Abstract
Albertus Christiaan Kruyt emerge come figura pionieristica, che ha saputo anticipare (e superare) la politica etica, grazie al suo approcio innovativo, basato sulla combinazione tra missione religiosa e studio accademico; egli affermò che anche le religioni pagane contenevano un nucleo di verità. Una posizione del genere, evidentemente, era poco accetta dai teologi protestanti dell’inizio del Novecento; le sue idee sullo sviluppo, poi, vengono contrastate dalle autorità coloniali, e giudicate eccessivamente progressiste. La sua figura, dunque, è stata fonte di ispirazione per intere generazioni di missionari, politici e ricercatori, che si sono ispirati alla sua visione basata sul rispetto delle culture locali e su un approccio sostenibile in ambito sia culturale che religioso.
Albertus Christiaan Kruyt emerges as a pioneering figure who was able to anticipate (and surpass) ethical politics, thanks to his innovative approach, based on the combination of religious mission and academic study; he asserted that even pagan religions contained a kernel of truth. Such a position, evidently, was not well accepted by the Protestant theologians of the early twentieth century; his ideas on development were then opposed by colonial authorities and deemed excessively progressive. His figure, therefore, has been a source of inspiration for entire generations of missionaries, politicians, and researchers, who have drawn from his vision based on respect for local cultures and a sustainable approach in both cultural and religious contexts.
Introduzione – Trono e Altare
Dall’inizio del XX secolo tra le missioni protestanti e le autorità coloniali si era stabilita una relazione simbiotica, ma diventò problematica verso la seconda decade del secolo scorso; come noto, in seguito al Primo Conflitto Mondiale il governo della colonia si confrontava con il nascente movimento nazionalista. Allo stesso tempo, l’economia coloniale dipendeva in misura maggiore dalle risorse che potevano essere sfruttate nella parte orientale dell’arcipelago; in questa area, le missioni potevano contare su una presenza significativa.
In tale contesto, emerge l’etnologia, usata come strumento imprescindibile per lo sviluppo di politiche efficaci rispetto alla popolazione locale; da questo punto di vista, i missionari non si distinguono dagli agenti governativi. Del resto, il sostegno governativo alle missioni rifletteva la convinzione della necessità di costruire una società e un ordine protestante; si tratta di un’idea non certamente nuova, ma che era radicata nelle idee di Hugo Grotius, il cui pensiero verrà esaminato nel paragrafo successivo.
In questa epoca storica, si parlava di ‘debito di onore’, per riferirsi alla necessità di abbandonare definitivamente le pratiche coloniali del passato ed adottare un approccio etico, allo scopo di permettere alla popolazione indigena di svilupparsi. Si tratta della cosiddetta ‘politica etica’, di cui si è già discusso su questa rivista, che si sono tradotti in modesti miglioramenti per la popolazione indigena, specialmente in termini di istruzione, che forma una classe di indonesiani istruiti.
Allo stesso tempo, gli olandesi cercarono di intensificare il controllo sulla colonia, allo scopo di formare una società indigena che riflettesse i valori europei; in questo senso, si osserva che il sostegno alle missioni fu determinato anche da motivazioni pratiche, e non solamente ideali, che certamente erano presenti. La presenza di missionari olandesi, in altre parole, era ritenuta uno strumento per cercare di far adattare le popolazioni locali alla cultura europea; inoltre, la promozione del cristianesimo protestante aveva anche la funzione (non dichiarata ovviamente) di opporsi all’Islam ed alla sua influenza. L’Islam, in effetti, era considerato, ed era effettivamente, non solamente una religione, ma anche e soprattutto un’idea politica ed un’arma ideologica di opposizione al colonialismo ed agli interessi degli olandesi.
I missionari, in effetti, si percepivano non solamente come portatori di un messaggio religioso, ma anche come rappresentati della civiltà cristiana, un’idea che si spinge oltre i confini religiosi, ed abbraccia concetti culturali più ampi. Pertanto, la missione cristiana e quella imperiale presentavano importanti convergenze, anche se rimanevano due nozioni differenti; in pratica, servire la patria olandese e promuovere la Chiesa Riformata costituivano parti integranti di un progetto unitario, a cui la parte religiosa, da una parte, e quella civile/militare dall’altra fornivano il loro contributo particolare.
