Abstract
Questo breve saggio ripercorre l’evoluzione giuridica della stampa in Indonesia, dal rigido controllo e censura coloniale olandese alle contraddizioni dell’era repubblicana; durante il periodo delle Indie Orientali Olandesi, norme severe, cauzioni elevate e censura preventiva miravano a impedire la diffusione di contenuti ritenuti sovversivi, colpendo soprattutto la stampa indigena in lingua malese e giavanese. Con l’indipendenza del 1945/49, la Costituzione sancì formalmente la libertà di stampa, ma molte norme coloniali rimasero in vigore, mantenendo un controllo politico e ideologico.
Le leggi repubblicane, pur introducendo alcune aperture, conservarono obblighi e restrizioni, fino alla riforma liberale del 1999, che abolì i permessi e vietò la censura preventiva; ciò nonostante, l’intreccio tra regolamentazione della stampa, legge sulla blasfemia e influenza politico-religiosa continua a limitare il dibattito pubblico, come dimostrano recenti episodi di intimidazione e le denunce delle organizzazioni per i diritti dei giornalisti. La libertà di stampa in Indonesia rimane dunque un diritto fragile, più vincolato da consuetudini e pressioni politiche che alle garanzie formali della legge.
This short essay traces the legal evolution of the press in Indonesia, from strict Dutch colonial control to the contradictions of the republican era; During the Dutch East Indies period, strict regulations, high bail, and pre-emptive censorship were aimed at preventing the spread of content deemed subversive, particularly targeting the indigenous press in Malay and Javanese languages. With independence in 1945/49, the Constitution formally enshrined freedom of the press, but many colonial regulations remained in effect, maintaining political and ideological control.
Republican laws, while introducing some openings, retained obligations and restrictions until the liberal reform of 1999, which abolished permits and prohibited prior censorship; Nevertheless, the interplay between press regulation, blasphemy law, and political-religious influence continues to limit public debate, as demonstrated by recent incidents of intimidation and complaints from journalists’ rights organisations. Press freedom in Indonesia therefore remains a fragile right, more constrained by customs and political pressure than by the formal guarantees of the law.
Introduzione – Due Epoche a Confronto
La storia giuridica della stampa in Indonesia è la storia di due mondi che si guardano attraverso il tempo, riflettendosi in specchi deformanti; da una parte, l’epoca delle Indie Orientali Olandesi, in cui la parola stampata era sorvegliata come una sostanza pericolosa, capace di minare la stabilità del dominio coloniale. Dall’altra, l’Indonesia indipendente, che ha cercato di trasformare la stampa da minaccia potenziale a strumento di partecipazione democratica, ma che, in pratica, è diventata uno strumento di propaganda per la narrazione del gruppo dominante. Le due epoche, che sembrano differenti, sono in realtà caratterizzate dalla volontà del governo (coloniale e indonesiano) di controllare e dominare, sebbene in entrambe le epoche appaia il desiderio di informare e indagare la realtà.
Recentemente, è stata recapitata una testa di maiale e dei topi morti presso la redazione di una delle principale outlet di notizie del Paese, un chiaro avvertimento da parte delle élite della loro insofferenza verso le critiche e verso la libera informazione. Sebbene il gesto non sia stato rivendicato da nessuno, non è difficile rinvenire un tentativo di intimidazione; del resto, il libero giornalismo costituisce un problema per tutti i gruppi, islamici o meno, che non credono nei valori democratici ispirati dalla Costituzione e dalla Pancasila.
La Stagione Coloniale – Il Sospetto come Principio Giuridico
Quando il governo olandese consolidò il proprio dominio sulle isole dell’arcipelago, comprese presto che il potere non si esercita solo con le armi e le tasse, ma anche con il controllo dell’informazione; nel 1856, una delega del Governatore Generale introdusse regolamenti stringenti per l’attività tipografica. Si tratta del Statblaad n. 74 del 1856, che disciplinava la stampa nella colonia.

Come si può apprezzare dall’immagine riportata sopra, il regolamento sulla stampa è stato emanato direttamente dal Re Guglielmo, e si applicava direttamente alle Indie Orientali Olandesi; si tratta, del resto, di un intervento legislativo che si riallacciava a leggi, decreti e regolamenti della madre-patria.
Il primo articolo disponeva che
Art. 1. Ieder is bevoegd het beroep van drukker, uitgever van drukwerken of handelaar in drukwerken uit te oefenen, mits daarvan eene maand te voren schriftelijk aangifte
doende aan het plaatselijk bestuur van zijne woonplaats, en
binnen dien tijd een borgtogt stellende ten genoege van dat bestuur.
