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Abstract

Nell’ambito delle relazioni internazionali e della scienza politica contemporanea, il concetto di proto-Stato (o proto-Governo) ha acquisito un crescente rilievo nell’analisi delle realtà politiche non riconducibili agli ordinamenti statuali classici. La diffusione di forme di autorità alternative, spesso sorte in contesti segnati da guerra civile, occupazione straniera o collasso istituzionale, ha costretto studiosi e osservatori a confrontarsi con nuove morfologie del potere. Si osservano, in effetti, entità che, seppur prive di uno status giuridico internazionale, esercitano un controllo effettivo su territori e popolazioni, e offrono servizi pubblici, come l’amministrazione della giustizia, e garantiscono la sicurezza, spesso in base ad una specifica visione del mondo ideologica.

Tra i casi più emblematici si può certamente annoverare quello dell’Afghanistan, un Paese in cui il movimento talebano ha incarnato, nel corso degli ultimi tre decenni, una singolare evoluzione, da forza insurrezionale a regime religioso, da governo parallelo a potere de facto, ma non riconosciuto. L’esperienza afghana consente non solamente di comprendere il funzionamento concreto dei protogoverni, ma anche di interrogarsi sui limiti delle categorie classiche della sovranità, della legittimità e del diritto internazionale. In un mondo segnato da una pluralità dei modelli di governance, il caso talebano costringe a ripensare le fondamenta stesse dell’ordine politico globale.


In the field of international relations and contemporary political science, the concept of proto-state (or proto-government) has gained increasing importance in the analysis of political realities that cannot be traced back to classical state systems. The spread of alternative forms of authority, often arising in contexts marked by civil war, foreign occupation, or institutional collapse, has forced scholars and observers to confront new morphologies of power. Entities are indeed observed that, despite lacking international legal status, exercise effective control over territories and populations, and provide public services, such as the administration of justice, and ensure security, often based on a specific ideological worldview.

Among the most emblematic cases, one can certainly include that of Afghanistan, a country where the Taliban movement has embodied, over the past three decades, a singular evolution, from an insurgent force to a religious regime, from a parallel government to a de facto power, but not recognised. The Afghan experience allows not only to understand the concrete functioning of protogovernments but also to question the limits of the classical categories of sovereignty, legitimacy, and international law. In a world marked by a plurality of governance models, the Taliban case forces us to rethink the very foundations of the global political order.


Introduzione – I Proto-Stati, Definizione, Limiti e Implicazioni

Quando si parla di protoStato (o proto-governo) ci si riferisce ad una formazione politica che esercita funzioni di governo in assenza di un pieno riconoscimento internazionale; si tratta di entità che non possono essere inquadrate semplicemente come ‘gruppi ribelli’, ma nemmeno come Stati veri e propri. Per questa ragione, si parla di ‘protostati’, che presentano una serie di caratteristiche intermedie; il controllo territoriale è statile ma parziale, grazie ad una catena di comando interna; si nota, poi, la capacità di esprimere norme vincolanti per la popolazione, e una volontà dichiarata di costituire un ordine politico alternativo a quello vigente e ‘ufficiale’.

A differenza di un movimento insurrezionale, il protogoverno tende a strutturarsi in una forma più articolata; si nota spesso stabiliscono una burocrazia, la capacità di imporre tributi, di gestire un apparato giudiziario, e di intrattenere forme di diplomazia informale. Tuttavia, queste entità non soddisfano i criteri classici per il riconoscimento come Stati sovrani ai sensi della Convenzione di Montevideo del 1933, e solitamente non ottengono una rappresentanza presso le organizzazioni internazionali. In alcuni casi, come quello degli Houthi in Yemen o di Hezbollah in Libano, queste entità arrivano ad acquisire legittimità sociale superiore a quella del governo ufficiale, in virtù di una maggiore efficienza, coerenza ideologica o radicamento comunitario, o ancora una somma di questi e altri fattori.

