Abstract
Tra il XVI ed il XVII secolo si dispiega l’attività dei missionari cattolici e protestanti, ma la prima appare molto più aggressiva ed esplicita; il protestantesimo, invece, sembra poco incline allo slancio missionario, e la VOC, di fatto, concentra la sua azione ai dipendenti e funzionari presenti nei possedimenti e territori del vasto arcipelago indo-malese.
Between the 16th and 17th centuries, the activities of Catholic and Protestant missionaries unfolded, but the former appeared much more aggressive and explicit; Protestantism, on the other hand, seemed less inclined towards missionary zeal, and the VOC, in fact, concentrated its efforts on the employees and officials present in the possessions and territories of the vast Indo-Malay archipelago.
Introduzione – Tra Animismo, Islam e Cristianesimo
La provincia indonesiana di Nusa Tenggara Timur, o le ‘Isole del Sud-Est’, erano già state raggiunte dai migranti austronesiani intorno al 2000 a.C.; in tale contesto, essi si mescolarono con le persone di disendenza papuana, una cultura arrivata circa mille anni prima dalla Nuova Guinea. Non sorprende, dunque, che, ancora oggi, si possono osservare elementi papuani, come la pelle scura, e i capelli ricci, nelle parti più orientali di Flores, Timor e soprattutto su isole più piccole di Alor e Pantar. Molto prima che i cinesi salpassero verso Timor per raccogliere il prezioso legno di sandalo bianco, noto come ‘Santalum album’, che gli isolani portavano in piccole barche ai porti di Giava orientale.
Il sandalo, in effetti, era molto richiesto per la preparazione di profumi, incenso e medicine, ed era noto, localmente, come aikamenil, oppure con il suo nome sanscrito, candana; il contatto con la corte di Majapahit, del resto, sembra attestato dalle fonti cinesi, che indicano Ti-wun (Timor) come una regione vassalla di questo regno induista. Non a caso, dunque, la raffigurazione del tempio indù viene mostrato nei primi disegni panoramici di Flores, chiamati Samademga, che F. Rodrigues realizza nel 1513.
La religione originale di queste isole era una sorta di animismo, che prevedeva la credenza secondo cui il villaggio sarebbe stato protetto dagli spiriti ancestrali; si tratta di una concezione di un mondo ordinato del villaggio e i suoi campi, circondati da foreste. Qui, ai margini dello spazio abitato avrebbero abitato spiriti pericolosi che dovevano essere placati con offerte di vario genere; invece, il ‘dio del cielo’ Dewa veniva invocato nei casi di estrema necessità. Si trattava della principale divinità maschile complementare alla Madre Terra, di cui costituiva l’opposto.
La società organizzata era solitamente caratterizzata da piccoli ‘regni’, formati da un paio di kampongs (villaggi), governati da atalaki (capi); alcuni di essi, poi, godevano di una certa supremazia su base regionale, come Larantuka a Flores Orientale e Behale (Wehale) a Timor Centrale. In generale, tutti questi sovrani e capi indipendenti erano fieri della loro indipendenza, anche se Ternate e Makassar cercavano, occasionalmente, di imporre una signoria sui ‘regni’ costieri, operazione che talvolta ebbe un certo successo. A partire dalla fine del Seicento, poi, alcuni accettarono, almeno formalmente, il dominio della corona portoghese, prima, e della VOC, poi.
Conquista e Missione

La conquista portoghese di Malacca avviene nel 1511, mentre il primo vescovo nominato mezzo secolo dopo; si tratta del domenicano Jorge de S. Luzia, che apprese dai commercianti portoghesi le necessità di sacerdoti a Timor, in cui vivevano alcuni cristiani. La Diocesi di Malacca (attuale diocesi di Singapore), eretta il 4 febbraio del 1558, mediante la Bolla Pontificia di Paolo IV, Pro excellenti praeeminentia, e posta sotto il patrocinio del sovrano portoghese, e aveva sede nella città di Malacca.
