kka
   Tempo di Lettura 16 minuti


In Indonesia, la struttura attuale del potere deriva direttamente dalla cultura giuridica giavanese, che si basa sulle idee di ordine e di equilibrio; per questa ragione, a volta i diritti individuali vengono subordinati alla ‘pace sociale’.


In Indonesia, the current power structure is directly derived from Javanese legal culture, which is based on the ideas of order and balance; For this reason, individual rights are sometimes subordinated to ‘social peace’.


Introduzione – Uno Scenario Articolato

Nell’immaginario politico e giuridico dell’Indonesia contemporanea, convivono elementi che sembrerebbero inconciliabili; ad un ordinamento di derivazione coloniale è stata affiancata una codificazione occidentale. Il pluralismo normativo, tuttavia, riconosce, almeno in parte, la validità dei diritti consuetudinari (adat); a tale quadro si aggiunge un ethos politico permeato da un’idea di armonia e legittimità morale che affonda le radici nella secolare cultura giavanese. Questo sincretismo normativo e simbolico non è un accidente storico, ma la forma stessa del potere indonesiano, determinatasi nel corso del tempo, attraverso stratificazioni e negoziazioni tra le istanze tradizionali e quelle moderne.

La cultura giuridica giavanese, formatasi nei regni centrali di Java e poi filtrata attraverso l’esperienza coloniale e la modernità post-indipendenza, ha prodotto un modo peculiare di intendere il diritto e l’autorità. Il diritto vienei infatti concepito come ordine morale più che come dispositivo coercitivo, mentre l’autorità riveste una funzione spirituale e simbolica, più che contrattuale; la giustizia, infine, ha lo scopo di garantire una sorta di equilibrio comunitario, e non di riparare le offese e violazioni individuali.

Tempio Buddista di Plaosan, Giava Centrale, IX secolo.

Esplorare questa trama significa comprendere come l’Indonesia contemporanea riesca a mantenere coesione in un arcipelago di oltre 17.000 isole, ma anche perché la sua democrazia rimanga segnata da paternalismo, centralismo e discrezionalità politica. In questa prospettiva, la cultura giuridica giavanese non rappresenta solamente un retaggio antropologico, ma la struttura invisibile che ancora plasma il comportamento dello Stato e la percezione sociale della legalità.


La Cultura Giuridica Giavanese

Per la civiltà giavanese, la legge non è mai stata riducibile ad un testo o a un codice, come avviene in Occidente; essa è piuttosto un habitus, un insieme di pratiche e rappresentazioni che ordinano la vita sociale. Il termine adat, spesso tradotto come ‘consuetudine’, ha in realtà un significato più profondo, e racchiude la totalità delle norme che regolano i comportamenti, le relazioni di parentela, le cerimonie, la proprietà della terra, le forme di reciprocità e di rispetto.

Nella visione giavanese, l’ordine giuridico e quello cosmico coincidono, e, di conseguenza, la giustizia non è una facoltà dello Stato, ma un principio di equilibrio che attraversa la natura e la società; la parola chiave è rukun, armonia. Raggiungere rukun significa ristabilire l’equilibrio perturbato da un conflitto, ma non necessariamente determinare un vincitore; il diritto, in questo senso, è una forma di profilassi sociale, e non un meccanismo di punizione.

Questa concezione si traduce in un preciso atteggiamento culturale verso il potere, in cui il governante, il raja nel passato, e il presidente nel presente, diventa il custode dell’armonia, colui che garantisce che le forze del mondo non si traducano in caos. Il potere, kekuasaan, non è (primariamente) un attributo personale ma una forma di energia spirituale (wahyu) che il sovrano riceve e deve mantenere. L’autorità, dunque, non deriva (secondo questa visione) dal consenso, e nemmeno dal diritto positivo, ma dalla capacità di incarnare un equilibrio morale e cosmico.

È in questo orizzonte che deve essere collocata la continuità tra la monarchia tradizionale giavanese e la leadership politica moderna; lo Stato indonesiano, anche se formalmente repubblicano, conserva una sostanza regale nella rappresentazione del potere. Il presidente è dunque il ‘padre della nazione’ (bapak bangsa), garante dell’unità e mediatore supremo tra interessi divergenti; quando si considera questo tratto particolare, diventa possibile comprendere il funzionamento del potere anche nel 2025.


Il Diritto Moderno come Strato Sovrapposto

La colonizzazione olandese introdusse in Indonesia il modello di civil law europeo, con la sua concezione razionale, scritta e impersonale della norma; la società coloniale, tuttavia, non riuscì mai a uniformare completamente la varietà giuridica dell’arcipelago. Per questa ragione, il pluralismo normativo fu accettato come un fatto, e non come un’eccezione. Dopo l’indipendenza, la giovane repubblica mantenne la struttura formale del diritto coloniale, ma vi sovrappose un sistema valoriale e politico di matrice giavanese. A questo modello si uniforma l’applicazione della sharia, e non il contrario, in quanto l’adat precede di secoli l’avvento dell’Islam; pertanto, anche i conflitti religiosi moderni, e la loro gestione, possono essere letti con questa lente fondamentale.