📌 Box illustrativo – La Convenzione di Montevideo (1933): i Criteri dello Stato nel Diritto Internazionale Firmata durante la Settima Conferenza internazionale americana a Montevideo, il 26 dicembre 1933, la Convenzione relativa ai diritti e doveri degli Stati stabilisce i criteri fondamentali per il riconoscimento di uno Stato sovrano nel sistema giuridico internazionale. L’articolo 1 della Convenzione enuncia quattro elementi costitutivi necessari: Popolazione permanente: un insieme stabile di individui soggetti alla sovranità dello Stato. Territorio definito: un ambito geografico determinato, sebbene non necessariamente con confini perfettamente fissati. Governo effettivo: un’autorità in grado di esercitare il potere legislativo, giudiziario ed esecutivo sul territorio. Capacità di entrare in relazioni con altri Stati: ovvero la possibilità di condurre una politica estera indipendente.

    Il principio affermato all’art. 3 della Convenzione, poi, noto come principio della non necessità del riconoscimento, stabilisce che «l’esistenza politica dello Stato è indipendente dal riconoscimento da parte degli altri Stati». Teoricamente, dunque, uno Stato che soddisfi i quattro criteri indicati può considerarsi tale anche in assenza di riconoscimento formale da parte della comunità internazionale (secondo la teoria declarativa ma non secondo quella costitutiva). Nella prassi diplomatica, tuttavia, il riconoscimento de jure continua a svolgere un ruolo cruciale per determinare la legittimità e la piena partecipazione di uno Stato al sistema internazionale. È in questa zona grigia, tra esistenza giuridica e accettazione politica, che si collocano i cosiddetti protogoverni.

    Il concetto di protogoverno, sebbene fluido, è pertanto utile per descrivere forme di sovranità alternative, che agiscono in modo concreto, ma che non trovano un pieno riconoscimento nei circuiti della diplomazia multilaterale. Esso permette anche di analizzare dinamiche postcoloniali e conflittuali che sfuggono alla dicotomia rigida tra Stato legale e attore illegittimo, ma che risultano fondamentali per comprendere l’evoluzione delle istituzioni statali.


    Il Primo Emirato Islamico (1996–2001) – Un Proto-Stato in Transizione

    L’ascesa dei talebani alla fine degli anni Novanta costituisce un momento di svolta nella storia dell’Afghanistan contemporaneo; originatisi come movimento religioso armato negli ambienti deobandi delle madrase pakistane, i talebani si presentarono fin dall’inizio come portatori di un progetto radicale di ordine islamico, finalizzato a restaurare la shariah come unico fondamento legittimo del potere.

    Nel 1996, dopo una rapida campagna militare che approfittò della frammentazione delle fazioni jihadiste, i talebani conquistarono Kabul e proclamarono l’Emirato Islamico dell’Afghanistan; tale entità controllava circa il 90% del territorio nazionale, ma non fu mai riconosciuta dalla maggior parte degli Stati del mondo. Solamente tre governi (Pakistan, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti) riconobbero formalmente la loro presenza a livello diplomatico ufficiale.

    L’Emirato talebano, il primo dell’era contemporanea (1996–2001) operava come un regime teocratico ispirato a un’interpretazione ultra-conservatrice dell’islam sunnita, con una struttura decisionale fortemente centralizzata e dominata dal Consiglio degli Ulema, ovvero dagli ‘esperti’ del diritto islamico. Anche il sistema giudiziario fu rapidamente islamizzato, mediante l’abolizione dei codici precedenti e la sostituzione dei tribunali civili con quelli religiosi; la condizione delle donne, inoltre, peggiorò in maniera visibile. Ad esse venne vietata l’istruzione, il lavoro e ogni possibilità di spostarsi in maniera autonoma; ancora, il debole pluralismo venne eliminato, e le minoranze (sia etniche che religiose) furono oggetto di discriminazione e violenze sistematiche.

    Anche se era dotato di elementi che causarono la sua condanna a livello internazionale, il regime disponeva degli elementi tipici di un’autorità statale; si pensi, in questo senso, alla gestione delle dogane e dei confini, al mantenimento dell’ordine pubblico, e all’amministrazione. In effetti, sebbene l’apparato burocratico fosse decisamente rudimentale, il regime talebano si dotò dei simboli tipici della sovranità statale, come la bandiera, la moneta e la creazione di passaporti e documenti identificativi.

