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Abstract

Sayed Ali Khamenei emerge come secondo ‘leader supremo’ (non Presidente) dell’Iran, all’indomani della morte di Khomeini, il leader indiscusso e controverso della Rivoluzione Islamica del 1979; scelto come successore alla Guida Suprema del Paese, Khamenei ha sviluppato un’ideologia che si basa sui concetti di rivoluzione e jihad. In questo modo, egli ha giustificato la soppressione delle libertà fondamentali e un apparato repressivo che inizia (forse) ad essere smantellato dal conflitto in corso con Israele.


Sayed Ali Khamenei emerges as the second ‘supreme leader’ (not President) of Iran, following the death of Khomeini, the undisputed and controversial leader of the 1979 Islamic Revolution; chosen as the successor to the Supreme Leader of the Country, Khamenei has developed an ideology based on the concepts of revolution and jihad. In this way, he has justified the suppression of fundamental freedoms and a repressive apparatus that is beginning (perhaps) to be dismantled by the ongoing conflict with Israel.


Introduzione – Un Timido Inizio

Nel 1989, quando muore Khomeini, il leader indiscusso della Rivoluzione Islamica del 1979, il suo successore viene scelto tra i ranghi del clero intermedio; Ali Khamenei, l’attuale e seconda ‘guida suprema’ dell’Iran non era affatto una scelta prevedibile. Da un punto di vista religioso, elemento fondamentale in una teocrazia, specialmente nella sua forma sciita, il nuovo leader non vantava particolari credenziali, e nemmeno un carisma eccezionale.

Khamenei è nato nel 1939 nella provincia di Khorasan, a Mashdad, quinto figlio di Javad Khamenei, un sapiente islamico considerato devoto, ma ordinario; la madre, Khadija Mirdamadi, era figlia di un sapiente, l’ayatollah Hashem Najafabadi Mirdamadi. La sua casa natale era modesta, e si trovava in un quartiere che potremmo definire ‘popolare’, un vecchio sobborgo in cui la futura guida suprema ha trascorso la sua infanzia e adolescenza.

Vista aerea dell’attuale Mashdad, città natale della seconda guida suprema dell’Iran

L’educazione di Khamenei si svolse presso la madrasa locale, ovvero la scuola religiosa, che frequentò dall’età di 4 anni; in seguito, egli apprese la teologia islamica presso il ‘seminario’ di Mashdad; il suo periodo più rilevante per la sua formazione, probabilmente, fu quello trascorso a Qom, dove soggiornò dal 1958 al 1964 per apprendere la teologia. Invece, dal 1964 fino al 1979 egli fece ritorno a Mashdad, da cui si distaccò solamente per predicare a Teheran, presso cui fu anche detenuto.

Khamenei fu anche esiliato in Balochistan, presso l’attuale confine con il Pakistan, a ragione della sua attività di politico dissidente rispetto allo Shah (re); in seguito, egli iniziò la sua attività di predicatore e ‘insegnante’ presso il seminario locale, e divenne imam presso la moschea Keramat. In effetti, il percorso educativo di Khamenei non è stato affatto convenzionale, ed egli sviuppò un interesse singolare per la poesia e la letteratura persiana. I suoi interessi si allargarono preso alla letteratura moderna, sia iraniana che straniera.


L’Importanza della Jihad nel Pensiero di Khamenei

Uno degli elementi centrali nel pensiero di Khamenei è stata la Jihad, che egli ha sempre ritenuta centrale per la Repubblica Islamica dell’Iran; il suo pensiero non appare particolarmente originale; il suo pensiero non si discosta molto da figure come Sayyid Qutb e Abdul Ala Maududi, che ispirarono personaggi come Osama bin Laden e Abu Bakr al Baghdadi.

Egli, tuttavia, ha dato un contributo significativo da un altro punto di vista, quello del diritto islamico, che configura un ramo politico-giurisprudenziale interamente dedicato al jihad; l’obiettivo, ovviamente, era e rimane quello di definire in senso positivo (giuridico) i doveri dei musulmani/cittadini rispetto allo Stato e alla Rivoluzione Islamica.

Pertanto, Khamenei deve essere considerato un degno erede del pensiero islamista, a cui ha aggiunto un contributo non marginale; si parla, per questa ragione, di ‘fiqh’ (diritto islamico) politico, che costituisce la base ideologica dello Stato iraniano sorto dalla Rivoluzione del 1979. Si tratta di un fondamento ideologico simile a quello offerto da Carl Schmitt alla Germania nazista; in entrambi i casi, in effetti, si nota la centralità della contrapposizione tra ‘amici’ e ‘nemici’, analogamente a quanto proposto dall’ideologia salafita del ‘al wala wal baraa’, ovvero della lealtà (verso gli amici/musulmani) e la slealtà verso i nemici (non musulmani e ‘falsi musulmani’).

L’ayatollah Ali Khamenei in una foto recente

Mediante questa ‘teologia politica’ esplicita (siamo ben oltre l’Islam politico), Khamenei ha legato la Jihad alla politica (e allo Stato), e viceversa; la lotta armata per motivazioni religiose, dunque, è diventato e rimane attualmente (in Iran) la base ideologica statale. Non sorprende, dunque, che si parli di ‘Rivoluzione’ ‘Islamica’, due concetti che sembrerebbero contrapposti; nella teologia ‘classica’ islamica, in effetti, il termine ‘rivoluzione’ è assente. La sua inclusione (e accettazione) da parte del mondo islamico (anche sunnita) indica un’evoluzione esplicita e non banale della teologia; del resto, una delle istituzioni più importanti è proprio il Corpo dell Guardie della Rivoluzione, i ‘Pasdaran’, i cui vertici sono stati decapitati nella guerra in corso con Israele.

Bandiera Cerimoniale dei Guardiani della Rivoluzione (Pasdaran)

La jihad viene concepita come l’assoluta necessità di implementare fedelmente gli ordini del leader supremo, che legittima qualsiasi azione e decisione dello Stato, e permette di superare eventuali ostacoli burocratici e/o legali. In altre parole, il leader supremo è la legge, sia religiosa che civile, e disobbedire significa tradire lo Stato e chi lo rappresenta; si tratta di una concezione simile a quella nord-coreana (basata su un concetto laico ovviamente), in cui il ‘leader supremo’ stabilisce e crea la legge, giudica e deroga a suo piacimento alle regole. I due regimi, quello iraniano e nord-coreano sono dunque molto più simili di quanto possa apparire a prima vista, e sono, di fatto, delle monarchie assolute, la prima religiosa, la seconda laica.


L’Ideologia della Repubblica Islamica

Il pan-islamismo iraniano deriva dalle idee di supremazia razziale, culturale e religiosa dell’Islam sciita (ma sono idee presenti anche nell’Islam sunnita); Ali Montazeri, che è stato il vice di Khomeini fino a pochi mesi prima che la Guida Suprema morisse nel 1989, qualificò l’Iran come ‘civiltà totalitaria’. Sebbene Montazeri sia stato considerato un eretico, egli ha espresso perfettamente il pensiero teologico e politico della Repubblica Islamica.

Non sorprende, dunque, che in tempi di crisi, come quelli attuali, la Guida Suprema usi in maniera intercambiabile i termini ‘rivoluzione’ e ‘jihad‘; ad un concetto islamico, il secondo, viene affiancato un’idea moderna, la prima, che è assente dal discorso teologico dell’Islam. La necessità di ‘difendere’ la Rivoluzione Islamica, che fonda lo Stato, viene ripetuta con una certa frequenza, anche in tempi di piace o comunque di relativa calma.

La nozione di jihad sviluppata dal regime iraniano, dunque, giustifica la necessità di una rivoluzione permanente, tipica dei regimi autoritari, anche laici; la sola differenza, in questo caso, risiede nella giustificazione data. Le motivazioni (pseudo) religiose, in effetti, costituiscono un potente strumento di propaganda. L’agenda della rivoluzione islamica, in altre parole, viene perseguita mediante qualunque mezzo necessario indicato dalla Guida Suprema del Paese; in questo modo, si è creato uno Stato islamista con caratteristiche particolari, che lo hanno reso resilienti negli ultimi 46 anni.


Difficoltà del Regime

Recentemente sono scoppiate rivolte legate che non erano legate ad abusi dei diritti umani (peraltro continuamente calpestati) ma a questioni economiche precise, ovvero i bassi salari e i prezzi elevati dei beni di prima necessità. Come accade in tutti i regimi autoritari, in effetti, anche in Iran esiste un tasso di corruzione elevatissimo, che si ripercuote sulla vita quotidiana della popolazione; del resto, Khamenei si era presentato al Paese come un ‘campione del popolo’, in perfetta retorica ‘di sinistra’.

Egli aveva affermato di voler difendere i diritti di coloro che sono meno privilegiati, i ‘mostazafan’, ‘oppressi’; invece, egli ha creato e alimentato un regime che ha drenato risorse, esponendo le classi meno abbienti a prezzi crescenti e salari stabili. La reazione di Khamenei a tali proteste è stata quella di ridefinire il concetto di ‘mostazafan’, interpretando il Corano e la teologia islamica in maniera innovativa; essi, nelle intenzioni della Guida Suprema, non sarebberono coloro che appartengono alle classi più basse della società, ma come i potenziali governanti della Terra e dei suoi possedimenti.

Egli ha dunque modificato parte dell’ideologia del regime per dare un inquadramento differente e funzionale alla ‘risoluzione’ della crisi in corso; Khamenei non si è dunque impegnato a ridurre la corruzione e aiutare concretamente chi era in difficoltà, ma ha proposto una visione ideologica che scoraggiava le proteste. La fedeltà al regime ed ai suoi valori fondanti, dunque, sarebbe la soluzione alle crisi e diventa uno strumento efficace per tenere sotto controllo le proteste popolari.

La ricetta proposta dal regime iraniano, poi, si basava sull’addossare le colpe della situazione economica ad un nemico esterno (altro tratto tipico delle dittature); si tratta, ovviamente, delle ‘potenze occidentali’, colpevoli di perseguire una presunta agenda anti-regime, o addirittura anti-islamica. Di conseguenza, coloro che protestavano sarebbero stati manipolati dalla ‘propaganda occidentale’, mentre i veri colpevoli (che ovviamente rimangono impuniti) della disastrosa situazione sono le autorità della Repubblica Islamica.

Del resto, Khamenei accusa l’Occidente dei peggiori crimini dal periodo precedente alla rivoluzione del 1979, e tale caratteristica appartiene all’arsenale ideologico degli ayatollah iraniani; l’attuale regime iraniano, le cui sorti sono sempre più incerte, ha consolidato nel corso del tempo degli strumenti per contrastare l’opposizione interna, di tipo sia ideologico che repressivo. In questo modo, coloro che protestano sono invitati a cessare le proteste, oppure a diventare dei criminali, rei di aver tradito lo Stato e la rivoluzione islamica.

Proteste a Teheran nel 2018

La repressione dei dissidenti, anche non politici, viene sempre politicizzata e viene giustificata proprio con una presunta minaccia allo Stato iraniano; in altre parole, la Guida Suprema è considerata infallibile, e non è possibile che esistano (ufficialmente) problemi economici o di altro tipo. Per questa ragione non sono consentite proteste o manifestazioni di alcun genere, e chi le mette in atto viene criminalizzato e represso da uno Stato assolutista.


L’Education di Khamenei

Il pensiero politico e religioso di Khamenei si è certamente sviluppato nel corso del tempo, ma gli elementi essenziali della sua visione dello Stato, che poi ha implementato nel suo ruolo di Guida Suprema, risalgono agli anni della sua (dis)educazione. Gli anni trascorsi a Mashdad lo hanno esposto a idee politiche e religiose controverse e estremiste; egli stesso ammise che la sua visione era stata influenzata dalle ‘menzogne degli Shah e dei Britannici’. In questo modo, egli intraprese una sorta di ‘resistenza’ culturale, un’altra idea mutuata dalla politica e dalle ideologie secolari, ma inesistente nel pensiero islamico fino al XX secolo.

