- Abstract
- Introduzione – Hamas e i Media
- Le Radici Ideologiche e la Prima Fase Comunicativa
- L’Istituzionalizzazione dei Media e il Controllo della Narrazione
- L’Apertura al Digitale e la Costruzione di un Palcoscenico Globale
- Narrazione, Simbolismo e Identità Collettiva
- Retorica dell’Accusa e Uso del Diritto come Arma
- Diversificazione dell'Audience e Limiti
- Conclusione
- Letture Consigliate
Abstract
La strategia mediatica di Hamas costituisce un elemento strutturale della sua azione politica e militare, non riducibile a mera propaganda; attraverso un Media Office ufficiale e una rete di strumenti (dalla televisione e radio ai social media e documenti multilingue) Hamas ha elaborato una sofisticata narrativa che intreccia ideologia, religione, emozione e tecnologia. Questa produzione mediatica ha lo scopo di influenzare contemporaneamente l’opinione pubblica interna, il mondo arabo-musulmano e la comunità internazionale, combinando elementi di rivendicazione identitaria e religiosa con un discorso politico. Pur includendo interpretazioni selettive e omissioni, essa rappresenta un esempio paradigmatico di come, nei conflitti contemporanei, comunicazione e guerra risultino inseparabili.
Hamas’s media strategy is a structural element of its political and military action, not reducible to mere propaganda; Through an official Media Office and a network of tools (from television and radio to social media and multilingual documents), Hamas has developed a sophisticated narrative that intertwines ideology, religion, emotion, and technology. This media production aims to simultaneously influence domestic public opinion, the Arab-Muslim world, and the international community by combining elements of identity and religious claims with political discourse. Despite including selective interpretations and omissions, it represents a paradigmatic example of how communication and war are inseparable in contemporary conflicts.
Introduzione – Hamas e i Media
Hamas, movimento nato nel 1987 come emanazione palestinese dei Fratelli Musulmani, si è imposto negli ultimi decenni come uno degli attori più complessi e controversi del Medio Oriente; la sua identità, oscillante tra movimento politico, organizzazione sociale e attore militare, trova un ulteriore livello di espressione nella comunicazione. La strategia mediatica di Hamas non può essere considerata un aspetto accessorio della sua attività, bensì uno dei pilastri fondamentali della sua azione, senza il quale non sarebbero possibile la legittimazione interna e la proiezione esterna del gruppo.
Parlare della propaganda e della comunicazione di Hamas significa affrontare una dimensione in cui ideologia religiosa, calcolo politico, strumenti tecnologici e dinamiche emozionali si intrecciano in maniera indissolubile. I media diventano, dunque, un vero campo di battaglia, in cui l’immagine e la narrazione assumono un valore pari alla dimensione militare (e terroristica) della lotta. Non sorprende, dunque, che gli attacchi terroristici, i bombardamenti e i funerali dei militanti vengono usati per costruire la narrazione del movimento. Per Hamas, al pari degli altri gruppi terroristici, è fondamentale proporre una narrativa ampia, formata da eventi che vengono riletti come tappe di un tragitto ideale verso la conquista degli obiettivi.
Le Radici Ideologiche e la Prima Fase Comunicativa
Le radici della strategia mediatica di Hamas vanno cercate nella matrice ideologica dei Fratelli Musulmani, che hanno sempre attribuito un ruolo centrale alla parola, al sermone religioso e al potere (dis)educativo del messaggio. Nella visione del movimento, non è possibile separare l’attività politica dalla dimensione religiosa; comunicare, dunque, significa trasmettere un ordine morale, richiamare alla fede e rafforzare l’identità della comunità.
Durante la Prima Intifada (1987–1993), Hamas iniziò a diffondere volantini, comunicati e sermoni, strumenti apparentemente rudimentali ma capaci di raggiungere capillarmente la popolazione; si trattava di messaggi che circolavano nelle moschee e nei mercati. I contenuti esaltavano la ‘resistenza’ (muqawama) e il martirio, presentando il conflitto non come una scelta politica contingente, ma come un dovere religioso e nazionale. A partire dagli inizi, la comunicazione fu un elemento di mobilitazione quotidiana, capace di trasformare un’intera comunità in un soggetto politico.
