Abstract
Il fenomeno dei bambini soldato rappresenta una delle più gravi violazioni dei diritti umani nel contesto dei conflitti armati contemporanei. Nei paesi a maggioranza musulmana, tale pratica è documentata in contesti di guerra prolungata o di instabilità politica cronica, come nello Yemen, in Somalia, in Sudan, in Afghanistan e nei Territori Palestinesi. Gruppi armati statali e non statali – tra cui i ribelli Houthi, Al-Shabaab, milizie sudanesi, i Talebani e Hamas – hanno fatto ricorso al reclutamento sistematico di minori, talvolta anche sotto i dieci anni, impiegandoli come combattenti, spie, portatori o attentatori suicidi. L’indottrinamento ideologico, la strumentalizzazione religiosa e l’assenza di alternative socio-educative costituiscono i principali fattori di vulnerabilità. Nonostante gli impegni internazionali assunti da molti di questi Stati, il reclutamento minorile persiste in violazione del diritto internazionale umanitario e dei protocolli ONU. Questo saggio analizza la documentazione fornita da ONG, organismi delle Nazioni Unite e fonti accademiche, offrendo una panoramica comparata delle dinamiche regionali e delle responsabilità politico-religiose implicate.
The phenomenon of child soldiers represents one of the most serious violations of human rights in the context of contemporary armed conflicts. In predominantly Muslim countries, this practice is documented in contexts of prolonged war or chronic political instability, such as in Yemen, Somalia, Sudan, Afghanistan, and the Palestinian Territories. State and non-state armed groups – including Houthi rebels, Al-Shabaab, Sudanese militias, the Taliban, and Hamas – have resorted to the systematic recruitment of minors, sometimes even under ten years old, employing them as fighters, spies, porters, or suicide bombers. Ideological indoctrination, religious exploitation, and the lack of socio-educational alternatives are the main factors of vulnerability. Despite the international commitments made by many of these states, child recruitment persists in violation of international humanitarian law and UN protocols. This essay analyzes the documentation provided by NGOs, United Nations bodies, and academic sources, offering a comparative overview of the regional dynamics and the political-religious responsibilities involved.
Introduzione – Indottrinamento alla Jihad
L’uso di bambini e adolescenti in conflitti e scenari di guerra è una pratica condannata dai principali documenti sui diritti umani, emessi dal 1948 fino ad oggi; la Convenzione dei Diritti del Fanciullo, nota Convention on the The Rights of the Child (CRC), proibisce espressamente qualunque tipo di coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati.
Ciò nonostante, tale pratica è ben documentata in numerose guerre, e molte di esse riguardano Paesi islamici o a maggioranza islamica; del resto, non dovrebbe sorprendere che persone indottrinate dall’infanzia alla ‘logica’ del martirio vengano poi anche impiegate come soldati. I Paesi islamici, come il Pakistan e l’Iran, prevedono espressamente dei curricula in cui si insegna a bambini e ragazzi il ‘valore’ del sacrificio di sé e dell’uso delle armi.
Insegnare alle nuove generazioni il ‘valore’ della jihad militare è parte integrante del sistema scolastico pubblico di diversi Paesi islamici o a maggioranza musulmana; del resto, l’elevata spesa pubblica in armamenti e ‘difesa’ mostra come tale scelta possa apparire giustificata ad un pubblico abituato a considerare la guerra come uno strumento ordinario, a cui possono prendere parte anche bambini e ragazzi.
Sebbene alcuni sapienti islamici abbiano ufficialmente condannato questa pratica, definendola ‘contraria alla sharia’, i bambini soldato sono una realtà ben nota e documentata; l’introduzione di corsi militari e para militari in diverse scuole primarie e secondarie di Paesi in cui l’Islam è maggioritario, poi, testimonia questa tendenza.
Gaza (Hamas)
Hamas, insieme alla Jihad Islamica per la Palestina, è un attore che promuove iniziative militari dedicate ai bambini e ragazzi (‘summer camps’), in cui addestra esplicitamente soggetti minori alla guerra; tale pratica è stata confermata da diverse organizzazioni internazionali. L’ONU ha inserito le due organizzazioni nella sua ‘black list’ per le violazioni dei diritti dei bambini, e diverse ONG documentano da anni queste pratiche da parte della organizzazioni palestinesi.
