human rights
  Reading time 31 minute


Abstract

La Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani nell’Islam, adottata nel 1990 durante la Conferenza Islamica dei Ministri degli Esteri, mira ad armonizzare i principi universali dei diritti umani con i valori islamici. Questo documento rappresenta un tentativo di presentare un quadro dei diritti umani che rispetti le tradizioni culturali e religiose delle società musulmane, differenziandosi in diverse aree dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, soprattutto per quanto riguarda la preminenza della Sharia. Sebbene questo documento dichiari di promuovere la dignità umana, la libertà di religione, i diritti della famiglia, e la partecipazione politica, esso solleva molteplici e legitittimi interrogativi sulla reale ed effettiva compatibilità con i diritti umani universali, con particolare attenzione per diritti delle donne e la libertà di espressione.


Introduzione

Nel contesto del dibattito sui diritti umani, la Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani nell’Islam (DCDUI) rappresenta un’importante pietra miliare che merita un’analisi approfondita; tale documento è stato adottato nel 1990 durante la Conferenza Islamica dei Ministri degli Esteri, che si è tenuta al Cairo. L’obiettivo era quello di armonizzare i principi universali dei diritti umani con i valori specifici dell’Islam, e si tratta di un tentativo che offre una prospettiva unica sulla concezione dei diritti umani all’interno delle società musulmane. La Dichiarazione, inoltre, costituisce un’alternativa ai modelli occidentali, che non si conciliano necessariamente con le tradizioni culturali e religiose dei Paesi islamici o a maggioranza islamica.

Con questo articolo, cercherò di esaminare la DCDUI in un contesto più ampio, analizzando il background storico in cui è stata elaborata; in effetti, risulta fondamentale comprendere le dinamiche che hanno spinto diversi Paesi a maggioranza musulmana abbiano cercato di riaffermare la propria sovranità culturale e religiosa tra gli anni Ottanta e Novanta. Da questo punto di vista, la Dichiarazione può essere considerata una reazione a quanto era percepito come un’imposizione di modelli occidentali sui diritti umani. La DCDUI si presenta quindi come una risposta a queste pressioni esterne, cercando di presentare un quadro dei diritti umani che rispetti e incoraggi i valori islamici.

I principi fondamentali della DCDUI includono, tra l’altro, il diritto alla vita, alla libertà e alla dignità umana, ma si differenziano in alcune aree chiave rispetto a documenti internazionali come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. La DCDUI, in effetti, sottolinea l’egemonia della Sharia, la legge islamica, considerata come fonte principale per la formulazione e la protezione dei diritti umani; tale approccio, comprensibilmente, che ha sollevato interrogativi sulla compatibilità tra i diritti umani universali e le leggi islamiche. Alcune aree, da questo punto di vista, richiedono particolare attenzione, come i diritti delle donne, la libertà di espressione ed i diritti delle minoranze.

Attraverso un approccio critico, questo articolo si propone di esplorare le implicazioni della DCDUI rispetto ai diritti umani nel mondo musulmano, e non solo; questa analisi esaminerà il ruolo dei principi espressi dalla DCDUI rispetto alla promozione di un dialogo più inclusivo sui diritti umani a livello globale. Inoltre, si valuterà se tali principi siano efficaci nella protezione dei diritti umani nei contesti islamici o a maggioranza islamica.

Al contempo, è necessario chiedersi se la DCDUI rappresenti un reale e significativo progresso nella promozione dei diritti umani; questa Dichiarazione, in effetti, potrebbe essere interpretata come un tentativo di giustificare pratiche che costituirebbero una violazione degli standard internazionali.


Contesto Storico

La redazione della Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani nell’Islam è avvenuta in un contesto caratterizzato da un crescente e complesso conflitto tra la concezione occidentale dei diritti umani e le interpretazioni tradizionali e religiose di tali diritti, con particolare attenzione per il mondo islamico. Si nota, a tale proposito, che nella seconda metà del XX secolo, si è assistito ad un crescendo di critiche da parte di alcuni Paesi musulmani nei confronti delle dichiarazioni universali, come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (DUDU) del 1948. Tali critiche si basavano sull’idea che queste dichiarazioni fossero portatrici di una visione occidentalizzata dei diritti, che tendeva a non considerare adeguatamente le diversità culturali, religiose e storiche dei diversi popoli.

