Gereja_Kiai
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Abstract

In Indonesia, l’Islam ha creato delle tensioni che hanno contribuito a polarizzare la società, tra i secoli XVII e XIX, creando una contrapposizipone tra riformatori ‘puristi’ e seguaci della Sintesi Mistica tra la fede islamica e le tradizioni locali. Si tratta di un processo ampio e complesso, che ha determinato la nascita di un Islam giavanese, una religione capace di adattarsi alle circostanze locali; questo modello, poi, è stato esteso (di fatto) all’intero arcipelago, e caratterizza il cosiddetto ‘Islam Indonesiano’ attuale.


In Indonesia, Islam created tensions that contributed to polarizing society between the 17th and 19th centuries, creating a confrontation between ‘purist’ reformers and followers of the Mystical Synthesis between Islamic faith and local traditions. It is a broad and complex process that led to the emergence of Javanese Islam, a religion capable of adapting to local circumstances; this model was then extended (in fact) to the entire archipelago and characterizes the so-called current ‘Indonesian Islam.’


Introduzione

La sintesi mistica che si era creata verso la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX venne posta in dubbio dalla guerra di Giava, che terminò, come noto, con l’esilio di Dipo Negoro, il principe giavanese che aveva cercato di opporsi al dominio coloniale olandese. A partire da questo momento (1830), l’Islam indonesiano viene percorso da una serie di tensioni e domande di riforma che lo caratterizzeranno nei decenni e secoli successivi. Il fallimento politico del sovrano, in altre parole, viene associato al fallimento della sua visione dell’Islam, che viene posta in dubbio; si tratta di un fenomeno destinato a ripetersi nella storia indonesiana. Si pensi, a tale proposito, alla fine del nuovo ordine di Soeharto, che innesca una nuova domanda di religiosità e permette alle posizioni radicali (come quelle salafiste) di emergere; l’inizio della reformasi, nel 1998, presenta dei paralleli con la sconfitta di Diponegoro nel 1830. In entrambi i casi, il modello di Islam prevalente viene accusato di essere inadeguato e viene posto in dubbio; le richieste e le tensioni che si creano hanno il medesimo effetto, quello di polarizzare la società.

Sembra dunque innegabile il carattere culturale, piuttosto che religioso dell’Islam in Indonesia, che è sempre stato legato ad una struttura di potere; in altre parole, il successo di un modello non sembra dipendere dalla sua valenza religiosa, ma culturale. Per questa ragione, il panorama religioso indonesiano dovrebbe essere analizzato, prima di tutto, da questo punto di vista; i discorsi ‘religiosi’, in effetti, si rivelano culturali, e hanno lo scopo di proporr e diffondere un modello differente. Per questa ragione, concentrarsi solamente sulle affermazioni religiose potrebbe essere fuorviante.

Dopo la sconfitta di Diponegoro inizia una nuova fase del periodo coloniale della storia giavanese, e con esso si osservano cambiamenti radicali dal punto di vista politico, sociale, religioso e culturale; in altre parole, i tre pilastri della Sintesi Mistica vengono messi in discussione. Si tratta l’identificazione tra la cultura giavanese e l’Islam, l’osservanza diffusa dei cinque pilastri della fede islamica, e l’accettazione della realtà delle forze spirituali e divinità locali.


Influenze Straniere e Crescita Demografica

Nel 1830, i movimenti riformisti stavano già sorgendo nel Medio Oriente ed esercitarono la loro influenza a Sumatra, ma non a Giava; il movimento wahhabita iniziò in Arabia nel XVIII secolo, e comportò un feroce puritanesimo, accompagnato da guerre e scontri, con cui si cercava di ripristinare la supposta purezza islamica ‘delle origini’. In Indonesia, a Sumatra Occidentale, e precisamente a Minangkabau, si diffonde un movimento di riforma, che però verso il 1803 diventa violento, sotto la guida di persone conosciute come i Padri. Costoro si ispiravano ai wahhabiti arabi, conosciuti durante il pellegrinaggio rituale a La Mecca, governata dai wahhabiti proprio a partire dall’inizio del XIX secolo.

In seguito alle richieste violente dei ‘Padri’ si verificò una vera e propria guerra civile a Minangkabau, in cui il movimento riformista segnò una prima vittoria entro il 1815; tuttavia, gli aristocratici che erano stati sconfitti chiesero agli olandesi di intervenire, e nel 1838 i wahhabiti locali vennero definitivamente debellati. In questo modo, gli olandesi costruirono un vero e proprio stato coloniale, ma la popolazione giavanese iniziò a crescere notevolmente; secondo le stime fatte dagli esperti, tale crescita era già evidente verso la metà del XVIII secolo, l’era delle guerre civili a Giava.

