Abstract
Ad Aceh, le minoranze religiose non godono di un’effettiva protezione, nonostante la garanzia formale data dalla legislazione acehnese; al contrario, le autorità sunnite cercano costantemente e sistematicamente di assimilare le minoranze alle norme della maggioranza sunnita. In altre parole, cristiani e buddisti, cittadini di seconda classe, devono affrontare abusi sistematici e generalizzati, che li escludono dalla vita sociale e politica di Aceh.
In Aceh, religious minorities do not enjoy effective protection, despite the formal guarantee provided by Acehnese legislation; on the contrary, Sunni authorities constantly and systematically seek to assimilate minorities to the norms of the Sunni majority. In other words, Christians and Buddhists, second-class citizens, must face systematic and widespread abuses that exclude them from the social and political life of Aceh.
Introduzione – Ambiguità Normativa
La legge islamica, come previsto dalla legge fondamentale di Aceh (Undang-Undang Pemerintahan Aceh), dovrebbe essere applicabile solamente ai musulmani; ciò nonostante, il secondo comma dell’articolo 126 richiede a tutti di rispettare l’applicazione della shariah. L’articolo successivo accorda formalmente la libertà di praticare la propria religione, e sancisce l’obiettivo di ricercare l’armonia tra le fedi religiose presenti sul suo territorio.
Il Qanun n. 5 del 2000, ancora, pone l’accento sul riconoscimento delle religioni differenti da quella islamica, nonché sulla libertà di professarle in accordo con i propri principi religiosi; tuttavia, la realtà appare distante dal dettato legislativo, a ragione delle tensioni e degli incidenti che si verificano in questa provincia. Il problema principale consiste nell’eccessiva vaghezza di molte norme, iniziando con il menzionato articolo 126; non è affatto chiaro in cosa consista il ‘rispetto della shariah’, imposto a tutti coloro che vivono o risiedono (anche temporaneamente) nel territorio provinciale.
Questa norma, in effetti, non si rivolge ai musulmani, ma a chiunque viva o si trovi nella provincia di Aceh, e risulta alquanto vaga; il rispetto chiesto potrebbe limitarsi ad un semplice riconoscimento dello statuto islamico di Aceh, ma potrebbe anche tradursi nell’impossibilità di contestare la particolare applicazione della shariah imposto dal governatore.
L’ambiguità normativa, del resto, appare una caratteristica costante della legislazione acehnese, grazie a definizioni ed espressioni che possono liberamente interpretate dal legislatore per imporre la sua visione sociale e morale anche a coloro che non sono musulmani o che si trovano ad Aceh in maniera temporanea. Si tratta di un problema rilevante, quello della vaghezza normativa, presente anche in altri ordinamenti, ma che ad Aceh assume una dimensione e una portata eccezionale; la voluta ambiguità di norme fondamentali, come quelle che dovrebbero tutelare una libertà fondamentale, viene usata come strumento di controllo e manipolazione sociale.
Islam come Norma Giuridica e Sociale
Ad Aceh le norme islamiche sono (o tendono ad essere) implementate in tutti gli aspetti della vita, sia nelle campagne che nei centri urbani; non sorprende, dunque, che questa provincia sia percepita come un luogo in cui la religione maggioritaria svolge un ruolo reale e primario a livello sociale, prima ancora che legale.
Il 98% degli oltre 4 milioni di persone della provincia di Aceh si riconosce musulmano sunnita, e cerca di portare avanti tradizioni e principi che hanno un ruolo primario nella vita quotidiana; per questa ragione, non è possiblie negare l’impostazione religiosa di quest’area, la cui vita ruota (o sembra ruotare intorno) ai riti e ai valori dell’Islam sunnita. Pertanto, non sorprende che la shariah sia stata progressivamente istituzionalizzata, diventando la base delle istituzioni provinciali e del contratto sociale; gli stessi ulama hanno un ruolo istituzionale e sociale imprescindibile, che conferma il carattere particolare di Aceh, che gli deriva anche dalla sua storia particolare.
L’armonia che il governo provinciale persegue non si basa sull’eguaglianza dei diritti, ma su una relazione subordinata tra coloro che appartengono all’Islam sunnita, con pieni diritti, e coloro che professano altre religioni, a cui viene imposta una seria limitazione dei loro diritti fondamentali. Di conseguenza, alcuni studi hanno rilevato una relazione tra la maggioranza sunnita e le minoranze simile a quella che esiste tra un padrone di casa e i suoi ospiti. Anche se l’ospite può essere generoso, è sempre lui a determinare le regole e decidere lo spazio e i diritti da accordare ai suoi ospiti; questo meccanismo descrive perfettamente quanto accade in Aceh, chiamato ‘armonia’ dalle autorità.
Per queste ragioni, la coesistenza tra diverse fedi è forzata, e ben lontana da una reale armonia e integrazione di visioni differenti in seno ad una società pluralista; i cristiani che vivono ad Aceh hanno una scelta molto limitata, e l’adozione di un profilo cauto diventa necessario per sopravvivere in un ambiente oggettivamente a loro ostile. Di conseguenza, le affermazioni che vorrebbero dipingere una società senza particolari problemi rispetto alle relazioni tra fedi religiose devono essere sottoposte ad una lente critica, e riconosciute come la dichiarazione di una necessità, piuttosto che di una situazione desiderata e/o desiderabile.
Vigilantes e Polizia Religiosa
Le norme di Aceh rendono chiaro che nessun cittadino dovrebbe pretendere di applicare sanzioni a persone sospettate di aver violato la legge islamica; ciò nonostante, il fenomeno del vigilantismo è evidente, e riconosciuto (nonché largamente tollerato) dalle autorità. Nel mese di aprile del 2024 si è verificato un incidente legato a questo fenomeno, anche se formalmente condannato dalle autorità e dai sapienti islamici.
Una coppia non sposata, sospettata di aver avuto rapporti sessuali, è stata punita da un gruppo di acehnesi con una sanzione particolarmente degradante; alla donna è stato riversato del liquame proveniente dalle fognature, mentre l’uomo ha provveduto da sé, su pressione dei vigilantes. La notizia è stata puntualmente riportata dai media indonesiani,
A widely circulated video of the incident, which was also posted on the Instagram account of the local religious police, shows a resident dumping buckets of what police later said was sewer water on the woman, who the locals had forcibly taken captive.
Un video ampiamente diffuso dell’incidente, che è stato anche pubblicato sull’account Instagram della polizia religiosa locale, mostra un residente che versa secchi di quella che la polizia ha successivamente detto essere acqua di fogna sulla donna, che i locali avevano preso in ostaggio con la forza.
(Hasan, N., Some Aceh clerics slam locals who ‘bathed’ alleged Sharia violators in sewer water, 17 aprile 2024)
In questo caso, ma non solo evidentemente, alcune persone, senza essere state investite di alcuna autorità, hanno detenuto, giudicato colpevole e punito persone sospettate di aver commesso un ‘reato’ contro la religione. Lo stesso concetto di reato in ambito religioso risulta decisamente inusuale, ma quanto accaduto viene aggravato dal fatto che questo genere di condotte non costituisce l’eccezione, ma l’ordinarietà, che la polizia e le autorità non cercano di contrastare. Ci si limita, invece, a dichiarazioni di principio, poco convincenti, che apparentemente condannano queste condotte ma che in pratica le assolvono.
Il vigilantismo, del resto, sembra essere presente nella società indonesiana in generale, e rappresenta il tentativo di gruppi di musulmani di imporre, di fatto, la legge islamica, anche in aree che sono rette da un ordinamento secolare. Nel caso di Aceh, poi, tale fenomeno sembra assumere una dimensione nuova e di maggiore portata, e si inserisce in uno scenario, sia giuridico che sociale, che riconosce alla shariah un ruolo normativo, da applicare in maniera arbitraria.
Apparentemente, questa pratica non sembra destare allarme o preoccupazione per le autorità, che non hanno punito i colpevoli di questo raid, ma hanno tollerato questa azione, legittimando altre persone ad adottare condotte simili. Si configura, dunque, una delega implicita da parte delle autorità, che lasciano a privati cittadini il compito di detenere, giudicare e sanzionare persone sospettate di aver commesso una violazione della shariah.
Questa sembra dunque essere l’armonia incoraggiata dalle autorità, basata su un’applicazione arbitraria della shariah, che crea ingiustizie sociali e non alimenta certamente il pluralismo e una reale convivenza tra fedi religiose. Al contrario, si crea un clima basato sul sospetto, in cui ogni musulmano può decidere le modalità con cui applicare la legge islamica, protetto dal silenzio e dal tacito assenso delle autorità; si tratta di una situazione che danneggia gli stessi musulmani, e che si aggrava ulteriormente per le minoranze.
Segregazione Religiosa
La società di Aceh è teatro di una vera e propria segregazione religiosa, che deriva dalla differenza dello status tra la maggioranza sunnita e l’esigua ma rilevante minoranza cristiana e buddista; anche se non si tratta di una norma positiva, i musulmani tendono a mantenere le distanze, anche da un punto di vista fisico, rispetto a coloro che professano un’altra religione.
Si tratta di un atteggiamento esplicito, rinforzato anche dal riufiuto di far giocare insieme bambini che appartengono a famiglie di fedi differenti; pertanto, i bambini musulmani vengono incoraggiati da subito ad adottare condotte che esprimono stigma nei confronti di coloro che non seguono la religione maggioritaria. Tali condotte vengono reiterate e rinforzate anche da adulti, creando una sorta di apartheid religiosa, percepita come tollerabile anche da coloro che sono vittime di questo sistema sociale; anche le moschee, normalmente aperte a tutti, ad Aceh sono spesso chiuse ai non musulmani, in base a interpretazioni particolarmente restrittive dei testi religiosi.
Per queste ragioni, coloro che sostengono l’esistenza di relazioni armoniose tra gruppi religiosi non sono consapevoli delle reali problematiche, percepite come meccanismi legittimi e socialmente accettabili, anche dai non musulmani che subiscono questo clima di costante intimidazione culturale e religiosa.
Il Trattamento delle Minoranze
Le minoranze di Aceh spesso si percepiscono come ospiti, nel contesto della ‘terra della sharia’, e convivono con i padroni, la maggioranza islamica sunnita; è proprio quest’ultima, del resto, ad aver impostato questo genere di relazioni. I musulmani di Aceh si definiscono in contrapposizione agli ‘altri’, e formano una mentalità che esclude le minoranze dalla pienezza dei diritti e della cittadinanza; pertanto, l’applicazione della shariah ha effetti discriminatori che non possono essere negati. La presenza di una legislazione parallela rispetto a quella nazionale, poi, crea conflitti evidenti con le altre regioni e province indonesiane.
Alle minoranze, dunque, vengono accordati dei diritti, che però non permettono loro di essere sullo stesso livello della maggioranza sunnita; la cittadinanza, a differenza di quanto avviene nei Paesi occidentali, si basa esclusivamente sull’appartenenza o meno alla maggioranza sunnita. La creazione voluta di un gruppo di cittadini di seconda classe, evidentemente, è causa di enormi problematiche, che però non vengono affrontate e nemmeno percepite. Cristiani e buddisti, dunque, sembrano avere la sola funzione di confermare la presenza e la legittimità della maggioranza sunnita, presentata come un padrone di casa generoso che alimenta la concordia, mentre la realtà è ben diversa.
Il caso di Aceh mostra chiaramente che l’attuazione della legge islamica come norma positiva rinforza le condotte discriminatorie che sono già presenti nei Paesi a maggioranza islamica, ma tenute sotto un certo controllo dalle leggi secolari; nelle ‘terre della sharia’, evidentemente, la complessa interazione tra le dinamiche politiche e quelle sociali determina ambienti in cui essere parte di una minoranza si traduce in minori diritti e garanzie. L’imposizione del velo islamico anche alle donne non musulmane, in effetti, rappresenta molto bene il clima di intimidazione che regna nella provincia, e indica che la tendenza della shariah è quella di essere applicata erga omnes, senza distinzioni di religione.
Evidentemente, mantenere la propria identità di cristiani o buddisti acehnesi non è affatto semplice, e le politiche governative locali sono simili a quelle, giustamente criticate, operate dal governo cinese rispetto all’area degli uiguri, a maggioranza islamica. Anche in quel caso, le autorità cinesi cercano di imporre una certa omogeneità mediante la distruzione di moschee, centri islamici e scoraggiando pratiche come il digiuno di Ramadan. In altre parole, la minoranza islamica (che in realtà è maggioranza nella regione) deve accettare le regole e la filosofia di Stato della Cina comunista, rinunciando, di fatto, alla sua identità.
Spazi Pubblici Ristretti
La preoccupante limitazione dei diritti delle minoranze si traduce in una distribuzione delle risorse non equa; esiste, a tale proposito, una evidente disparità tra il numero delle moschee e quello di chiese e templi. Si tratta di una situazione che riflette l’intento dichiarato delle autorità di costruire una società islamica in cui la shariah costituisce il solo riferimento; l’accesso al potere, allo stesso modo, è decisamente ristretto per coloro che non sono musulmani.
La presenza di alcuni rappresentani nel governo provinciale e nelle forze di polizia di cristiani e buddisti, del resto, serve per confermare la segregazione religiosa e l’impianto assunto dalla shariah ad Aceh; oltre a doversi conformare alle norme islamiche, essi devono anche difenderne e assicurarne l’applicazione. Per questo motivo, sembra corretto affermare che le minoranze siano invisibili, e che Aceh sia esclusivamente islamica, almeno nelle intenzioni.
Le chiese e i templi presenti nella provincia, dunque, sono il risultato di faticose negoziazioni con le autorità islamiche, e non esiste alcuna garanzia che questi edifici rimarranno al loro posto; è sufficiente un’ordinanza o un’applicazione eccessivamente zelante delle regole del Qanun per abbattere una chiesa nell’indifferenza generale. Inoltre, si potrebbero generare tensioni sociali che portano ad un risultato simile; in quel caso, è ragionevole ritenere che un gruppo di vigilantes non verrebbe punito, ma riceverebbe un avvertimento formale nel migliore degli scenari.
Le autorità di Aceh hanno dunque elaborato e implementato un modello che non considera i diritti delle minoranze, ma che, al contrario, cerca di costruire una società in cui le differenze vengono assorbite dal modello acehnese. L’obiettivo non è dunque quello dell’integrazione, ma dell’assimilazione culturale e religiosa, favorito dal potere detenuto dalla maggioranza sunnita; per questa ragione, l’identità e il modello di Aceh risultano differenti rispetto a quello dell’Indonesia secolare.
Conclusioni
Nella provincia di Aceh, le minoranze religiose devono vivere in un ambiente che accorda loro pochi diritti, e che cerca, mediante la pressione legslativa e sociale, di assimilarle al modello sunnita maggioritario. La difficoltà ad accedere a posizioni governative e di avere a disposizione luoghi di culto stabili e adeguati riflette l’architettura sociale e politica delle autorità, che tendono a far diventare la shariah la sola fonte del diritto e della convivenza sociale.
In questo modo, le minoranze diventano invisibili, e il governo provinciale può affermare l’esistenza dell’armonia religiosa senza essere contraddetto; in realtà, la situazione attuale nasconde una serie di abusi, omertà e intimidazioni verso le minoranze, che sono costrette a rinunciare alla loro identità nel timore di subire ritorsioni o minacce, oppure a lasciare il territorio della provincia islamica.
Letture Consigliate
- Mustaqilla, S., Abdullah, I., Ichwan, M. N., & Lailatussaadah, L. (2024). The Existence of Non-Muslim Minorities in Aceh Indonesia: A Study of Civil and Police Institutions. Samarah: Jurnal Hukum Keluarga dan Hukum Islam, 8(1), 628-645.
- Hasni, K. (2020). Sharia Police: Gender Discrimination and Elite Politics in Aceh. Al_Hayat: Journal of Islamic Education, 4.
- Juliandika, A., & Fazzan, F. (2024). The Implementation of Islamic Sharia in the Enforcement of Qanun Jinayat in Aceh: A Legal Analysis and Social Impact. Ahlika: Jurnal Hukum Keluarga dan Hukum Islam, 1(2), 148-161.