Si nota, a questo proposito, che le navi portoghesi di Malacca spesso dovevano aspettare settimane sulle coste di Solor, prima che il monsone permettesse loro di navigare verso la madrepatria. Solor, in effetti, offrivano porti più adatti di Timor per caricare le merci dirette in Europa; dopo la conversione di alcuni isolani da parte di fra Taveira, si cui però non esistono fonti affidabili, fu creata una missione nel 1562. A partire da questo momento, inizia il periodo di evangelizzazione portoghese, che terminerà con la fine del controllo dei lusitani a favore degli olandesi nel secolo successivo.
Questo primo tentativo di evangelizzazione venne osteggiato da predoni o rivali commercialio di Giava, ma l’intervento della flotta portoghese riuscì a farli desistere; in seguito a questo episodio, la missione lusitana acquistò prestigio, e diversi notabili di Solor accettarono di farsi battezzare. Le prime fortificazioni vennero erette nel 1566, ed avevano lo scopo di proteggere la missione da eventuali attacchi e razzie; venne anche aperto un Seminario Minore nel 1596, mentre in un villaggio adiacente fu costruita un’altra chiesa per la comunità locale che viveva oltre le mura del forte.
Il capitano del forte di Solor veniva scelto dal priore domenicano di Malacca, e doveva essere confermato dal capitano di quel luogo nei primi venti anni della sua esistenza; successivamente, verso il 1595, la nomina venne riservata al viceré dell’India. Nel 1575 venne inviato un capitano con venti soldati per proteggere Solor, ma i Domenicani dovevano pagare lo stipendio dei militi; ad ovest del forte si insediò una prima comunità cattolica, composta dai commercianti portoghesi e dalle loro famiglie; un altro villaggio, invece, accoglieva un migliaio di cristiani di Solor. Entrambe le comunità disponevano di una chiesa propria, mentre l’amministrazione portoghese di Goa decise di concedere un sussidio ai missionari che operavano a Solor e nelle isole vicine.
Verso il 1585 si osserva un primo progresso, e, per questa ragione, il vescovo di Malacca decise di inviare più frati domenicani dal Portogallo; furono diversi i religiosi che si offrirono volontari per la missione asiatica. Dopo un viaggio difficoltoso, essi riuscirono a ragguingere a Solor verso il 1587, dopo aver subito delle perdite da parte dei giavanesi; in questo periodo, del resto, gli attacchi ai villaggi cristiani erano frequenti, e si inseriscono nell’ambito della competizione per il controllo delle isole dell’arcipelago indo-malese.
Evagelizzazione e Politica
Questi attacchi, in effetti, erano determinati da una pluralità di motivazioni, tra cui le perdite negli scambi commerciali del sandalo, oppure la ricerca di un bottino o di schiavi da vendere su altri mercati; ciò nonostante, sembra che i domenicano non avessero timore di viaggiare ed operare in queste aree, che erano state interessate da un’ondata di islamizzazione. Il loro obiettivo era chiaro, ovvero battezzare i nativi e legarli, allo stesso tempo, alla Chiesa di Roma ed al Portogallo; la conversione religiosa, in effetti, aveva chiare e dirette implicazioni politiche che spesso vengono taciute o ignorate.
Del resto, le notizie sull’istruzione ricevuta prima del battesimo o la formazione data in seguito, o sull’effettivo cambiamento di vita non sono molte; dal materiale storico emerge che le istruzioni impartite fossero ridotte alle nozioni essenziali, anche a ragione dell’assenza di catechisti indigeni e della lingua, che spesso costituiva un ostacolo difficile da superare. Le difficoltà comunicative, dunque, erano significative, risolte solo parzialmente dall’uso di interpreti, in quanto la lingua usata dai missionari era il portoghese. L’evangelizzazione, dunque, si basava principalemente su elementi visivi (croci, statue, ecc) e su canti facili da imparare.
