seppure incomplete) del territorio, e il dialogo con le comunità islamiche, sono state adottate anche da altre regioni italiane. La radicalizzazione spesso ha inizio online e poi si riversa nei centri culturali islamici, e non viceversa come accadeva in passato; si tratta di un elemento da non sottovalutare, specialmente quandosi considera l’anonimato che consente la Rete.

Questo cambiamento potrebbe riflettere una precisa strategia degli elementi radicali, specialmente se imam operanti in moschee, per sfuggire alle censure delle autorità italiane; di conseguenza, la minore incidenza di espulsioni rispetto al passato potrebbe dipendere da questo mutamento strategico, e non da una reale volontà di de-radicalizzazione e di rispetto dei valori costituzionali e democratici.


Letture Consigliate

  • ISPI – Istituto per gli Studi di Politica Internazionale. (2023). Le militanti italiane dello Stato Islamico.
  • Vidino, L. (2013). The Evolution of Jihadism in Italy: Rise in Homegrown Radicals. Combating Terrorism Center at West Point. 
  • Manciulli, A., Pagani, A., Casini, E., & Tirino, N. (2021). Il futuro del terrorismo di matrice jihadista: evoluzione della minaccia, strumenti di contrasto e strategie di prevenzione. Ledizioni.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.). Nel 2025 ha iniziato a colloborare con la testata online 'Rights Reporter', per la quale scrive articoli e analisi sull'Islam, la shariah e i diritti umani.

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