In tale scenario, la Dichiarazione del Cairo emerge come una risposta articolata a tali critiche, e, in effetti, il suo obiettivo principale consiste nella creazione di un quadro di riferimento capace di armonizzare i principi fondamentali dei diritti umani con i valori della religione islamica. Si tratta di approccio che prende in considerazione la necessità di rispettare la dignità umana ed i diritti individuali, senza però compromettere le tradizioni e le norme culturali ritenute fondamentali dalla maggioranza delle comunità musulmane.

La DCDUI, dunque, cerca di realizzare un equilibrio, e cerca di dimostrare che i diritti umani non sono necessariamente in contraddizione con gli insegnamenti islamici, ma che, al contrario, essi possono coesistere e prosperare in un contesto che riconosce e valorizza la diversità culturale e religiosa. Questa Dichiarazione rappresenta, pertanto, il tentativo di riconciliare le differenze, allo scopo di lavorare per una comprensione più profonda ed inclusiva dei diritti umani che prenda in considerazione le particolarità delle diverse società e la loro eredità culturale.

La Dichiarazione del Cairo, dunque, sembra incoraggiare un dialogo costruttivo tra le culture, promuovendo l’accettazione globale dei diritti umani. Tale documento, inoltre, sostiene un discorso più rispettoso tra le diverse visioni del mondo, riconoscendo che un approccio unilaterale può essere inefficace ed addirittura dannoso per il raggiungimento del rispetto universale dei diritti umani.


Principi Fondamentali della Dichiarazione del Cairo

La DCDUI presenta una serie di articoli che delineano i diritti e le libertà goduti dagli individui, secondo una prospettiva islamica; di seguito verranno presentati alcuni principi fondamentali, espressi nella Dichiarazione del Cairo.


La Centralità della Dignità Umana

Uno dei temi principali espressi dalla Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani è costituito dalla dignità umana, un concetto che viene considerato intrinsecamente sacro; la dignità degli esseri umani, dunque, rappresenterebbe il valore fondamentale di ogni persona. La Dichiarazione, a questo proposito, riconosce che ogni persona, a prescindere dalla razza, dalla religione, dal sesso o da qualsiasi altra caratteristica, possiede un valore intrinseco meritevole di rispetto e tutela. Si tratta di un principio coerente con il concetto islamico, secondo cui ciascun individuo è stato creato da Allah e, di conseguenza, merita il rispetto e la dignità che derivano da tale condizione.

La DCDUI afferma con fermezza che la vita umana è sacra, e sottolinea l’importanza di proteggere e preservare la vita in tutte le sue forme. Tale diritto alla vita viene definito inalienabile, e lo sottrae alla possibiltà di essere tolto o negato; la Dichiarazione, a tale proposito, si esprime attraverso diversi articoli che delineano chiaramente la protezione della vita, configurandolo come un dovere morale e legale.

L’articolo 2(A), in particolare, afferma che

Life is a God-given gift and the right to life is guaranteed to every human being. It is the duty of individuals, societies and state to protect this right from any violation, and it is prohibited to take away life except for a Sharia prescribed reason.

La vita è un dono di Dio e il diritto alla vita è garantito a ogni essere umano. È dovere degli individui, delle società e dello Stato proteggere questo diritto da qualsiasi violazione ed è vietato togliere la vita se non per un motivo prescritto dalla Sharia.

Tali disposizioni sanciscono l’importanza della vita, ed invitano anche gli Stati e le istituzioni a garantire che ogni individuo possa vivere in sicurezza e dignità, senza timore di veder violati i propri diritti fondamentali. Tale garanzia, tuttavia, incontra un’importante, eccezione, ovvero ‘un motivo prescritto dalla Sharia’; si tratta di una clausola che potrebbe essere usata in maniera arbitraria, e che rischia di svuotare di significato i diritti fondamentali che dovrebbero essere sempre tutelati.

Inoltre, la sacralità della vita umana implica che ogni forma di violenza, discriminazione o abuso nei confronti degli esseri umani deve essere considerata inacettabile; si tratta di un principio morale posto alla base di diverse norme internazionali sui diritti umani, che cercano di promuovere un ambiente in cui la dignità ed il rispetto siano garantiti a chiunque. La DCDUI, pertanto, non può essere considerata solamente un documento giuridico, ma anche, e soprattutto, un invito a costruire una società in cui la dignità umana venga preservata e celebrata, ma con importanti eccezioni che possono derivare dalla ‘legge sacra islamica’.


