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Abstract

In Indonesia, la Corte Costituzionale dovrebbe garantire il rispetto dei diritti umani, ma quando si tratta di libertà religiosa, questa istituzione non assolve il suo mandato, ma supporta la posizione dei gruppi radicali e della loro agenda. La controversa e pericolosa legge sulla blasfemia è infatti stata considerata dalla Corte come legittima, e questa decisione ha influito sulla persecuzione dei gruppi religiosi minoritari, come Ahmadiyah.


In Indonesia, the Constitutional Court should ensure the respect of human rights, but when it comes to religious freedom, this institution does not fulfill its mandate, but rather supports the position of radical groups and their agenda.The controversial and dangerous blasphemy law has indeed been deemed legitimate by the Court, and this decision has impacted the persecution of minority religious groups, such as Ahmadiyah.


Introduzione – Corte Costituzionale e Diritti Fondamentali

Un sano sistema democratico si basa sulla solidità delle sue istituzioni, tra cui emerge, per importanza, la Corte Costituzionale; in Indonesia, questa istituzione, che dovrebbe garantire il rispetto di quanto sancito, nello spirito e nella lettera, dalla Costituzione del 1945, è chiaramente sotto attacco da parte dei movimenti populisti. Questi ultimi, in effetti, stanno aumentando in termini di rilevanza, e le loro argomentazioni vengono adottate e accettate da una quota sempre più ampia della popolazione. In ambito giudiziario, questi movimenti cercano di imporre una visione estremamente conservartrice dell’Islam e di implementare la ‘legge islamica’, ponendo una significativa minaccia alla democrazia e al rispetto della legge secolare.

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Per questa ragione, diventa interessante comprendere il livello di indipendenza della Makhamah Konstitusi rispetto a poteri e influenze esterne che ne potrebbero compromettere il funzionamento; si tratta di un problema centrale, in quanto esso si riflette direttamente sulla possibilità di esercitare i diritti fondamentali garantiti dalla Carta Costituzionale da parte delle minoranze. La Pancasila, adottata e promossa dalla Costituzione del 1945, cerca di promuovere una visione basata sulla pacifica convivenza tra fedi religiose differenti. L’approccio è chiaramente secolare, e la rimozione della Carta di Jakarta dalla Carta Costituzionale, rappresenta il chiaro intento dei Padri Costituenti di non adottare una forma di Stato teocratica, ma secolare.


La Galassia Populista Indonesiana – Una Minaccia per la Democrazia

Il populismo religioso rappresenta un fenomeno che si osserva a livello globale, e che coinvolge anche l’Indonesia; le caratteristiche dei movimenti populisti, del resto, sono evidenti, iniziando dalla strumentalizzazione della religione, ovvero dell’Islam. In altre parole, l’Islam viene usato per mobilitare le persone e convincerle/costringerle a supportare una determinata causa (lotta alla cristianizzazione, lotta per la ‘Palestina’, ecc.). Si tratta di un uso dell’Islam adottato spesso ufficialmente dalle autorità civili, che rimuove la barriera tra religione e Stato, limitatamente ad alcuni ambiti.

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La seconda caratteristica di questi movimenti è quella di creare profonde divisioni all’interno della società, allo scopo di creare gruppi che si definiscono ‘virtuosi’, o ‘pii’; in questo modo, gli altri vengono etichettati come nemici immorali e corrotti. Da notare che tale meccanismo non viene rivolto solamente verso i non musulmani, ma anche verso quei musulmani che non sono ritenuti ‘devoti’, ovvero che non soddisfano i requisiti stabiliti (in maniera autoreferenziale) dai gruppi ‘devoti’. Pertanto, viene creata e sostenuta la logica del ‘noi contro loro’, un modello utile a creare dei nemici da combattere e cause da supportare.