I ‘campi estivi’, che Al Jazeera (emittente televisiva controllata dal governo del Qatar, protettore di Hamas) definisce una ‘utile distrazione’, sono invece luoghi in cui il gruppo terroristico indottrina e addestra bambini e ragazzi alla jihad contro il nemico per eccellenza, lo Stato di Israele. Sono numerosi i documenti che lo attestano con ragionevole certezza, come
Secondo un documento di Hamas, recuperato dalle IDF israeliane durante una delle tante operazioni belliche nella Striscia, tra le attività proposte a ragazzi e bambini si trovano pratiche di tiro con armi da fuoco, esercizi militari, ma soprattutto l’indottrinamento ad una cultura della guerra contro Israele. Esistono anche video (che non pubblico per ovvi motivi) che documentano queste attività, parte integrante di un percorso di radicalizzazione e di normalizzazione della violenza e della jihad militare.
Del resto, anche alcune autorità religiose palestinesi hanno criticato questa impostazione da parte del ‘governo’ della Striscia, affermando che l’uso dei bambini in operazioni e addestramento bellico non corrisponderebbe ai principi dell’Islam e della sharia. Evidentemente, si stanno scontrando due visioni del mondo (e dell’Islam) opposte e per nulla compatibili; di fatto, questi campi, al pari dell’impiego delle giovanissime reclute in operazioni militari, rimane un triste dato di fatto.
I campi, tuttavia, sono una realtà presente ben prima dell’attuale guerra, e testimoniano che Hamas (e la Jihad Islamica per la Palestina) propongono una visione del mondo netta e chiara, perseguendola con qualunque mezzo a loro disposizione.
Yemen (Houthi)
Lo Yemen è un altro Stato che usa bambini e adolescenti per le operazioni belliche, e questa pratica è attestata (e documentata) da numerose, fonti, come Human Rights Watch; lo stesso capo dei ‘ribelli’ Houthi ha dichiarato che la loro causa e quella palestinese sono legate, e ha invitato tutti a preparsi per la guerra contro ‘l’Occidente infedele’. Si tratta di toni tipici dei gruppi terroristici, che presentano una causa, o si allacciano ad un’altra esistente (come in questo caso) per giustificare la jihad armata contro i presunti ‘occupanti’ di terre che sarebbero ‘islamiche’.
Gli Houthi, del resto, hanno tenuto ‘campi estivi’ come quelli di Hamas e reclutato bambini e ragazzi per le operazioni belliche; secondo quanto riportato da Human Rights Watch,
“Gli Houthi stanno sfruttando la causa palestinese per reclutare più bambini nella loro lotta interna in Yemen,” ha detto Niku Jafarnia, ricercatrice per lo Yemen e il Bahrain di Human Rights Watch. “Gli Houthi dovrebbero investire risorse per assicurare i bisogni fondamentali dei bambini nei loro territori, come una buona educazione, cibo e acqua, piuttosto che sostituire la loro infanzia con il conflitto.”
Human rights watch, february 13, 2024
Si conferma dunque l’uso dei bambini e ragazzi in operazioni di guerra, contrariamente a quanto affermato dai ‘sapienti ufficiali’ in altri Paesi a maggioranza islamica, secondo cui si tratterebbe di una violazione del diritto islamico. Sempre HRW precisa che
Gli Houthi hanno reclutato migliaia di bambini dall’inizio del conflitto in Yemen nel 2014. Le Nazioni Unite hanno verificato almeno 1.851 casi individuali di reclutamento o utilizzo di bambini da parte degli Houthi dal 2010. Secondo Euro-Mediterranean Human Rights Monitor e SAM Organization for Rights and Liberties, un’organizzazione della società civile yemenita, gli Houthi hanno reclutato oltre 10.000 bambini tra il 2014 e il 2021. Il governo yemenita ha anche reclutato bambini durante tutto il conflitto nonostante un piano d’azione per porre fine al reclutamento di minori che hanno firmato con l’ONU nel 2014.
Human rights watch, february 13, 2024
I bambini soldati si confermano una pratica costante, sebbene condannata ufficialmente, e le numerose testimonianze non permettono di dubitare della veridicità di queste fonti indipendenti; lo Yemen, al pari della zona Israelo-Palestinese, è un territorio in cui si osserva una guerra costante. Tale situazione di instabilità viene abilmente sfruttata da attori terroristici per perseguire obiettivi politici e geopolitici, anche mediante il sacrificio dei membri più giovani della loro popolazione.
Bangladesh
La pratica dei bambini soldato non è esclusiva della regione del Golfo, ma si può osservare in diversi Paesi a maggioranza islamica (e anche con regimi dittatoriali laici ovviamente); si pensi, in questo senso, al Bangladesh, Paese asiatico.
