Abstract
Le elezioni indonesiane sono pesantemente influenzate dalle raccomandazioni ed indicazioni del Majelis Ulama Indonesia; il MUI, in effetti, ha dimostrato, dopo la caduta del regime di Suharto, la sua capacità di orientare il voto degli elettori musulmani. In questo modo, il Majelis Ulama Indonesia assume connotati politici indubitabili, sebbene esso non sia un partito politico vero e proprio; mediante le sue fatawa e le sue raccomandazioni, l’organizzazione islamica ha dimostrato la sua volontà di accelerare il processo di shariatisation mediante l’influenza sulle elezioni democratiche, come dimostra il caso delle elezioni governatoriali di Giacarta del 2012 e del 2017. La necessità di essere dei buoni musulmani viene infatti indicata come requisito necessario per essere eletti, sebbene la Costituzione indonesiana non preveda tale requisito, nemmeno per le più alte cariche dello Stato, ovvero Presidente e Vice Presidente.
Introduzione
Quando Jokowi è stato eletto presidente dell’Indonesia nel 2014, alcune organizzazioni islamiche, incluso il Majelis Ulama Indonesia, erano preoccupate per il suo impegno verso l’Islam e la comunità musulmana del Paese. In effetti, il MUI è ha criticato aspramente la leadership di Jokowi, specialmente nel corso del suo primo mandato, tra il 2014 ed il 2019; il Majelis Ulama Indonesia temeva che il processo di shariatisation non averebbe proceduto come previsto. La traiettoria storica dell’organizzazione riflette vari programmi es un’agenda più ampia, tuttavia si nota una certa coerenza nel perseguire questo obiettivo.
Il presidente Jokowi è stato eletto per la prima volta nel 2014 come successore di Yudoyono, per poi essere rieletto per un secondo mandato, dal 2019 al 2024; nel corso della presidenza di SBY, come osservato in un post precedente, il MUI ha avuto un ruolo di primo piano in ambito sociale e politico. Erano in molti a ritenere, tuttavia, che il sodalizio con lo Stato si fosse interrotto, e che l’agenda della shariatisation avrebbe subito un serio rallentamento. Jokowi, in effetti, ha mostrato una significativa tendenza rispetto alla posizione nazionalista e secolare, che si trova frequentemente in contrasto con quella islamica del MUI. Pertanto, i suoi sostenitori si aspettano che tale organizzazione limiti la crescita di qualsiasi forma di politica identitaria. Al contrario di quanto ci si aspettava, tuttavia, Jokowi ed il MUI hanno disatteso le aspettative iniziali, ed hanno collaborato, e tale scelta ha rafforzato l’agenda di shariatizzazione dell’Indonesia.
Nei paragrafi seguenti, ci si concentrerà sull’agenda di Shariatisation durante il doppio mandato del Presidente Jokowi; in questo modo, si spera di fornire un quadro il più possibile completo di un decennio in cui sono state osservate significative trasformazioni nel Paese asiatico.
Il Majelis Ulama Indonesia e la Politica Elettorale
Il risultato delle elezioni del 2014 ha suscitato proteste e delusioni di una buona parte della società indonesiana, specialmente in coloro che sostenevano il principale rivale del presidente eletto, ovvero Prabowo. Ciò nonostante, la transizione da SBY a Jokowi si è svolta in maniera pacifica, anche se decisamente controversa; inizialmente, Prabowo ha rifiutato il risultato delle urne ed ha proposto ricorso presso la Corte Costituzionale, che però ha emesso un parere negativo il 20 ottobre del 2014. A questo punto, Prabowo ha riconosciuto il nuovo presidente, e le proteste che avevano infiammato il Paese si sono lentamente spente. Di conseguenza, Jokowi ha prestato il giuramento come presidente, mentre Jusuf Kalla è diventato vicepresidente.
Anche il MUI ha riconosciuto l’esito delle urne, pur non sostenendo il nuovo Presidente da un punto di vista politico; in realtà, il Majelis Ulama Indonesia era profondamente diviso, ed erano in molti a sostenere Jokowi. Cholil Ridwan, ex presidente del Majeils Ulama Indonesia, ha dichiarato che la vittoria di Prabowo avrebbe protetto le nuove generazioni di musulamani dai ‘pericoli’ del secolarismo, del liberalismo e del pluralismo. I sostenitori di Jokowi all’intenro del MUI, tuttavia, hanno generalmente scelto di non dichiarare pubblicamente la loro posizione.
