Il sostegno (e il fascino) dei movimenti di sinistra (e di coloro che per essi simpatizzano, accademici inclusi) per la causa palestinese è noto, e a volte ci si chiede la ragione di questa associazione; ci si chiede come sia possibile che una lotta di soggetti islamisti, come Hamas e Fatah, possano essere sposati da coloro che, storicamente, si sono sempre dissociati dalla religione come causa di oppressione.
La ragione, evidentemente, deve essere ricercata nella (supposta) ‘resistenza’ che verrebbe espressa da questi soggetti; in altre parole, la causa palestinese viene compresa non tanto in termini religiosi, quanto nazionalistici di una fazione percepita come oppressa. Per questo motivo, la maggior parte delle sinistre, non solamente in Italia, appoggia Hamas e la sua ‘lotta di liberazione’.
Un documento importante, del 1969, spiega nel dettaglio la posizione di Al Fatah (o Fateh) rispetto ai movimenti di sinistra, non necessariamente comunisti; nel numero 1 di ‘Fateh’ del 1 ottobre 1969, si può leggere questo articolo.

AL-FATEH E LA SINISTRA
Nonostante le molteplici definizioni della Sinistra in generale, si può affermare con sicurezza che tutti i movimenti autenticamente di sinistra, nel loro obiettivo di porre fine allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, iniziano col rifiutare una condizione o una struttura data, per poi procedere a cambiarla attraverso la resistenza, la lotta e la rivolta.
Il culmine della lotta è la lotta armata e, in tale contesto, al-Fateh è più “di sinistra” di qualsiasi altra cosa. Non solo respinge intellettualmente uno status quo o una condizione data, ma il suo rifiuto è di natura pratica: è attivo e dinamico.
In questo quadro di riferimento, ad esempio, il Partito Comunista in Giordania è considerato di destra, poiché non è riuscito a unirsi al movimento nazionale che ha imbracciato le armi per cambiare lo status che esso stesso aveva respinto.
Esistono inoltre differenze nelle esperienze del socialismo mondiale, dalla Jugoslavia alla Polonia, fino alla Russia e alla Cina.
Finché persisteranno tali divergenze sul contenuto sociale di queste esperienze e poiché ogni contenuto sociale è inevitabilmente soggetto a mutamenti nel tempo, non è facile prevedere il futuro e definire con precisione un contenuto sociale teorico per la rivoluzione palestinese.
Ciononostante, al-Fateh ritiene che il contenuto sociale della rivoluzione palestinese debba necessariamente tutelare due obiettivi fondamentali: 1. Eliminare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. 2. Realizzare la giustizia sociale.
Al-Fateh sta già mettendo in pratica questi due ampi obiettivi.
Accusare al-Fateh di avere inclinazioni borghesi solo perché non limita la lotta rivoluzionaria palestinese alla classe dei contadini e dei lavoratori è, per usare un eufemismo, ingiusto. Gli autori di tali accuse ignorano il fatto che al-Fateh rappresenta una classe peculiare ma più ampia: la classe degli sradicati, degli sfollati e degli oppressi palestinesi.
Fatah si presenta dunque al mondo esterno (l’articolo originale è in inglese) come un soggetto ‘di sinistra’, che, di conseguenza, è degno di ricevere il supporto di tutti coloro che lottano per cause come quella palestinese. Si tratta di un fascino sinistro, condiviso anche per altre formazioni jihadiste, come Hamas, che facilita una certa normalizzazione delle pratiche terroristiche, che si vogliono fare percepire come legittimi strumenti di lotta politica e di ‘resistenza’ contro presunti ‘occupanti’ e ‘oppressori’.