    Passaporto del Primo Emirato (a destra) e del Secondo (attuale) Emirato, a Sinistra

    Da questo punto di vista, il Primo Emirato può essere considerato un protogoverno vero e proprio, anche se non godeva di una legittimazione internazionale stabile, di una Costituzione e di un sistema istituzionale codificato, elementi tipici degli Stati moderni.


    Dalla Caduta all’Ombra – Il Proto-Stato Talebano (2001 – 2021)

    L’intervento militare statunitense seguito agli attentati dell’11 settembre del 2001 rovesciò rapidamente il regime talebano, costringendo i suoi vertici alla fuga (in Pakistan); contrariamente a quanto previsto dagli strateghi occidentali, tuttavia, i talebani non furono annientati, ma si organizzarono come un vero e proprio governo-ombra. In effetti, grazie all’appoggio del Pakistan, i talebani riuscirono a ricostruire le proprie reti di influenza e ad emergere nuovamente come attore politico primario, sia sul campo di battaglia che nei villaggi dell’Afghanistan rurale.

    Durante il ventennio segnato dall’occupazione delle forze occidentali, i talebani operarono come un autentico governo ombra in numerose province in cui lo Stato (ufficiale) afghano era assente o delegittimato. In queste aree, i talebani riuscirono ad istituire tribunali mobili, a garantire la sicurezza, a riscuotere le tasse, e a mediare le dispute tra le tribù e le famiglie. La loro capacità di offrire una forma, sebbene rudimentale, di ordine e giustizia, fu in molti casi percepita come maggiormente efficace e meno corrotta di quella offerta dalle istituzioni ufficiali.

    Allo stesso tempo, i talebani investirono in una strategia diplomatica più sofisticata, e nel 2013 aprirono un ufficio politico a Doha, con il tacito sostegno del Qatar, allo scopo di negoziare con gli Stati Uniti d’America e di guadagnare una maggiore legittimità sul piano internazionale. Questa evoluzione li avvicinò ulteriormente alla figura del protogoverno, in quanto i talebani non erano più solamente un movimento armato, ma anche un attore politico con una piattaforma ideologica, una capacità amministrativa e un’agenda diplomatica autonoma.


    Il Secondo Emirato (2021–oggi) – Un Proto-Stato Divenuto Regime

    Il 15 agosto del 2021, dopo il ritiro delle forze occidentali e il collasso del governo di Ashraf Ghani, i talebani entrarono a Kabul senza incontrare resistenza; l’ex Presidente, di solida formazione accademica occidentale, fuggì dal Paese, decretando il fallimento del progetto di un’Afghanistan più moderno. In poche ore, i talebani ripresero il controllo dell’apparato statale, proclamando la rinascita dell’Emirato Islamico; il nuovo corso politico, tuttavia, presenta dei tratti significativamente diversi rispetto al passato.

    Attualmente, i talebani controllano la stragrande maggioranza del territorio nazionale, anche se è presente un’opposizione guidata dalle figure legate al regime precedente; essi hanno nominato ministri, governatori, capi di distretto, gestiscono dogane, scuole, ospedali, emettono decreti, regolano la circolazione delle merci e negoziano accordi commerciali con i Paesi vicini. In altre parole, i talebani mostrano le caratteristiche tipiche di un governo statuale, ma la comunità internazionale continua a considerarli un regime de facto e non riconosciuto.

    Le ragioni del mancato riconoscimento sono molteplici, e sono legate, da un lato, al carattere autoritario e teocratico del regime talebano, che reprime e viola sistematicamente i diritti fondamentali, come quelli delle donne e delle minoranze religiose. Inoltre, la censura dei media e la sistematica marginalizzazione delle minoranze (non solo religiose) entra in conflitto con i principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite. Del resto, permangono seri e motivati dubbi rispetto alla reale capacità del regime di garantire la sicurezza, contrastare il terrorismo e assicurare la rappresentanza politica a tutte le componenti del Paese.

    Tuttavia, il loro controllo sul territorio appare sostanzialmente indiscusso, al pari della loro capacità di mantenere l’ordine, esercitare la sovranità fiscale e rappresentare l’Afghanistan nelle relazioni regionali, anche se in maniera informale. Per molti osservatori, si tratta dunque di un caso compiuto di protogoverno evoluto in regime stabile, che attende il riconoscimento internazionale come ultima tappa di un processo già consolidato sul piano pratico. Ad oggi, solamente la Russia ha riconosciuto ufficialmente il regime talebano come legittimo governo, al contrario degli altri Stati, che continuano a riconoscere il regime precedente.


