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Abstract

I social media sono diventati la nuova frontiera della predicazione radicale del salafismo, usati per diffondere una propaganda basata sull’attacco ai (presunti) nemici, ovvero non musulmani (ebrei in particolare), e musulmani ‘liberali’, o ‘traditori’. Spesso emergono anche influencers e ‘sapienti virtuali’, che veicolano immagini modificate con messaggi violenti, divisi ed eversivi; per questa ragione, essi costituiscono una minaccia diretta per le democrazie liberali.


Social media have become the new frontier of radical salafi preaching, used to spread propaganda based on attacking (presumed) enemies, namely non-Muslims (especially Jews), and ‘liberal’ Muslims, or ‘traitors’.Often, influencers and ‘virtual scholars’ also emerge, who convey modified images with violent, divisive, and subversive messages; for this reason, they constitute a direct threat to liberal democracies.


Introduzione – Una Nuova Frontiera

Dopo gli attacchi dell’11 settembre del 2001, la strategia dei salafiti è cambiata, e si nota che una maggiore porzione della cosiddetta ‘generazione Z’, coloro che sono nati (all’incirca) tra il 1997 e il 2012, si mostrano decisamente fludi nella loro ideologia, e presentano diversi conflitti interni. Queste persone cercano di costruire delle vere e proprie reti per attaccare gli avversari e promuovere una sotto-cultura caratterizzata da tematiche mutuate dalla guerra.

Si tratta della generazione, del resto, nata in corrispondenza del picco della ‘guerra al terrore’, e, di conseguenza, questi individui sono stati esposti alla polarizzazione dell’identitò, sia all’interno che all’estermo della comunità islamica. La Generazione Z vive in un mondo in cui sono attive diversi brand terroristici globali, come ISIS e al Qaeda, in cui i Talebani hanno preso il potere (di fatto) dell’Afghanistan, e hanno modificato gli equilibri geopolitici.

Questi cambiamenti hanno comportato un mutamento nel comportamento online dei salafiti, che, al contrario dei loro predecessori ‘analogici’, presentano un interesse limitato rispetto alla predicazione islamica. I nuovi salafiti presenti online, invece, hanno come obiettivo principale quello di diffondere tematiche salafite, allo scopo di creare divisione nella comunità islamica, oltre che tra i musulmani e il resto del mondo. Tali persone fanno uso della cosiddetta ‘cultura dei memes’, dei video e dei giochi, e sfruttano gli spazi digitali per raggiungere un pubblico (potenzialmente) enorme, diffondendo il credo salafita anche a coloro che non sarebbero interessati a queste tematiche.


La Nascita di Islamogram

La presenza di queste sotto-culture online caratterizzate da una proposta di Islam radicale è nota come ‘Islamogram’, termine che indica tale ecosistema; quest’ultimo, secondo una ricerca recente, sarebbe composto da decine di accounts su social media come Twitter (X) e Instagram, usate dai predicatori salafiti per interagire con miliioni di persone. Si tratta di piattaforme che sono state concepite per facilitare comunicazioni e interazioni sociali, e che vengono usate da persone malintenzionate per diffondere ideologie pericolose, legate al jihadismo.

Le tecniche usate, del resto, sono le medesime dei gruppi dell’estrema destra, che diffondono le loro ideologie radicali all’interno degli spazi digitali; gli utenti della generazione Z che si identificano come salafi, o che simpatizzano con queste posizioni radicali, creano continuamente comunità digitali in cui le comunicazioni avvengono mediante gli elementi grafici noti come ‘meme’. Questi ultimi sono immagini neutre, e note, a cui vengono aggiunti messaggi pseudo religiosi e ideologici; il linguaggio visivo risulta particolarmente efficace nel veicolare messaggi radicali, specialmente su piattaforme come ‘Discord’, ‘Reddit’, ‘4Chan’ e ‘Instagram’, che proteggono la riservatezza degli utenti.

In questo modo, diventa possibile diffondere e promuovere tematiche legate alla guerra e alla jihad, mediante messaggi che vengono immediatamente compresi da un’audience vastissima, favorendo la radicalizzazione dei soggetti più vulnerabili. Il bersaglio di queste campagne ideologiche, ovviamente, è l’Occidente, presentato come decadente, corrotto e fonte dei mali che affligono i musulmani e il mondo intero. La sua distruzione, dunque, è la logica conseguenza di questa cultura, che punta a destabilizzare le strutture di potere partendo ‘dal basso’; la soluzione ai problemi, evidentemente, consiste nell’adozione dei principi del salafismo, che in questo modo diventano razionali e, anzi, ‘necessari’.