Il Pensiero di Hugo Grotius
Hugo Grotius (Huig de Groot) nacque nel 1583 in una famiglia patrizia che vantava ottime connessioni sociali a Delft, in Olanda, e morì nel 1645, tre anni prima che la Guerra dei Trent’anni si concludesse con la Pace di Westfalia. Grotius era considerato un protestante moderato, e la sua attività letteraria e filosofica non fu immediatamente apparente; al contrario, gli inizi della sua vita sono caratterizzati dalle ambizioni politiche.
Gli studi svolti presso l’Università di Leiden lo consacrarono come esperto in ambito filosofico, teologico e del diritto; la sua opera più celebre, in effetti, rimane ‘De Jure Belli ac Pacis‘ (1625), e ha posto le basi per il moderno diritto internazionale. Grotius propose alcuni principi, basati sul cosiddetto ‘diritto naturale’ per disciplinare e risolvere le tensioni che sorgevano tra le nazioni; la sua partecipazione attiva al dibattito religioso del suo tempo, inoltre, lo costrinsero all’esilio in Francia.
Oltre al menzionato De Jure Belli ac Pacis, del 1625, Grotius scrisse diverse opere, tra cui emergono il De Jure Praedae (c. 1612-3), che però venne pubblicato solamente nel 1868; a questo scritto si può aggiungere Mare Liberum, una sorta di difesa della libertà dei mari, risalente al 1609. Rispetto alla sua opera più celebre (De Jure Belli ac Pacis), si osserva, poi, che esso venne ripubblicato a più riprese nel corso dei secoli, a testimonianza della sua fama. Il tema centrale affrontato dall’autore è in effetti il diritto di guerra, in cui vengono posti alcuni principi da adottare nei conflitti bellici.
Sebbene Grotius può essere considerato un ‘protestante moderato’, egli ha dato un contributo significativo alla creazione di un ordine sociale basato sui valori protestanti; egli, in particolare, auspicava un eqiulibrio tra le autorità civili, da una parte, e quelle religiose, dall’altra. L’obiettivo era quello di forgiare una società armoniosa e stabile, e, in effetti, l’attrattiva della stabilità è stata, probabilmente, quella che ha determinato l’adozione della visione di Grotius nelle Indie Orientali (e nelle colonie olandesi in generale), che, per definizione, avevano problemi di stabilità sociale.
Grotius, in realtà, cerca di delineare una sorta di religione ‘universale’, basata su una serie di principi che potevano essere condivisi non solamente dalle altre denominazioni protestanti, ma anche dagli altri cristiani in generale. L’obiettivo, evidentemente, era quello di promuovere l’ordine sociale e la pace, evitando conflitti che potevano porre in pericolo la stabilità sociale; nel suo ‘De Veritate Religionis Christianae’, Grotius articola un concetto di religione moderata e razionale, che pone alla base dell’ordine sociale protestante.
Queste idee hanno significativamente influenzato l’approccio adottato nelle Indie Orientali e nelle altre colonie e possedimenti olandesi, e sono penetrate anche nel pensiero della moderna Indonesia; l’Unità nella Diversità, il motto ufficiale della moderna nazione, riflette bene la necessità di ricercare l’ordine e l’armonia, in base a principi condivisi che possono far superare le barriere e le differenze religiose ed etniche.
La Conferenza Missionaria Internazionale del 1910
La Conferenza Missionaria Internazionale che si era svolta nel 1910 ad Edimburgo aveva stabilito le linee guida per i missionari, definendoli agenti ausiliari del governo; i sacerdoti, dunque, dovevano portare a civiltà considerate arretrate i benefici della civiltà occidentale. L’evento in esame, del resto, ha unito protestanti di varie denominazioni, e, per questo motivo, la Conferenza Missionaria non può essere considerata settaria, ma espressione del sentimento occidentale dell’inizio del XX secolo. Tra i delegati, in effetti, si trovano chiese avventiste, battiste, metodiste, e, ovviamente, rappresentanti di diocesi cattoliche.