Il suo pensiero è stato poi profondamente influenzato dalla visione della Fratellanza Musulmana, ed in particolare da Sayyid Qutb, di cui Khamenei ha tradotto alcune opere, come ‘Contro la Civiltà Occidentale’, e ‘Il Futuro è per l’Islam’. A questa impronta islamista si aggiunse quella marxista, che condizionò anche la sua interpretazione della teologia islamica; per questa ragione, Khamenei insegnò e insegna tuttora una sorta di ‘Islam marxista’, un’ideologia che ha assorbito (e sviluppato) nel corso degli anni trascorsi al seminario di Mashdad.

Si comprende dunque la sua insistenza sulla ‘rivoluzione’, la ‘resistenza’ e altri concetti e idee che dalle teorie secolari sono state incorporate nella sua interpretazione della teologia islamica; non sorprende, pertanto, che lo Stato da lui sviluppato abbia caratteristiche tipiche delle dittature laiche.

In base a questa peculiare visione del mondo, egli si oppose alle riforme volute dallo Shah, come quella sulle terre, la salute pubblica e l’emancipazione delle donne; si trattava di misure che vennero opposte in maniera ferma da Khamenei, che diventò uno dei maggiori oppositori alla monarchia. Da notare la duplice contraddizione insita nella sua visione, in quanto egli si oppone a misure che in seguito rivendicherà (come strumento propagandistico) per il regime da lui imposto, fatta eccezione per quelle sanitarie. Inoltre, alcune azioni, come la riforma delle terre e l’emancipazione delle donne erano rivendicate dal marxismo, ma non dall’ideologia da lui abbracciata.


Un Uomo Politico

Khamenei era e rimane un uomo politico, che, a partire dal 1989 continua l’opera iniziata da Khomeini e costruisce uno Stato basato completamente su alcune idee, come quella del martirio, della rivoluzione e della resistenza, nozioni controverse che derivano dagli anni della sua formazione presso la madrasa di Mashdad.

La sua ossessione per il controllo, in effetti, emerge già nel 1963, quando si oppone frontalmente alla decisione di dare alle donne il diritto di voto, che avrebbe, secondo Khamenei, comportato la decadenza dello Stato, analogamente a quanto avvenuto in ‘Occidente’.

L’implementazione della legge islamica configura una delle dittature più sanguinarie del secono dopoguerra, e da un’ideologia particolare che re-interpreta la dottina islamica ‘classica‘, allo scopo di asservirla agli ideali della rivoluzione islamica. Le immagini a lui attribuite di ‘attivista per i diritti’ nel periodo giovanile sono dunque totalmente infondate e ideologiche, e vengono proposte da ambienti filo-governativi e da sedicenti ‘editori’ che appaiono e scompaiono molto velocemente, anche in Occidente.


Conclusioni

Khamenei emerge come una figura autoritaria e tesa a preservare gli interessi (e i privilegi) del clero sciita a partire dagli anni che precedono la rivoluzione islamica del 1979; l’incontro tra ideologie islamiste e secolari (marxismo) hanno prodotto una visione del mondo che è stata implementata nella Repubblica Islamica dell’Iran. I risultati, evidentemente, sono chiari e indicano il fallimento di questa ideologia nel creare uno Stato funzionale che permetta il rispetto dei diritti fondamentali.


Letture Consigliate

  • Mehdi Khalaji (2023). The regent of Allah. Ali Khamenei’s Political Evolution in Iran. The Washington Institute for Near East Policy. Rowan & Littlefield.
  • Selvik, K. (2021). Ali Hosseini Khamenei: Routinizing revolution in Iran (born 1939). In Dictators and Autocrats. Routledge.
  • Athari, H., Valavinasab, A., & Najafzadeh, M. (2024). The Narrative of Governance in Ayatollah Khamenei’s Political Thought. Political Science27(1), 6-40.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.). Nel 2025 hai iniziato a colloborare con la testata online 'Rights Reporter', per la quale scrive articoli e analisi sull'Islam, la shariah e i diritti umani.

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