rutte
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Nel dicembre del 2022 il governo olandese, guidato da Mark Rutte si è ufficialmente scusato per il ruolo passato del suo Paese nella tratta degli schiavi e per il passato coloniale in Indonesia; si è trattato di un gesto simbolico che cerca di ridefinire criticamente l’era coloniale. Tuttavia, gli olandesi sono, in gran parte, contrari a questo gesto, e solamente il 38% circa della popolazione di etnia bianca ha supportato questo gesto, giunto dopo anni di polemiche; il problema, del resto, è evidente.

Se tutti considerano la schiavitù e l’oppressione coloniale un crimine secondo i criteri attuali, nessuno può attribuirne le colpe agli attuali governanti, che, dunque, si scuserebbero a nome dei loro predecessori. Un gesto simbolico, certamente, che però nasconde un senso di colpa controproduttivo. Del resto, gesti di questo genere non sono rari, e hanno coinvolto anche la Chiesa Cattolica, con le scuse di Giovanni Paolo II per le Crociate.

Si tratta di un approccio revisionista, completamente anti-storico, che, invece di riconoscere la legittimità di quanto successo in passato, cerca di rimuoverne la memoria storica; in tale discorso si inseriscono anche le richieste di rimuovere monumenti considerati scomodi, come quelli di figure che storicamente (in Gran Bretagna, Stati Uniti d’America, Olanda) sono stati connessi o hanno preso parte al commercio di schiavi o altri ‘crimini’.

Anche se scomode, sono proprio quelle figure che vorrebbero essere cancellate ad aver causato la prosperità attuale dei Paesi europei; pertanto, non è la rimozione del passato, ma la sua elaborazione critica, e non ideologica, a dover essere svolta. Invece, il colonialismo è ancora causa di emozioni forti, che determinano la condotta attuale, come le scuse retroattive, la rimozione dei monumenti e della memoria storica.

Per questa ragione, il gesto di Rutte è stato ampiamente criticato, sia da coloro che sono discendenti di schiavi o dei colonizzati, che da coloro che provengono dal campo opposto; in realtà, la memoria coloniale è ancora in gran parte non metabolizzata. Sia i Paesi Bassi che altre nazioni europee fanno ancora una certa fatica ad integrare il loro passato (coloniale e/o autoritario) in una narrazione che vorrebbe presentare un passato immacolato, o addirittura una nuova nascita, negando le proprie radici storiche.

L’identità di un Paese, tuttavia, non può essere separata dal suo passato, e il colonialismo ha definito la storia europea, mediante un ampio sostegno da parte delle classi dirigenti e spesso anche delle popolazioni interessate. I Paesi Bassi non sono certamente un’eccezione, e il meccanismo di rimozione del passato potrebbe avere effetti deleteri per il futuro; interessante, a tale proposito, sono le osservazioni di un professore di storia dell’università di Amsterdam.

The Netherlands is conflicted about its colonial past, as are other European countries. There is a lot of argument about accepting that colonization is a central part of our history.” The Dutch and other Europeans prefer to remember what made them great nations (…) (they) focus the national discourse on trade, which led to freedom, tolerance and wealth for the Netherlands. But the colonial conquests and slavery are only mentioned “in schoolbooks as a regrettable detail of the main story… It was portrayed as something that went wrong, when colonial violence is actually an integral part of how the Dutch got rich, (…)

I Paesi Bassi sono in conflitto con il loro passato coloniale, così come altri paesi europei. C’è molta discussione sull’accettare che la colonizzazione sia una parte centrale della nostra storia. Gli olandesi e altri europei preferiscono ricordare ciò che li ha resi grandi nazioni (…) concentrano il discorso nazionale sul commercio, che ha portato libertà, tolleranza e ricchezza” per i Paesi Bassi. Ma le conquiste coloniali e la schiavitù sono menzionate nei libri di scuola solo come un dettaglio deplorevole della storia principale (…) È stato dipinto come qualcosa che è andato storto, quando in realtà la violenza coloniale è parte integrante di come gli olandesi si sono arricchiti (…)

Ferrer, I., The Netherlands’ apology for its legacy of colonial slavery exposes divisions in Dutch society, El Pais, 6 Gennaio 2023.

Il meccanismo è chiaro, e la rimozione, o la condanna morale del colonialismo, e non la sua elaborazione critica, diventano la profilassi nazionale contro un passato che deve essere compreso solamente nelle sue componenti ‘accettabili’. Stesso discorso per il fascismo e per il passato coloniale italiano e per quello di altri Paesi; alla storia subentra il censore morale, all’analisi la condanna e la scelta selettiva degli elementi da inserire nella narrazione ufficiale, secondo l’approccio dell’ideologia woke.

Invece, nel mondo arabo/islamico nessuno ha mai chiesto scusa per il ruolo nella schiavitù, un fenomeno accertato e istituzionalizzato, che persiste ancora, informalmente, nel mondo attuale; al contrario, i leaders arabi sembrano orgogliosi della propria storia, che non cercano di minimizzare o di presentare come accettabile. Un atteggiamento differente, che dovrebbe far sorgere legittime domande e dubbi sull’impostazione assunta dalle leaderships continentali.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.). Nel 2025 ha iniziato a colloborare con la testata online 'Rights Reporter', per la quale scrive articoli e analisi sull'Islam, la shariah e i diritti umani.

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