Ancora, si nota che questi gruppi populisti esercitano una certa influenza, sia a livello politico che sociale, e sono capaci di influenzare le politiche adottate dal Paese asiatico; in effetti, il loro successo dipende proprio dal sottolineare un’identità religiosa portata alle sue estreme conseguenze, e totalmente incompatibile con uno Stato democratico. Il consenso di cui godono questi gruppi, in effetti, si basa sull’immagine presentata di guardiani e difensori dei valori religiosi del Paese, una narrativa a senso unico che ovviamente ignora, (o rigetta) il pluralismo che esiste e che viene tutelato dalla Costituzione.

I movimenti populisti, infine, sfruttano abilmente il potere dei social media, allo scopo di disseminare le loro idee e raccogliere consensi e supporto di vario tipo (finanziario, ecc.); in questo modo, si sono formate delle vere e proprie comunità (sia virtuali che reali) intorno a figure carismatiche.


Populismo e Terrorismo

Questo fenomeno, in realtà, è contiguo al terrorismo, da cui è separato solamente dall’assenza di attacchi fisici violenti; le idee settarie proposte dai movimenti populisti, che escludono chiunque non accetti integralmente la loro visione di società, si avvicina pericolosamente al pensiero e alla pratica terroristica. Anche in questo caso, effettivamente, viene imposta la logica del ‘noi vs. loro’, allo scopo di giustificare l’attacco violento contro un nemico; allo stesso modo, viene rifiutata la legalità dello Stato, a cui si sostiuisce la visione integralista (e violenta) di Islam, che dovrebbe pervadere (secondo questa visione) l’intera società.

Come noto, gli ambiti populisti rigettano (di fatto) la democrazia e i suoi valori fondanti, e promuovono una visione autoritaria e gerarchica di società e di Stato; il caso di Hizbut Tahrir Indonesia, sciolta con decreto governativo nel luglio del 2017. La stampa locale riporta le motivazioni di questa decisione, spiegando che

Ketua Umum PBNU Said Aqil Siradj menilai, organisasi Hizbut Tahrir Indonesia (HTI) bertentangan dengan Pancasila, karena ingin mendirikan khilafah. “HTI ini adalah sekelompok umat Islam yang ingin mendirikan khilafah. Jelas bertentangan dengan Pancasila, dengan konstitusi kita, jelas itu,” katanya usai menghadiri Silaturrahmi Nasional (Silatnas) Gerakan Ayo Mondok di Taman Candrawilwatikta, Pandaan, Kabupaten Pasuruan, Jawa Timur, Sabtu (14/5/2016) dini hari. Ia menjelaskan, paham yang diperjuangkan HTI tidak sesuai dengan kondisi Indonesia.

Il Presidente dell’Organizzazione PBNU, Said Aqil Siradj, ritiene che l’organizzazione Hizbut Tahrir Indonesia (HTI) sia contraria al Pancasila, poiché desidera stabilire un califfato.”HTI è un gruppo di musulmani che vogliono istituire il califfato.”Chiaramente in contrasto con il Pancasila, con la nostra costituzione, è chiaro,” ha detto dopo aver partecipato al Silaturrahmi Nazionale (Silatnas) del Movimento Ayo Mondok al Taman Candrawilwatikta, Pandaan, Kabupaten Pasuruan, Giava Est, sabato (14/5/2016) all’alba.Ha spiegato che l’ideologia sostenuta da HTI non è conforme alla situazione dell’Indonesia.

(Andi Artik, Ketum PBNU: HTI Tidak Cocok di Indonesia, Ketum PBNU: HTI Non È Adatto in Indonesia, 14 Maggio 2016)

Il caso di HTI mostra chiaramente che, anche quando i gruppi non promuovono direttamente azioni violente, essi costituiscono un terreno particolarmente fertile per ispirare atti di violenza, o che comunque contrastano nettamente con l’ordinamento democratico. Per questa ragione, ritengo che il populismo sia attiguo ai fenomeni insurrezionali (e terroristici), e ne preparano le condizioni; un gruppo che non si riconosce nella filosofia fondamentale su cui si basa lo Stato e la società indonesiane (anche semplicemente di fatto) costituisce un serio pericolo per la società e per la stabilità dello Stato democratico e per la sicurezza nazionale.


