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Abstract

La Società Missionaria del Reno (RMG) nacque nel 1828 per iniziativa di gruppi evangelici della Renania (Elberfeld, Barmen e Colonia), emergendo come una delle principali organizzazioni missionarie protestanti della Germania moderna (1828). Fondata in un contesto di risveglio religioso e volontarismo mondiale, essa mirava alla formazione di missionari preparati in ambito teologico, linguistico e culturale, capaci di tradurre la Bibbia, educare comunità indigene e dialogare con contesti socioculturali distanti.

Nel panorama coloniale delle Indie Orientali Olandesi, la RMG stabilì la sua prima stazione asiatica nel 1836 a Kalimantan (Borneo); a partire dal 1860, poi, l’azione della RMG si espanse a Sumatra settentrionale e, cinque anni più tardi, a Nias,tra i Batak, dove la missione si concretizzò attraverso l’istituzione di scuole, traduzione dei testi sacri, formazione linguistica e creazione di strutture missionarie integrate nel tessuto locale.


The Rhenish Missionary Society (RMG) was founded in 1828 on the initiative of evangelical groups from the Rhineland (Elberfeld, Barmen, and Cologne), emerging as one of the leading Protestant missionary organisations in modern Germany (1828). Founded in a context of religious revival and global voluntarism, it aimed to train missionaries who were theologically, linguistically, and culturally prepared, capable of translating the Bible, educating indigenous communities, and engaging in dialogue with distant sociocultural contexts.

Within the colonial landscape of the Dutch East Indies, the RMG established its first Asian station in 1836 in Kalimantan (Borneo); Starting in 1860, the Rhenish Missionary Society’s work expanded to North Sumatra, and five years later, to Nias, among the Batak people, where the mission took shape through the establishment of schools, the translation of sacred texts, language training, and the creation of missionary structures integrated into the local fabric.


Origini della Società Missionaria del Reno

La Società Missionaria del Reno (Rheinische Missionsgesellschaft, d’ora in poi RMG) nacque nel 1828 a Barmen, in Renania, in un contesto segnato dal fervore del risveglio religioso protestante e dalla crescente apertura delle potenze europee verso l’espansione coloniale oltremare. La fondazione dell’organizzazione fu il frutto della confluenza di tre piccoli seminari missionari già attivi nella regione renana (Elberfeld, Barmen e Duisburg), che decisero di unire risorse e visione per dare vita a un’opera missionaria di più ampio respiro.

Seminario di Barmen


L’obiettivo dichiarato era chiaro, e consistevan nella formazione e invio di missionari in terre considerate ‘pagane’ per predicare il Vangelo, fondare comunità cristiane stabili e promuovere l’educazione secondo i valori protestanti. Fin dalle origini, la RMG si distinse per un’impostazione teologica di stampo luterano-riformato, ma capace di dialogare con altre correnti evangeliche, e per un’attenta organizzazione del lavoro missionario, sostenuto da una fitta rete di congregazioni, donatori privati e riviste periodiche.

Targa Commemorativa della Fondazione della RMG.

Dall’opera dei primi insegnanti del seminario di Barmen si può brevemente ricostruire l’approccio adottato; Ritcher (1799-1846) è stato il primo ispettore della RMG ed ha insegnato a tempo pieno, e nessuno dei suoi studenti è diventato missionario presso i Batak. Ciò nonostante, egli ha contribuito a porre le basi teologiche del futuro lavoro missionario, che comprendeva una conoscenza di base della Bibbia, dei suoi insegnamenti e della dottrina della salvezza. Oltre alle materie teologiche, gli studenti dovevano anche studiare geografia, fisica, pedagogia, olandese, inglese e l’arte della retorica (parlare in pubblico).

Il lavoro intellettuale era poi accompagnato da quello manuale, oppure da sessioni di insegnamento per qualche ora alla settimana; si tratta di un approccio multidisciplinare e organico, che preparava al lavoro delle missioni.