Libertà di Religione e di Coscienza

Il documento sembra sottolineare chiaramente che ad ogni persona, a prescindere dalla propria cultura, razza o provenienza, deve essere riconosciuto il diritto fondamentale alla libertà di religione e di coscienza. Si tratta di una libertà di vitale importanza per garantire il concreto rispetto della dignità umana, oltre che per promuovere una società pacifica ed inclusiva; essa comprende il diritto di ogni persona di praticare la propria religione secondo le proprie convinzioni personali, senza subire discriminazioni. Questa libertà, tuttavia, deve essere esercitata in un contesto che rispetti e rifletta i valori ed i principi islamici, poiché l’Islam, secondo la Dichiarazione del Cairo, enfatizza l’importanza della fede e della comunità.

Nuovamente, tuttavia, la Dichiarazione del Cairo limita questo diritto fondamentale, affermando che le pratiche religiose delle persone devono essere compatibili con i principi della legge islamica; si tratta di una importante precisazione, che, comprensibilmente, ha sollevato numerosi dibattiti ed accese discussioni sulle reali libertà che dovrebbero essere garantite. Sono molti gli osservatori che si interrogano sulla concreta possibilità di conciliare il rispetto della Sharia con il diritto di libera espressione delle proprie credenze religiose. In pratica, questo documento mette in evidenza la sostanziale tensione che esiste tra la legge islamica, da una parte, e la moderna comprensione ed accettazione delle aspirazioni individuali di libertà e auto-determinazione.


Diritti della Famiglia

La Dichiarazione del Cairo, poi, pone un accento significativo sui diritti della famiglia, ritenendo che l’istituzione familiare rappresenti uno degli elementi fondamentali per garantire la coesione sociale ed il benessere della comunità. Tale documento, in particolare, sottolinea l’importanza del matrimonio come base della vita familiare, ed enfatizza il valore delle relazioni coniugali stabili e la responsabilità dei genitori, considerandoli come pilastri fondamentali per la crescita e lo sviluppo dei figli. La DCDUI, inoltre, evidenzia la necessità di proteggere i minori da abusi e sfruttamento, e riconosce il loro diritto a crescere in un ambiente sicuro ed adeguato.

Anche questa enfasi sui diritti della famiglia, tuttavia, non è esente da controversie, e, in effetti, sono state espresse critiche significative da parte degli attivisti per i diritti delle donne; questi attori sostengono che le interpretazioni tradizionali della Sharia non garantiscono, di fatto, l’uguaglianza di genere all’interno della famiglia. Le principali preoccupazioni riguardano la suscettibilità delle diverse interpretazioni della Sharia a perpetuare una sostanziale disparità di trattamento tra uomini e donne; una situazione del genere, come noto, limita notevolmente la libertà e l’autonomia delle donne nel contesto familiare e le pone in una posizione subordinata rispetto agli uomini.

Gli attivisti sostengono che è fondamentale promuovere un modello di famiglia rispettoso dei principi di equità e giustizia tra i generi; è dunque necessario trovare un difficile equilibrio tra il rispetto delle tradizioni e la promozione dei diritti umani universali. Si tratta di uno sforzo richiesto affinché tutti i membri della famiglia, sia uomini che donne, possano esercitare pienamente i propri diritti e partecipare attivamente e senza subire discriminazioni alla vita della famigli e della società.


Diritti Politici e Partecipazione

Un altro aspetto significativo, poi, riguarda il riconoscimento dei politici e civili fondamentali, con particolare attenzione per quello che si riferisce alla partecipazione attiva nei processi decisionali e di governo. Tale diritto non si limita ad affermare la dignità ed il valore di ciascun individuo in quanto cittadino, ma implica anche che siano presi in considerazione tutti gli interessi, specialmente quelli delle minoranze e dei gruppi emarginati, che devono avere la possibilità di prendere parte alle decisioni politiche.

La Dichiarazione del Cairo, da questo punto di vista, sembra promuovere l’idea di una società che riconosce l’importanza fondamentale della giustizia sociale, oltre che della partecipazione volontaria ed informata dei cittadini alla vita politica. Si tratta di un approccio che cerca di ad ogni persona l’opportunità di contribuire attivamente alla formazione delle politiche e delle leggi che governano la propria vita, e promuove un collettivo e comunitario di responsabilità.

E’ importante notare, tuttavia, che i meccanismi specifici per garantire ed implementare questi diritti possono variare notevolmente tra i diversi Paesi musulmani o a maggioranza musulmana; ciascun Paese, effettivamente, è caratterizzato dalle proprie strutture politiche, e possiede tradizioni culturali e contesti storici che influenzano, di fatto, il riconoscimento e l’implementazione dei diritti civili e politici.