Il risultato è un sistema giuridico stratificato, alla cui base deve essere posto l’adat, vivente e flessibile, al centro il diritto statale, derivato dal modello olandese; in posizione sovraordinata, poi, deve essere riconosciuta una cornice morale e ideologica incarnata dalla Pancasila. Questa triade non configura una sintesi armonica, ma una tensione permanente tra logiche diverse, ovvero la razionalità legale, la fluidità consuetudinaria, e la moralità comunitaria.

In questa struttura, il diritto statale non ha mai acquisito il monopolio della legittimità, e la legge scritta (undang-undang) è rispettata non tanto per il suo valore normativo quanto per la sua coerenza con l’ordine morale percepito. Quando una norma appare in contrasto con il concetto di armonia delineato in precedenza, essa può essere disapplicata o reinterpretata in modo elastico. Da questo meccanismo deriva un fenomeno peculiare, la legalità situazionale; in Indonesia la legge esiste, ma la sua applicazione è spesso mediata da valori extralegali, negoziazioni locali, e da un diffuso pragmatismo sociale.


Armonia, Mediazione e Carisma – I Tratti Giavanesi della Leadership

Il potere politico indonesiano, anche se formalmente democratico, conserva un carattere fortemente carismatico e paternalista; le figure di Soekarno, Soeharto e, più recentemente, Joko Widodo (ma anche Prabowo Subianto) rappresentano declinazioni differenti dello stesso archetipo giavanese. Si tratta del sovrano che non governa attraverso la coercizione o la legge, ma mediante l’autorità morale e la capacità di incarnare il destino collettivo.

Soeharto, in particolare, fece del concetto di kekuasaan halus (il potere ‘sottile’, discreto, ma penetrante), la chiave della sua legittimazione; il regime dell’Orde Baru (1966-1998) fu presentato come restaurazione dell’armonia dopo il caos della Rivoluzione e del periodo di Soekarno, notoriamente simpatetico con la causa comunista. La legalità, in quel periodo, non rappresentava tanto un insieme di norme quanto un linguaggio del consenso; la legge serviva dunque a preservare la pace sociale, e non a garantire libertà e diritti.

Nel periodo della Reformasi (1998-), seguito alla caduta di Soeharto, l’Indonesia ha formalmente democratizzato il suo sistema politico; la cultura giuridica sottostante, tuttavia, non è mutata radicalmente, e il compromesso, la moderazione e il rispetto dell’autorità continuano a prevalere sul conflitto aperto. Jokowi, pur provenendo da un background non élitario, ha riprodotto in parte la postura giavanese del bapak, quella di un leader umile ma centralizzatore, capace di mediare tra interessi divergenti e di anteporre la cooptazione alla sanzione.

Jowo Widodo, noto come Jokowi

Questo stile di governo ha garantito stabilità, ma anche una tendenza a privilegiare la coesione sull’autonomia, l’ordine sulla libertà; è in questo equilibrio che si manifesta il retaggio giuridico-politico giavanese. In tale ambito, il potere non viene distribuito, ma irradiato, e non è controllato da regole rigide, ma da consuetudini di deferenza.


La Giustizia come Equilibrio

Uno degli aspetti più significativi della cultura giuridica giavanese è rappresentata dalla concezione relazionale della giustizia; in Occidente, la giustizia è spesso concepita in termini distributivi o retributivi, che si traduce nella punizione (con fini rieducativi) di chi trasgredisce, in base a diritti e doveri stabiliti in modo astratto. In Indonesia, invece, il principio di rukun definisce la giustizia come ristabilimento dell’ordine sociale; per questa ragione, il diritto non costituisce uno strumento per affermare diritti individuali, ma per evitare che la comunità si frammenti.

Questo approccio si manifesta in molteplici ambiti, come la mediazione dei conflitti familiari e comunitari, la preferenza per soluzioni extra-giudiziali, e il ruolo riconosciuto agli anziani e ai leader locali come arbitri morali. La musyawarah dan mufakat, deliberazione e consenso, rappresenta il metodo decisionale privilegiato, anche nelle istituzioni statali; non si tratta di un mero formalismo democratico, ma dell’ethos giavanese traslato nel linguaggio repubblicano contemporaneo.

Tuttavia, tale concezione presenta significative e profonde ambiguità, in quanto l’armonia viene spesso usata come strumento concettuale per reprimere il dissenso, la critica pubblica o le legittime rivendicazioni di minoranze religiose e culturali. L’armonia diventa dunque una categoria politica che giustifica la censura, la discrezionalità amministrativa e, nei casi più estremi, la violenza preventiva. La legge sulla blasfemia del 1965 e le restrizioni ai luoghi di culto sono esempi emblematici di tale impostazione. La protezione dell’armonia religiosa serve a mantenere una pace apparente, ma non certamente la giustizia sostanziale.