Il Contesto delle Indie Orientali Olandesi

L’interesse della RMG per l’arcipelago indonesiano si inserisce nel quadro delle relazioni tra la Germania e i Paesi Bassi nella prima metà del XIX secolo; le Indie Orientali Olandesi non rappresentavano solamente un vasto e complesso mosaico etnico-culturale, ma anche un territorio in cui la presenza cristiana era limitata alle aree di antica penetrazione portoghese e spagnola, o ai centri amministrativi olandesi.


La Compagnia Olandese delle Indie Orientali (VOC), sciolta nel 1799, aveva lasciato un’eredità frammentata; la Chiesa Riformata Olandese (Nederlandse Hervormde Kerk) manteneva un ruolo predominante nelle regioni già cristianizzate (come le Molucche), ma molte altre zone restavano al di fuori di una presenza ecclesiastica stabile. Fu proprio in queste ‘terre di missione’ che la RMG individuò uno spazio d’azione, in accordo (ma talvolta anche in tensione) con le autorità coloniali olandesi; non sempre, ovviamente, gli interessi coloniali e missionari coincidevano. Si dovrà attendere la Conferenza Missionaria Internazionale nel 1910 affinché i missionari adottassero una posizione simbiotica rispetto alle autorità protestanti.

Il rapporto del 1875 della Società Missionaria del Reno riferisce che

Deze onze oudste zendingspost op Borneo kan wel is waar niet
meer als het eigenlijke middelpunt onzer zending aldaar worden aangezien, maar is toch nog altijd haar uitgangs- en steunpunt als de
haven waardoor alles, wat naar het binnenland gaat of daarvoor uitgevoerd wordt, zijn weg nemen moet. Buitendien is het de zetel van
den resident, d. i. van den hoogsten Hollandschen ambtenaar in deze
streek. Van den tegenwoordigen resident kan men niet zeggen, dat hij
onze zending en hare uitbreiding genegen is; integendeel, het is
hoofdzakelijk aan hem te wijten, dat onzen broeders de toestemming
naar het district Sihong te gaan steeds geweigerd werd. Nog in April
van dit jaar had hij Br. Beige op diens vraag, wanneer hij naar Sihong
kon gaan, geantwoord: Als mijn opvolger komt. Daarom is het voor
ons en voor alle zendingsvrienden geen bedroevend bericht, door een
der laatste posten gebracht, dat deze resident naar Java vertrokken
is, en niet terug zal keeren. Het is te hopen dat nu onder zijn
opvolger werkelijk de lang verwachte vergunning naar Sihong te gaan
aan de broeders Beige en Tromp verleend zal worden; daardoor verkrijgt onze zendingsarbeid onder de Dajakken eene aanmerkelijke
uitbreiding.

Questa nostra più antica stazione missionaria nel Borneo non può più essere considerata il vero centro della nostra missione lì, ma è ancora il suo punto di partenza e di appoggio, il porto attraverso il quale tutto ciò che va nell’entroterra o ne viene esportato deve passare. Inoltre, è la sede del residente, cioè del più alto funzionario olandese in questa regione. Non si può dire che l’attuale residente sia favorevole alla nostra missione e alla sua espansione; al contrario, è principalmente a lui che si deve il fatto che ai nostri fratelli sia sempre stato negato il permesso di andare nel distretto di Sihong. Ancora nell’aprile di quest’anno, alla domanda di Fr. Beige su quando potesse andare a Sihong, aveva risposto: “Quando arriverà il mio successore”. Perciò, per noi e per tutti gli amici della missione, non è una notizia triste, portata da uno degli ultimi post, che questo residente sia partito per Giava e non farà ritorno. È da sperare che ora, sotto il suo successore, venga finalmente concessa ai fratelli Beige e Tromp la tanto attesa licenza per andare a Sihong; ciò permetterà alla nostra opera missionaria tra i Dayak di espandersi notevolmente.

Die Rijnsche Zending, TIJDSCHRIFT ter bevordering van het Christendom in Nederlandsch Indie, Westhoff, Amsterdam, 1875, p. 17.

Come si può apprezzare da questa testimonianza coeva, non sempre gli sforzi missionari della RMG erano apprezzati o autorizzati, ma era sempre necessario ottenere una licenza da parte del governante locale, che poteva anche rifiutarla per motivazioni differenti. Allo stesso tempo, Benjamarsin si conferma come la stazione missionaria originaria, sebbene avesse perso la centralità iniziale.


I Primi Missionari

La prima missione renana nelle Indie Orientali Olandesi si aprì nel 1835, con l’arrivo di Johann Heinrich Barnstein nel Borneo, nel distretto di Banjarmasin; la scelta non era casuale, in quanto la regione era un crocevia commerciale e culturale, abitata da popolazioni dayak nell’interno e da comunità malay lungo la costa, con una forte presenza dell’islam.

L’importanza di questa prima stazione missionaria viene confermata dai rapporti della Società Missionaria del Reno per le Indie Orientali Olandesi, come dimostra il brano del rapporto del 1875 menzionato in precedenza. Tale pubblicazione, in effetti, raccoglieva le testimonianze dei missionari, oltre agli scritti di personalità come il teologo dottor Fabri, che legò tra loro evangelizzazione e colonialismo; proprio quest’ultimo osservava, nelle pagine della citata rivista della RMG, che

Op bijna elk gebied wordt de
arbeid zichtbaar gezegend en gaat vooruit. Het getal der jonge lieden, welke zich voor de Zending aanbieden, is nog altijd eens zoo
groot als wij noodig hebben en wij in onze gestichten (thans 42
kweekelingen bevattende) kunnen opnemen. Indien de Heer den arbeid zegent, indien de Heer ook de levende krachten voor den arbeid
rijkelijk geeft, kan, mag dan ter wille eener geldelijke verlegenheid
de arbeid zelf ingekrompen worden? Voorzeker niet.

In quasi ogni campo il lavoro è visibilmente benedetto e progredisce. Il numero dei giovani che si offrono per la Missione è ancora il doppio di quanto ci serve e di quanto possiamo accogliere nei nostri istituti (che attualmente ospitano 42 seminaristi). Se il Signore benedice il lavoro, se il Signore dà anche abbondantemente le forze vive per il lavoro, può, deve, per motivi di difficoltà finanziaria, essere ridotto il lavoro stesso? Certamente no.

Die Rijnsche Zending, TIJDSCHRIFT ter bevordering van het Christendom in Nederlandsch Indie, Westhoff, Amsterdam, 1875, p. 33.

Di conseguenza, le attività missionarie erano fiorenti, e stavano dando i risultati attesi, e con il passare del tempo, esse si estesero a Sumatra, Giava e soprattutto alle Celebes (Sulawesi), dove i missionari trovarono terreno fertile in alcune comunità disposte al dialogo. Questa espansione missionaria, che coincide anche con l’espansione coloniale olandese, comportò un aumento delle spese di cui si lamenta il Fabri nel 1875.

Si osserva, a tale proposito, che una delle missioni più note sorse tra i Batak di Sumatra settentrionale, anche se questa rimase per lo più appannaggio di missioni luterane tedesche parallele alla RMG; in generale, la strategia prevedeva la creazione di ‘stazioni missionarie’ usate come centri di culto, scuole e presidi sanitari. Ogni stazione costituiva poi il punto di partenza per un lavoro itinerante nei villaggi circostanti, con l’obiettivo di formare catechisti locali che potessero proseguire l’opera con una certa autonomia.


Educazione e Traduzione

Uno degli elementi distintivi dell’azione della RMG fu l’impegno educativo, e, in effetti, i missionari aprirono scuole primarie in cui l’alfabetizzazione, spesso insegnata in lingua malese o nelle lingue locali, si accompagnava alla catechesi. Fondamentale, da questo punto di vista, fu il lavoro di traduzione della Bibbia e dei testi liturgici.

Figure come Johannes Gottlob Geissler e Heinrich Sundermann si dedicarono per decenni alla codificazione delle lingue locali, producendo grammatiche, dizionari e versioni bibliche che divennero pietre miliari della linguistica indonesiana ottocentesca. Sundermann, in particolare, è ricordato per la sua opera di traduzione della Bibbia in lingua buginese e makassarese, che non solo facilitò la diffusione del cristianesimo, ma preservò e documentò un patrimonio linguistico di grande valore.


L’istruzione femminile ricevette un’attenzione particolare, in linea con le tendenze pedagogiche protestanti; a tale scopo furono istitutuite diverse scuole per ragazze, in cui venivano formate le future madri cristiane, custodi della fede domestica e promotrici dell’educazione dei figli. Del resto, la differenza di costumi e abitudini rispetto alla popolazione islamica viene spesso citata come principale causa che ostacolava le conversioni al cristianesimo.

Zij plaatsen het Christendom wel veel
hooger dan den Islam, maar velen spreken het onverholen uit: Wij
hebben den moed niet, Christenen te worden, daar wij onmogelijk
naar de voorschriften des Christendoms leven kunnen maar den
Islam achten zij niet hoog, ant zij zeggen (en wel in het geheel genomen met het volste recht) de Mohammedanen zijn nog slechter
dan de heidenen. In vele Dajaksche familiën is de vraag, wat nu te
worden, ernstig overwogen; helaas, zijn het zeer dikwijls de vrouwen
die de beslissing tegenhouden, daar zij J)ang zijn voor het kerkgaan; dat mannen en vrouwen samen in één vertrek zitten, zingen
enz. strijdt geheel en al tegen het gevoel eener Dajaksche vrouw. In
het algemeen word ik bij mijn huisbezoek goed ontvangen en meestal
wordt het mij niet moeielijk het gesprek op de groote hoofdzaak te
brengen, maar dat ik door de vrouwen op hare wijze uitgesloten
word, is iets dat dikwijls voorkomt. Doch een omkeer is ophanden,
en geen mensch kan ze tegenhouden, zoo weinig als hij ze teweeg
kan brengen.

Essi pongono il cristianesimo molto più in alto dell’islam, ma molti lo esprimono apertamente: “Non abbiamo il coraggio di diventare cristiani, poiché è impossibile vivere secondo i precetti del cristianesimo, ma non stimiamo l’islam, e dicono (e in generale con pieno diritto) che i musulmani sono peggiori dei pagani”. In molte famiglie Dayak, la domanda su cosa fare ora è stata seriamente considerata; purtroppo, sono molto spesso le donne a trattenere la decisione, poiché sono riluttanti ad andare in chiesa; il fatto che uomini e donne siedano insieme nella stessa stanza, cantino, ecc., è completamente contrario al sentimento di una donna Dayak. In generale, durante le mie visite a domicilio vengo accolto bene e di solito non ho difficoltà a portare la conversazione sull’argomento principale, ma il fatto che le donne mi escludano a modo loro è qualcosa che accade spesso. Ma un capovolgimento è imminente, e nessun uomo può fermarlo, tanto poco quanto può provocarlo.

Die Rijnsche Zending, TIJDSCHRIFT ter bevordering van het Christendom in Nederlandsch Indie, Westhoff, Amsterdam, 1875, p. 15.

Non sorprende, dunque, l’accento posto sull’educazione femminile, che si inserisce in una strategia volta a diffondere i valori cristiani presso una popolazione che rimaneva, in maggioranza, musulmana; le parole riportate nel 1875 appaiono decisamente attuali da questo punto di vista.


Rapporto con l’Amministrazione Coloniale

La relazione tra i missionari renani e le autorità olandesi fu complessa, e, in generale, si osserva che le missioni godevano di una relativa libertà di movimento, purché non entrassero in conflitto con le politiche di ordine pubblico o con la gestione economica del territorio. Tuttavia, l’attività tra popolazioni musulmane era spesso vista con sospetto, sia per il rischio di innescare tensioni religiose, sia per la difficoltà di integrare nuove comunità cristiane in un contesto giuridico regolato dal Regeringsreglement del 1854. Si tratta di un decreto che ha riformato gli equilibri del potere nella colonia tropicale, accentrando il ruolo del governatore generale; di conseguenza, le attività missionarie non erano certamente vietate, ma dovevano rientrare nelle politiche decise dal governatore, che agiva come un vice-re.


La RMG, del resto, seppe comunque sviluppare un modello di collaborazione pragmatica, in cui tavolta i missionari fungevano da intermediari culturali, traduttori e informatori, contribuendo così alla conoscenza etnografica e geografica delle regioni interne, di cui spesso gli olandesi avevano scarsa dimestichezza. Da questo punto di vista, si conferma la funzione del missionario come ‘agente culturale’, nozione espressa in seguito da diversi sinodi e conferenze del mondo protestante, come la celebre Conferenza Missionaria del 1910.


Periodici e Reti di Sostegno

L’opera della RMG era sostenuta da una fitta rete di comunicazione con l’Europa, e riviste come il Berichte der Rheinischen Missionsgesellschaft, o la De Rijnsche Zending, pubblicavano relazioni dettagliate, lettere e diari dei missionari, corredati da illustrazioni e mappe. Questi periodici, come quello da cui sono stati citati ampi stralci, avevano una duplice funzione, ovvero informare i sostenitori e alimentare la sensibilità missionaria nelle chiese tedesche. I resoconti, spesso composti con un linguaggio che mescolava osservazione etnografica e narrazione edificante, contribuirono a creare in Germania un’immagine idealizzata delle Indie Orientali, viste come un campo di avventura spirituale e progresso civile.

Verso la fine del XIX secolo, tuttavia, la RMG dovette affrontare nuove sfide, come l’espansione dell’islam nelle isole interne, la concorrenza di altre missioni protestanti e cattoliche, e le restrizioni imposte dalle autorità coloniali in zone ‘sensibili’, che limitarono l’azione diretta. Allo stesso tempo, il mutamento delle sensibilità in Europa, con l’emergere di un approccio missionario più scientifico, attento alla formazione di chiese locali indipendenti, costrinse la RMG a rivedere le proprie strategie. Cresceva, in particolare, la consapevolezza che la chiesa nella colonia tropicale non poteva essere una semplice ‘filiale’ della chiesa europea, ma una comunità cristiana radicata nella cultura indigena.

Allo scoppio della Prima guerra mondiale, poi, molti missionari tedeschi furono internati o rimpatriati per motivi politici, e le loro stazioni passarono temporaneamente sotto la gestione olandese; tuttavia, il lascito della RMG rimase profondo. Tale eredità comprende scuole, traduzioni bibliche, archivi linguistici e un patrimonio etnografico che ancora oggi costituisce fonte preziosa per la storia dell’Indonesia. Pertanto, sembra agevole osservare che i missionari della Società Missionaria del Reno seppero incarnare un modello di missione che combinava zelo religioso, curiosità intellettuale e capacità di mediazione interculturale.


Conclusioni

La Rheinische Missionsgesellschaft si pose da subito come un’istituzione visionaria, capace di produrre missionari preparati, capaci non solo di un annuncio spirituale, ma anche di tradurre e adattare culture linguistiche e mondi simbolici. Attiva in Asia già dagli anni Trenta del XIX secolo, la RMG sviluppò un approccio moderno, capace di fondersi con i tratti locali, senza cancellarli.

Le sue strutture non furono create a caso, ma dipesero dalla geografia e dalla psicologia delle comunità in cui operarono; tra i Batak, i Dayak e in altri spazi remoti, si costruirono strutture di fede e apprendimento che, pur inseguendo una visione evangelica, incorporarono pratiche locali e disegnarono degli ‘spazi ibridi’ nel tessuto coloniale.

L’eredità della RMG non consiste solamente nelle chiese fondate dai suoi missionari, ma anche nelle lingue tradotte, nei dizionari compilati, nelle donne istruite, e nelle case costruite in terre lontane; le stazioni missionarie furono ponti fragili, ma resilienti allo stesso tempo. Anche se la RMG fu espulsa nel 1940, essa lasciò tracce profonde nel paesaggio culturale, religioso, linguistico e antropologico dell’Indonesia.


Letture Consigliate

  • Becker, J. (2021). Mission, Medicine, and Agency. Power-Structures in Medical Missionary Encounters. Global Histories: A Student Journal7(1).
  • Derksen, A. M. (2021). Embodied Encounters: Colonial Governmentality and Missionary Practices in Java and South Dutch New Guinea, 1856-1942.
  • Groten, M. P. (2021). Places of empire: The making of an imperial environment in Western Europe, 1860-1960.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.). Nel 2025 ha iniziato a colloborare con la testata online 'Rights Reporter', per la quale scrive articoli e analisi sull'Islam, la shariah e i diritti umani.

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