Confronto con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

Una delle principali critiche che possono essere mosse alla Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani nell’Islam, del 1990, può essere rinvenuto nella relazione con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948. Si tratta di due documenti che (teoricamente) condividono l’obiettivo di promuovere la dignità umana, ma che, di fatto, presentano approcci differenti rispetto alla formulazione ed interpretazione dei diritti individuali. La Dichiarazione del Cairo, infatti, si basa su una dimensione religiosa, quella islamica, che de facto influenza e limita l’universalità di alcuni diritti fondamentali, negandoli in determinate ed arbitrarie circostanze. Si ricorda, a questo proposito, che la Sharia non è codificata in modo chiaro e certo, come avviene nei Paesi occidentali, in cui vigono Costituzioni, leggi e regolamenti scritti che possono essere modificati secondo procedure condivise e valide erga omnes. Di conseguenza, la legge islamica è sempre soggetta ad interpretazione, e tale procedura segue regole che potrebbero portare a risultati opposti in funzione delle circostanze.

Si consideri, in questo senso, l’articolo 24 della Dichiarazione del Cairo, secondo cui

All the rights and freedoms stipulated in this Declaration are subject to the Islamic Sharia.

Tutti i diritti e le libertà sono subordinati ai dettami della Sharia

Si tratta di un’affermazione che, in primis, attribuisce arbitrariamente la priorità della legge islamica rispetto alla legislazione internazionale sui diritti umani; allo stesso tempo, questa disposizione solleva dei seri dubbi sui diritti che sono realmente considerati inalienabili da parte della tradizione islamica, concetto, tra l’altro, che non può essere universalmente definito. In effetti, sarebbe più corretto parlare di ‘tradizioni islamiche’, in riconoscimento della considerevole eterogeneità di interpretazioni dell’Islam e della Sharia nello spazio e nel tempo.

Il concetto di diritti inalienabili è, in effetti, complesso e variabile, e l’applicazione delle norme della Sharia può differire notevolmente nei differenti contesti culturali e religiosi; è dunque necessario affrontare un dibattito approfondito sui diritti che possono essere considerati universali. Si rende altresì necessaria una riflessione sulla misura in cui le diverse tradizioni religiose e culturali possono essere integrate con principi universalmente riconosciuti, come quelli che si riferiscono ai diritti umani.

La scelta di subordinare i diritti umani a principi religiosi, inoltre, rischia, come spesso avviene, di escludere o marginalizzare determinate categorie di persone; si pensi, in questo senso, alle donne ed alle le minoranze religiose, i cui diritti potrebbero essere negati in quanto giudicati non conformi ai dettami della Sharia. In definitiva, si osserva che, sebbene la Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani del 1990 sembra accogliere una nozione di diritti umani rispettosa delle tradizioni e delle credenze culturali, è fondamentale interrogarsi sulla possibilità che un approccio del genere possa, di fatto, compromettere l’universalità dei diritti e le garanzie di giustizia ed uguaglianza che dovrebbero essere sempre e comunque garantite a tutti.


Implicazioni per i Diritti Umani nel Mondo Musulmano

Anche se la Dichiarazione del Cairo può essere considerata come un progresso per i diritti umani all’interno delle società islamiche, le sue caratteristiche uniche sollevano seri interrogativi sull’effettiva applicazione dei diritti nei Paesi musulmani o a maggioranza musulmana. Alcuni Stati, in effetti, potrebbero interpretare la Dichiarazione in modalità che rafforzano le pratiche discriminatorie, giustificandole e presentandole come doveri o divieti religiosi. Tale situazione, come noto, ha comportato notevoli tensioni tra gli attivisti per i diritti umani ed i governi che affermano di sostenere i principi della Dichiarazione del Cairo, usando tale documento come uno strumento per limitare la libertà di espressione, i diritti delle donne ed altre libertà e diritti fondamentali ed universalmente riconosciuti.


La Questione dei Diritti delle Donne

Un aspetto critico della Dichiarazione del Cairo del 1990 è costituita dalla percezione dei diritti delle donne nel contesto islamico; teoricamente, il documento afferma l’eguaglianza di uomini e donne rispetto alla dignità ed ai diritti. Tuttavia, il concetto espresso può essere svuotato dall’interpretazione ed applicazione della Sharia, il sistema giuridico islamico, che varia notevolmente in funzione delle particolari circostanze. Le diverse interpretazioni della Sharia, in effetti, possono comportare norme e prassi che di fatto non garantiscono l’uguaglianza di genere, ma, al contrario, perpetuano la disparità e la discriminazione.