In Bangladesh, l’associazione Odhikar riporta la presenza di circa 1.200 bambini detenuti in regolari prigioni, centri di correzione e case rifugio per periodi indeterminati, senza che sia stato celebrato alcun processo o che la loro condizione sia monitorata. L’età minima per essere considerati legalmente responsabili di un reato, del resto, è di 7 anni, e non 14 o 15 come avviene in Occidente; di conseguenza, anche il loro impiego in conflitti armati non deve sorprendere (ma si tratta sempre di una gravissima violazione dei diritti umani).
I bambini hanno sempre giocato un ruolo fondamentale nei conflitti in Bangladesh, a partire dalla guerra di indipendenza del 1971; esistono, a tale proposito, numerose prove che legano l’uso dei bambini in ruoli di supporto per la ‘Forza di Liberazione’, il ‘Mukti Bahini’, che implicava anche il trasporto di armi e munizioni per i combattenti. Alcuni bambini, poi, hanno preso le armi e sono stati direttamente coinvolti in ruoli attivi nelle operazioni belliche.
Ad essere coinvolte, poi, sono state numerose madrasa, che sono servite come centri di reclutamento di personale militare tra i giovani studenti;
Local activists say that 12–15-year-olds work for the JMJB, mainly as couriers but also carrying
and setting off bombs. Evidence is mostly anecdotal: only one case of attempted child
recruitment has been reported6 but NGO workers believe the figures are far higher. Members
of the IOJ have been quoted as wanting to bring about an Islamic revolution in the country
through the Quomi madrassas it controls.
Gli attivisti locali affermano che i ragazzi di età compresa tra i 12 e i 15 anni lavorano per il JMJB, principalmente come corrieri ma anche trasportando e facendo esplodere bombe. Le prove sono per lo più aneddotiche: è stato segnalato solo un caso di tentativo di reclutamento di bambini, ma i lavoratori delle ONG credono che le cifre siano molto più alte. I membri dell’IOJ sono stati citati come desiderosi di portare a una rivoluzione islamica nel paese attraverso le madrasse Quomi che controllano.
(Charu Lata Hogg, CHILD RECRUITMENT IN SOUTH ASIAN CONFLICTS. A Comparative Analysis of
Sri Lanka, Nepal and Bangladesh, Chatam House, London, 2006, p. 25)
Questa e altre testimonianze confermano che i bambini (minori di 15 anni) vengono considerati come adulti, e, in quanto tali, essi sono sottoposti a sanzioni e abusi in quanto soggetti particolarmente vulnerabili, specialmente nel corso di conflitti, guerre e tensioni sociali.
Indonesia
Anche se l’Indonesia è noto per il suo approccio moderato, la pratica dei bambini soldato non è del tutto sconosciuta, specialmente nel corso dei conflitti interni che scoppiano periodicamente in diverse parti del Paese. Sebbene questa pratica non venga incoraggiata attivamente, al contrario di quanto avviene in altre nazioni, può succedere che vengano impiegati dei minori nel corso dei conflitti; la legislazione nazionale, tuttavia, proibisce l’impiego di personale militare con un’età inferiore ai 18 anni.
Da questo punto di vista, l’Indonesia si presenta come una realtà che sta cercando di superare questa pratica; ciò nonostante, bambini soldato sono stati segnalati durante il conflitto con Aceh, conclusosi nel 2005, ed in quello con Timor Est. In questi casi, è successo che dei ragazzi siano stati impiegati come soldati, ma non si tratta di una pratica sistematica, e ancora meno incoraggiata; pertanto, non sembra essere l’Islam in sé ad incoraggiare l’uso dei soldati bambino, ma una sua interpretazione funzionale ad obiettivi politici e a situazioni particolari.
Conclusioni
Il fenomeno dei bambini soldato è diffuso nelle nazioni a maggioranza musulmana, ed è legato a fattori culturali e ambientali; anche nei Paesi non islamici, in effetti, si tratta di una pratica diffusa in alcune aree, e, dunque, la religione appare come elemento accessorio e non determinante. Certamente, l’indottrinamento dei bambini all’interno del sistema scolastico può predisporre pratiche contrarie ai più fondamentali diritti umani, esponendo persone molto giovani a conflitti e abusi, come la carcerazione, spesso in assenza di garanzie legali.
Letture Consigliate
- United Nations. (2024). Children and armed conflict: Report of the Secretary-General (A/78/829–S/2024/380). United Nations.
- Human Rights Watch. (2024, February 13). Yemen: Houthis recruit more child soldiers since October 7.
- Meir Amit Intelligence and Terrorism Information Center. (2020). Summer camps in the Gaza Strip – a tool for indoctrinating the younger generation.