Art. 1. Chiunque è autorizzato a esercitare la professione di tipografo, editore di stampe o commerciante di stampe, purché ne faccia dichiarazione scritta un mese prima all’amministrazione locale della propria residenza e fornisca una garanzia soddisfacente a tale amministrazione entro quel termine.
Staatblad n. 74 del 1856, in Staatblad van Nederslandsch-Indie, van Jaar 1856, Batavia, 1856.
Nessuna macchina da stampa poteva operare senza registrazione ufficiale, cauzioni in denaro e obbligo di consegnare copie preventivamente ai censori; il legislatore coloniale non si limitava a disciplinare la tecnica tipografica, ma voleva prevenire la possibilità stessa che un testo potesse circolare senza il timbro dell’autorità.
Le pene, severe e mirate, avevano il chiaro scopo di mantenere il potere, e prevedevano multe fino a 500 fiorini (corrispondenti a circa 5000 euro attuali in termini di potere d’acquisto), una cifra considerevole, e la reclusione fino a tre anni. Le cauzioni da versare, poi, potevano arrivare, a discrezione del governatore generale, anche a 5000 fiorini (50,000 Euro attuali); pertanto, il lavoro di editori e tipografi era decisamente proibitivo, e solamente pochi soggetti, eventualmente finanziati dal governo, lo potevano svolgere.
Era un sistema pensato per scoraggiare alla radice qualunque iniziativa editoriale indipendente che non seguisse le direttive o i desiderata del governo; non mancavano poi episodi esemplari, come la confisca di giornali, la chiusura delle tipografie, e l’incarcerazione degli editori rei di aver pubblicato articoli ritenuti sovversivi. Il caso del De Vorstenlanden, quotidiano critico verso le politiche in Giava centrale, è emblematico; la sua pubblicazione venne interrotta e il personale perseguito, segnando un monito per chiunque volesse sfidare il silenzio imposto.
La Censura Coloniale e il Nazionalismo
Il rapporto tra censura e nazionalismo non fu mai statico, e, in una prima fase la sorveglianza si concentrava soprattutto sulla stampa in lingua olandese, considerata veicolo di dibattiti politici tra europei residenti. Successivamente, con l’espansione del giornalismo in lingua malese e giavanese, soprattutto a partire dal primo decennio del Novecento, l’attenzione del governo si spostò sulle testate indigene. L’ascesa di movimenti come Sarekat Islam e, più tardi, il Partito Nazionalista Indonesiano rese la stampa un campo strategico della lotta politica e del controllo coloniale, la cui tenuta era decisamente a rischio.
Il Persbreidel-Ordonnantie (Ordinanza sulla Stampa) del 1931 segnò un passaggio decisivo, in quanto conferiva al Governatore Generale il potere di sospendere o chiudere le testate considerate pericolose per l’ordine pubblico, deportare giornalisti e sequestrare intere tirature. In circa cinque anni, almeno ventisette giornali indigeni vennero soppressi, e la censura preventiva, divenuta ormai prassi, impediva che articoli critici vedessero la luce. In altre parole, non era più la critica a essere punita, ma la sua stessa possibilità.
La portata di questa ordinanza viene confermata da testimonianze coeve, come si può apprezzare di seguito,
De persbreidel-ordonnantie, in September j.1. door den Volks
raad aangenomen, legt een zeer zwaren last op de schouders
der journalisten, zegt het blad. Ze is te vergelijken met een
„strik die de Regeering voor de journalisten heeft gelegd”. Het
is een testament van Jhr. mr. de Graeff, waarmee het blad zich
ten volle kan veteenigen met het oog op de laakbare hande
lingen van de „sana-pers” tegenover de Indonesische volks
organen.
L’ordinanza di censura della stampa, adottata dal Consiglio Popolare nel settembre dell’anno scorso, impone un peso molto grave sulle spalle dei giornalisti, afferma il giornale. È paragonabile a una “trappola che il Governo ha teso ai giornalisti”. È un testamento di Jhr. mr. de Graeff, con il quale il giornale può unirsi pienamente in vista delle azioni riprovevoli della “sana-pers” nei confronti degli organi popolari indonesiani.
Overzicht van de Inlandsche en Maleisisch-Chineesche pers (Indagine sulla stampa indigena e malese-cinese), 1931, no. 44, 29 Gennaio 1931, p. 190.

Come si vede chiaramente, l’ordinanza sulla stampa del 1931 riuscì nel suo intento di regolamentare la stampa indigena, ma non riuscirà però a frustrare gli obiettivi del movimento nazionalista; si tratta, tuttavia, di una legge che ha costretto diversi giornali a chiudere, privandosi degli spazi di dibattito pubblico.
L’Eredità Coloniale nella Giovane Repubblica
Quando l’Indonesia proclamò la propria indipendenza nel 1945, la Costituzione repubblicana sancì la libertà di espressione e di stampa come diritti fondamentali; il nuovo Stato, tuttavia, dovette operare all’interno di un quadro normativo in cui molte regole coloniali erano ancora in vigore. Molte ordinanze repressive, in effetti, rimasero in vigore per anni, talvolta applicate con lo stesso rigore del passato, soprattutto nei momenti di instabilità politica.
Il paradosso era evidente, e racconta un Paese nato da una rivoluzione anti-coloniale che manteneva ancora strumenti legislativi concepiti per soffocare quella stessa aspirazione alla libertà. Si tratta di una contraddizione che non verrà mai risolta compiutamente; sebbene la legislazione successiva sia stata caratterizzata da una maggiore libertà (almeno apparente) rispetto al passato, la repressione contro i dissidenti politici e ideologici non è mai stata abbandonata.
La Legislazione Indonesiana Contemporanea
La prima legge organica sulla stampa della repubblica indipendente, l’Undang-Undang No. 11 Tahun 1966, rappresentò un momento di rottura formale con l’ordine coloniale; essa definiva la stampa come alat revolusi (strumento della rivoluzione) e come mezzo per realizzare gli ideali della Pancasila. L’articolo 4 proclamava la libertà da ogni forma di censura e divieto, mentre l’articolo 3 riconosceva il diritto di critica come parte integrante della funzione giornalistica.
Non si trattava, tuttavia, di una libertà assoluta, in quanto la legge affiancava a queste dichiarazioni di principio l’obbligo di una ‘responsabilità nazionale’, e istituiva il Dewan Pers (Consiglio della Stampa), incaricato di vigilare sulla condotta delle testate. In questo equilibrio tra libertà e responsabilità si rifletteva la visione politica del tempo; la stampa doveva essere libera, ma anche allineata agli obiettivi nazionali decisi dal governo.
La riforma del 1982, con l’Undang Undang no. 21 tahun 1982, irrigidì nuovamente il quadro, mediante l’introduzione di sanzioni penali severe (fino a quattro anni di reclusione o quarantamilioni di rupie di multa) per l’uso della stampa a fini ‘contrari alla funzione sociale’. Questa legge, in effetti, mostrava come la libertà potesse ancora essere compressa quando percepita come una minaccia all’ordine costituito; del resto, l’obbligo di ottenere un permesso governativo (SIUPP) per pubblicare restava un potente strumento di controllo politico.
Fu solo con l’Undang-Undang No. 40/1999 che l’Indonesia intraprese una riforma radicale in senso liberale; la legge in esame abolì il sistema dei permessi, vietò la censura preventiva e limitò la possibilità di chiudere forzatamente un giornale in seguito a decisioni giudiziarie. Il Dewan Pers, diventato indipendente, divenne un organismo di autoregolamentazione, con funzioni di mediazione nei conflitti tra stampa e cittadini.
L’articolo 18 introdusse sanzioni specifiche per chi ostacolava la libertà di stampa, ovvero fino a due anni di carcere o cinquecentomilioni di rupie di multa; si trattava di un’inversione di prospettiva, in quanto lo Stato era obbligato a garantire la libertà di stampa, almeno formale. In effetti, questa apparente libertà di stampa si scontra con altri regolamenti e leggi, come la legge sulla blasfemia, che censura il pensiero e il dibattito su questioni religiose. Criticare la religione dominante sulla stampa equivale ad una auto-incriminazione, al pari delle critiche sulla gestione e uso dell’Islam da parte della classe dirigente del Paese.
Continuità nel Passaggio Storico
A 80 anni di distanza dall’Indipendenza (1945) e 76 dal riconoscimento formale (1949), la libertà di stampa costituisce ancora un terreno ambiguo, segnato da censura e intimidazioni; il cambiamento formale avvenuto a livello di legislazione non si è tradotto in un’effettiva libertà di stampa. Il nodo gordiano, da questo punto di vista, è costituito dall’ingerenza dell’Islam nelle leggi e regolamenti indonesiani.
Non è possibile alcuna critica sulla religione dominante o sul suo uso politico, e la vaghezza di alcune espressioni legislative, che dovrebbero garantire la libertà di espressione, anche nella stampa, in realtà vengono interpretate a favore della religione maggioritaria. Tale situazione, evidentemente, ostacola un’effettiva libertà di stampa, che viene ancora considerata, di fatto, come una potenziale minaccia al gruppo dominante e alla religione semi-ufficiale.