Nei primi anni del XVII secolo, tuttavia, si assiste ad un declino della missione, causato da evidenti tensioni tra i portoghesi e le popolazioni locali; per questa ragione, nonostante le proteste del vice-re e del vescovo di Malacca, la missione portoghese sulla costa Sud di Flores era praticamente estinta nel 1613. Le ragioni di questo declino sono note, e la principale di esse consiste nella sostanziale scarsità di missionari; in realtà, tra il 1562 ed i 1606 in queste aree furono inviati circa 64 fratu domenicani, ma la loro permanenza non fu sufficiente. Le regole imponevano ai missionari di ritornare ai conventi di Goa o Malacca ogni 4 anni, allo scopo di ricevere una adeguata formazione e di riposare, ma non consentiva di stabilire relazioni significative con i nativi. Non deve essere sottovalutata, poi, la sostanziale tensione tra i missionari portoghesi e quelli nativi, noti come ‘mestizos’, meticci; questo problema, del resto, sembra ricorrere anche in seguito, nel clero protestante di Batavia.
Il Conflitto con la VOC
La missione portoghese si dovette confrontare anche con un altro problema nei primi anni del XVII secolo, ovvero la Compagnia Olandese delle Indie, le cui navi fecero la loro comparsa nei pressi di Solor nel gennario del 1613. In realtà, l’aiuto della VOC era stato richiesto sia dai musulmani che dai cristiani che in seguito si erano riconvertiti alla loro religione originaria; il forte di Solor, tuttavia, era difeso da pochi soldati, in quanto la maggioranza della guarnigione aveva accompagnato una missione commerciale. Non sorprende, dunque, che in 3 mesi i pochi difensori si arresero dopo che i cannoni delle navi olandesi avevano devastato obiettivi sia militari che civili; di conseguenza, gli olandesi riuscirono a conquistare il forte prima che la spedizione militare portoghese facesse ritorno.
Il comandante olandese Schotte scrisse un rapporto che dettagliava la sua conquista del forte di Solor, precisando la presenza di tre missioni portoghesi in cui vivevano 150 famiglie di religione cattolica, altre quattro si trovavano a Adonara (1.700 famiglie), e Flores (tre stazioni per 600 famiglie). In totale, erano circa 2.450 famiglie e 12.250 cattolici; tale rapporto, tuttavia, non appare completo, in quanto in una visita effettuata nel 1617 si contano 100.000 cattolici, una cifra probabilmente esagerata, ma che testimoniava un aumento della popolazione cattolica.
Il Protestantesimo nelle Indie
Intorno al 1600 iniziò il periodo della diffusione dell’Islam e del Cristianesimo nell’arcipelago indo-malese, instaurando una competizione tra le due religioni; nelle regioni costiere di Sumatra l’islamizzazione, almeno formale, era stata completata intorno al 1600, e lo stesso fenomeno si osserva nelle isole centrali, ovvero Kalimantan (Borneo Olandese) e Giava. Solo nell’Indonesia orientale l’espansione dell’Islam fu più lenta, ed i primi progressi si registrano nel XVII secolo, come Makassar e Sulawesi meridionale. Si trattava, del resto, di un processo iniziato circa due secoli prima, e che stava registrando i primi risultati visibili;
L’avvento della VOC, del resto, riuscì a contenere questo fenomeno, sebbene il suo obiettivo fosse commerciale, e non religioso; di fatto, tuttavia, l’islamizzazione rallenta, ma il cristinesimo non aumentò in maniera sufficiente per approfittare di questa situazione. In effeti, la religione cristiana si diffuse lentamente anche nel corso del XVII e XVIII secolo.
Nel primo contratto della VOC non era incluso alcun articolo sulla religione, mentre nel 1623 vengono menzionati anche alcuni doveri religiosi, in virtù del particolare carattere della Compagnia, che godeva anche di prerogative statali. Tra questi doveri, tuttavia, non rientrava l’annuncio missionario del Vangelo, e, in effetti, la VOC si limitò, generalmente, alla cura pastorale dei cristiani alle sue dipendenze, senza cercare di evangelizzare direttamente la popolazione nativa. Si osserva, allo stesso tempo, che la Compagnia ha esteso la sua azione a tutti i cristiani, e non solamente a quelli riformati, ma non ha mai agito come una sorta di chiesa missionaria.
Al contrario, la VOC cercò di accordarsi con i leaders musulmani, allo scopo di permettere un flusso indisturbato di scambi commerciali; le ragioni pratiche, tuttavia, non erano le sole a determinare questa politica religiosa. In effetti, i commissari della Compagnia erano imprenditori, e non leaders religiosi, ed il loro interesse principale, di conseguenza, era di tipo commerciale. Inoltre, la visione calvinista prevalente di quest’epoca non incoraggiava certamente lo slancio missionario, che si riteneva terminato con la morte dei primi apostoli. Non tutti i calvinisti, del resto, appoggiavano questa teoria, e molti teologi, al contrario, ritenevano che fosse un dovere cristiano quello di predicare il Vangelo; una figura di spicco, a questo proposito, era Justus Heurnius, nato nel 1587.
Egli completò gli studi di medicina nel 1611, e 4 anni più tardi intraprese lo studio della teologia presso Groningen, nei Paesi Bassi; a lui si deve la pubblicazione, nel 1618 di un corposo trattato sulle missionarietà nelle Indie (orientali). Secondo Hernius, il fallimento della missione cattolica costituiva il segnale divino del mandato dato ai protestanti di evangelizzare l’arcipelago malese-indonesiano; venne inviato a Batavia nel 1624 e predicò nelle Indie per altri 15 anni.
Protestantesimo e Politica
Nel contesto dei primi decenni del XVII secolo, la fede cristiana fu considerata come una sorta di
alleanza tra Dio e un popolo eletto, ovvero la comunità protestante olandese; in altre parole, la missione dei protestanti olandesi era sacra, secondo questa visione, e sanzionata da Dio, in maniera non dissimile da quanto sostenevano i cattolici portoghesi che li avevano preceduti. Si sviluppa, dunque, la consapevolezza del legame tra l’etnia e la religione, anche se tale connessione non si tradusse mai una esplicita apartheid, come accadrà nel Sud Africa del XX secolo.
Per l’implementazione dei suoi doveri pastorali, la VOC possedeva un’organizzazione ben strutturata, e, fino alla sua dissoluzione, avvenuta il 1 gennaio del 1800, la Compagnia organizzò le attività di circa 900 membri del clero protestante, a cui si aggiunsero altre figure di rango inferiore della gerarchia religiosa riformata. Si tratta dei krankbezoekers (visitatori) e dei ziekentroosters (coloro che confortavano i malati), che furono molto attivi, specialmente a bordo delle navi; altre figure fondamentali sono stati gli insegnanti nativi, i custodi (delle chiese), e i sacrestani, che hanno dato un contributo fondamentale per diffondere e preservare il cristianesimo.
Conclusioni
A partire dal XVI secolo, alcune parti dell’arcipelago malese-indonesiano iniziano ad essere interessate dall’attività missionaria cristiana, prima da parte dei cattolici, e, dal XVII secolo, dei protestanti olandesi, che legano la religione riformata alla presenza nell’attuale Indonesia. La poltica della Compagnia Olandese delle Indie Orientali (VOC), tuttavia, non ha generalmente previsto il proselitismo verso i non cristiani, e specialmente verso i musulmani. Al contrario, la politica della VOC è stata improntata al compromesso con i leaders nativi e con le aree che erano state islamizzate, anche se ovviamente non sono mancate le tensioni.
Letture Consigliate
- Jan Sihar Aritonang & Karel Steenbrink (2008). A History of Christianity in Indonesia. Leiden. Boston.
- Parker, C. H. (2022). Global Calvinism: Conversion and Commerce in the Dutch Empire, 1600-1800. Yale University Press.
- Landwehr, J. (2024). VOC: a bibliography of publications relating to the Dutch East India Company, 1602-1800. Brill.