Le Elezioni ed il MUI
Anche se l’atmosfera politica dell’Indonesia presenta una certa dinamicità, il ruolo del Majelis Ulama Indoneisa rispetto alle elezioni generali rimane una questione complessa; nell’era di Suharto, il MUI ha costantemente sostenuto la rielezione del presidente. Durante questo periodo, l’organizzazione naturalmente ha adottato un approccio diverso nei confronti dei partiti politici, ed ha cercato di proporre argomentazioni islamiche sull’importanza di sostenere Suharto come presidente. Tale sostegno, del resto, era comprensibile, in quanto l’organizzazione dipendeva fortemente dalla volontà del Presidente; in questo senso, si osserva che il sostegno reciproco tra Suharto ed il Majelis Ulama Indonesia dipendeva da questa relazione di potere.
Dopo le dimissioni di Suharto, nel 1998, la posizione del MUI rispetto alle elezioni generali è mutata, in quanto si è spezzato il legame che la teneva ancorata al governo del Paese; il Majelis Ulama Indonesia, in altre parole, ha acqusito la libertà di sostenere i partiti politici che sono maggiormente allineati alla sua agenda. A partire dall’era della reformasi, dunque, si osserva la possibilità, per il MUI, di esprimere un punto di vista differente rispetto ai governi del Paese; la capacità di esercitare influenza sugli elettori musulmani è stata dunque esercitata in maniera costante. Non sorprende, dunque, che gli elettori musulmani indonesiani aspettino spesso le raccomandazioni elettorali del Majelis Ulama Indonesia prima di decidere i candidati a cui accordare le proprie preferenze alle urne. Per questa ragione, l’identità islamica dei candidati può diventare il fattore più importante nelle campagne presidenziali.
Anche se il MUI ha preso in considerazione l’approccio meritocratico, la politica identitaria ha ancora la precedenza, in quanto essa si basa su criteri teologici, religiosi, mentre il merito si riferisce a fattori sociali e politici. Da questo punto di vista, il sostegno ad Anies Baswedan piuttosto che ad Ahok nelle elezioni per il governatore di Jakarta del 2017, rimane un esempio altamente illuminante. Il candidato crisitano, in effetti, aveva dimostrato le sue capacità come governatore, ma non era musulmano, un difetto inacettabile per il Majelis Ulama Indonesia.
Nel corso dell’Orde Baru, non era possibile accordare la priorità agli elementi identitari, ma dopo le dimissioni di Suharto, il MUI ha giustificato la sua preferenza per l’identità religiosa dei candidati, sostenendo che la qualità più rilevante per un leader fosse la sua appartenenza all’Islam (sunnita). Tale approccio, comprensibile considerando il mandato del Majelis Ulama Indonesia, ha tuttavia intrappolato l’organizzazione in un ambito ristretto, in quanto Giacarta possiede una percentuale sostanziale di popolazione non musulmana.
Le elezioni del 2009
In occasione dellle elezioni presidenziali del 2009, sebbene tutti i candidati fossero musulmani, il MUI ha comunque mantenuto determinati criteri per la scelta dei candidati, mediante le sue fatawa e raccomandazioni, emesse in maniera intenzionale per fornire orientamenti ai musulmani indonesiani nella scelta dei loro leader nazionali. In qualità di principale emittente di fatwa, il Majelis Ulama Indonesia era sicuro che emettere tali indicazioni fosse parte della sua responsabilità perché, secondo l’insegnamento (tradizionale) sunnita, la questione della leadership rientra nel dominio dell’Islam. Un leader, in questo senso, viene ritenuto essenziale per qualsiasi società musulmana; pertanto, il MUI ritiene che fornire indicazioni sulle elezioni sia un obbligo della religione islamica, la cui negligenza potrebbe anche essere considerato un peccato.