Nel XIX secolo la popolazione aumentò in maniera drammatica, passando da circa 3–5 milioni all’inizio del secolo a quasi 24 milioni entro il 1890; si tratta di stime confermate dai Verslag Koloniaal, i Rapporti Coloniali. Secondo il Verslag del 1849, la popolazione di Giava e Madura era di circa 9.5 milioni di persone.

Koloniaal Verslag, 1849, p. 4.

Come si può vedere dalla figura sopra, la stragrande maggioranza era costituita da locali, con una significativa minoranza cinese; verso la fine del secolo questa situazione non cambia,

Koloniaal Verslag 1899, p. 360.

In mezzo secolo, la popolazione aumenta di oltre 6 volte, e passa da 9.5 a 62.8 milioni di abitanti, di cui la stragrande maggioranza sono di etnia malese; di conseguenza, la minoranza olandese era in una posizione di crescente precarietà, sebbene il controllo degli amministratori coloniali appariva saldo. Non soprende, dunque, la nascita di tensioni sociali e religiose.


Il Ruolo delle Missioni Cristiane

Nel XIX secolo, Giava non venne interessata solamente da tensioni politiche e sociali, ma anche da cambiamenti religiosi che derivavano dai primi successi dei missionari cristiani che operavano nella colonia tropicale. Si nota, a tale proposito, che la Geschiedenis van de Nederlandse Zending en Overzeese Kerken (Storia della Missione Olandese e delle Chiese d’Oltremare) fornisce un quadro dettagliato della situazione. Per quanto riguarda Giava, in particolare, viene osservato che,

In 1862 vestigde de eerste zendeling van de NGZV zich op Midden Java en
wel te Tegal. We geven eerst een beschrijving van de beginselen en organisatie
van deze vereniging, van haar activiteiten in Nederland en van haar plaats
binnen de Nederlandse zendingsbeweging. Vervolgens bespreken we enkele
aspecten van haar werk in Midden-Java en de overdracht ervan aan de GKN
in 1894.

Nel 1862 il primo missionario della NGZV (Nederlandse Gereformeerde Zendingsvereniging, Società Riformata Missionaria Olandese) si stabilì a Giava Centrale, precisamente a Tegal. Iniziamo con una descrizione dei principi e dell’organizzazione di questa associazione, delle sue attività nei Paesi Bassi e del suo ruolo all’interno del movimento missionario olandese. Successivamente discutiamo alcuni aspetti del suo lavoro a Giava Centrale e il trasferimento di esso alla GKN (Gereformeerde Kerken in Nederland, Chiesa Riformata nei Paesi Bassi) nel 1894.

(Geschiedenis van de Nederlandse Zending en Overzeese Kerken, Storia della Missione Olandese e delle Chiese d’Oltremare, Giava Centrale, 1859, 1931, p. 3)

In effetti, i missionari provenienti dall’Europa erano ancora scarsi, e la diffusione del cristianesimo protestante si deve principalmente a cristiani laici che riuscirono a convertire un significativo numero di persone. Si pensi, in questo senso, Conrad Laurens Coolen, che divenne (di fatto) il primo kyai cristiano giavanese; sebbene la sua vita personale, al pari dei suoi insegnamenti, risultavano scandalosi per gli europei, egli riuscì a diffondere il cristianesimo in maniera significativa. Un’efficacia ancora maggiore la ebbero i cristiani giavanesi indigeni che, dopo aver abbracciato questa nuova fede, la presentarono anche in una maniera accettabile per il contesto culturali giavanese.

kyai Sadrach

Si osservava una distinzione tra i Kristen Jawa, o Jowo, (cristiani giavanesi) che erano seguaci di queste figure indigene, da una parte, e i Kristen Londo (cristiani olandesi), che erano stati convertiti dagli europei. La figura con una maggiore influenza, a Giava Centrale, fu il kyai Sadrach, a cui si deve la creazione delle più grandi comunità cristiane a Giava Centrale prima della sua morte nel 1924; alcuni musulmani giavanesi, tuttavia, si opposero alla diffusione del cristianesimo. Per questa ragione, tra il 1882 e il 1884, quasi tutte le chiese costruite dai seguaci di Sadrach furono bruciate, ma tali eventi diminuirono negli anni successivi.

Sebbene entro il 1900 i cristiani a Giava Centrale (e Orientale) erano circa 20.000, ovvero lo 0.1% della popolazione giavanese, la loro presenza testimoniava che il paradigma basato sull’identità culturale e islamica non era più valido. Di conseguenza, l’identità giavanese si arricchisce, all’inizio del XX secolo, della componente cristiana, sebbene questo elemento sia stato oggetto di aspre critiche nei decenni successivi. La cultura giavanese, nondimeno, è riuscita a integrare alcuni elementi del cristianesimo, dimostrando una notevole flessibilità.


