Abraham ben Moses
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Abraham Ben Moses (nato come Saiffuddin Ibrahim) è un predicatore convertito al cristianesimo nel 2006, ma nato come musulmano sunnita; dopo la conversione, egli ha ha intrapreso attività di evangelizzazione e apologetica cristiana in Indonesia. Il 5 dicembre del 2017 è stato arrestato dalle autorità indonesiane per un video nel quale lo si vedeva discutere con un tassista musulmano di questioni religiose, chiedendone la conversione al cristianesimo. A tale scopo, egli citava alcuni versetti del Corano e riteneva inconsistente l’insegnamento di Maometto in ambito matrimoniale.

Nel maggio del 2018 il tribunale distrettuale di Tangerang (a Sud di Jakarta) lo ha condannato a quattro anni di reclusione e al pagamento di una multa di 50 milioni di rupie (corrispondenti, all’epoca, circa 3500 Euro).

A Saiffuddin veniva contestata la diffusione intenzionale di informazioni il cui scopo era quello di incitare all’odio o all’ostilità verso un gruppo religioso.

Questo evento è stato raccontato dai media, come Asian Times, che riporta come

Upset by the video, representatives of Muhammadiyah, one of Indonesia’s largest Islamic organizations, filed a blasphemy complaint against Moses.

On Monday, the Tangerang District Court in Banten, west of Jakarta, found Moses guilty and ordered him to serve four years in prison and pay a fine of 50 million rupiah (US$3,548).

Turbati dal video, i rappresentanti di Muhammadiyah, una delle più grandi organizzazioni islamiche dell’Indonesia, hanno presentato una denuncia per blasfemia contro Mosè.

Lunedì, il tribunale distrettuale di Tangerang a Banten, a ovest di Giacarta, ha dichiarato Moses colpevole e gli ha ordinato di scontare quattro anni di prigione e di pagare una multa di 50 milioni di rupie (3.548 dollari USA).

Asia Times, Indonesian pastor gets 4 years jail for religious defamation, May 9, 2018.

Anche la stampa locale, ovviamente, si è occupata del caso, come dimostra questo articolo di Detik News, nota piattaforma indonesiana online, secondo cui,

Giacarta – Il collegio di giudici del Tribunale distrettuale di Tangerang ha condannato Abraham Moses a 4 anni di carcere per blasfemia. È stato dimostrato che Abraham ha violato la legge ITE diffondendo SARA (relazioni tra etnia, religione, razza e intergruppo).

(…)

Inizialmente, l’Agenzia investigativa criminale aveva arrestato Abraham mercoledì (12/6/2017) per presunto incitamento all’odio contro una religione sul suo account Facebook. Abraham è sospettato di aver violato l’articolo 28, paragrafo 2, della legge ITE in combinato disposto con l’articolo 16 della legge n. 40 del 2008 riguardante SARA e l’articolo 156A riguardante la blasfemia.

Detik News, 4 Tahun Bui untuk Abraham Moses di Kasus Penodaan Agama, Abraham Moses condannato a 4 anni per blasfemia, Mei 7, 2018.

I problemi, per il pastore protestante, sono dunque derivati dalla presenza di leggi restrittive che vengono puntualmente sfruttate dalla maggioranza sunnita; invece, i video che dimostrano la distruzione di un luogo di culto privato protestante da parte di musulmani intolleranti, come avvenuto nel mese di luglio 2025 a Sukabumi e Padang non hanno fatto scattare l’ira o lo sdegno delle autorità religiose.

Questi due casi, che erano chiaramente un incitamento all’odio verso i protestanti e i cristiani (che non cercavano di convertire nessuno, ma si trovavano pacificamente in un luogo privato per svolgere alcuni rituali religiosi) sono stati derubricati come ‘vandalismo’ e i colpevoli non hanno avuto conseguenze legali significative. Invece, la predicazione di un pastore protestante è stata considerata un oltraggio e un’offesa all’islam, denotando il doppio standard usato dalle autorità, sia religiose che statali.

L’episodio di Abraham Moses, che in seguito si è trasferito negli Stati Uniti d’America per evitare ulteriori procedimenti a suo carico (e che ha comunque scontato una parte della sua condanna), dimostra perfettamente che l’armonia intesa dalle autorità si traduce nel tentativo di preservare uno status quo in cui l’islam conserva la sua posizione di dominio assoluto, ed eventualmente la aumenta.

Il vero problema, dunque, non è la religione, ma il suo uso sistematico per mantenere posizioni di potere anacronistiche; in Indonesia, evidentemente, si può anche essere cristiani, ma non bisogna diventare ‘scomodi’ o fare domande dirette o che possono suscitare un dibattito o una riflessione seria. Un episodio che in Europa o negli Stati Uniti d’America non sarebbe stata nemmeno una curiosità, in Indonesia è diventata un caso penale e mediatico.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.). Nel 2025 ha iniziato a colloborare con la testata online 'Rights Reporter', per la quale scrive articoli e analisi sull'Islam, la shariah e i diritti umani.

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