Secondo questa visione, dunque, i musulmani indonesiani dovrebbero anche cercare guida e direzione da enti autorevoli quando scelgono i candidati ad incarichi politici, specialmente quando si tratta delle massime cariche dello Stato. Il Majelis Ulama Indonesia assume esattamente questo compito, che ovviamente non deriva dalla Costituzione, ma dalla sua autorià morale sulla comunità islamica indonesiana. La Carta Fondamentale della Repubblica Indonesiana, a differenza di quanto avviene per altri Paesi a maggioranza islamica, non pone tra i requisiti delle cariche politiche l’appartenenza all’Islam, nemmeno per il Presidente ed il Vice Presidente.
L’articolo 6(1) della Costituzione indonesiana, in effetti, stabilisce i criteri per l’elegibilità alla Presidenza e Vice Presidenza, nei seguenti termini,
Calon Presiden dan calon Wakil Presiden harus seorang warga negara Indonesia sejak kelahirannya
dan tidak pernah menerima kewarganegaraan lain karena kehendaknya sendiri, tidak pernah
mengkhianati negara, serta mampu secara rohani dan jasmani untuk melaksanakan tugas dan
kewajiban sebagai Presiden dan Wakil Presiden
I candidati per la Presidenza e la Vice-Presidenza devono essere cittadini indonesiani e non devono aver mai acquisito un’altra cittadinanza per propria volontà, non devono aver commesso un atto di tradimento contro lo stato, e devono essere mentalmente e fisicamente capaci di svolgere i doveri e gli obblighi di Presidente o Vice-Presidente.
(Costituzione Indonesiana, art. 6(1))
Nel 2009, il MUI ha tenuto il suo annuale Ijtima Ulama (una sorta di congresso degli ulama) a Padang, nella regione di Sumatra occidentale, conosciuta come una delle regione maggiormene islamizzate del Paese asiatico. In tale occasione, l’organizzazione ha prodotto una direttiva e una fatwa completa sull’elezione dei leaders e sull’importanza delle elezioni generali per la comunità islamica indonesiana.
La fatwa era divisa in due sezioni
La prima riguardava i diritti di voto ed era articolata in quattro punti
(1) Secondo l’Islam, le elezioni generali sono il metodo per scegliere i leader musulmani o i rappresentanti parlamentari che soddisfano i requisiti basati sulle aspirazioni del popolo musulmano e sugli interessi dello Stato.
(2) L’elezione di un leader è obbligatoria per riconciliare la leadership (imama) ed il governo (imara).
(3) La leadership e il governo nell’Islam richiedono determinate condizioni prescritte allo scopo di perseguire il benessere pubblico.
(4) I leader dovrebbero essere selezionati in base alle caratteristiche personali prescritte del Profeta Muḥammad, ovvero essere fedeli e pii, onesti, degni di fiducia, attivi, idealisti, capaci e dedicati alla lotta per gli interessi islamici.
La seconda sezione, invece, conteneva due raccomandazioni
(1) Ai musulmani viene consigliato di eleggere leader che possano ordinare il bene e proibire il male
(2) Il governo e il Comitato Elettorale devono intensificare la socializzazione riguardo all’implementazione delle elezioni per aumentare la partecipazione della comunità, poiché questo è parte dei diritti della umma islamica.
Questo fatwa, emessa a Padang Panjang, Sumatra Occidentale, il 26 gennaio 2009, è stata siglata dall’allora Presidente Generale del Majelis Ulama Indonesia, Maruf Amin.
Da un punto di vista politico, si osserva che la fatwa in esame è stata emanata quando Amin era, contemporaneamente, membro del Consiglio di Consultazione del Presidente Yudoyono, e Presidente Generale del Majelis Ulama Indonesia. In termini temporali, poi, si nota che tale fatwa è stata prodotto circa 5 mesi prima che si tenessero le elezioni presidenziali del 2009; pertanto, non sembra possibile separare la fatwa del MUI dalla sua agenda politica, una caratteristica riconosciuta dallo stesso Majelis Ulama Indonesia. Da ultimo, si osserva che, sebbene l’editto religioso sia stato emanata per le elezioni nazionali, essa si applica anche a quelle locali, ovvero regionali, distrettuali e municipali.
Le elezioni governatoriali di Giacarta del 2012.
La fatwa del 2009 del MUI sulle elezioni generali indica che il Consiglio non solo comprende l’importanza delle elezioni nazionali, ma anche di quelle provinciali e distrettuali e comunali, che si svolgono con cadenza regolare in Indonesia (le ultime si sono svolte il 27 novembre 2024). Evidentemente, le tornate elettorali più importanti sono rappresentate dalle elezioni del Parlamento e del duo Presidente-Vice Presidente; l’influenza sulla scelta dei candidati viene considerato una sorta di obbligo religioso da parte del Majelis Ulama Indonesia.
Come osservato in precedenza, il MUI ritiene che la presenza di un leader è obbligatoria e che sia suo dovere ‘comandare il bene e proibire il male’; questi principi si traducono nell’obbligatorietà di avere leaders musulmani nella guida della nazione e delle sue articolazioni amministrative locali. Per questa ragione, un leader indonesiano, secondo il Majelis Ulama Indonesia, non può avere una religione diversa dall’Islam sunnita. Non sorprende, dunque, l’attenzione riservata alla guida di Giacarta, che ha un proprio governatore; in quanto capitale, questa elezione viene considerata la seconda, per importanza, dopo la tornata elettorale nazionale.
Giacarta, in effetti, è considerata il barometro della vita sociale, economica e politica del Paese, e, di conseguenza, il MUI cerca di esercitare la sua influenza attraverso l’approvazione di un candidato con idee simili sulla legge islamica ed il suo ruolo nella vita pubblica, allo scopo di raccomandare i candidati che possono favorire la sua agenda. Si tratta di una politica che il Majelis Ulama Indonesia ha praticato nelle elezioni governative, a partire dall’era della reformasi; di conseguenza, il sentimento islamico che circonda le elezioni governative di Giacarta rimane elevato. Quando l’organizzazione seleziona un candidato che ritiene appropriato, viene emessa una fatwa e/o raccomandazioni che confermano tale sostegno.
Si pensi, in questo senso, al sostegno dato ad Anies Baswedan nelle elezioni governatoriali di Giakarta del 2017; il MUI, inoltre, rilascia dichiarazioni per esprimere il proprio disaccordo con un particolare candidato, come nel caso di Ahok nella stessa campagna elettorale.
Nel 2012, si sono presentate alle elezioni per il governatore della capitale due coppie (governatore/vice governatore) che si sono contese la vittoria finale; la prima era formata da Jokowi e Basuki Tjahaja Purnama (noto come Ahok), mentre la seconda era formata da Fauzi Bowo, governatore di Jakarta dal 2008 al 2012, e Nachrowi. Il primo duo era sostenuto da due partiti laico-nazionalisti, ovvero Gerindra e il PDIP, mentre Fauzi Bowo e Nachrowi sono stati nominati dal Partai Demokrat, (il Partito Democratico), e dai partiti della sua coalizione, di tendenza islamica.
Le elezioni sono seguite dopo l’emissione della fatwa del 2009, in cui si affermava chiaramente che un leader politico doveva anche essere un musulmano ‘pio’ e praticante; da questo punto di vista, evidentemente, il primo ‘ticket’, Jokowi/Ahok, non soddisfava i criteri indicati dal Majelis Ulama Indonesia. Lo stesso Jokowi non proveniva da una famiglia con un forte background islamico, mentre Ahok è cinese e cristiano; nel contesto delle elezioni governative di Giacarta del 2012, tuttavia, la posizione del MUI era alquanto complessa. In effetti, erano diversi i leaders del MUI a sostenere Prabowo Subianto, che non sosteneva la coalizione islamica, mentre Jokowi era considerato un musulmano, anche se non ortodosso; il sostegno al governatore uscente, di conseguenza, si spiega in quanto la sua ‘islamicità’ era considerata maggiore rispetto al suo avversario.
L’inclinazione del MUI ad incoraggiare Fauzi Bowo e Nachrowi era evidente nella dichiarazione di Amidhan, presidente del MUI, il quale ha affermato che i musulmani possono eleggere leader non musulmani quando questi leader hanno dimostrato la loro competenza. Si trattava di un modo per affermare che nelle elezioni del 2012 esistevano candidati musulmani competenti, e che, di conseguenza, non era possibile appoggiare candidati non musulmani o dalle credenziali islamiche sospette. Ciò nonostante, i vincitori delle elezioni sono stati Jokowi ed Ahok, dimostrando che gli elettori musulmani di Giacarta erano stati capaci di accettare Jokowi e Ahok come governatore e vice governatore, disattendendo le indicazioni del Majelis Ulama Indonesia.
Le tensioni innescate dalla politica identitaria a Giacarta sono state ulteriormente alimentate quando Ahok ha sostituito Jokowi come governatore di Giacarta nel 2014, dopo che quest’ultimo era stato eletto come Presidente. Sebbene si sia trattato di un avvicendamento previsto dalla Costituzione, che dispone il subentro del vice-governatore quando il governatore muore, rinuncia alla carica, viene destituito o viene eletto ad una carica superiore (come in questo caso), l’ascesa di Ahok a governatore di Giacarta è stato giudicato inaccettabile per alcuni gruppi di musulmani.
Inoltre, coloro che hanno rifiutato il governatorato di Ahok hanno ‘nominato’ un loro governatore, Fahrurrozi del Front Pembela Islam, come segno della loro protesta contro lo Stato; secondo questo gruppo islamista, Ahok non era considerato appropriato nemmeno per diventare il leader di una piccola comunità come come un ‘rukun tetangga’, RT, la più piccola unità amministrativa, corrispondente al villaggio. Da allora, sono stati organizzati diversi movimenti di protesta, motivati da politiche identitarie islamiste, allo scopo di delegittimare il governatorato di Ahok a Giacarta. Nonostante le crescenti sfide alla sua leadership, tuttavia, Ahok ha continuato a svolgere il suo ruolo di governatore fino alle elezioni governatoriali di Giacarta del 2017. Sono in molti, a tale proposito, a ritenere che Ahok sia riuscito a fare miglioramenti significativi durante il periodo della sua leadership; ciò nonostante, rimane il veto sui leaders non musulmani.
Conclusioni
Alla luce di quanto emerso in precedenza, appare evidente il ruolo politico del Majelis Ulama Indonesia, che, grazie alla sua autorità morale, riesce spesso ad influenzare i risultati elettorali; la lettura rigorista e politica dell’Islam permette alla classe dirigente islamica di perpetuarsi. Evidentemente, la capacità di penetrazione del MUI dipende dal riconoscimento della sua autorità da parte degli elettori musulmani; per questa ragione, non sorprende la crescente ondata conservatrice che si osserva da anni in Indonesia. In effetti, un eventuale ascesa di interpretazioni meno conservatrici sarebbe una grave minaccia allo status quo di una classe dirigente che fatica a trovare la sua strada verso la democrazia, spesso posta in discussione ed in secondo piano da una parte della comunità islamica.
Il Majelis Ulama Indonesia sta svolgendo il suo ruolo in maniera efficace, ma spesso sono gli attori statali ad abdicare al loro compito di difendere la Costituzione e la laicità dell’Indonesia, secondo quanto voluto dai suoi padri fondatori, come Sukarno. Si tratta, dunque, di trovare un nuovo equilibrio per realizzare l’ideale dell’unità nella diversità, spesso minacciato dai gruppi e partiti islamisti, che cercano di accelerare l’agenda della shariatisation dell’Indonesia.
Letture Consigliate
- Syafiq Hasyim. (2023). The shariatisation of Indonesia: The politics of the Council of Indonesian Ulama (MUI). Leiden: Brill.
- Ichwan, M. N. (2005). ‘Ulamā’, State and Politics: Majelis Ulama Indonesia After Suharto. Islamic Law and Society, 12(1), 45-72.
- Anggraeni, N. N., Baktı, A. S., Zainol, S. Z. P. B., Syahmirwan, S., & Fathiyakan, F. (2024). Ulama in Indonesia’s Political Contestation: The Indonesian Ulama Council’s Election Posts on Instagram. NALAR: Jurnal Peradaban dan Pemikiran Islam, 8(1), 116-140.