Per questa ragione, sembra interessante approfondire brevemente questo evento, iniziando dalle riflessioni sul ‘Consolato Missionario a Giava’,
There is a remarkable instance of co-operation in the Missionary Consulate in Java. In many cases the missionary bodies have been led to co-operate with oneanother in their representations to and relations withthe governments of the countries in which their work is done. This has already been referred to in the chaptertreating of ” Conferences’ and it is of great importance.The peculiar feature of the Java case is the special co- operation with the sole and distinct purpose of dealing with the Government. The Dutch Bible Society tookthe initiative of appointing a person who has the powerin Batavia to represent the missionary interest with theGovernment. All the Protestant Missionary Societies and Churches sending out missionaries have joined in this scheme and contributed to the expense.
C’è un notevole esempio di cooperazione nel Consolato Missionario a Giava. In molti casi, i corpi missionari sono stati portati a cooperare tra loro nelle loro rappresentazioni e relazioni con i governi dei paesi in cui svolgono il loro lavoro. Questo è già stato menzionato nel capitolo che tratta delle “Conferenze” ed è di grande importanza. La caratteristica peculiare del caso di Giava è la cooperazione speciale con l’unico e distinto scopo di trattare con il Governo. La Società Biblica Olandese ha preso l’iniziativa di nominare una persona che ha il potere a Batavia di rappresentare l’interesse missionario presso il Governo. Tutte le Società Missionarie Protestanti e le Chiese che inviano missionari hanno aderito a questo progetto e contribuito alle spese.
World Missionary Conference, 1910, Report of Commission VIII, CO-OPERATION AND THE
PROMOTION OF UNITY, ANDERSON & FERRIER, 1910, p. 80.

Si tratta di un evento epocale, che non ha solamente determinato l’apogeo delle missioni cristiane protestanti, ma ha anche segnato la nascita del movimento ecumenico; per la prima volta, cattolici e protestanti si riuniscono e si uniscono per raggiungere un obiettivo comune in un evento pubblico dal carattere internazionale. La Conferenza del 1910, in effetti, ha unito missionari protestanti del mondo intero, e, per questa ragione, essa è stata definita come un evento globale, in cui è emersa, per la prima volta, una ‘cristianità globale’; ai dibattiti, in effetti, hanno preso parte missionari europei, statunitensi, africani, coreani, cinesi, indiani e singalesi (Sri Lanka).
Albertus Christiaan Kruyt
Albertus Christiaan Kruyt (Albert Kruyt) venne inviato nelle Indie Orientali dalla Nederlandsche Zendelingengenootschap, la Società Missionaria dei Paesi Bassi; il missionario olandese fu inviato a Poso (Sulawesi), insieme alla moglie. A sollecitare l’invio di missionari erano state le autorità coloniali locali, desiderose di stabilire una stazione missionaria in questa località, sottolineando le ragioni politiche e gli imperativi morali a cui i cristiani dovevano ottemperare. Fino al suo arrivo poco o nulla si sapeva di Poso, situata in una area animista, e, in effetti, Kruyt è il primo uomo europeo a stabilirvisi nel 1891; tra il 1892 ed il 1932, il missionario ha fatto conoscere questa regione (Sulawesi Centrale) al mondo occidentale, grazie all’aiuto del traduttore della Bibbia, Nicholaus Adriani.

Kruyt, in effetti, unì l’attività missionaria a quella accademica, ed è noto per i suoi studi etnografici sull’animismo, che ha potuto effettuare durante la sua attività di missionario; da notare, poi, che in questa regione, gli olandesi non esercitavano una vera e propria autorità, che fu stabilita a 10 anni di distanza dall’arrivo del missionario olandese. Per questa ragione, i funzionari coloniale si rivolsero proprio a Kruyt per sviluppare le prime politche in questa regione; fino al 1913, in effetti, Kruyt rimase la vera autorità, grazie alle conoscenze accumulate e pubblicate nelle principali riviste accademiche olandesi.
La visione di Kruyt, tuttavia, entrò in conflitto con il programma di modernizzazione delle autorità olandesi, che avevano una visione di sviluppo locale più ristretta rispetto al missionario. Si accese dunque il dibattito su quanto costituiva propriamente ‘sviluppo’, e si discusse la fattibilità di questa politica, e la sua compatibilità con gli interessi coloniali; Kruyt, del resto, era un uomo dalla natura controversa. Le critiche al suo operato non si limitavano, evidentemente, al mondo missionario, ma si estendevano alla sfera politica, a ragione delle ripercussioni delle sue ricerche etnografiche.ruyt è stato definito un ‘missionario socialista’, in quanto egli non si limitava alla salvezza della anime, ma riteneva suo dovere migliorare le condizioni materiali in cui viveva la popolazione locale, considerata una condizione necessaria per il radicamento della fede cristiana. Il missionario credeva in una sorta di evoluzione spirituale, sulla scorta dei suoi studi accademici, e, per questa ragione, egli riteneva che anche nell’animismo fosse presente una ‘scintilla’ di spiritualità autentica, essenziale per il lavoro del missionario, chiamato a riconoscerla e svilupparla. Per queste ragioni, era necessario e imprescindibile un intervento esterno, che doveva stimolare e guidare il progresso spirituale dei ‘pagani’, e indirizzarli alla conoscenza del ‘vero Dio’.
L’approccio etnografico di Kruyt alle missioni, in effetti, venne riconosciuto e celebrato come un progresso efficace alla menzionata Conferenza di Edimburgo del 1910, e venne considerato come uno dei massimi teorici del suo tempo. Non tutti, nondimeno, accettavano la sua visione di una ‘scintilla primordiale’ nell’animismo, in quanto tale teoria implicava l’accettazione di una porzione di verità nelle religioni pagane, un concetto che all’inizio del XX era inacettabile dalla maggior parte dei teologi. La sua nozione di sviluppo, poi, non era accettata dai funzionari coloniali, che vedevano minacciati i loro interessi.
Conclusioni
L’analisi della figura di Albert Kruyt restituisce l’immagine di un missionario cristiano che ha sviluppato un notevole interesse per la cultura locale dell’area in cui è stato inviato; egli, effettivamente, non si limita a convertire e battezzare le popolazioni pagane, ma elabora un approccio innovativo alla missione cristiana. Quest’ultimo, deriva dai suoi studi etnografici, che lo configurano come un esponente del mondo accademico olandese, e che lo hanno fatto entrare in conflitto sia con i teologi protestanti che con le autorità coloniali.
Pertanto, non è possibile dubitare dell’autenticità del suo lavoro e dei suoi sforzi, con cui ha cercato di migliorare anche le condizioni di vita della popolazione del Sulawesi centrale, anticipando di circa un decennio la politica etica che verrà inaugurata nel 1900. Si tratta dunque di una figura attuale, che ha ispirato generazioni di missionari e di ricercatori che si interessano alle interazioni tra la religione, la cultura e lo sviluppo sociale. Kruyt è stato un pioniere, ed ha indicato un nuovo modello da seguire, mediante un approccio basato sulla combinazione tra missione e ricerca etnografica; l’accento da lui posto sul rispetto della comprensione e accettazione delle culture locali lo configurano come un anticipatore delle idee di autenticità e sostenibilità delle missioni cristiane.
Letture Consigliate
- Joost Coté (2010). Missionary Albert Kruyt and Colonial Modernity in the Dutch East Indies. Itinerario, XXXIV(3), 11-24.
- Juwono, H. (2024). Political or Religious Policy? Indigenous Christian Education in the Dutch East Indies Era. Journal Didaskalia, 7(2), 61-73.
- Joustra, M. (1990). A” Modern” Missionary. The Early Years of a Dutch Colonial Mission: The Karo Field, 157.
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