Parte fondamentale della narrazione di Hamas, poi, sono anche i suoi manifesti politici, come l’appello originario alla ‘resistenza’; in tale documento, risalente al 1987, si può leggere,
Today, you have a date with Gods powerful decree against the Jews and their helpers. Nay, you are an integral part of this decree that, God willing, ultimately shall uproot them.
Indeed, during one week, hundreds of wounded and tens of martyrs offered their lives in the path of God to uphold their nations glory and honor, to restore our rights in our homeland, and to elevate Gods banner in the land. This is a true expression of the spirit of sacrifice and redemption that characterizes our people. This spirit has robbed the Zionists of their sleep and rocked their foundations, even as it proved to the whole world that a people that welcomes death shall never die.
Oggi avete un appuntamento con il potente decreto di Dio contro gli ebrei e i loro aiutanti. No, voi siete parte integrante di questo decreto che, a Dio piacendo, alla fine li sradicherà.
Infatti, durante una settimana, centinaia di feriti e decine di martiri hanno offerto la loro vita sulla via di Allah per sostenere la gloria e l’onore delle loro nazioni, per ripristinare i nostri diritti nella nostra patria e per innalzare la bandiera di Allah sulla terra. Questa è una vera espressione dello spirito di sacrificio e redenzione che caratterizza il nostro popolo. Questo spirito ha tolto il sonno ai sionisti e ha scosso le loro fondamenta, dimostrando al mondo intero che un popolo che accoglie la morte non morirà mai.
Primo Comunicato di Hamas, 14 Dicembre 1987, riportato in Khaled Hroub. (2002). Hamas: Political Thought and Practice. Institute for Palestine Studies. USA. p. 265.
La strategia mediatica e la narrazione successiva hanno attivamente supportato questo programma politico, e, sebbene gli strumenti siano differenti rispetto agli anni Ottanta del secolo scorso, i contenuti e le tematiche sono rimaste le medesime.
L’Istituzionalizzazione dei Media e il Controllo della Narrazione
La conquista del potere a Gaza nel 2007, dopo una guerra civile con Fatah, segnò una svolta decisiva, in quanto Hamas, da movimento si trasformò in forza di governo, con la necessità di costruire una propria architettura mediatica stabile. E’ in tale contesto che nazquero canali ufficiali come Al-Aqsa TV e Al-Aqsa Voice Radio, che si imposero come megafoni del movimento e strumenti di formazione politica e religiosa.
Le trasmissioni di Al-Aqsa TV (oscurate in diversi Paesi a causa del loro contenuto terroristico e radicale) alternano notiziari e programmi religiosi a cartoni animati per bambini, nei quali la resistenza è narrata come un dovere naturale e non negoziabile. In tale ottica, il martirio diventa una virtù nazionale, come spiega questo ‘sapiente’ di Gaza.
Questa fusione tra informazione, intrattenimento e propaganda riflette una precisa strategia, ovvero quella di rivolgersi a tutti, e plasmare le coscienze dall’infanzia; pertanto, la televisione e la radio vengono trasformati in spazi comunitari che uniscono la ‘nazione palestinese’ nel segno della ‘resistenza’.
Il controllo mediatico, del resto, non si limita alla produzione di contenuti, in quanto Hamas esercita una selezione accurata delle notizie che circolano, privilegiando quelle che rafforzano la sua immagine e censurando quelle che potrebbero indebolirla. Le difficoltà economiche, le proteste interne o la repressione di dissidenti vengono minimizzate o occultate, mentre viene concesso un grande spazio alle vittime civili dei bombardamenti israeliani o alle operazioni militari riuscite. In questo modo, i media diventano strumenti non solo di comunicazione, ma di potere, e devono essere considerati parte integrante del governo della Striscia.
L’Apertura al Digitale e la Costruzione di un Palcoscenico Globale
L’avvento dei social media è stato colto come una preziosa opportunità da parte di Hamas per consolidare il suo messaggio e diffonderlo ben oltre i confini della Striscia o del Medio Oriente; per questa ragione, piattaforme come Twitter, YouTube, Telegram e, più recentemente, TikTok sono stati utilizzati per diffondere immagini e messaggi a pubblici diversificati.
L’account Palinfoen (Palestine Info Center), in lingua inglese, rappresenta un esempio paradigmatico di questa strategia; attraverso la scelta della lingua e dei contenuti, Hamas cerca di rivolgersi a un pubblico internazionale, privilegiando immagini di distruzione, storie di bambini feriti e messaggi sui diritti umani. L’obiettivo è duplice, e tende ad attirare l’attenzione dei media occidentali per conquistare una quota di opinione pubblica simpatetica, capace di esercitare pressione sui governi; in questo modo, le metodologie violente vengono taciute, per puntare i riflettori sugli effetti da essi stessi provocati, ribaltando le responsabilità.

La comunicazione digitale, per sua natura immediata e virale, permette ad Hamas di reagire in tempo reale agli eventi; per questa ragione, ogni bombardamento, raid o una vittima, presentata sempre come civile, diventano immediatamente materiale narrativo, trasformato in post, immagini e video che circolano con rapidità. Si tratta di un meccanismo che rende la guerra dell’informazione un’estensione delle campagne militari, con effetti spesso equivalenti in termini di percezione e impatto politico.
Narrazione, Simbolismo e Identità Collettiva
La forza della strategia mediatica di Hamas risiede nella sua capacità di fondere racconto politico e simbolismo religioso; in effetti, ogni messaggio si costruisce attorno a una triade narrativa che si ripete con coerenza.
- Il martirio, presentato come supremo atto di devozione, celebrato attraverso fotografie, manifesti e video commemorativi che trasformano i miliziani (anche i civili diventano miliziani quando si tratta di martirizzarli) caduti in figure eroiche.
- La sofferenza del popolo palestinese, rappresentata attraverso immagini di case distrutte, funerali e ospedali sovraffollati, che alimentano un senso di ingiustizia condivisa; molte immagini e video non si riferiscono nemmeno ad eventi recenti, è sufficiente che siano credibili e adeguati alla narrativa.
- L’eroismo della resistenza, che trasforma ogni atto armato in un gesto di coraggio collettivo, presentato non come violenza cieca, ma come risposta necessaria a un’occupazione ritenuta illegittima.
Questa narrazione, ripetuta incessantemente, produce un effetto di interiorizzazione, in quanto i cittadini palestinesi non sono soltanto spettatori, ma parte di una storia collettiva che li lega al sacrificio e alla resistenza. Allo stesso tempo, la comunità internazionale è chiamata a riconoscere questo dramma come espressione di un conflitto morale, non soltanto politico, e, di conseguenza, ad agire, sostenendo la ‘causa palestinese’.
Retorica dell’Accusa e Uso del Diritto come Arma
Un elemento particolare della strategia comunicativa di Hamas, poi, è quello legato all’uso della retorica dell’accusa; ogni dichiarazione ufficiale, comunicato e conferenza stampa contengono riferimenti ai presunti crimini commessi da Israele, chiamato come ‘entità sionista’, ‘entità occupante’, e con altri termini simili. L’uso del linguaggio giuridico e dei diritti umani è diventato parte integrante della retorica del movimento, che mira ad ottenere legittimità in seno alla comunità internazionale; ovviamente, i crimini commessi (sia contro i palestinesi della Striscia che contro Israele e altri Stati) vengono opportunisticamente taciuti.
Questa pratica, definita spesso come ‘lawfare‘, non si limita a denunciare le presunte violazioni, ma cerca di spostare il terreno dello scontro, dalla dimensione militare a quella legale e morale; si tratta di una tattica fondamentale per neutralizzare l’accusa di terrorismo rivolta contro Hamas. Quest’ultima, invece, si presenta, paradossalmente, come un attore che agisce in nome del diritto internazionale e della difesa dei civili.
L’efficacia di questa strategia, tuttavia, dipende dal pubblico a cui essa è rivolta, e nel mondo arabo, l’accusa rafforza la narrazione della resistenza eroica; in Occidente, essa ha lo scopo di costruire una percezione più sfumata, ponendo Israele sul banco degli imputati e riducendo la distanza morale tra l’azione armata terroristica palestinese e la legittima reazione israeliana.
Diversificazione dell’Audience e Limiti
Hamas ha dimostrato una notevole capacità di adattamento comunicativo, e, a al pubblico arabo-musulmano, offre una retorica intrisa di simbolismo religioso, incentrata sulla difesa della moschea di al-Aqsa e sul richiamo alla solidarietà islamica. Pertanto, Hamas cerca di sfruttare la solidarietà islamica, che però non sempre attecchisce. Le voci dissenzienti vengono silenziate, intimidite e ostracizzate, fino ad arrivare all’accusa di tradimento e apostasia; secondo Hamas, l’appartenenza alla comunità islamica coincide con il sostegno alla ‘causa palestinese’.
Alla comunità internazionale, invece, propone un linguaggio basato sui diritti umani, sulla sofferenza dei civili e sulla necessità di porre fine alla presunta occupazione; pertanto, questo appello viene spesso raccolto da forze politiche occidentali (tendenzialmente di sinistra) che sono storicamente sensibili a queste tematiche. Si tratta di una diversificazione che rende la strategia mediatica estremamente flessibile, in quanto non esiste un unico messaggio, ma una serie di narrazioni parallele, calibrate in base all’interlocutore. È un esempio di comunicazione segmentata, in cui ciascun pubblico riceve un discorso modellato sulle proprie sensibilità culturali e politiche.
Nonostante la sua efficacia, la strategia comunicativa di Hamas presenta alcuni limiti evidenti, e, da un punto di vista interno, il controllo dell’informazione rischia di minare la credibilità del movimento, specialmente rispetto ad una popolazione che soffre condizioni economiche e sociali sempre più difficili. La propaganda, per quanto sistematica, non può cancellare le tensioni generate dalla gestione del potere a Gaza, parallelamente a quanto si osserva in altri Paesi a regime islamico, come in Iran.
Diversi attori del mondo arabo, poi, non accettano la narrativa di Hamas, e lo accusano di essere il principale ostacolo alla pace ed alla formazione di uno Stato Palestinese,
Sul piano internazionale, la stretta associazione con atti terroristici e attentati suicidi rappresenta un ostacolo insormontabile ad una piena legittimazione; anche se Hamas cerca di costruire un’immagine di resistenza legittima, l’uso della violenza contro i civili rimane un elemento divisivo, che limita il consenso in gran parte dell’opinione pubblica occidentale. In prospettiva, la sfida sarà quella di mantenere la capacità di influenzare le narrazioni globali in un contesto sempre più saturo di immagini e di conflitti. La guerra dell’informazione, infatti, non si gioca soltanto tra Israele e Hamas, ma in un’arena globale in cui competono decine di attori e di cause interconnesse e spesso ambigue.
Conclusione
La strategia mediatica di Hamas rappresenta un esempio paradigmatico di come la comunicazione sia diventata una dimensione inseparabile dalla politica e dalla guerra contemporanea; non si tratta di una semplice attività di propaganda, ma di un’azione complessa che unisce ideologia, religione, emozione e tecnologia. La presenza di un Media Office ufficiale di Hamas conferma che l’informazione rappresenta un elemento centrale della sua azione.
Hamas, in altre parole, utilizza i media per mobilitare la popolazione interna, consolidare il proprio potere, delegittimare la cosiddetta ‘entità occupante’ (Israele), e influenzare l’opinione pubblica mondiale. In questo senso, la sua forza non risiede solamente nelle armi, ma soprattutto nella capacità di trasformare ogni evento in un racconto. Le ogni vittime vengono trasformate in simboli evocativi e gli attentati terroristici diventano, in questa narrazione, operazioni eroiche che si inseriscono in una sorta di epopea nazionale più ampia.
Comprendere questa strategia significa cogliere uno degli aspetti più profondi e sfuggenti del conflitto israelo-palestinese; si tratta della battaglia per la percezione, in cui il potere delle immagini e delle parole si rivela tanto decisivo quanto quello delle armi.
Letture Consigliate
- Khaled Hroub. (2002). Hamas: Political Thought and Practice. Institute for Palestine Studies. USA.
- International Institute for Strategic Studies. (2024). Hamas’s narrative of the 7 October attack and the impossibility of ignoring it. Istituto Affari Internazionali (IAI).
- Levitt, M. (2006). Hamas: Politics, charity, and terrorism in the service of jihad. Yale University Press.