    Il Califfato di ISIS come Proto-Stato

    Un altro esempio di Proto-Stato, in aggiunta all’Afghanistan (e ad Hamas, Hezbollah, ecc) è costituito dal Califfato inaugurato da ISIS tra il 2014 e il 2017; nel corso di questi tre anni, l’apparato creato dal gruppo terroristico soddisfa i requisiti della sovranità statale, anche se, ovviamente, non riconosciuta a livello internazionale.

    Nel periodo in esame, ISIS ha controllato e governato un territorio significativo, con una popolazione oscillante tra 6 e 8 milioni di persone; il Califfato era uno Stato che disponeva di un proprio esercito, sebbene irregolare, di un proprio apparato amministrativo, giudiziario e fiscale. Anche se le metodologie di governo hanno assunto tratti brutali, è innegabile la capacità del gruppo di organizzare strutture statali e di governo.

    Per questa ragione, il Califfato organizzato tra Iraq e Siria può essere considerato un proto-stato, che nessun membro della comunità internazionale ha riconosciuto; la decisione di abbattere le frontiere degli Stati riconosciuti, poi, rappresenta la volontà di creare uno Stato indipendente dalle precedenti strutture. Il progetto del Califfato è collassato, ma ci si potrebbe domandare cosa sarebbe successo nel caso in cui ISIS fosse riuscito nella conquista completa dell’Iraq; è possibile che un consolidamento del Califfato avrebbe costretto un suo riconoscimento, specialmente quando si considera il valore strategico di questi territori. Si tratta, ovviamente, di un’ipotesi speculativa che non è possibile verificare, ma che non appare inverosimile, perlomeno nel lungo periodo.


    Conclusioni – Il Proto-Stato come Paradigma del XXI secolo

    La traiettoria storica dei talebani mette in luce l’utilità analitica del concetto di protogoverno, ma anche i suoi limiti; l’evoluzione politica dell’Afghanistan, in effetti, dimostra come sia possibile esercitare un potere effettivo, coerente e duraturo anche in assenza di legittimità giuridica internazionale, e anzi talvolta contro le strutture imposte dall’esterno. Il caso afghano suggerisce che la sovranità, più che un dato giuridico, rappresenta una realtà politica e sociale fondata sul controllo del territorio, sul consenso (anche passivo) della popolazione, e sulla capacità di costruire un ordine normativo riconosciuto, anche se in contrasto con i modelli liberali dominanti.

    In un’epoca in cui la fragilità statuale si estende a vaste aree del globo, come dimostrano i casi del Sahel, della Siria, dello Yemen e della Somalia, il protogoverno diventa una chiave interpretativa cruciale per comprendere come si struttura il potere nei vuoti lasciati dai ‘failed states’, i cosiddetti ‘fallimenti statali’. Il caso talebano, con la sua radicalità e ambiguità, ci obbliga a riflettere non solo sul concetto di governo, ma anche sulle implicazioni della governarnance in assenza di legittimità, riconoscimento e consenso internazionale. Probabilmente, la medesima idea di Stato si sta evolvendo e quelli osservati sono i casi emergenti di modelli nuovi (già in parte rilevati dalla letteratura scientifica, come i modelli di hybrid political order o di statalità competitiva), le cui implicazioni profonde devono essere comprese in vista di una controstrategia contro attori statali che pongono a rischio la stabilità regionale o globale.


    Letture Consigliate

    • Lia, B. (2015). Understanding jihadi proto-states. Perspectives on terrorism9(4), 31-41.
    • Giustozzi, A. (2008). Afghanistan: transition without end: an analytical narrative of Afghanistan.
    • Winkler, C., & El Damanhoury, K. (2022). Proto-state media systems: The digital rise of Al-Qaeda and ISIS. Oxford University Press.

    Di Salvatore Puleio

    Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.). Nel 2025 ha iniziato a colloborare con la testata online 'Rights Reporter', per la quale scrive articoli e analisi sull'Islam, la shariah e i diritti umani.

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