Le limitazioni ai diritti delle donne, in particolare, si possono manifestare in vari ambiti, come la vita familiare, le opportunità lavorative, la partecipazione politica, o le libertà personali; di fatto, sono diversi i Paesi musulmani o a maggioranza musulmana che adottano interpretazioni della legge islamica che restringono i diritti delle donne. Tali limitazioni vengono poi giustificati con il rispetto delle tradizioni culturali o con l’interpretazione dei testi religiosi, presentata come autentica e normativa; si profila, dunque, una palese contraddizione tra l’ideale di uguaglianza proclamato dalla Dichiarazione del Cairo, da una parte, e la realtà quotidiana delle donne che vivono in contesti islamici, dall’altra. E’ dunque necessario adottare un’interpretazione della legge islamica che sia adeguata e compatibile rispetto ai principi di uguaglianza e rispetto per i diritti umani. Diventerebbe possibile, in questo modo, adottare soluzioni capaci di armonizzare gli insegnamenti religiosi con il rispetto delle libertà individuali.

In sintesi, sembra corretto affermare che, anche se la Dichiarazione del Cairo si presenta come un esempio di speranza per l’uguaglianza dei diritti, la sua implementazione ed il suo impatto risultano complessi e variabili, e dipendono dal contesto culturale e giuridico che si prende in considerazione. Tale considerazione, in definitiva, porta alla luce il complesso e spesso conflittuale rapporto tra le società musulmane, generalmente ancorate ad una visione religiosa e tradizionale del mondo, e la modernità, che viene percepita come una minaccia all’identità delle comunità islamiche.


Libertà di Espressione e Pratiche Culturali

La Dichiarazione del Cairo del 1990 è un documento fondamentale che sottolinea l’importanza dei diritti umani, come la libertà di espressione, presentato come uno dei principi cardine della dignità umana e del pluralismo sociale. Tuttavia, al riconoscimento formale di questo diritto essenziale, corrisponde un’interpretazione ed applicazione che possono variare notevolmente nelle società islamiche. Nei Paesi islamici o a maggioranza musulmana, tale libertà viene subordinata, sia direttamente che indirettamente all’interpretazione dei principi della Sharia.

Questa scelta ha comportato la frequente implementazione di leggi restrittive, con particolare attenzione per quelle che si riferiscono alla diffamazione della religione ed alla blasfemia, come ha dimostrato la cronaca recente di diverse realtà. Si tratta di leggi che vengono spesso giustificate dalla Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani nell’Islam, interpretata in un contesto che enfatizza la protezione della religione e dei suoi simboli, piuttosto che la promozione di un dibattito aperto. Di conseguenza, si crea spesso un ambiente in cui le espressioni critiche nei confronti dell’Islam vengono percepite come una minaccia non solamente per la fede, ma anche per l’armonia sociale e la stabilità e coesione dello Stato.

In questo scenario, spesso i cittadini possono subire conseguenze molto serie per aver espresso opinioni contrarie alla religione dominante, oppure per aver sollevato dei semplici interrogativi dottrinali o teologici. Il timore di ritorsioni legali e sociali può effettivamente scoraggiare il dibattito pubblico e limitare la capacità di esprimere liberamente idee ed opinioni che riguardano l’Islam e/o i governanti. Si tratta di una situazione che si oppone ai principi fondamentali sulla libertà di espressione e sul diritto di critica, e che, allo stesso tempo, solleva interrogativi più ampi sull’applicazione universale dei diritti umani, anche in contesti complessi come quelli islamici.

La tensione tra il rispetto per la religione islamica e la tutela della libertà di espressione rimane una questione dibattuta e problematica, che richiede una riflessione continua e approfondita; risulta fondamentale promuovere un dialogo aperto e rispettoso. Si spera, in questo modo, di consentire una coesistenza pacifica tra i principi della Sharia ed i diritti umani riconosciuti a livello internazionale, allo scopo di garantire un reale benessere della società nel suo complesso.


Il Ruolo della Comunità Internazionale

La Dichiarazione del Cairo del 1990 sui Diritti Umani ha suscitato un acceso dibattito anche a livello internazionale, che evidenzia le differenti opinioni sull’effettiva validità ed applicabilità di questo documento. Alcuni Paesi musulmani o a maggioranza musulmana, effettivamente, considerano la DCDUI come un passo significativo verso un’interpretazione alternativa dei diritti umani, maggiormente allineata con le loro tradizioni culturali e religiose. In tali contesti, la Dichiarazione del Cairo viene considerata come una preziosa opportunità di adattare i principi universali dei diritti umani alle esigenze e valori delle loro società, nell’ottica di un approccio maggiormente inclusivo e contestualizzato.

Vi sono stati forti dissensi, tuttavia, rispetto al punto di vista espresso in precedenza, allo stesso tempo, in quanto diversi Paesi ed organizzazioni considerano la Dicharazione del Cairo come una minaccia alle norme universali stabilite dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948. Queste voci critiche sostengono che un’interpretazione culturale dei diritti umani potrebbe giustificare pratiche che di fatto si configurano come una violazione degli standard internazionali di libertà e dignità. Tale frattura ha portato ad una riflessione più ampia sulle modalità con cui la comunità internazionale può efficacemente promuovere i diritti umani, garantendo al contempo il rispetto per le diverse tradizioni culturali e religiose che caratterizzano l’attuale scenario globale.

In tale ambito, assume una rilevanza fondamentale il dialogo interculturale, che si pone l’obiettivo di trovare un terreno comune per integrare le differenti visioni sui diritti umani; da questo punto di vista, si nota che le organizzazioni internazionali, unitamente ai governi nazionali, hanno la reponsabilità di trovare soluzioni innovative. L’obiettivo è quello di incoraggiare una cooperazione che non solamente riconosca le variegate identità culturali, ma che favorisca, allo stesso tempo, una reale ed efficace tutela dei diritti fondamentali dell’individuo.


Conclusioni

Alla luce delle considerazioni svolte in precedenza, sembra corretto affermare che la Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani nell’Islam rappresenta un significativo tentativo di riconciliare i concetti universali sui diritti umani con i valori e i principi fondamentali dell’Islam. Tale Dichiarazione risale al 1990, e si propone di fornire un quadro normativo rispettoso delle norme religiose e culturali specifiche delle società musulmane. In altre parole, si è cercato di tutelare i diritti umani in un contesto conforme alla Sharia, la legge islamica.

Anche se la Dichiarazione contiene principi importanti, come la promozione della dignità dell’individuo, il rispetto della libertà di credo e la protezione della famiglia, la sua applicazione pratica continua a rappresentare una sfida significativa. Gli aspetti ambigui e talvolta contraddittori della Dichiarazione, con particolare attenzione per la subordinazione dei diritti umani ai principi della Sharia, sollevano interrogativi fondamentali sulla reale portata dei diritti tutelati e sul loro effettivo riconoscimento.

Tale subordinazione implica la possibilità di interpretare ed appplicare i diritti umani sanciti nella Dichiarazione secondo modalità che si allineano con le prescrizioni islamiche, ma che comportano delle significative restrizioni alle libertà individuali. La libertà di espressione sancita dalla Dichiarazione, da questo punto di vista, potrebbe essere soggetta a restrizioni se considerata in contrasto con i valori islamici, oppure offensiva per la religione islamica secondo un giudizio soggettivo e potenzialmente arbitrario.

La mancanza di un meccanismo efficace di enforcement, poi, rende difficile garantire che i diritti enunciati vengano effettivamente fatti rispettare; tale situazione, evidentemente, può comportare situazioni in cui le dichiarazioni rimangono teoriche, ma non sono seguite da adeguate misure per salvaguardare e promuovere i diritti umani nelle diverse nazioni musulmane o a maggioranza islamica.

La Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani nell’Islam, in sintesi, è un documento complesso che riflette l’impegno per la dignità ed i diritti individuali nelle società islamiche, ma anche e soprattutto le difficoltà e le contraddizioni che emergono quando le norme internazionali si confrontano con le tradizioni religiose.


Letture Consigliate

  • Nikolic, O. P. (2020). The Cairo declaration on human rights in Islam. Strani Pravni Zivot, 89.
  • Porras-Gómez, A. M. (2020). The “Arab Exceptionalism” re-examined from the legal perspective of human rights. Contemporary Arab Affairs13(2), 121-137.
  • Muhammed, M. (2021). Human rights and religion: Islam in perspective. Lectio Socialis5(1), 25-34.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *