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Abstract

Questo articolo esamina il ruolo dominante dell’esercito nella politica pakistana e il fallimento della transizione democratica, a fronte di un modello autoritario sostenuto dalla shariah. Analizzando la rivalità con l’India, il potenziale nucleare e l’identità strategica del Pakistan, si evidenzia come la militarizzazione dello Stato rappresenti una minaccia alla stabilità regionale.


This article examines the dominant role of the military in Pakistani politics and the failure of the democratic transition, in the face of an authoritarian model supported by shariah. Analysing the rivalry with India, the nuclear potential, and the strategic identity of Pakistan, it is highlighted how the militarisation of the state represents a threat to regional stability.


Introduzione – Democrazia vs. Shariah

In Pakistan, il ruolo dell’esercito è cresciuto progressivamente nel corso del tempo, e attualmente le forze armate occupano un posto rilevante nella società e nella politica pakistana; al contrario di quanto successo in altre parti del mondo negli anni Settanta del secolo scorso, il Pakistan ha rafforzato il suo profilo autoritario, e non è diventato più democratico. L’ultimo colpo di Stato (militare) risale al 1999, ed è stato seguito da un governo militare durato per 8 anni; a partire dalla sofferta e difficile partizione dell’agosto del 1947, la storia del Paese è stata segnata da una serie di colpi di stato, seguiti da diversi regimi militari e poche parentesi in cui la democrazia ha tentato di risorgere.

Si nota, a tale proposito, che sia l’India che il Pakistan ereditarono le medesime strutture coloniali, in termini di esercito, società e problematiche; in altre parole, la caduta del Raj Britannico diede ai due nuovi Paesi l’opportunità unica di creare un ordinamento democratico. L’India è riuscita in una certa misura a realizzare questo obiettivo, mentre il Pakistan ha decisamente fallito; la diversa attitudine delle classi dirigenti dei due Paesi nati dalle ceneri dell’India Britannica è dovuta a vari fattori.

Il Pakistan, in effetti, ha sempre percepito la minaccia dell’India alla sua sicurezza nazionale, e a questo elemento si associano le lotte interne tra elementi che volevano un assetto democratico e correnti che invece auspicavano la nascita di uno Stato teocratico basato sulla shariah (autoritario). La Repubblica Islamica del Pakistan, evidentemente, ha in gran parte accolto le richieste degli islamisti, mentre le istanze democratiche sono passate in secondo piano. In questo quadro, l’esercito ha giocato un ruolo fondamentale, e l’ascesa dell’islamismo, specialmente a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, è stato dovuto all’appoggio delle forze armate del Paese.


Il Moderno Apparato Militare

Nel 2025 il Pakistan è stato classificato dodicesimo su 145 nazioni in termini di potenza militare, secondo il Global Firepower Index; si tratta, dunque, di una vera e propria potenza militare, che dispone di forze di terra, aria e mare considerevoli. A questo scenario, si aggiungono le testate nucleari, che rendono questo Paese una forza militare di primo piano; il personale militare è pari a circa 1.7 milioni di persone, a cui si possono aggiungere riserve che possono essere mobilitate in caso di necessità, pari a circa 550,000 persone, mentre le forze paramilitari sono pari a circa mezzo milione di persone.

Riassunto delle forze militari pakistane, in termini di personale attivo, disponibile, e impegnato nelle forze paramilitari del Pakistan (2025, dati di Global Firepower index)

Il Pakistan appare dunque come una potenza militare che non deve essere sottovaluta, sebbene l’attenzione su questo Paese e sul suo apparato militare sia marginale; ultimamente, il Pakistan aveva offerto assistenza alla Repubblica Islamica dell’Iran, impegnata nello scontro con lo Stato di Israele e con gli Stati Uniti d’America.

Parata Militare in Pakistan

Quando poi a questi dati si abbina anche una popolazione di oltre 252 miilioni di persone, si comprende che questo Paese potrebbe rappresentare una seria minaccia in potenziali conflitti; la capacità militare del Pakistan, evidentemente, denota anche la volontà di competere con l’India, anch’essa in possesso di una forza militare significativa.

Secondo il GFI, l’India si classifica (sempre nel 2025) al quarto posto, con una popolazione di 1.4 miliardi di persone e un personale militare pari a 5.1 milioni di persone, di cui 1.45 milioni di militari attivi, 1.15 milioni di riserve e 2.5 milioni impegnato in formazioni paramilitari.

Riassunto delle forze militari pakistane, in termini di personale attivo, disponibile, e impegnato nelle forze paramilitari del Pakistan (2025, dati di Global Firepower index)

Da un primo confronto tra i due Paesi, dunque, sembrerebbe che il Pakistan sia destinato a perdere il confronto con il suo rivale storico; tuttavia, la complessa rete di alleanze, sia formali che informali, complica ulteriormente il confronto.

Certamente, la potenza militare del Pakistan non può essere sottovalutata, specialmente quando si pensa che tale potenziale offensivo (e difensivo) è disponibile per regime tutt’altro che democratici; i numerosi colpi di stato, del resto, testimoniano la conflittualità interna al Paese.


Rivalità Storica con l’India

Pakistan e India sono da sempre rivali, e tale situazione deriva da una molteplicità di fattori, che derivano però da una comune matrice, ovvero la partizione dell’India Britannica; si tratta di un evento controverso, che ha lasciato un segno profondo nella memoria collettiva dei due Paesi. Non sorprende, dunque, che le relazioni tra Pakistan e India siano tuttora caratterizzate da evidenti tensioni, che non raramente possono sfociare in brevi confronti militari.

Nel 2019, il governo indiano ha revocato lo statuto speciale di Jammu e Kashmir, che godeva di una certa autonomia nello Stato indiano; questo territorio è stato posto sotto la giurisdizione diretta del governo di Delhi, ed è stato diviso in due divisioni amministrative, ovvero ‘Jammu & Kashmir’ e ‘Ladakh’. Si tratta di una decisione controversa, che ha provocato fortissime tensioni.

Il Pakistan, che rivendica questo territorio, ha parlato di ‘annessione’ del J&K, anche se di fatto questa regione era già parte integrante dell’India, sebbene con uno statuto particolare; la rivista ‘Pakistan Army Green Book’, pertanto, riporta questa comprensione del Pakistan.

After the annexation of IOJK, it is clear
that Modi has bitten off more than he
can chew by spawning a crisis that
is hitting at the heart of the Indian
State, transforming its very character
in a manner that it’s narrow-minded, bigoted
Establishment could never have anticipated.

Dopo l’annessione di IOJK, è chiaro
che Modi ha preso più di quanto possa gestire
può masticare generando una crisi che
sta colpendo il cuore dello Stato indiano
Stato, trasformando il suo stesso carattere
in un modo che il suo ristretto, bigotto
L’establishment non avrebbe mai potuto prevedere.

(Pakistan Army Green Book, 2020, p. 44)

In effetti, si è trattato di un cambiamento unilaterale ad uno Stato conteso anche dal Pakistan, e che fino al 2019 aveva goduto di un’ampia autonomia; la decisione del governo indiano, invece, ha cercato di integrare questo territorio nello Stato indiano. Le tensioni, del resto, sembrano essere aumentate durante la presidenza di Modi, un esponente politico della destra indiana, che promuove una visione fortemente confessionale dell’India. Secondo Modhi, l’India e l’induismo tendono a coincidere, ma questa sovrapposizione tra religione e politica avviene in Pakistan dalla nascita dello Stato; per questa ragione, le critiche del Pakistan sembrano tendenziose.


Guerra Permanente

Lo Stato pakistano ha percepito la sua traiettoria come una continua sopravvivenza, e, di conseguenza, l’apparato militare ha avuto un ruolo omnicomprensivo e totalizzante che non è mai venuto meno, e che spiega l’assetto attuale del Paese. La democrazia, inoltre, è stata ostacolata dalla sostanziale mancanza di unità nazionale, al contrario di quanto avvenuto in India; il Pakistan è emerso dall’India britannica come un’entità molto diversificata in termini etnici e geografici, ovvero il Pakistan Orientale e quello Occidentale. Ad ovest era ed è presente una élite (ma non la maggioranza) che parla e si esprime in urdu, mentre ad Est (l’attuale Bangladesh) prevale la componente bengalese, che però viene esclusa dalla burocrazia dello Stato e dalle forze armate.

Sebbene l’indipendenza abbia permesso un breve momento di unità nazionale, le divisioni sono presto emerse, al pari della volontà della maggioranza urdu di assimilare la minoranza bengalese, negandole i fondamentali diritti culturali e politici. Di conseguenza, è impossibile parlare di democrazia, e l’apparato militare ha rinforzato questa volontà da parte della maggioranza del Pakistan Occidentale.

La presenza di conflitti sia interni che esterni, dunque, hanno favorito e rinsaldato il ruolo dei militari, diventati il centro nevralgico dello Stato, che non ha mai intrapreso azioni per allontanarsi da questo modello. Non sorprende, dunque, il forte accento militarista di questa nazione, diventata nel corso del tempo uno degli attori dell’Asia Meridionale più importanti in termini di potenza militare.


Un punto di Vista Interno

La percezione di essere sempre in conflitto con l’India sembra dominare la riflessione interna, come si evince da diverse pubblicazioni, e in particolare, nel magazine dedicato all’esercito; nell’edizione del 2020, si sottolineava come

Non potevamo cambiare la nostra geografia,
né scegliere i nostri vicini e dovevamo
vivere con le realtà geopolitiche
emananti da una partizione alterata
del subcontinente che
ha lasciato un Pakistan tronco e confini contesi
a causa di cambiamenti decisi in malafede all’ultimo minuto rispetto alle
linee di demarcazione concordate. La relazione tra India e Pakistan
è stata problematica, e probabilmente è una
delle relazioni più complesse nella storia contemporanea.
Con tutte le sue ramificazioni, ha avuto un
impatto fondamentale sulla situazione interna del Pakistan,
sulla sua politica di sicurezza, sulle sue relazioni internazionali
relazioni, e in effetti, sul corso di tutta
la sua
storia post-indipendenza.

pAkistan army green book, 2020, p. 50

Si tratta di una riflessione che dimostra la consapevolezza di una partizione convulsa, che continua a segnare e condizionare le relazioni tra i due Paesi; il Pakistan teme sempre che l’India cerchi di conquistare il suo territorio, annettendoselo. Questo scenario, reale, viene poi usato per giustificare le scelte militaristiche (e confessionali) dello Stato pakistano, che non perde occasione per distinguersi dall’India e per rimarcare la propria indipendenza.

Mentre l’India si apprestava a diventare una delle grandi potenze, secondo la concezione ottocentesca del termine, il ruolo del Pakistan era subordinato, e la sua indipendenza era percepita a rischio; si tratta di un altro elemento che non può essere sottovalutato quando si analizzano le relazioni tra questi due Paesi, che spesso sfociano in mini confitti militari.


Armi Non Convenzionali

India e Pakistan si sono spesso affrontate militarmente, e le guerre combattute (e perse dal Pakistan) nel 1965 e nel 1971 hanno seguito dei modelli ‘classici’ (erano simili a quelle combattute a partire dalla Seconda Guerra Mondiale. Si tratta della dottrina militare che è stata insegnata nei collegi militari durante l’era coloniale, e che è stata poi applicata nei conflitti mondiali; di conseguenza, i primi conflitti che hanno opposto le due nazioni sono stati combattuti seguendo questo modello.

Secondo il Green Book dell’Esercito del Pakistan, un vero e proprio cambiamento, tuttavia, è stato portato dall’introduzione della armi nucleari nell’Asia meridionale, avvenuta intorno al 1998; tale salto tecnologico ha anche comportato un mutamento della strategia adottata. L’accento, in effetti, è stato posto sulla deterrenza, oltre che sulla prevenzione di nuove guerre; per questa ragione, si parla di ‘nuclear signaling’, ovvero dell’uso della minaccia nucleare per sedare conflitti o per forzare una soluzione diplomatica, o ancora per scoraggiare operazioni militari nei pressi del confine con l’India.

Armamenti Nucleari Pakitani

Non sorprende, dunque, che il Pakistan consideri le armi nucleari come l’asset più prezioso a propria disposizione; le circa 170 testate nucleari attualmente possedute dal Pakistan si contrappongono alle circa 180 testate dell’India, il suo rivale storico. Le armi nucleari, dunque, sono considerate ‘essenziali’ alla sopravvivenza di questa giovane e fragile nazione, dominata dall’esercito e dalla shariah, una combinazione che potrebbe rivelarsi estremamente pericolosa. L’assenza di un controllo efficace sull’apparato e le decisioni militari, in effetti, rendono questo Paese una potenziale minaccia per la stabilità della regione.


Leadership nel Mondo Islamico?

Lo sviluppo di armi nucleari e non convenzionali non ha risposto solamente all’esigenza di scoraggiare eventuali conflitti con altre nazioni, e con l’India in primis, ma anche di acquisire un certo prestigio all’interno del mondo islamico. Tra le nazioni islamiche o maggioranza islamica, solamente il Pakistan possiede armi nucleari, e questo primato potrebbe conferire a questa nazione un ruolo di leader tra le comunità islamiche.

Non sorprende dunque l’uso dell’espressione ‘Islamic Bomb’, ‘Bomba Islamica’ per riferirsi alle armi nucleari del Pakistan; l’Iran, come noto, ha cercato per decenni di sviluppare armamenti nucleari, ma ultimamente i loro sforzi sono stati frustrati dall’intervento congiunto di Israele e Stati Uniti d’America, che hanno provocato danni ingenti (ma ancora non esattamente quantificati) ai siti in cui l’uranio veniva manipolato a scopi militari.

Dopo gli attentati dell’11 settembre del 2001, tuttavia, questo obiettivo è stato ridimensionato, almeno nel linguaggio ufficiale, e attualmente la tendenza è quella di accentuare un uso responsabile e preventivo (deterrente) delle armi nucleari. Per questa ragione, non sono stati condivisi scambi tecnologici con altre nazioni islamiche (o a maggioranza islamica); in questo modo, il Pakistan ha potuto ritenere il suo primato nucleare nel mondo islamico.


Conclusioni

Il Pakistan possiede uno degli eserciti (di terra, aria e mare) più rilevanti al mondo, e il possesso di armi e testate nucleari rafforza la sua posizione nella regione asiatica e nel mondo islamico; l’uso deterrente del nucleare, del resto, ha fatto passare in sordina il possesso di tale arsenale. In occasione delle crisi, come quella recente in Iran, tuttavia, il Pakistan potrebbe rivelarsi un attore imprevedibile, specialmente nel caso di conflitti prolungati.

La percezione di essere in continuo pericolo ha spinto il Pakistan a sviluppare un arsenale militare importante, che non deve essere sottovalutato, specialmente in considerazione delle sue capacità nucleari. Per queste ragioni, andrebbe posta una maggiore attenzione e scrutinio su questo Paese, governato da una élite militare, alleata del ‘clero’ sunnita, che rappresenta una potenziale minaccia per la stabilità regionale.


Letture Consigliate

  • Shah, A. (2014). The Army and Democracy: Military Politics in Pakistan. Harvard University Press.
  • Mubarak, A., Nawaz, S., & Khalid, J. (2024). The future of Democracy in Pakistan: Opportunities and Challenges. Journal of Politics and International Studies10(1), 197-211.
  • Siddiqi, F. H. (2024). Navigating Pakistan’s Religious, Social and Political Fault Lines in the 1980s: Contemporary Trends and Relevance. Studies in Indian Politics12(1), 65-77.


Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.). Nel 2025 hai iniziato a colloborare con la testata online 'Rights Reporter', per la quale scrive articoli e analisi sull'Islam, la shariah e i diritti umani.

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