Il recente episodio di intimidazione ad una delle testate più autorevoli del Paese, Tempo’, dimostra che la libertà di stampa viene considerata un pericolo e non il luogo in cui articolare i dibattiti pubblici; in effetti, la stampa viene ancora usata per giustificare la perpetuazione al potere di una classe politica auto-referenziale e nepotistica, in cui il potere si sedimenta e si concentra in capo a pochi gruppi e individui.
Il Report del 2025 (riferito al 2024) da parte della Alleanza dei Giornalisti Indipendenti Indonesiani, riferiva serie problematiche in questo senso, come
Ethical Violations and Fading Firewalls: A Warning Sign for Indonesia’s Press Freedom
Editorial independence is under threat, as political and financial pressures blur the lines between journalism and propaganda. Government-sponsored content is frequently disguised as news, and media outlets face pressure to withdraw critical reporting.
Violazioni etiche e firewall (separazione tra interessi economici/politici e giornalismo) in dissolvenza: un segnale d’allarme per la libertà di stampa in Indonesia
L’indipendenza editoriale è minacciata, poiché le pressioni politiche e finanziarie offuscano i confini tra giornalismo e propaganda. I contenuti sponsorizzati dal governo vengono spesso camuffati da notizie, e i media subiscono pressioni per ritirare i reportage critici.
Indonesian Press Freedom Situation Report 2024, May 2025.
Ancora,
AJI Indonesia, in collaboration with civil society organizations, has also
been actively critiquing the Draft Presidential Regulation on the Maintenance of Religious Harmony (PKUB), which they argue discriminates against
religious and belief-based minority groups. Human rights advocates focused
on freedom of religion and belief are calling on the government to remove
the 90/60 requirement in the regulation for the establishment of places of
worship, as it is perceived to harm minority groups. Through this policy, the
state is accused of facilitating religiously motivated violence.AJI has criticized the draft for its failure to properly accommodate
followers of belief systems, as religious activities of these groups, which
are not explicitly addressed in the draft regulation, could face disbandment.
In response, the Civil Society Coalition to Reject the PKUB22 Presidential
Regulation draft initiated an online petition in October 2024, calling for
greater protection of religious freedom.
AJI Indonesia, in collaborazione con organizzazioni della società civile, ha anche criticato attivamente la bozza di regolamento presidenziale sul mantenimento dell’armonia religiosa (PKUB), che, a loro dire, discrimina i gruppi religiosi e di credo minoritari. I difensori dei diritti umani che si concentrano sulla libertà di religione e di credo chiedono al governo di rimuovere il requisito 90/60 nel regolamento per l’istituzione di luoghi di culto, poiché è percepito come dannoso per i gruppi minoritari. Attraverso questa politica, lo stato è accusato di facilitare la violenza a sfondo religioso.
L’AJI ha criticato la bozza per la sua incapacità di accogliere adeguatamente i seguaci di sistemi di credenze, poiché le attività religiose di questi gruppi, che non sono esplicitamente affrontate nella bozza di regolamento, potrebbero essere sciolte.
In risposta, la Coalizione della Società Civile per Rifiutare il Progetto di Regolamento Presidenziale PKUB22 ha avviato una petizione online nell’ottobre 2024, chiedendo una maggiore protezione della libertà religiosa.
Indonesian Press Freedom Situation Report 2024, May 2025, pp. 40-41.
Si tratta di pochi esempi tra i tanti che si potrebbero menzionare, che dimostrano un problema strutturale e persistente nella libertà di stampa in Indonesia, nonostante il passaggio da colonia a Paese indipendente da circa 8 decenni.
Conclusione
Le leggi sulla stampa, che teoricamente dovrebbero tutelare questo diritto, vengono sistematicamente interpretate a favore della maggioranza sunnita che governa il Paese; la combinazione con la legge sulla blasfemia e altri regolamenti, poi, frustrano questa libertà fondamentale. Evidentemente, il grado di libertà della stampa non si misura dalle leggi formali che esistono in questo settore, ma dalla chiarezza normativa e dall’insieme di leggi che dovrebbero garantire le libertà fondamentali. E’ qui, effettivamente, il reale problema, che non viene mai affrontato e nemmeno riconosciuto come tale dalla classe politica del Paese.
Letture Consigliate
- Kuitert, L. (2020). The art of printing in the Dutch East Indies: Laurens Janszoon coster as Colonial Hero. Quaerendo, 50(1-2), 141-164.
- Klaveren, N. A. (2013). The Dutch colonial system in the East Indies. Springer.
- Yamamoto, N. (2011). Print power and censorship in colonial Indonesia, 1914-1942.
- Najib, A., Umar, U., Bhakti, A., Fatikasari, P., & Zawawi, A. N. K. B. (2024). Regulation on freedom of expression on social media in Indonesia and Malaysia. Journal of Indonesian Constitutional Law, 1(1), 46-60.