Movimenti Populisti in Indonesia

In Indonesia si possono osservare diversi gruppi populisti, iniziando da FPI, il Fronte dei Difensori dell’Islam, il Partito della Giustizia e della Prosperità (PKS), e il Movimento Nazionale di Salvaguardia delle Fatwa del Consiglio Indonesiano degli Ulama (GPNF-MUI). A tali organizzazioni fanno poi riferimento alcuni movimenti, come il ‘411’, il ‘212’, e la grande coalizione del ‘212’; si tratta di gruppi dalla caratteristiche diverse, ma che condividono l’obiettivo di rendere l’Indonesia uno Stato Islamico.

Il FPI è già stato affrontato negli articoli sul terrorismo, ed è noto per le sue attività violente e la sua visione ultra-conservatrice dell’Islam; il PKS, ancora, è caratterizzato per la sua opposizione al secolarismo, e si è guadagnato una notevole influenza nella politica indonesiana. Il GNPF-MUI, infine, rappresenta una coalizione di movimenti islamisti, formatosi in seguito alle elezioni governatoriali di Jakarta del 2016, vinte dal cristiano di entnia cinese, Basuki Tjahaja Purnama, noto come ‘Ahok’.

A questi gruppi si devono poi unire i predicatori della galassia salafi(ta), che, sebbene non esprima dei movimenti strutturati, pone un serio pericolo per la stabilità del Paese,

Tale separatismo latente, in effetti, si basa sulla creazione di un’identità molto particolare, contrapposta, di fatto, al resto della società civile ed islamica; si osserva, a tale proposito, la presenza di diversi elementi caratterizzanti il profilo identitario salafi(ta). Anche se si possono osservare posizioni differenti in seno al movimento salafi(ta), si notano elementi che formano le basi dell’identità di coloro che aderiscono a questa visione. Il primo aspetto è la stretta adesione alla lettura tradizionale del Quran e degli Hadith (detti di Muhammad), a cui si accompagna il rigetto delle innovazioni religiose.

(Salvatore Puleio, Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente, 11 Dicembre 2024)

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Anche il salafismo, in effetti, presenta alcune caratteristiche del populismo, come il rifiuto della democrazias e dei valori democratici, considerati ‘anti-islamici’; i predicatori salafi(ti), dunque, cercano, anche se indirettamente, di proporre un modello di Stato basato su un’interpretazione ultra-conservatrice della sharia. Sebbene i predicatori affrontino raramente tematiche politiche, la loro posizione è evidente, e risulta dalla loro predicazione di un Islam settario e ‘puro’, ovvero (secondo questa visione) scevro da influenze culturali indonesiane.

Una visione del genere costituisce motivo di particolare preoccupazione, a causa del rischio di incoraggiare ideologie violente, considerando la mobilità tra il salafismo ‘quietista’ e quello ‘politico’ e ‘jihadista’. Di fatto, le tematiche teologiche riprese dai gruppi terroristici si basa proprio sulle argomentazioni tipiche del salafismo (corruzione delle istituzioni democratiche, necessità di vivere un Islam ‘puro’, ecc.).


Interventi della Corte Costituzionale Indonesiana

Il ruolo principale della Corte Costituzionale, in Indonesia, è quello di garantire il rispetto della Carta Costituzionale, e, dunque, dei diriti da essa sanciti; si tratta di un compito a cui la Corte sembra aver assolto con una certa efficacia. Tuttavia, quando si tratta di giudicare i possibili conflitti con la religione, l’atteggiamento della Corte appare più incerto; in altre parole, alcune decisioni prese sembrano essere subordinate al rispetto delle norme religiose, in contrasto con quanto sarebbe richiesto a questa istituzione.

