assad
  Reading time 26 minutes


Abstract

L’articolo analizza la figura di Bashar al-Assad, presidente della Siriaa partire dal 2000, insieme al contesto storico della sua ascesa al potere, il governo e le politiche repressive, evidenziando la brutale repressione delle proteste del 2011 e le gravi violazioni dei diritti umani. Si discutono anche le implicazioni geopolitiche della sua leadership, il ruolo della Siria nelle dinamiche regionali e l’intervento internazionale nel conflitto. L’articolo si conclude con una breve discussione dell’eredità di Assad, che ha generato sia sostenitori che oppositori, sottolineando l’importanza della responsabilità politica e della protezione dei diritti umani.


Introduzione

Bashar al-Assad, che occupa la carica di Presidente della Siria dal luglio del 2000, è una figura che ha generato accesi dibattiti e discussioni, non solo sul piano politico, ma anche su quello sociale. Il suo ruolo nel panorama politico siriano è stato caratterizzato da una serie di eventi controversi che hanno plasmato la sua immagine, nonché da meccanismi di potere intricati e complessi che riflettono le dinamiche interne del Paese. Nel corso della sua presidanza, Assad ha dovuto affrontare una lunga serie di sfide, sia interne che esterne, che hanno ulteriormente complicato il suo mandato di governo.

Con questo articolo cercherò di analizzare la figura di Bashar al-Assad attraverso tre principali punti di vista; in primo luogo, esaminerò il contesto storico della sua ascesa al potere, che risale ad un periodo di transizione dopo la morte di suo padre, Hafez al-Assad, che aveva governato per quasi tre decenni. Questa fase di passaggio, in effetti, ha portato alla pianificazione di riforme economiche e sociali, ma è stata contrassegnata da aspettative deluse e da una continua repressione del dissenso.

In secondo luogo, analizzerò il governo di Assad e le sue politiche repressive. Durante il lungo periodo in cui ha detenuto il potere, il regime ha attuato drastiche misure per mantenere il controllo, sostenute da una sorveglianza di massa e dall’uso della forza contro qualsiasi forma di opposizione politica. La brutale repressione delle proteste nel 2011, che ha dato inizio ad una guerra devastante civile, evidenzia le violazioni dei diritti umani ed il ricorso sistematico alla violenza da parte dello Stato. Questi eventi, evidentemente, hanno aggravato la crisi umanitaria in Siria, e, allo stesso tempo, hanno anche suscitato una risposta internazionale complessa e talvolta contraddittoria.

Infine, si discuteranno le implicazioni della leadership di Assad nel contesto geopolitico attuale. Il suo regime, da questo punto di vista, ha avuto un impatto significativo sulle relazioni internazionali in Medio Oriente, influenzando alleanze e posizioni strategiche. Sotto la guida di Assad, la Siria è diventata un campo di battaglia non solo per conflitti interni, ma anche per le rivalità internazionali, che coinvolge attori regionali e globali. La presenza di potenze straniere, come la Russia e l’Iran, unita alle tensioni con gli Stati Uniti ed i suoi alleati, hanno ridefinito gli equilibri di potere e le dinamiche di sicurezza nella regione.

In conclusione, il saggio cercherà di fornire un’analisi articolata ed approfondita della figura di Bashar al-Assad, evidenziando le complessità del suo governo e le numerose sfide che ha dovuto affrontare durante il suo mandato. L’obiettivo è quello di comprendere non solo l’impatto diretto sulla Siria, ma anche le ripercussioni del suo regime sul panorama geopolitico globale, che continuano ad influenzare la stabilità e la sicurezza dell’intera area mediorientale.


Contesto storico ed ascesa al potere

Bashar al-Assad è nato il 11 settembre 1965 a Damasco, la capitale della Siria, in una famiglia con forti legami politici, ed è figlio di Hafez al-Assad, un importante leader politico che ha governato la Siria dal 1970 fino alla sua morte, avvenuta nel 2000. Sotto la guida di Hafez, la Siria ha vissuto significativi cambiamenti politici e sociali, segnati da un regime autoritario e da tensioni sia interne che esterne.

Inizialmente, Bashar al Assad non aveva intenzione di intraprendere la carriera politica, ma desiderava dedicarsi alla medicina; egli ha iniziato i suoi studi in questo ambito, e si è specializzato in oftalmologia. Una parte della sua formazione si è svolta in Occidente, dove ha avuto l’opportunità di apprendere tecniche moderne e di coltivare una visione più internazionale della medicina e della vita in generale. I suoi studi in Occidente, in effetti, hanno contribuito a formare una concezione del mondo che si discostava dalle tradizioni più conservatrici che caratterizzavano la sua patria.