Evoluzione Culturale e Sociale

Il cambiamento sociale tra i Giavanesi, con particolare attenzione per l’emergere di una nascente classe media, ha incoraggiato la diffusione dei movimenti che invocavano una riforma islamica; in tale contesto, si nota un aumento delle statisiche sul pellegrinaggio rituale. I numeri proposti dagli amministratori coloniali evidenziano un aumento da 48 pellegrini nel 1848 a 2.283 nel 1858; verso la fine del XIX secolo, questo numero aumentò a 1.500-4.000 persone. Tali cifre indicavano, al netto dei possibili errori o omissioni, un indubbio aumento della ricchezza di una parte della popolazione indigena, che poteva permettersi le spese per l’hajj. Come ricordato in un articolo precedente, i pellegrini spesso erano considerati potenziali disturbatori e nemici dell’amministrazione coloniale; di conseguenza, non vi è motivo di dubitare che i registri tenuti dagli olandesi fossero ragionevolemente accurati.

Del resto, le richieste dei movimenti riformisti, come quelli wahhabiti, furono accolti in maniera ambivalente, ed il modello della Sintesi Mistica continuò ad avere un ampio seguito; sono numerose le opere composte in questa epoca storica a criticare le idee di riforma dell’Islam giavanese. Un esempio, su tutti, è costituito dal poeta e principe Mangkunagara IV, che nella sua opera ‘Serat Wedhatama’, si esprime con queste parole,

If you insist on imitating
the example of the Prophet,
O, my boys, you overreach yourself.
As a rule you will not hold out long:
seeing that you are Javanese,
just a little is enough

Se insistete nell’imitare l’esempio del Profeta, oh, miei ragazzi, vi state superando. Di norma non resisterete a lungo: dato che siete giavanesi, un poco è sufficiente.

(Mangkunagara IV, The Wedhatama: An English translation (ed. and transl. Stuart
Robson; KITLV working papers 4; Leiden: KITLV Press, 1990), pp. 30–1; riportato in Ricklefs, M. C. (2012). Islamisation and its opponents in Java: A political, social, cultural and religious history, c. 1930 to present. NUS Press. Singapore, p. 14)

Il messaggio lanciato dal sovrano è chiaro, ed è stato poi ripreso anche da alcuni ledaders e presidenti indonesiani, allo scopo di indicare che l’Islam proprio di Giava del XIX secolo, o dell’Indonesia attuale, è legittimamente diverso da quello arabo del VII secolo. Un’eccessiva attenzione nell’imitare un modello straniero, in altre parole, sarebbe nocivo, e non porterebbe alcun giovamento, al contrario di quanto sostenevano (e continuano a sostenere) i puristi riformatori.

A partire dalla seconda metà del XIX secolo, i pesantren, scuole islamiche in cui gli studenti risiedono (una sorta di collegio), divennero un aspetto fondante della vita giavanese nel XIX secolo; questo tipo di istituzioni, in effetti, non è attestato fino alla metà del XVIII secolo, ed è solamente un secolo dopo che esse iniziano a diffondersi in maniera capillare. Nel 1863 il governo coloniale registrò circa 65.000 religiosi professionisti (funzionari delle moschee, insegnanti nelle scuole religiose, etc.) e 94.000 studenti, mentre circa un decennio dopo tali cifre erano aumentate, rispettivamente, a 90.000 e 162.000. Nel 1893, ancora, si stimava l’esistenza di circa 10.800 scuole islamiche a Giava e Madura con oltre 272.000 alunni.

Nella stragrande maggioranza dei casi, queste scuole si limitavano ad insegnavano la recitazione del Corano, che doveva essere appreso a memoria, e le nozioni di base dell’Islam elementare, che spesso coincidevano con quanto proposto dalla Sintesi Mistica. In alcuni casi, tuttavia, si nota un insegnamento maggiormente ‘ortodosso’ e orientato alla sharia; nel loro insieme, queste scuole hanno avuto (e hanno tuttora) un ruolo fondamentale nell’islamizzazione della società giavanese (o indonesiana tout court).

Anche le confraternite sufi (le tariqah), poi, vennero riformate nel XIX secolo, e l’evoluzione della Naqshabandiyya (del ramo Khalidiyya) assunse un particolare significato, e sembra che sia stata introdotta nelle aree giavanesi intorno agli anni 1850-60. Nello stesso periodo, appare la ‘Qadiriyya wa Naqshabandiyya’, che combinava le pratiche di questi due ordini; entrambi questi ordini conferivano una maggiore enfasi alla necessità di aderire ai cinque pilastri del rito islamico, contrastando le inclinazioni antinomiche di altre congregazioni sufi.


Una Società Islamica Rinnovata

I musulmani giavanesi pii e devoti divennero noti come putihan (bianchi, nel senso di puri), ma erano molti i giavanesi che non erano disposti ad accettare queste nuove e più esigenti versioni dell’Islam, e vennero nominati abangan, (rossi/marroni, nel senso di impuri). Si tratta di un’espressione che indica disprezzo da parte dei devoti (putihan), ma che si è diffuso solamente a partire dalla seconda metà del XIX secolo, per indicare i musulmani che sono tali solamente per nascita, ma che non praticano i rituali di questa religione.

Durante questo periodo, lo stile di vita abangan sembra essersi notevolmente distanziato dalla diffusa osservanza dei cinque pilastri rituali dell’Islam che avevano contrassegnato la Sintesi Mistica; si consideri, a tale proposito, la testimonianza del missionario olandese Carel Poensen, che trascorse circa 30 anni a Kediri, a Giava Orientale. Il religioso olandese, in effetti, ha lasciato la descrizione di una società giavanese dinamica verso gli anni Ottanta del XIX secolo. In particolare, sarebbe esistito un Islam più riformato che influenzava la vita dei putihan mentre gli abangan si ritiravano dalle precedenti pratiche religiose.

The influence of Islam is active in ever greater degree, at the cost of the
previous religious life. … The truth is that, indeed, very many people are
ever more penetrated by Arabic or Islamic concepts in a more or less
unrecognised way. But among the great majority there flows another
current which, under the influence of present circumstances, causes the previous — in many ways naïve — religion more and more to be lost to the people. Basically, people are beginning to become less religious and pious.

L’influenza dell’Islam è attiva in misura sempre maggiore, a scapito della vita religiosa precedente. … La verità è che, in effetti, molte persone sono sempre più penetrate da concetti arabi o islamici in modo più o meno riconosciuto. Ma tra la grande maggioranza scorre un’altra corrente che, sotto l’influenza delle circostanze attuali, fa sì che la precedente — in molti modi ingenua — religione venga sempre più persa dalla gente. Fondamentalmente, le persone stanno cominciando a diventare meno religiose e devote.

C. Poensen, ‘Iets over den Javaan als mensch’, Kediri, July 1884, in Archief Raad
voor de Zending (het Utrechts Archief ) 261; riportato (in inglese) in Ricklefs, M. C. (2012). Islamisation and its opponents in Java: A political, social, cultural and religious history, c. 1930 to present. NUS Press. Singapore, pp. 16-17

Insomma, uno scenario dinamico ben differente da quelli apocalittici che volevano dipingere i riformatori, ma anche da quelli trionfanti proposti dai sostenitori della Sintesi Mistica, che ha continuato ad evolversi nei decenni successivi. In realtà, l’Islam giavanese ha dimostrato una notevole capacità di adattarsi alle circostanze locali, evitando di seguire rigidamente dei modelli e delle soluzioni ideali.


Conclusioni

Nel corso del XVI e XVII nella società giavanese si testimonia il tentativo di armonizzare le tradizioni locali con la fede islamica; questo tentativo, culminato nella Sintesi Mistica promossa dai sovrani di Giava, viene poi posta in discussione dai riformatori del XIX secolo, che avrebbero desiderato un Islam più ortodosso e simile al modello arabo (o presunto tale) del VII secolo. In questo modo, la società diventa polarizzata tra coloro che seguono e praticano i rituali islamici, i putihan, e coloro, che, invece, se ne allontanano, gli abangan.

Le tensioni e la diversità presente nella società giavanese, che risente anche delle influenze cristiane, testimoniano la capacità di adattamento di questo modello di Islam, proprio di Giava (e dell’Indonesia), che rigetta l’idea di seguire meccanicamente un paradigma straniero e non adatto alle circostanze locali.


Letture Consigliate

  • Ricklefs, M. C. (2012). Islamisation and its opponents in Java: A political, social, cultural and religious history, c. 1930 to present. NUS Press. Singapore.
  • Ninin, R. H. (2024). Indonesian Context and Javanese Muslim’s Experience of Being Religious: Between Arabization and Purifying Islam. Annual Review of Critical Psychology17, 142-150.
  • Ricklefs, M. C. (2023). Rediscovering Islam in Javanese History. Storied island, 15-32.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.)

Un pensiero su “Islam e Cultura a Giava – Islam Jawa”

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