I Musulmani ‘liberali’ e le Minoranze – Un altro Obiettivo del Jihad Online

L’obiettivo dei gruppi radicali non è solamente la componente cristiana della società, maggioritaria in Occidente, ma anche, e forse soprattutto, quei musulmani che vengono etichettati come ‘liberali’, in quanto non esprimono visioni (abbastanza) conservatrici dell’Islam. Anche negli spazi digitali, dunque, le ire dei salafiti, o il loro sarcasmo violento, si scaglia contro quei musulmani che non seguirebbero il ‘vero islam’, ovvero l’ideologia salafita.

Gli Islamogrammers, dunque, rappresentano una sotto-cultura online ben distinta, che si basa sul salafismo ‘mainstream’, ma anche su idee più estremiste e legate direttamente al terrorismo; coloro che partecipano a queste comunità spesso condividono contenuti ‘mainstream’, accanto a quelli radicali, con cui esprimono il loro supporto per i gruppi armati, come Al Qaeda e (più raramente) lo Stato Islamico, ISIS.

Non tutti gli islamogrammers, del resto, condordano con la violenza estrema di ISIS, ma alcuni di essi sostengono attivamente le punizioni previste per coloro che si identificano (o che supportano) la cultura LGBTQ+. Islamogram, del resto, comprende un vasto spettro di giovani musulmani dalle visioni più o meno radicali o suscettibili di essere radicalizzati; molti di loro si scagliano, appunto, contro quello che percepiscono come ‘Islam liberale’. Alcuni di essi, poi, si specializzano nella produzione di materiale grafico (meme), che forma il cosiddetto ‘Islampilled network’, con cui vengono attaccate le posizioni simpatetiche per i ‘nemici’. Si pensi, in questo senso, alle società occidentali, ai musulmani ‘liberali’, alle comunità LGBTQ+, e ai gruppi minoritari islamici, come gli sciiti, gli Ismaeliti e gli Ahmadi, che in diversi Paesi a maggioranza islamica sono attivamente perseguitati dagli governi.


Categorie di Salafi Online

La letteratura scientifica ha tipicamente operato la divisione tra salafismo quietista, politico e jihadista, ma questa suddivisione (che del resto non è rigida nemmeno offline) deve essere rivista quando si considerano gli ambienti virtuali. Le comunità salafite online, effettivamente, si possono dividere più efficacemente lungo la linea ‘halalposters’ e ‘haramposters’; si tratta della medesima terminologia adottata da queste comunità, ed offre un supporto efficace per la loro comprensione.

Gli halalposters sono gli utenti che non supportano direttamente gruppi violenti come ISIS o al Qaeda, ma che, tuttavia, esprimono odio verso i musulmani liberali e le comunità LGBTQ+; gli haramposters, invece, adottano visioni più estremiste e violente, e non si limitano alla condanna dei comportamenti considerati opposti al ‘vero Islam’, ma sostengono i movimenti più violenti che combattono la jihad miliitare, ovvero la lotta armata.

Il primo gruppo, dunque, persegue obiettivi riconducibili alla predicazione islamica radicale, presentando una visione ultra-conservatrice dell’Islam, che rifiuta i valori occidentali e le posizioni più accomodanti; a volte, tuttavia, si osserva una sorta di ‘crossposting’ rispetto agli haramposters. In altre parole, su alcune questioni (considerate sensibili), l’approccio adottato può essere simile, come nel caso della sessualità e dei diritti delle persone LGBTQ+.

Del resto, anche l’haramposting non è un mondo uniforme, ma presenta una certa fluidità, che deriva proprio dalle caratteristiche degli ambienti online; rispetto a quanto potrebbe succedere offline, in effetti, le idee e i confini tra i gruppi di salafiti vengono continuamente rinegoziati, dando vita ad ambienti particolarmente dinamici, e spesso imprevedibili.


Personalità e Influencers del Salafismo Virtuale

Al pari del mondo reale (offline), anche gli ambienti salafiti online hanno le loro star e punti di riferimento, che vengono considerati delle autorità; emergono, di conseguenza, delle autorità online auto-proclamate, attive soprattutto su Instagram e Facebook. Due di queste personalità, che si nascondono dietro personaggi di fantasia e meme, sono Abu Anon e Sheikh Mohsin; il primo è un giovane musulmano proveniente dall’area di Toronto, e ha costruito un largo seguito come influencer Islamogram.

Si tratta di una persona che si esprime mediante ‘Groyper‘, una rana grassa associata ai gruppi nazionalisti e di destra, ma vestito con gli abiti tradizionali dell’area del Golfo, allo scopo di farlo immediatamente identificare come ‘islamico’. Nel 2021, il suo account Instagram contava 36,200 followers, mentre su Twitter (X) lo seguivano poco meno di 7,000 persone, e il profilo Discord era seguito da circa 3,850 membri. La stessa persona aveva costruito altri account secondari, allo scopo di preservare la sua presenza online nel caso in cui quelli principali fossero stati sospesi o rimossi; questa rete di account contava circa 8,500 persone.

Abu Anom ha definito la sua personalità mediante i nemici contro cui si scaglia nei suoi posts, ovvero gruppi che, secondo l’auto-proclamato ‘sapiente virtuale’ non vivono correttamente il messaggio dell’Islam, e adottano stili di vita, ma anche un pensiero ‘liberale’. In questo modo, Abu Anon divide il campo tra musulmani ‘progressivi’ o ‘lassisti’, e musulmani ‘liberali’; si tratta di una predicazione violenta, che si serve di immagini esplicite e di messaggi violenti.

Uno dei bersagli preferiti di Abu Anon sono simpatizzanti e membri della comunità LGBTQ+, e i suoi memes sono spesso usati per attaccare queste persone; in particolare, si sottolinea l’impermissibilità dell’omosessualità nell’Islam e l’indottrinamento dei musulmani che supportano questa cultura. Sebbene egli non minacci mai direttamente i suoi nemici, le minacce sono implicite nella violenza usata dai posts diffusi nello spazio virtuale.

Si tratta di una violenza che a sua volta ‘ispira’ altri simpatizzanti, che talvolta mostrano il loro supporto a organizzazioni terroristiche vere e proprie, come ISIS; un altro bersaglio del ‘sapiente’ sono i musulmani liberali. Anche questi ultimi, evidentemente, sono oggetto di pesanti attacchi, che implicano, anche in questo caso, minacce di morte, mediante messaggi espliciti; l’immagine di un gruppo di pallottole viene indicata come ‘cura’ per coloro che non si allineano alla loro visione del mondo.

Abu Mohsin è la seconda personalità che emerge nello spazio virtuale, e rappresenta una figura jihadista, presa come riferimento da altri simpatizzanti; Mohsin è legato ad altri account che si collegano direttamente con lo Stato Islamico e le sue narrative e tematiche; anche se i followers di questa figura non sono moltissimi, e l’ideologia di fondo è differente da quella espressa da Abu Anon, entrambi ricorrono ad immagini e tematiche della destra radicale ed eversiva. Anche Mohsin si scaglia contro i musulmani liberali, ma non contro quelli occidentali, ma quelli che risiedono nella regione Medio Orientale (MENA).


Narrative Dominanti

I diversi gruppi online di musulmani radicali sono accomunati dalla loro condanna del liberalismo e della democrazia liberale, oltre che dei suoi valori fondanti e dei diritti che vengono garantiti da una democrazia. Si pensi, in questo senso, al multiculturalismo, al femminismo, al secolarismo, al ‘sionismo’ ed alle tendenze liberali all’interno dell’Islam; gli islamogrammers riproducono e diffondono regolarmente materiale propagandistico visivo mutuato da altre sotto-culture presenti nello spazio virtuale. Si tratta di messaggi efficaci, in quanto immediatamente riconoscibili dalle persone a cui sono indirizzate, e che permettono di costruire vere e proprie comunità virtuali basate sulll’odio per i gruppi che sono presentati come ‘nemici’.

L’idea che viene suggerita è la pretesa superiorità morale dei musulmani radicali (salafiti) rispetto ai loro nemici liberali; la democrazia viene suggerita come inferiore alla ‘legge islamica’, la sharia, che prevede (secondo questa visione) una serie di rigide regole, che escludono un ruolo attivo delle donne o delle minoranze. In questo modo, si cerca di delineare una netta separazione tra il ‘vero Islam’ e il resto del mondo, che comprende infedeli (non musulmani) e ‘traditori’ (musulmani che non accettano l’interpretazione estremistica proposta).


Antisemitismo e Non Musulmani

Tra i nemici dei salafiti virtuali ci sono, poi, gli ebrei, confermato dai messaggi e dalla narrativa anti-semita che spesso rimane implicita, ma che può anche assumere toni espliciti; inutile dire che il principale bersaglio di queste campagne ideologiche è proprio il fondatore di Facebook. Mark Zuckerberg, in effetti, è considerato parte attiva di una sorta di complotto globale,che si serve del controllo dei media; in questo modo, il fondatore dei social media viene spesso attaccato con l’accusa di censurare post ‘scomodi’, come quelli sulla guerra in Medio Oriente.

Per questa ragione, il volto di Zuckerberg viene corredato di frasi ingiuriose, oppure manipolato graficamente, allo scopo di trasmettere messaggi facilmente riconoscibili dal pubblico online della galassia eversiva di destra. Di conseguenza, spuntano anche immagini del dittatore della Germania nazista, ‘reclutato’ dai salafiti online per le loro campagne di odio contro gli ebrei, mediante immagini in cui Hitler pronuncerebbe il saluto islamico.

Un’altra figura storica, poi, è l’ex Gran Muftì (governatore) di Gerusalemme durante la Seconda Guerra Mondiale, Amin al Husseini, che si alleò con la Germania Nazista in chiave anti-israeliana; per questo motivo, la sua figura viene usata nella lotta terroristica contro lo Stato di Israele, fondato nel 1948, in seguito all’accettazione della Risoluzione n. 181 del 1947 delle Nazioni Unite.

Amin Al Huseini (Governatore di Gerusalemme) incontra Heinrich Himmler (capo delle SS e uno dei principali responsabili dell’olocausto)

Husseini non concepì l’idea dell’olocausto, ma supportò (per motivi politici e ideologici) la creazione di un esercito pan-arabo per contrastare le armate britanniche. I suoi incontri, sia con Hitler che con diversi esponenti nazisti, lasciano aperte poche interpretazioni sulle sue simpatie politiche.


Il Monopolio della Verità

Quello che accade nello spazio virtuale è simile a quanto succede nello spazio fisico, in cui i salafiti cercano di appropriarsi della ‘verità’; in altre parole, le tecniche usate dai vari gruppi (anche quietisti) sono tese a stabilire una sorta di ‘superiorità morale’ rispetto agli altri musulmani, considerati eretici o apostati. Chiunque non sottoscriva il loro modello diventa un nemico da combattere, battaglia che nello spazio virtuale mutua la sua narrativa e strumenti da quelli della destra eversiva e terroristica; la ‘verità’ proposta da questi gruppi, serve per dividere il mondo, e la realtà, in due campi.

Da una parte, ci sono i ‘veri musulmani’, che seguono i dettami e l’interpretazione dell’Islam proposta dai salafiti virtuali, mentre dall’altra ci sono coloro che non sono musulmani o che, pur essendo musulmani, non vivono ‘da veri musulmani’. Si tratta della logica del divide et impera, inculcata mediante messaggi visivi che veicolano i ‘valori’ da difendere, una difesa che, secondo questa visione, sarebbe obbligatoria e non opzionale per un ‘vero musulmano’.


Conclusioni

Il radicalismo salafita, presente da diversi decenni negli spazi fisici, è ultimamente approdato anche negli spazi virtuali, in cui mutua parte delle immagini e del materiale dagli ambienti oline della destra radical ed eversiva. In questo modo, sono emerse delle vere e proprie personalità salafite virtuali, che raccolgono attorno a loro delle comunità, in cui le persone appoggiano e adottano la visione del mondo proposta, mediante una logica del ‘noi vs. loro’.

L’uso di immagini e di tematiche sensibili, poi, consente una diffusione di questi messaggi ben al di fuori della cerchia immediata di followers e simpatizzanti, e costituisce un fenomeno pericoloso per la sicurezza e la stabilità degli Stati. La violenza, sia esplicita che implicita, e il rifiuto della democrazia liberale, espone questi gruppi alle influenze della galassia eversiva di destra, con cui tali gruppi condividono ‘valori’ fondamentali.


Letture Consigliate

  • Moustafa Ayad. (2021) Islamogram: Salafism and Alt-Right Online Subcultures. Institute for Strategic Dialogue.
  • Ullah, H. (2018). Digital Rebels: Islamists, Social Media and the New Democracy. Yale University Press.
  • Abdo, G. (2015). Salafists and sectarianism: Twitter and communal conflict in the Middle East. Center for Middle East Policy at Brookings.








Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.)

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