Per questa ragione, ci si potrebbe chiedere quale sia l’effettiva indipendenza di questo organo fondamentale dello Stato indonesiano; il problema principale, in realtà, riguarda la legge ‘anti-blasfemia’, che, nonostante le ripetute richieste di riforma (o di abrogazione) continua a far parte dell’ordinamento giuridico. In effetti, sono diversi i gruppi minoritari ad aver chiesto una revisione di questa legge, che di fatto criminalizza le minoranze religiose e non assicura loro la necessaria tutela che viene sancita dalla stessa costituzione.

La risposta dei governi che si sono succeduti, a partire dall’epoca dell’Ordine Nuovo, è stata l’affermazione della possibilità di restringere la libertà religiosa, che, dunque, non viene considerata un diritto assoluto, ma relativo. Questa posizione è stata appoggiata dai gruppi islamisti, come Hizbut Tahrir Indonesia (in seguito sciolta dal governo), dal Consiglio delle Scuole Islamiche e da altre organizzazioni che supportano una visione tradizionale e ristretta di religione e società. Per questa ragione, questi soggetti hanno organizzato manifestazioni di protesta, allo scopo di preservare la legge contro la blasfemia, che, evidentemente, si allinea con i loro interessi.

Secondo queste persone, la libertà di religione, intesa in senso assoluto, sarebbe in contrasto con il concetto di ‘armonia religiosa’, e provocherebbe conflitti sociali; tuttavia, è proprio l’articolo 28J della Costituzione a garantire la libertà di professare una religione scelta liberamente (e di cambiarla altrettanto liberamente). La stessa Corte Costituzionale, del resto, si è espressa a favore del mantenimento della legge contro la blasfemia, ritenendo che questa normativa era necessaria per evitare i conflitti religiosi che sarebbero sorti dalla sua abrogazione.

Ciò nonostante, la Corte ha sottolineato che alcuni articoli di questa normativa erano ambigui, e che potevano essere fonte di discriminazioni; sono tre, in particolare, gli interventi della Corte Costituzionale, ovvero il numero 140 del 2009, il n. 84 del 2012, e il n. 76 del 2018, a dimostrazione della rilevanza di questa legge.

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La ricerca scientifica ha ampiamente dimostrato che questa legge presenta delle problematiche irrisolvibili, e incompatibili con gli ordinamenti che garantiscono la libertà religiosa, come quello indonesiano. Per iniziare, questa normativa contiene numerosi riferimenti vaghi e mal formulati, che si prestano a interpretazioni differenti; in questo modo, non viene garantita la certezza della legge, il pilastro fondamentale di una democrazia. In effetti, non è chiaro l’ambito del concetto di ‘diffamazione della religione’, un concetto che può essere usato (e di fatto viene usato) a scopi politici e di controllo sociale della maggioranza sunnita.

Di fatto, questa normativa viene usata dai governi per decidere quali manifestazioni religiose sono ‘corrette’ e quali sono ‘errate’, esercitando un giudizio politico in contrasto con la libertà garantita dalla Costituzione del 1945. Come noto, in Indonesia sono ammesse solamente (a livello ufficiale) sei confessioni religiose; nonostante le rassicurazioni dei ministri della religione, di fatto le altre fedi, o deviazioni dalle confessioni maggioritarie, non vengono solamente vietate, ma anche perseguitate.

Un esempio, su tutti, è quello di Ahmadiyah, un gruppo islamico minoritario che i governi indonesiani hanno costantemente perseguitato, impedendo ai loro membri di esprimere liberamente il loro credo religioso. La Fatwa del Majelis Ulama del 2005, con cui i sapienti islamici dichiaravano l’estraneità religiosa di questo gruppo rispetto all’Islam, è stata attivamente applicata dal governo, mediante azioni che vietano la professione di questo credo religioso.


Ahmadiyah – Un Credo Religioso ‘Errato’

Il bando della fede degli Ahmadiyah, ben noto e attivo in Indonesia,viene condiviso anche da altri Paesi, noti per la loro intolleranza rispetto alla libertà religiosa; si tratta di una comunità musulmana fondata nel 1889 nel Punjab, in India. Il suo fondatore, Mīrza Ghulam Ahmad, affermava di essere il ‘mahdi’, una figura messianica e profetica che sarebbe apparsa alla ‘fine del mondo’. Tale gruppo conta decine di milioni di fedeli nel mondo intero, ed è costantemente attaccato a ragione del suo credo religioso, ritenuto ‘eretico’ da parte della maggioranza dei musulmani, sia sciiti che sunniti.

Per questa ragione, gli Ahmadiyah sono oggetto di restrizioni e di persecuzioni in molti Paesi a maggioranza musulmana, come l’Indonesia e il Pakistan; in quest’ultimo Paese, che è una Repubblica Islamica, gli Ahmadiyah sono stati definiti come ‘non musulmani’. Il codice penale pakistano prevede sanzioni severe per coloro che dichiarano apertamente di appartenere a questo gruppo religioso, per coloro che tentano di diffondere il loro credo, o che legano il loro gruppo al Quran e agli Haidth. Di conseguenza, gli Ahmadi non possono costruire né usare pubblicamente luoghi di culto per praticare la loro religione, senza rischiare di essere multati, imprigionati o uccisi.

In Indonesia, gli Ahmadi sono considerati una ‘setta sbagliata’, e la menzionata fatwa del MUI del 2005 è stata seguita dalla Dichiarazione Congiunta del 2008 da parte di tre ministri, confermando il verdetto religioso a livello statale. Alle proibizioni del governo centrale si affiancano quelle dei governi locali, che hanno determinato una vera e propria persecuzione di questa comunità, oggetto di attacchi violenti e totalmente incompatibili con la libertà religiosa che invece dovrebbe essere garantita.

Un altro Paese in cui esiste una simile (e forse maggiore) discriminazione, poi, è la Malesia, in cui i musulmani Ahmadi sono perseguitati dal 1975, in seguito ad una fatwa che dichiarava non musulmani i membri di Ahmadiyah. Le autorità statali hanno replicato questo verdetto, e hanno proibito ufficialmente il culto di questo gruppo religioso, coerentemente con quanto deciso in altri Paesi.


Conclusioni

La legge indonesiana sulla ‘blasfemia’ viene usata dai governi per mantenere uno stretto controllo sociale e politico; si tratta di una normativa che di fatto discrimina coloro che non si riconoscono nelle sei confessioni religiose riconosciute ufficialmente dalla Repubblica Indonesiana. Le ripetute richieste di riforma (e di abrogazione) sono state contrastate dai governi, influenzate dai gruppi radicali islamisti; anche la Corte Costituzionale, del resto, ha confermato la legittimità di questa legge, con dei caveat che di fatto non hanno mai messo in dubbio la sua presenza nell’ordinamento indonesiano.

Leggi come quella in esame sono fonte di discriminazione da parte delle autorità dello Stato, come quella che colpisce i membri di Ahmadiyah, considerati ‘eretici’ e ‘deviati’, e che non possono professare liberamente il loro credo, sia in Indonesia che in altri Paesi a maggioranza islamica.


Letture Consigliate

  • Pratiwi, C. S. (2024). Threat to Indonesia’s Constitutional Court Independence Posed by Religious Populist Movements and Its Implication towards Human Rights. Const. Rev.10, 307.
  • Tampubolon, M. (2014). Constitutional Court Dysfunction as a Guardian of Constitutional Rights of Religious Minorities in Indonesia. Sociology Study4(11), 938-948.
  • Satrio, A. (2019). A battle between two populists: The 2019 presidential election and the resurgence of Indonesia’s authoritarian constitutional tradition. Australian Journal of Asian Law19(2), 175-195.


Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.)

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