Tuttavia, la sua vita ed i suoi piani cambiarono drasticamente a seguito della morte improvvisa del fratello maggiore Basil al-Assad, un uomo carismatico e considerato un potenziale successore del padre Hafez. Questo evento segnò un punto di svolta cruciale per Bashar, che percepì il peso delle aspettative familiari e politiche, e decise di fare ritorno in Siria. Il suo debutto sulla scena politica siriana coincise con un periodo di transizione, in cui il regime di suo padre si stava preparando per la sua successione.

Bashar al-Assad venne visto, successivamente, come il naturale erede del padre e, dopo la morte di Hafez nel 2000, assunse ufficialmente la presidenza della Siria. A partire da questo momento, il suo governo è stato caratterizzato da una combinazione di riforme economiche, unite ad una decisa repressione politica, culminata in un conflitto civile che avrebbe sconvolto il Paese e l’intera regione.


La Presidenza

Dopo la morte del padre, il passaggio di potere a suo figlio Bashar avvenne in maniera rapida e relativamente fluida; Assad, che aveva ricevuto una formazione medica ed aveva vissuto per un periodo in Occidente, venne accolto con speranza dalla popolazione siriana e dalla comunità internazionale. La sua giovane età, unita alla sua presentazione come riformista, sembravano promettere un cambiamento significativo rispetto alla repressione che aveva caratterizzato il lungo regno del padre.

Dopo aver assunto la presidenza, Bashar avviò una serie di riforme economiche e politiche che presero il nome di “Damascus Spring”; si tratta di riforme che miravano a liberalizzare il sistema politico, incoraggiando un dibattito pubblico più aperto. Inoltre, si aprì la possibilità per una serie di iniziative che avrebbero dovuto migliorare le condizioni economiche del Paese; seguirono, effettivamente, una maggiore libertà di espressione, la formazione di nuovi partiti politici ed una discussione più vivace sui diritti civili e sulle questioni sociali. Per un breve periodo, dunque, sembrò che la Siria potesse avviarsi verso un percorso di modernizzazione e democrazia.

Nonostante le promesse iniziali, tuttavia, il “Damascus Spring” si rivelò un periodo di breve durata, e, in effetti, le riforme iniziali furono presto frustrate, mentre i segnali di apertura si trasformarono in un ritorno alla repressione. Il regime di Bashar al-Assad, in effetti, iniziò a considerare con crescente sospetto ogni forma di dissenso e qualsiasi tentativo di critica; di fronte alle richieste di maggiore libertà politica e sociale il governo reagì con arresti arbitrari ed una crescente intimidazione nei confronti di attivisti ed oppositori. Questo ritorno alla repressione segnò l’inizio di una nuova fase della politica siriana, caratterizzata dall’inasprimento del controllo statale, oltre che da un clima di paura che reprimeva qualunque velleità di cambiamento pacifico.

Pertanto, le speranze iniziali per una politica riformista che avrebbe cambiato la Siria si affievolirono rapidamente, lasciando spazio ad una crescente frustrazione tra i cittadini che avevano sperato un futuro migliore e caratterizzato da una maggiore giustizia. La situazione precipitò successivamente nel contesto della Primavera Araba, quando le domande di libertà e riforma si trasformarono in una aperta ribellione contro il regime, dando inizio ad una guerra civile devastante che avrebbe segnato profondamente la storia recente della Siria.


Governo e politiche repressive


La crisi del 2011 e la repressione delle proteste

La Primavera Araba del 2011 rappresentò un momento cruciale e decisivo non solo per il popolo siriano, ma anche per Bashar al-Assad ed il suo governo autoritario; In un momento iniziale, le manifestazioni che si svolgevano nella capitale Damasco ed in altre città siriane come Aleppo, Homs e Dara, furono caratterizzate da un forte desiderio di cambiamento. I cittadini scesero in piazza per richiedere riforme politiche significative, una maggiore libertà civile e la fine della corruzione che permeava il regime. Tali proteste, pacifiche ed animate da un forte spirito di solidarietà, rispecchiavano un movimento più ampio che stava attraversando il mondo arabo, alla ricerca di democrazia e di giustizia sociale.

La reazione del governo di Assad, tuttavia, fu estremamente dura e violenta, in quanto il regime ignorò le legittime richieste dei suoi cittadini, e decise di reprimere le manifestazioni con tutte le forze a sua disposizione. La brutalità con cui si vennero affrontate le proteste provocò una escalation delle tensioni. Quella che era iniziata come una serie di dimostrazioni civilizzate si trasformò rapidamente in un conflitto armato, poiché molti manifestanti, esasperati dalla repressione, si unirono a gruppi armati per difendersi e combattere contro il regime.

Il regime di Bashar al-Assad non si limitò all’uso di forze di polizia e militari, ma ricorse anche ad una serie di bombardamenti indiscriminati su zone residenziali. Furono usati, inoltre, attacchi chimici, e si ricorse ad armi di distruzione di massa contro i propri cittadini. Tali attacchi provocarono un’ampia condanna internazionale, ed ebbero l’effetto di aumentare la tensione all’interno del Paese, oltre che nel contesto geopolitico della regione. Le stime parlano di un bilancio tragico di centinaia di migliaia di morti e milioni di sfollati, trasformando il conflitto siriano in una delle crisi umanitarie più gravi del nostro tempo. Le conseguenze di queste azioni, effettivamente, hanno avuto un impatto duraturo non solamente sulla Siria, ma anche sul Medio Oriente nel suo complesso. Questo ha comportato una destabilizzazione che continua ad influenzare la geopolitica a livello globale.


Le violazioni dei diritti umani

Le azioni di Bashar al-Assad durante il conflitto siriano, iniziato nel 2011, hanno sollevato gravi preoccupazioni da parte della comunità internazionale rispetto ai diritti umani ed alla protezione della popolazione civile. Dall’inizio delle proteste contro il regime, il governo di Assad ha reagito in modo violento, utilizzando la forza contro manifestanti pacifici, allo scopo di reprimere ogni forma di opposizione. Sono state molteplici le organizzazioni per la tutela dei diritti umani, come Amnesty International e Human Rights Watch, ad aver documentato estese violazioni dei diritti fondamentali. Tra le infrazioni riscontrate si possono annoverare la tortura di detenuti politici, le esecuzioni extragiudiziali, ma anche sistematici attacchi contro civili, incluse donne e bambini.

Le atrocità commesse hanno causato un numero enorme di vittime ed inflitto danni devastanti alle infrastrutture ed all’economia della Siria, contribuendo a creare una crisi umanitaria senza precedenti. Le violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime sono state talmente gravi da suscitare l’indignazione della comunità internazionale. Quest’ultima ha reagito con sanzioni e condanne, inflitte sia da diversi governi nazionali che di organismi internazionali.

Le azioni di Assad, evidentemente, hanno contribuito a plasmare la sua percezione di leader autoritario e spietato, disposto a mantenere il potere a qualsiasi costo. La sua gestione del conflitto ha costretto milioni di siriani a fuggire dal paese, creando una crisi dei rifugiati che ha avuto ripercussioni a livello globale. Inoltre, è stata seriamente compromesss la possibilità di attuare una transizione pacifica verso una governance più democratica e rispettosa dei diritti umani. L’assenza di responsabilità per le violazioni perpetrate durante il conflitto resta un tema centrale nel dibattito internazionale, che riguarda sia il futuro della Siria che il ruolo di Assad nel suo governo.


Implicazioni geopolitiche


Posizionamento della Siria nel contesto regionale

La leadership autoritaria di Bashar al-Assad, ha conferito alla Siria una posizione centrale, e spesso controversa, nel panorama geopolitico del Medio Oriente. In tale ambito, si nota che l’alleanza strategica con l’Iran e con Hezbollah ha portato alla formazione di una rete complessa di alleanze regionali. Si tratta di alleanze che hanno rafforzato la posizione della Siria nella regione. Allo stesso tempo, il nuovo scenario ha avuto un impatto significativo sulla stabilità politica e sulla dinamica dei conflitti in un’area molto ampia, influenzando sia Paesi vicini che attori globali.

La Siria, con la sua lunga storia di conflitti interni ed esterni, ha svolto un ruolo chiave nel sostenere e facilitare l’operato di vari gruppi militanti, che spesso perseguono obiettivi parzialmente sovrapposti alle politiche di Assad. La decisione di proteggere questo genere di gruppi ha comportato un aumento inevitabile delle tensioni con Israele, che percepisce queste alleanze, non senza ragioni peraltro, come una minaccia diretta alla propria sicurezza. La Siria, inoltre, è diventata un campo di battaglia dove si scontrano interessi sia regionali che internazionali. In questo ambito, si fronteggiano potenze come gli Stati Uniti, la Russia e le monarchie del Golfo che, Stati che lottano per avere una maggiore influenza e controllo su questo territorio strategico.

Ancora, si nota che la guerra civile siriana, tuttora in corso, ha complicato ulteriormente lo scenario. Tale situazione ha attratto ulteriori attori esterni, ed ha provocato un’escalation delle violenze. Le ripercussioni sono state percepite ben oltre i confini della Siria, e si sono tradotte in significative crisi umanitarie, oltre che in considerevoli flussi migratori. In sintesi, l’approccio di Bashar al-Assad, unitamente al suo coinvolgimento nella geopolitica regionale hanno ridefinito il ruolo della Siria nel contesto mediorientale. Nel contempo, gli eventi in esame hanno anche lasciato un’impronta duratura sulle relazioni internazionali, oltre che sull’equilibrio del potere nell’intera regione.


Intervento internazionale e guerra per procura

L’intervento internazionale nella guerra civile siriana ha ulteriormente complicato una situazione già estremamente complessa e dalle conseguenze devastanti. Il conflitto, iniziato nel 2011, ha attirato l’attenzione e l’interesse di numerosi Paesi e potenze mondiali, che perseguono agende ed obiettivi differenti.

I principali attori, ovvero la Russia, gli Stati Uniti d’America e la Turchia, hanno deciso di intervenire sostenendo differenti fazioni in lotta tra loro. Si tratta di un coinvolgimento che spesso è motivato da considerazioni strategiche, economiche o geopolitiche, piuttosto che da genuine preoccupazioni umanitarie.

Gli Stati Uniti, in un primo momento, hanno sostenuto gruppi moderati di opposizione, allo scopo di porre fine al regime di Bashar al-Assad, percepito come un alleato di attori ostili nella regione. La loro strategia contemplava l’invio di armi e l’assistenza militare e finanziaria, oltre supporto delle operazioni aeree contro le forze governative. Tali interventi, tuttavia, hanno sollevato diversi interrogativi sulle conseguenze nel lungo periodo, in quanto hanno contribuito a creare un vuoto di potere, prontamente sfruttato da gruppi estremisti come ISIS.

La Russia, invece, ha adottato una linea di azione differente; mediante il sostegno del governo di Assad, ha effettuato interventi militari decisivi, contribuendo significativamente a garantire la sua posizione di potere. Attraverso operazioni aeree mirate, unite al dispiegamento di truppe, la Russia è riuscita a riconquistare territori strategici ed a consolidare la propria influenza nella regione. Questo sostegno ha avuto un impatto diretto sul campo di battaglia, ed ha rafforzato la posizione della Russia come attore geopolitico di primo piano in Medio Oriente.

La Turchia, infine, ha cercato di perseguire i propri interessi nazionali, intervenendo militarmente per creare una zona cuscinetto lungo il suo confine e contrastare l’influenza dei gruppi curdi, considerati una minaccia per la sua sicurezza nazionale. Questa strategia ha implicato sia operazioni militari dirette che il supporto a diverse fazioni ribelli, ed ha contribuito a conferire alla situazione ulteriore complessità.

In sintesi, è agevole osservare che l’intervento internazionale ha trasformato la guerra civile siriana in un conflitto multidimensionale; non sorprende, che non sono stati solamente gli attori locali ma anche le potenze globali ad essere state interessate da una rete di alleanze ed antagonismi, complicando qualunque tentativo di risoluzione pacifica. La guerra ha comportato una vera e propria catastrofe umanitaria, che ha causato milioni di sfollati e di morti, e, al contempo, ha anche ridefinito gli equilibri di potere nella regione, con conseguenze a lungo termine.


Conseguenze a lungo termine

L’instabilità politica e sociale che affligge la Siria, unita alla catastrofica crisi dei profughi, continua ad influenzare sia il territorio siriano che i Paesi vicini come il Libano, la Giordania e la Turchia; si tratta di una situazione che ha creato enormi pressioni economiche e sociali. Tali Paesi, interessati da un crescente afflusso di rifugiati, devono affrontare sfide immense in termini di risorse, servizi pubblici e coesione sociale.

L’impatto del conflitto si estende anche all’Europa, dove la crisi migratoria ha sollevato dibattiti sulla politica dei confini, l’integrazione dei migranti e la sicurezza. In effetti, le tensioni sui flussi migratori hanno portato alcuni Stati membri dell’Unione Europea a rivedere le proprie politiche, con conseguenze per il clima politico interno, in cui sono sorti sentimenti populisti e nazionalistici.

A tale proposito, si nota l’importanza di considerare la figura di Bashar al-Assad non come un attore isolato, ma, al contrario, come parte di un complesso scenario geopolitico; il suo governo, sostenuto da alleati come la Russia e l’Iran, ha avuto avuto un ampio impatto sia sul destino della Siria che sulle dinamiche regionali e sull’equilibrio di potere internazionale. Le sue scelte politiche e militari hanno aggravato il conflitto ed alterato le relazioni tra gli Stati della regione, portando a nuove alleanze ed a conflitti latenti.


Considerazioni finali


L’eredità di Bashar al-Assad

Bashar al-Assad è una figura di primaria importanza, e, al contempo, estremamente controversa nel panorama politico contemporaneo; la sua leadership, che ha avuto inizio nel 2000, ha profondamente influenzato la Siria, ed il contesto geopolitico del Medio Oriente nel suo complesso. Sotto la sua guida, il Paese ha attraversato periodi di tensione e conflitto, culminati nella devastante guerra civile iniziata nel 2011.

Non sorprende, dunque, che le opinioni su Assad siano significativamente polarizzate, in quanto alcuni osservatori lo considerano un leader capace di mantenere il controllo e la stabilità in un momento di crisi protratta. I suoi sostenitori affermano, effettivamente, che la sua governance ha impedito la disintegrazione totale della nazione in un contesto segnato da estrema violenza e vuoto di potere, e ritengono che le sue politiche, seppur contestabili, hanno preservato una certa forma di ordine. La governance di Assad, in altre parole, avrebbe impedito l’emergere di gruppi estremisti, agendo come una forma garanzia della sicurezza nazionale.

Assad, tuttavia, viene frequentemente descritto come un dittatore il cui regime è responsabile di gravi violazioni dei diritti umani; le atrocità commesse dalle sue forze militari, come i numerosi e ripetuti attacchi contro i civili, i bombardamenti indiscriminati e l’uso di armi chimiche, hanno sollevato unanime reazioni di condanna da parte della comunità internazionale. Gli oppositori di Assad sottolineano che la sua ferrea repressione delle manifestazioni, unita alla mancanza di libertà politica hanno devastato il tessuto sociale e culturale della Siria, aggravando ulteriormente la crisi umanitaria nel Paese.


Riflessioni finali

Il caso di Bashar al-Assad rappresenta un monito cruciale rispetto all’importanza della responsabilità dei leader politici nella protezione dei diritti umani e nella promozione della democrazia; questo esempio mette in evidenza che i dirigenti politici devono riconoscere le loro responsabilità verso i cittadini, agendo in modo equo e giusto. In un contesto mondiale in cui l’autocrazia sta diventando una minaccia sempre più concreta e diffusa, è di vitale importanza trarre insegnamenti dalle esperienze di Paesi che hanno subito le conseguenze devastanti di regimi oppressivi.

Le sofferenze e le ingiustizie vissute dal popolo siriano sotto il regime di Assad ci obbligano a riflettere sul rischio di abusare il potere, e sulle misure che possono essere adottate per proteggere i diritti fondamentali di ciascun individuo. Attraverso un’analisi critica ed approfondita di figure come Assad possiamo ottenere una visione più chiara delle dinamiche di potere che caratterizzano i regimi autocratici, e, allo stesso tempo, comprendere le strategie adottate per mantenere il controllo e reprimere qualsiasi forma di dissenso.

Il caso in esame, in conclusione, ricorda il ruolo imprescindibile della comunità internazionale nel sostenere i diritti umani e la democrazia; la passività o l’indifferenza di fronte a tali abusi può avere conseguenze catastrofiche, sia per i Paesi direttamente interessati, che la società globale nel suo complesso. È di fondamentale importanza, dunque, che i leader mondiali, le organizzazioni internazionali ed i cittadini attivi rimangano vigili ed impegnati nella difesa dei principi democratici e dei diritti umani, affinché tragedie simili non si possano ripetere.


Letture Consigliate

  • Meloni, C., & Crippa, M. (2020). Torture di Stato in Siria: I procedimenti in corso in Germania per crimini internazionali commessi sotto il regime di Bashar al-Assad. SISTEMA PENALE, (7), 123-132.
  • Gaber, S. (2020). Political discourse of President Bashar Al-Assad after the Syrian revolution (analytical vision). Journal of Humanities and Applied Social Sciences3(4), 239-256.
  • Skvorc, C., & Drumhiller, N. K. (2022). Physician, then Political Dictator: Bashar al-Assad, President of the Syrian Arab Republic. Global Security & Intelligence Studies7(1), 49-72.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *