mubarak
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Abstract

Il regime di Hosni Mubarak ha dominato l’Egitto per quasi tre decenni con politiche oppressive, limitando le libertà civili e mantenendo un controllo rigoroso sui media. Mubarak ha creato un contesto di sfide economiche significative, unite ad una crescente insoddisfazione popolare culminata nella sua caduta nel 2011 durante la Primavera Araba. Le proteste di massa in Piazza Tahrir hanno simbolizzato la lotta per la libertà e la giustizia, ispirando movimenti simili in altri Paesi arabi. La fine del regime ha portato ad un periodo di transizione complesso, caratterizzato da divisioni politiche interne e un ritorno di forze conservative.


Introduzione

Il regime di Hosni Mubarak in Egitto, che ha governato il paese per quasi tre decenni, rappresenta uno degli esempi più significativi di autoritarismo nel mondo arabo contemporaneo. Questo lungo periodo di dominio è stato caratterizzato da una serie di politiche oppressive che hanno limitato le libertà civili, represso l’opposizione politica e mantenuto un rigoroso controllo sui mezzi di comunicazione. La figura di Mubarak è emersa nel contesto di un Paese che, sebbene avesse una storia ricca e un’importante influenza nel mondo arabo, era gravato da sfide economiche significative e da una crescente insoddisfazione popolare.

La sua caduta nel febbraio 2011, avvenuta nel contesto della Primavera Araba, non ha rappresentato solo la fine dell’era di Mubarak, ma ha anche innescato una serie di eventi che hanno profondamente trasformato il panorama politico e sociale dell’Egitto e di tutta la regione. Le manifestazioni di massa in Piazza Tahrir, che hanno visto la partecipazione di milioni di egiziani di diverse età e provenienze, sono diventate un simbolo della ricerca di libertà e giustizia, ispirando movimenti simili in altri Paesi arabi. Questo saggio si propone di analizzare la natura del regime di Mubarak, evidenziando la sua gestione del potere e le politiche che hanno contribuito al malcontento popolare.

Inoltre, sarà fondamentale esplorare le molteplici cause che hanno portato alla caduta di Mubarak. Queste includono, evidentemente, non solo le gravi problematiche economiche e la disoccupazione, ma anche il crescente desiderio di democrazia e diritti umani da parte della popolazione, le ingiustizie sociali, la corruzione endemica e le disuguaglianze, che hanno ulteriormente alimentato la rabbia ed il risentimento nei confronti del regime.

Le conseguenze della scomparsa di Mubarak saranno esaminate nel dettaglio, con particolare attenzione alle ripercussioni politiche, sociali ed economiche. La transizione ad un governo democratico si è rivelata complessa e incorporante numerose sfide, tra cui le divisioni politiche interne, il ruolo dell’esercito e il ritorno al potere di forze conservative che hanno cercato di mantenere il controllo. Infine, si analizzerà l’effetto domino che la caduta di Mubarak ha avuto sulla regione, influenzando altri movimenti di protesta e le dinamiche geopolitiche in tutto il mondo arabo.

In conclusione, questo saggio non solo ricostruirà le specifiche circostanze legate alla caduta del regime di Mubarak, ma offrirà anche un’analisi più ampia delle sfide avvenute nella ricerca di una democrazia duratura e sostenibile in Egitto e nel mondo arabo, sottolineando come questo importante capitolo della storia abbia ancora delle ripercussioni nel contesto politico attuale.


Hosni Mubarak: il dominatore dell’Egitto

Hosni Mubarak è una figura centrale nella storia contemporanea dell’Egitto e del Medio Oriente. Nato il 4 maggio 1928 a Kafr El-Meselha, un piccolo villaggio nel nord dell’Egitto, Mubarak ha attraversato un percorso di vita che lo ha portato a ricoprire il ruolo di Presidente per quasi 30 anni, fino alla sua deposizione nel 2011. La sua carriera politica è stata segnata da una combinazione di stabilità, autoritarismo ed una complessa relazione con le potenze occidentali.

Mubarak proveniva da una famiglia modesta e, dopo aver completato gli studi, entrò nell’Accademia militare egiziana, dove si distinse per le sue capacità. Durante gli anni ’50, si unì all’aviazione militare e partecipò alla Guerra del 1973 contro Israele. La sua carriera militare lo portò a ricoprire incarichi di crescente responsabilità, culminando nel ruolo di Comandante dell’aviazione militare e successivamente nel Ministero della Difesa.

Dopo l’assassinio del presidente Anwar Sadat nel 1981, Mubarak fu scelto come successore. Inizialmente, il suo governo si presentava come una continuazione della politica di Sadat, ma nel corso degli anni, Mubarak adottò modalità sempre più autoritarie per mantenere il controllo della nazione. La sua amministrazione si distinse per la repressione del dissenso politico, l’emanazione di leggi restrittive e il rafforzamento dello stato di polizia.

Sotto Mubarak, l’Egitto si avviò verso politiche economiche di liberalizzazione che, sebbene abbiano portato ad una certa crescita, hanno anche aumentato le disuguaglianze sociali. Le riforme favorirono una classe imprenditoriale ristretta, ma gran parte della popolazione rimase in serie difficoltà economiche. Sul fronte internazionale, Mubarak mantenne legami stretti con gli Stati Uniti d’America, diventando un alleato strategico nella lotta contro il terrorismo e nel processo di pace israelo-palestinese.

La situazione economica, unite alle crescenti tensioni sociali culminarono nel 2011, quando le proteste di massa, ispirate dalla Primavera Araba, scossero il Paese. Le domande di libertà, giustizia sociale e fine del regime autoritario si diffusero rapidamente. Nonostante i tentativi iniziali di Mubarak di placare le manifestazioni con promesse di riforme, l’11 febbraio 2011, dopo settimane di proteste, si dimise, mettendo fine a quasi tre decenni di governo.

Dopo la sua deposizione, Mubarak affrontò processi per corruzione e complicità nella violenza contro i manifestanti. Nel 2012, fu condannato all’ergastolo in un processo che attirò l’attenzione internazionale. Tuttavia, nel 2014, una corte d’appello annullò la sua condanna e gli permise di uscire di prigione. Mubarak morì il 25 febbraio 2020, ma la sua eredità e l’impatto del suo governo continuano ad influenzare la politica e la società egiziana.


Il Regime di Mubarak


Contesto Storico

Hosni Mubarak salì al potere nel 1981, in seguito all’assassinio del suo predecessore, Anwar Sadat, un evento che sconvolse profondamente la scena politica egiziana e regionale. La sua ascesa al potere fu inizialmente caratterizzata da un ampio consenso, con il sostegno di importanti attori internazionali, in particolare degli Stati Uniti, che vedevano in Mubarak un alleato strategico nella stabilità del Medio Oriente. Inoltre, vari settori della società egiziana, dalla classe media agli imprenditori, appoggiarono la sua leadership, sperando in un periodo di prosperità e sviluppo.

Durante i primi anni del suo governo, Mubarak adottò una politica di stabilità economica che puntava a mantenere l’ordine ed a promuovere la crescita economica. La sua strategia includeva alcune liberizzazioni parziali dell’economia, con l’intento di attrarre investimenti stranieri e stimolare l’imprenditoria locale. Tuttavia, nonostante queste misure, il governo di Mubarak non implementò riforme significative volte a garantire una redistribuzione equa della ricchezza. Questo portò ad un incremento del divario socio-economico tra le classi più abbienti e le fasce più vulnerabili della popolazione.

Nel corso del tempo, il crescente malcontento tra la popolazione divenne sempre più evidente, con manifestazioni di protesta che esprimevano frustrazione per la disoccupazione, l’inflazione e la mancanza di opportunità. Le disuguaglianze sociali e la corruzione endemica alimentavano un senso di ingiustizia diffuso. Nonostante ciò, Mubarak riuscì a mantenere il potere per oltre tre decenni, grazie all’uso di misure repressive contro l’opposizione politica e alla manipolazione del sistema elettorale, creando un ambiente di instabilità latente che sarebbe esploso negli eventi della Primavera Araba nel 2011.


Caratteristiche del Regime

Il regime di Hosni Mubarak si caratterizzò per una forte e sistematica repressione del dissenso politico. L’Organizzazione per la Sicurezza Nazionale, insieme alle forze di polizia, esercitava un controllo rigoroso e incessante sulle attività politiche e sociali dei cittadini, monitorando ogni forma di opposizione o di dissenso. Le libertà civili, fondamentali per una società democratica, erano notevolmente limitate, e la libertà di espressione, di stampa e di associazione erano quasi del tutto compromesse, creando un clima di paura e intimidazione.

Le elezioni, sebbene indette periodicamente, non rappresentavano un vero confronto democratico, ma erano ampiamente e sistematicamente manipolate per garantire la permanenza al potere del regime. Le possibilità di voto libero e giusto venivano soffocate attraverso pratiche come l’imbroglio elettorale, intimidazioni e la repressione di candidati di opposizione. In questo contesto polemico e autoritario, si sviluppò una sfiducia profonda e radicata nei confronti delle istituzioni politiche da parte della popolazione.

Questo disincanto non si limitava solo ai risultati elettorali, ma si estendeva anche alla percezione dell’intero sistema politico, percepito come corrotto e lontano dalle reali esigenze e desideri dei cittadini. La mancanza di trasparenza nelle decisioni politiche e l’assenza di canali di partecipazione reale contribuirono ulteriormente ad alimentare il malcontento diffuso, creando un ambiente fertile per il sorgere di movimenti di protesta e richieste di riforme significative. Da queste frustrazioni nacque, infine, una spinta per il cambiamento, culminando nelle proteste della primavera araba del 2011, che richiesero a gran voce libertà e dignità.


L’Economia Egiziana sotto Mubarak

L’economia egiziana ha attraversato diversi periodi di crescita nel corso degli ultimi decenni, soprattutto a partire dalla liberalizzazione economica che ha avuto luogo all’inizio degli anni 2000. Questo processo ha giocato un ruolo cruciale nel favorire l’afflusso di investimenti stranieri nel Paese, aprendo nuovi settori all’imprenditoria ed agli investimenti esteri. Tuttavia, nonostante i segnali positivi emersi da questi sviluppi, la crescita economica ottenuta non si è tradotta in miglioramenti tangibili per la popolazione egiziana nel suo complesso.

In effetti, le disuguaglianze sociali ed economiche hanno conosciuto un’impressionante espansione, con una crescente disparità tra le varie fasce della popolazione. Mentre i settori più privilegiati della società hanno potuto beneficiare delle nuove opportunità create dagli investimenti, molte famiglie egiziane si sono trovate a far fronte a condizioni di vita sempre più difficili. Di conseguenza, la percentuale di popolazione che viveva sotto la soglia di povertà ha registrato un incremento allarmante, evidenziando l’incapacità delle politiche economiche di garantire benessere e dignità a tutti i cittadini.

In aggiunta, uno dei problemi più preoccupanti è rappresentato dalla disoccupazione giovanile, diventata un fenomeno dilagante nei contesti sia urbani che rurali. I giovani, forti di un’istruzione spesso elevata, si trovavano ad affrontare una mancanza di opportunità lavorative adeguate alle loro qualifiche ed aspirazioni, alimentando un senso di frustrazione e impotenza. Le riforme economiche intraprese dal governo hanno generalmente trascurato la necessità di implementare politiche sociali adeguate che potessero mitigare questi problemi, lasciando i settori più vulnerabili dell’intera società senza un adeguato supporto.

L’assenza di un piano organico per affrontare le disuguaglianze e migliorare le condizioni di vita ha creato un clima di malcontento e di crescente insoddisfazione tra la popolazione. La percezione diffusa di ingiustizia sociale e mancanza di opportunità ha portato a manifestazioni e proteste, riflettendo il desiderio di un cambiamento reale e della richiesta di un’economia più giusta ed inclusiva. In sintesi, sebbene l’economia egiziana abbia mostrato segni di crescita, le sfide sociali ed economiche persistenti continuano a mettere in discussione la sostenibilità e l’equità di questo sviluppo.


La Caduta di Mubarak

Dopo settimane di manifestazioni e di crescenti violenze, l’11 febbraio 2011, il presidente egiziano Hosni Mubarak ha annunciato in un discorso televisivo la sua decisione di dimettersi. In questo importante annuncio, egli ha comunicato che avrebbe trasferito i poteri al Consiglio Supremo delle Forze Armate, un passo che segnava una rottura definitiva con un regime che aveva dominato il Paese per quasi trent’anni. La notizia della sua deposizione ha immediatamente scatenato festeggiamenti in tutto il Paese, da Piazza Tahrir al Cairo alle strade delle altre città egiziane, dove migliaia di persone sono scese in piazza per celebrare quella che era diventata una vera e propria rivoluzione popolare.

Questo momento ha rappresentato una conquista simbolica per la popolazione egiziana, che aveva lottato instancabilmente per la libertà e la democrazia, sfidando non solo la polizia ed i militari, ma anche un sistema di potere ben radicato che aveva soffocato le aspirazioni democratiche per decenni. La partenza di Mubarak è stata percepita non solo come una vittoria per i manifestanti, ma anche come un segnale di speranza per altri Paesi della regione, dando slancio ai movimenti di protesta in altri Stati del Medio Oriente e del Nord Africa.

Le manifestazioni erano iniziate diversi settimane prima, ispirate da una serie di eventi che avevano scosso il mondo arabo, ma avevano rapidamente guadagnato una forza ed una visibilità uniche. Le richieste dei manifestanti spaziavano dalla lotta contro la corruzione alla richiesta di libertà di espressione, da migliori condizioni economiche ad una maggiore partecipazione politica. L’atmosfera di paura che aveva caratterizzato il regime di Mubarak stava lentamente svanendo, ed i cittadini cominciavano a reclamare i loro diritti fondamentali.

La caduta di Mubarak rappresenta, dunque, un momento cruciale nella storia dell’Egitto, un simbolo di un desiderio collettivo di cambiamento e di rinnovamento. Le sue dimissioni hanno effettivamente aperto un nuovo capitolo e pieno di incognite nella lotta del popolo egiziano per una vera democrazia.


Reazioni Internazionali

Dopo la caduta di Mubarak, la comunità internazionale non ha tardato a reagire, mostrando un vivace interesse per gli sviluppi in Egitto e per le conseguenze che questi avrebbero potuto avere non solo nel Paese nordafricano, ma anche nell’intero panorama politico mediorientale. La transizione politica egiziana ha attirato l’attenzione di governi, organizzazioni internazionali ed osservatori politici, che hanno espresso sia preoccupazione che speranza per il futuro della democrazia in Egitto.

Le prime reazioni sono state caratterizzate da congratulazioni per il popolo egiziano, che si era mobilitato con grande determinazione per ottenere maggiori libertà e diritti civili. Molti leaders mondiali hanno elogiato le manifestazioni pacifiche ed il desiderio di cambiamento, sottolineando l’importanza dei diritti umani e della democrazia nel contesto della politica globale. Alcuni governi hanno offerto assistenza e supporto per facilitare il processo di transizione, mentre altri hanno invitato ad un esercizio prudente della libertà, temendo il possibile insorgere di conflitti interni.

Tuttavia, non sono mancate anche le voci critiche. Alcuni attori internazionali hanno messo in guardia riguardo alla fragilità della situazione e ai rischi di instabilità. Si è dibattuto ampiamente sul ruolo delle forze militari, che avevano preso il potere dopo la caduta di Mubarak, e sul potenziale impatto di gruppi estremisti e radicali che avrebbero potuto avvantaggiarsi del vuoto di potere. Inoltre, le questioni economiche sono emerse rapidamente come un fattore cruciale, con il rischio che la crisi economica potesse complicare ulteriormente la transizione politica.

Le reazioni delle organizzazioni internazionali, come l’Unione Europea e le Nazioni Unite, sono state orientate verso la promozione di un dialogo inclusivo tra le varie fazioni politiche egiziane, enfatizzando la necessità di elezioni libere e giuste. Il futuro dell’Egitto era visto come un test cruciale per la stabilità della regione, e la comunità internazionale ha quindi intensificato le sue osservazioni ed il suo coinvolgimento per garantire che gli sviluppi avvenissero nel rispetto dei principi democratici e dei diritti umani.

Di fronte a questa situazione complessa e dinamica, le reazioni internazionali si sono evolute nel tempo, riflettendo i cambiamenti nelle condizioni politiche e sociali in Egitto. Mentre alcuni Paesi continuavano a sostenere il processo di democratizzazione, altri rimanevano scettici, preoccupati per i rischi associati ad una transizione incerta e potenzialmente tumultuosa. In questo contesto, l’attenzione della comunità internazionale è rimasta focalizzata sull’Egitto, cercando di trovare un equilibrio tra supporto e cautela.


Le Lezioni Apprese

La fine del regime di Mubarak e la successiva evoluzione politica in Egitto offrono alcune lezioni importanti che meritano un’analisi più approfondita. In primo luogo, emerge con chiarezza l’importanza della coesione sociale e politica come fondamento per una transizione democratica sostenibile. In un contesto dove le divisioni tra i vari gruppi politici erano significative, il processo di democratizzazione ha subito notevoli ostacoli. Queste fratture interne hanno spesso ostacolato la formazione di alleanze solide e coese, creando un terreno fertile per la reiterazione della reazione autoritaria. Queste divisioni hanno dunque creato serie difficoltà nell’affrontare le sfide politiche e sociali in modo unitario, con il rischio costante di ulteriori frammentazioni del panorama politico.

In secondo luogo, un altro insegnamento cruciale riguarda la necessità che le aspirazioni democratiche siano accompagnate da un piano economico coerente e ben articolato, capace di rispondere concretamente ai bisogni della popolazione. Senza un adeguato supporto economico, le aspettative di cambiamento possono rapidamente trasformarsi in disillusioni, alimentando frustrazioni che possono minare la stabilità sociale. La mancanza di opportunità economiche e di sviluppo ha spesso portato ad un aumento delle tensioni sociali, rendendo difficile per i nuovi governi legittimarsi agli occhi dei cittadini. È quindi fondamentale che le riforme politiche non siano isolate dal contesto socio-economico e che vengano attuate in sinergia per garantire non solo la libertà politica, ma anche il benessere materiale della popolazione.

In sintesi, la transizione democratica in Egitto ha dimostrato che per essere duratura, deve basarsi su una solida coesione interna e su strategie economiche inclusive, affinché possa evitare il ripetersi di cicli di instabilità e frustrazione sociale. Le difficoltà incontrate nel post-Mubarak ci avvertono dell’importanza di perseguire un approccio integrato che abbini la democratizzazione ad una crescita economica equa e sostenibile.


Letture Consigliate

  • Joya, A. (2020). The roots of revolt: a political economy of Egypt from Nasser to Mubarak. Cambridge University Press.
  • Al-Anani, K. (2022). Role of Religion in the Public Domain in Egypt After the January 25 Revolution. Arab Center for Research & Policy Studies..
  • Soliman, S. (2020). The autumn of dictatorship: Fiscal crisis and political change in Egypt under Mubarak. Stanford University Press.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.)

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