L’Adat e la Pancasila Le Due Direttrici del Sincretismo Giuridico

La Pancasila, i cinque principi fondamentali dello Stato, rappresenta il tentativo più ambizioso di conciliare la diversità normativa e culturale dell’Indonesia; non si tratta solamente di un’ideologia politica, ma soprattutto di un progetto etico e simbolico. La Pancasila, da questo punto di vista, si configura come il tentativo moderno di tradurre l’idea giavanese di equilibrio tra mondo spirituale, sociale e politico.

Teoricamente, la Pancasila dovrebbe costituire il fondamento universale della legge, superiore a qualunque tipologia di diritto religioso o adat; in pratica, tuttavia, essa agisce come piattaforma di mediazione tra i diversi ordini normativi. Il principio dell’umanità giusta e civilizzata, insieme a quello dell’unità dell’Indonesia, riflettono l’idea che il pluralismo non debba essere conflittuale, ma integrato in una gerarchia armonica.

L’adat, in questo quadro, è riconosciuto come parte integrante dell’identità nazionale, ma in modo subordinato; l’inclusione del diritto consuetudinario nella Costituzione e nel nuovo Codice Penale (KUHP) del 2023-2026 è un segnale importante, ma non una piena istituzionalizzazione. Lo Stato accetta il pluralismo solo entro i confini della sua capacità di controllo, e tale approccio genera un paradosso evidente. L’Indonesia, che si definisce pluralista e decentralizzata, mantiene il potere saldamente centralizzato su Jakarta, mentre il diritto adat sopravvive e viene tollerato solamente nella misura in cui esso non minaccia l’unità e l’armonia.


L’Ambiguità della Tolleranza – Il Peso dell’Ordine Morale

La cultura giuridica giavanese, nel suo intento di preservare l’armonia, tende a concepire la differenza e la diversità come potenziale disordine, e questa logica si riflette nelle politiche verso le minoranze religiose; i cristiani, gli ahmadiyah, gli sciiti e altri gruppi minoritari sono spesso oggetto di restrizioni e sorveglianza in nome della pace sociale. Il potere, ispirato all’etica e alla concezione del potere giavanese, preferisce evitare che la libertà di culto diventi terreno di conflitto, sacrificando così la libertà stessa all’ordine.

Non si deve ritenere, tuttavia, che la società indonesiana sia intollerante in senso confessionale, anche se non mancano episodi locali di introlleranza; piuttosto, essa è tollerante entro i limiti dell’armonia percepita. Quando un gruppo minoritario chiede visibilità o uguaglianza in termini di diritti, tale richiesta può essere percepita come un atto di squilibrio; la tolleranza, è dunque condizionata alla discrezione, non al principio di uguaglianza e parità tra le confessioni religiose.

Una Chiesa Distrutta ad Aceh

Pertanto, sembra ragionevole ritenere che la cultura giuridica giavanese sia anche una cultura politica della moderazione, in quanto essa respinge l’estremismo, ma teme anche un reale pluralismo; il rifiuto del conflitto aperto si accompagna ad una sostanziale accettazione delle disuguaglianze per preservare la pace sociale.


Conclusione

L’Indonesia moderna si presenta come un organismo giuridico e politico in cui convivono elementi che si sono stratificati nel corso del tempo, ma che non sono pienamente compatibili; il codice coloniale e l’adat, la repubblica e la corte regale, la democrazia elettorale e la sacralità del potere. La cultura giuridica giavanese è il tessuto che tiene insieme questi strati, fornendo un linguaggio comune dell’armonia e della legittimità.

Essa ha garantito stabilità ad un arcipelago complesso e frammentato, ma ha anche consolidato un modello paternalista di governance; il potere si presenta come cura, la legge come mediazione, la giustizia come equilibrio. Tuttavia, dietro questa armonia si nasconde una tensione, in quanto l’ordine morale può diventare strumento di controllo, mentre l’autorità carismatica può soffocare il diritto critico, come spesso avviene.

Ripensare il futuro giuridico dell’Indonesia richiede dunque un dialogo tra queste differenti eredità, riconoscendo il valore dell’armonia senza elevarlo a dogma, e integrando l’adat e la Pancasila senza sacrificare i diritti fondamentali. La sfida è quella di costruire una legalità che non tema il conflitto come condizione della giustizia, allo scopo di realizzare un pieno pluralismo, fondamento di una modernità realmente indonesiana.


Letture Consigliate

  • Achmad Hariri, & Babussalam, B. (2024). Legal Pluralism: Concept, Theoretical Dialectics, and Its Existence in Indonesia. Walisongo Law Review (Walrev), 6(2), 146-170.
  • Hakim, L., Hamparan Melati, Q., & Dwikora Negara, P. (2025). Integrating Adat Law in Indonesia: Challenges and Opportunities in a Centralized Legal Framework. Indonesian State Law Review, 8(1), 58-82.
  • Siallagan, D. I. M., & Sinaga, R. S. (2025). Pancasila as The Basis of the Legal System in Indonesia: Analysis of How Pancasila Values Form the National Legal System. Governance: Jurnal Ilmiah Kajian Politik Lokal dan Pembangunan, 11(4).

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.). Nel 2025 ha iniziato a colloborare con la testata online 'Rights Reporter', per la quale scrive articoli e analisi sull'Islam, la shariah e i diritti umani.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *