MUI
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Abstract

Il Majelis Ulama Indonesia rappresenta un potente attore per la mobilitazione delle masse, e, in effetti, questa organizzazione islamica adotta diversi strumenti per mobilitare il consenso sulla sua agenda di shariarisation dell’Indonesia. Il Congresso Nazionale, da questo punto di vista, rappresenta un’occasione per legittimarsi di fronte allo Stato, alla comunità islamica ed al pubblico indonesiano in generale. Il supporto ufficiale dei governi del Paese, a partire dal 2005, hanno poi segnato una svolta fondamentale per promuovere ed accelerare il processo di shariatisation della sfera pubblica e legale dell’Indonesia.


Introduzione

Nell’ambito del discorso della shariatisation viene utilizzato il termine ‘sharia activism’, ‘attivismo per la sharia’, ovvero il tentativo di mobilitare la contestazione allo scopo di sostenere le cause islamiche; all’interno di tale definizione, poi, rientrano diverse realtà. Si pensi, in questo senso, al movimento della ‘dawa’, i gruppi islamisti politici che vogliono stabilire uno Stato islamico, al pari di altri gruppi in cui l’Islam viene mercificato per fungere da bandiera del movimento. L’attivismo islamico, in effetti, può anche essere considerato anche come l’orientamento della prassi che risulta dal dialogo tra struttura e ideologia.

L’attivismo islamico può essere considerato come un attivismo basato su una combinazione di obiettivi, risorse e ostacoli, con una chiara e necessaria connessione con l’ideologia islamica; in altre, parole, è l’Islam a costituire la base ideologica delle organizzazioni e movimenti. Da questo punto di vista, l’attivismo per la sharia può essere considerato come un tentativo di stabilire la supremazia della legge islamica nelle sfere legale e pubblica dell’Indonesia. In questo modo, i gruppi islamisti diffondono la “natura inter-discorsiva dell’Islam”, un’idea che integra din (religione), dunya (vita mondana) e dawla (Stato) come veicoli per la shariatizzazione.

L’attivismo shariatico, inoltre, funziona come l’attività sociale, legale e politica che il Majelis Ulama Indonesia pone in essere allo scopo di consolidare il potenziale di shariatizzazione del Paese asiatico; si tratta di una nozione affine a quella di ‘politica del popolo informale, che si configura come uno strumento adottato dalle persone comuni per cercare di attuare cambiamenti sociali nella loro vita quotidiana. Nel caso specifico del MUI, poi, l’attivismo per la sharia a cui si fa riferimento, consiste nel persistente e sistematico impegno dei suoi sostenitori per l’inclusione e la formalizzazione della normativa islamica nelle sfere legali e pubbliche dell’Indonesia.


La legge Islamica come Soluzione Omnicomprensiva ed Esclusiva

La shariatisation viene sostenuta dalla convinzione del MUI (e non solo) che la legge islamica non si applichi solamente alle questioni religiose, ma anche alle vicende della vita quotidiana e mondana; pertanto, non sorprende che l’integrazione della sharia nella sfera pubblica e legale indonesiana venga presentata come una ‘necessità’. Il Majelis Ulama Indonesia, come precisato a più riprese su questa rivista, non è un partito politico, ma le sue azioni, il suo pensiero e i suoi obiettivi lo configurano come tale, di fatto. Non sorprende, dunque, l’accostamento del MUI ai movimenti e partiti islamisti, che perseguono obiettivi simili e condividono una base ideologia affine, quali i Fratelli Musulmani (Egitto), Hamas (Israele/Territori Palestinesi), ed altre organizzazioni radicali e/o terroristiche.

Anche se il MUI non ha mai condonato il terrorismo, è indubbio che l’obiettivo della shariatisation sia comune a tali movimenti, sebbene esso sia perseguito con mezzi non violenti; il comune denominatore, in effetti, è rappresentato dalla convinzione che la legge islamica debba prevalere sugli altri sistemi legali, compreso quello basato sulla Pancasila, e non viceversa. Secondo questa visione, esisrerebbe una sostanziale unità tra politica e religione, nel senso che la seconda dovrebbe dettare la prima, e si dovrebbe dunque applicare alla generalità dei cittadini, anche quelli che non sono musulmani. Nel caso dell’Indonesia, si tratta di 37-42 milioni di non musulmani che dovrebbero essere assoggettati alla sharia, con evidenti ripercussioni in termini di diritti elementari, come quelli che riguardano la cittadinanza.

Si consideri, a tale proposito, che i Paesi a maggioranza islamica che non riescono ad imporre un vero e proprio Stato islamico, le forze islamiste cercano di lottare per una crescente influenza della legge islamica su quella dello Stato, come accade nel caso del Majelis Ulama Indonesia. Evidentemente, i musulmani che condividono l’idea della supremazia islamica sullo Stato possiedono una motivazione molto alta ad applicare la sharia nel diritto positivo. Tali persone, in effetti, sono convinte che l’incorporazione della legge islamica nell’ordinamento statale sia capace di porre fine ad un sistema (secolare) che ha frustrato le aspirazioni dei musulmani che sostengono l’Islam politico.

L’impegno del MUI in questo senso è indubitabile, in quanto tale organizzazione ha lottato costantemente per shariatizzare l’Indonesia, come si evince dalle ideologie adottate e dagli strumenti che sono stati creati a tale scopo, e di cui si è parlato negli articoli precedenti. Non sembra possibile dubitare, dunque, che il Majelis Ulama Indonesia sostenga la posizione secondo cui ‘syariah adalah solusi’, ovvero che la legge islamica sia la soluzione, ovvero l’unico e omnicomprensivo sistema per risolvere qualunque problema. Non sorprende, dunque, che il MUI sia in costante contatto con i legislatori indonesiani per proporre l’adozione della legge islamica nell’ordinamento statale, nella convinzione che essa sia la soluzione definitiva per il malessere economico, politico e legale del Paese asiatico.


Il MUI, del resto, non esita ad assumere posizioni critiche contro la subordinazione della sharia dalla Pancasila, l’ideologia uficiale (ed insostituibile) della Repubblica Indonesiana; per questa ragione, il Majelis Ulama Indonesia sostiene la richiesta dei movimenti islamisti di sostituire il Codice Penale indonesiano con un sistema di giustizia islamica, in quanto il Codice secolare (Hukum Pidana) conterrebbe diverse disposizioni in contraddizione con la legge islamica.

Il dibattito sull’idea che ‘la sharia è La soluzione’, del resto, si è intensificato in seguito al cambiamento ideologico, discusso su questa rivista, dalla Pancasila all’Islam, avvenuto nel 2000; a partire da questo momento, il MUI ha costantemente inquadrato tutte le sue attività nell’ottica che la sharia sia una vera soluzione per tutti i problemi affrontati dagli esseri umani. Maruf Amin, in effetti, ha affermato che l’apertura della reformasi ha avuto un aspetto positivo, in quanto ha consentito di

esprimere il bisogno dei musulmani indonesiani di applicare la legge sharia come sistema legale nazionale dell’Indonesia

(Riportato da Syafiq Hasyim. (2023). The shariatisation of Indonesia: The politics of the Council of Indonesian Ulama (MUI). Leiden: Brill, p. 201)

Non sorprende, dunque, che lo slogan ‘mensyariahkan masyarakat dan memasyarakatkan syariah’, ovvero ‘shariatizzare la società e socializzare la sharia’, ha acquisito una rilevanza e diffusione crescente tra gli alleati e sostenitori del Majelis Ulama Indonesia. Hizbut Tahrir Indonesia, un movimento islamista radicale che intende stabilire un califfato al posto dell’attuale Stato secolare, considera il 2005 un anno imporante per la svolta conservatrice del MUI (vedi fatwa che condanna il liberalismo, pluralismo e secolarismo).

Da notare che, sebbene HTI sia un’organizzazione terroristica, essa non sempre viene riconosciuta come tale; per questa ragione, esiste ed è attivo il sito ‘istituzionale’, ma la branca indonesiana non risulta raggiungibile dall’Indonesia. Il tentativo di caricare la pagina di HTI Indonesia (senza un VPN) sortisce un messaggio da parte del proprio provider, che ricorda che l’accesso al sito è stato interdetto. Lo stesso risultato si osserva per la branca malese, e tale decisione del Minitero delle Comunicazioni sembra una chiara indicazione della convinzione del governo indonesiano della natura eversiva e terroristica del gruppo. Il sito indonesiano (e malese) di HTI risulta comunque raggiungiblie mascherando l’indirizzo IP mediante un VPN, come si può notare dall’immagine riportata a scopo puramente educativo.

Il sito di HTI Indonesia non è raggiungibile dall’Indonesia (senza VPN)

Header di HTI Indonesia (con VPN)
Il motto è inequivocabile ‘Per continuare (a vivere una vera) vita islamica.

La Mobilitazione

Anche se la maggioranza della popolazione indonesiana è di fede islamica, non è automatico che la legge islamica sia integrata nell’ordinamento giuridico e nella vita pubblica del Paese; per questa ragione, i musulmani indonesiani (o alcuni di essi) decidono di lottare per perseguire tale obiettivo. Fino a questo momento, la mobilitazione per la sharia è stata promossa dai partiti politici islamici attraverso diverse leggi che hanno lo scopo di integrare la sharia nella legge statale. Le organizzazioni islamiche, inoltre, hanno adottato approcci culturali e informali come l’influenza, il lobbying e anche la pressione sui legislatori, affinché questi ultimi prendessero la legge islamica come riferimento per proporre le leggi statali.

Quando si parla di ‘mobilitazione per la sharia’, si intende l’insieme delle attività ed iniziative tese a porre le premesse della shariatisation; in questo senso, tale concetto può essere inteso come un processo mediante cui il potenziale implicito viene reso disponibile per il movimento collettivo della sharia. Del resto, una mobilitazione efficace ha sempre bisogno di una valida strategia efficace, e tale necessità si traduce nel bisogno imperativo di trovare supporto ed alleati che condividano il medesimo obiettivo, e, in una certa misura, anche le stesse modalità operative.

Il Majelis Ulama Indonesia, infatti, non crea sempre una strategia completamente nuova, ma cerca piuttosto di massimizzare l’efficacia di quelle esistenti; tra queste, se ne possono individuare quattro particolarmente rilevanti.

Si tratta del

  • Congresso Nazionale
  • Incontro degli Ulama
  • Congresso della Comunità Islamica Indonesiana
  • Media e Pubblicazioni

Queste quattro attività possono essere considerate le principali strategie che vengono adottate nell’ambito della mobilitazione per la sharia, a ragione della loro ampia portata e influenza, che permettomo di raggiungere il pubblico musulmano che sostiene il progetto della shariatisation. Il MUI, in altre parole, utilizza la struttura esistente della sua organizzazione, le sue attività e i suoi programmi, allo scopo di organizzare l’integrazione sociale e ideologica dei suoi diversi sostenitori e reti per raggiungere i suoi obiettivi. In questo saggio verranno analizzati brevemente i Congressi Nazionali, mentre gli altri elementi verranno presi in considerazione negli articoli successivi.


Congresso Nazionale

Il Musyawarah Nasional, o MUNAS, il Congresso Nazionale del Majelis Ulama Indonesia, rappresenta un vero e proprio marchio organizzativo del MUI, a ragione della sua autorità come forum più autorevole per per decidere le priorità e l’agenda dell’organizzazione islamica. Elementi fondamentali quali lo statuto fondamentale, l’elezione dei membri del consiglio e la determinazione delle politiche e dei programmi vengono tutti discussi durante il Congresso Nazionale. Quest’ultimo, inoltre, costituitsce anche un importante strumento per raggiungere il pubblico musulmano e comunicare con esso; tra il 1975 ed il 2010, si osservano 8 Congressi nazionali.


Era di Suharto

Il Primo Congresso (1975) ha discusso tre questioni importanti,

  • religione e sicurezza nazionale
  • religione e sviluppo nazionale
  • missione islamica e questioni interreligiose

Le problematiche sollevate e discusse dal primo Congresso Nazionale erano coerenti con l’ampio programma di sviluppo nazionale indonesiano dell’epoca.

Il secondo congresso (1980) si è tenuto a Giacarta, ha discusso dello sviluppo nazionale, della stabilità e della difesa, nonché delle questioni internazionali; in effetti, le problematiche relative allo sviluppo si i sono concentrate sugli effetti collaterali del programma nazionale, quali l’aumento del divario tra ricchi e poveri, la corruzione, l’aumento della criminalità, la decadenza morale. Il Congresso Nazionale del 1980 ha anche raccomandato una maggiore diffusione della Pancasila e del cosiddetto ‘P4’, ovvero l’indottrinazione obbligatoria dei valori derivanti dalla dottrina di Stato, nella comprensione proposta dal Orde Baru ovviamente.

Alcune tematiche discusse nel secondo Congresso Nazionale sono state riprese anche dal Terzo Congresso Nazionale (1985); in tale occasione, il MUI ha raccomandato una maggiore diffusione delle pratiche cultuali islamiche, come le preghiere quotidiane e del venerdì, presentandole come una priorità per lo sviluppo umano dell’Indonesia. Per questa ragione, il MUI ha convinto le organizzazioni, sia pubbliche che private, a mettere a disposizione un luogo di culto sul posto di lavoro. In questo modo, il Majelis Ulama Indonesia ha de-privatizzato l’Islam e lo ha reso visibile (e fruibile) nello spazio pubblico, sottraendolo dalla sfera privata.

Lo stesso MUI ha anche raccomandato al governo indonesiano di trasmettere programmi televisivi sulla recitazione del Corano; il successo di tali iniziative sembra indubbio, in quanto diversi lavoratori, che non eseguivano le preghiere islamiche, sia in privato che in pubblico, hanno iniziato ad eseguirle nei luoghi di lavoro, nel timore di essere giudicati dei ‘cattivi musulmani’. In altre parole, la pietà islamica è stata associata alla cittadinanza, e la divisione tra la religione e l’ambito mondano è venuta meno, o perlomeno è diventata più sfumata. Il Terzo Congresso è stata anche l’occasione per invitare gli ulama, i leader musulmani, gli intellettuali, le donne e i giovani ad affiliarsi alle organizzazioni islamiche; i sapienti islamici, in particolare, sono stati presentati come come motivatori dello sviluppo nazionale.

In aggiunta, sono stati discussi altri argomenti importanti e controversi come la pornografia, i ‘kelompok sesat’ (gruppi devianti islamici), il sadismo e la lotteria nazionale; per quanto riguarda, poi, gli affari internazionali, il MUI ha esortato le Nazioni Unite a prendere misure concrete per porre fine alla guerra in Libano, Iraq-Iran e Afghanistan. Il Majelis Ulama Indonesia ha anche richiamato l’attenzione sulla ‘necessità di proteggere la Moschea al-Aqsa a Gerusalemme’ ed ha espresso la sua solidarietà per la sovranità della Palestina come stato-nazione. Allo stesso tempo, il MUI ha sostenuto la politica di Suharto per aumentare la cooperazione non solamente con i musulmani, ma anche con gli altri paesi dell’ASEAN, in ambiti critici come la religione, la cultura, l’economia ed il trasferimento scientifico/tecnologico.

Il Quarto Congresso Nazionale (1990) ha rappresentato l’occasione per esprimere il proprio apprezzamento per il successo di Suharto nel migliorare il Paese; si è trattato di una modalità per ringraziare il Presidente del suo contributo allo sviluppo dell’organizzazione. Il Quinto Congresso Nazionale (1995) si tenne, indicativamente, nello stesso periodo dell’ultima fase dell’agenda di sviluppo nazionale di Suharto, chiamata ‘era del decollo’. Il sesto piano quinquennale di sviluppo (1994–1999), in effetti, era incentrato sull’avanzamento della scienza, della tecnologia nazionale e del settore industriale. Riconoscendo l’importanza dell’era del decollo per Suharto, il MUI ha utilizzato questo momento per mostrare il suo sostegno al regime ed alla sua agenda di sviluppo nazionale; allo stesso tempo, sono stati rifiutati alcuni progetti di islamizzazione proposti al Congresso Nazionale, in quanto tali proposte non erano allineate alle priorità ideologiche e di sviluppo dell’Ordine Nuovo.


Dopo Suharto

Il Sesto Congresso Nazionale (2000) si è svolto durante la transizione tra il Vecchio ed il Nuovo Ordine, e, di conseguenza, il Majelis Ulama Indonesia era tenuto a dichiarare la propria posizione nei confronti dell’era della riforma, oltre a chiarire il suo legame con il precedente regime di Suharto. Si è trattata, evidentemente, di una sfida significativa per il MUI, in quanto erano diverse le componenti della società indonesiana ad esprimere scetticismo sul reale impegno del Consiglio rispetto all’agenda di riforme verso la democrazia, a ragione del suo precedente rapporto con il regime di Suharto.


Molte organizzazioni di massa, in effetti, dichiararono la loro adesione formale alla visione di una nuova Indonesia, libera dalla corruzione e rispettosa dei diritti democratici e umani, ma in realtà esse rimasero fedeli alla visione del mondo di Suharto. Per questa ragione, il Congresso Nazionale del 2000 è stata un’opportunità per dimostrare la sua indipendenza dal regime precedente, e, allo stesso tempo, mostrare un’identità rinnovata. Allo stesso tempo, in effetti, il MUI si è presentato come un’organizzazione che persegue gli interessi della comunità islamica; Il Congresso Nazionale del 2000 ha anche prodotto linee guida di condanna, che riguardano 13 casi di kemungkaran, illeciti, di cui li più grave sarebbero il cosidetto ‘aliran sesat’, ovvero le sette devianti. Mahruf Amin, ha dichiarato che l’aliran sesat costituisce l’errore più evidente che i musulmani indonesiani dovrebbero combattere.

Il Settimo Congresso Nazionale (2005) è stato inaugurato dal discorso del Presidente Yudhoyono, il quale ha affermato che il suo governo aveva una missione simile a quella del MUI, ovvero la lotta contro le diverse tipologie di illecito, come il crimine e la pornografia e così via per garantire il futuro della nazione. Yudhoyono, in realtà, ha cercato il supporto esplicito del MUI per il suo governo, riconoscendo esplicitamente questa organizzazione come unica istituzione religiosa autoritativa, le cui fatawa e raccomandazioni potevano essere utilizzate come riferimento per le politiche statali.

Questa strategia indica l’aumento dello status del MUI durante il mandato di Yudhoyono, che viene riconosciuto a livello ufficiale, contrariamente a quanto era avvenuto con i precedenti presidenti Wahid e Megawati. Wahid, in realtà, aveva tentato di bilanciare l’autorità del Majelis Ulama Indonesia, presentata come una delle molteplici istituzioni produttrici di fatawa; lo stesso status può essere osservato nel corso del regime di Suharto.

In realtà, non era la prima volta che il MUI emetteva una fatwa che vietava i movimenti islamici considerati eretici, ma la legittimità conferita dal Presidente Yudhoyono, in occasione del Congresso del 2005, conferì al Majelis Ulama Indonesia una maggiore fiducia nell’esprimere le sue rigide opinioni sulla fede islamica. L’emissione delle faatwa, in occasione del Settimo Congresso Nazionale, ha generato un acceso dibattito pubblico, e risulta indicativo del maggiore spazio conquistato dal MUI nella sfera pubblica indonesiana.

L’Ottavo Congresso Nazionale (2010) si è tenuto dal 25 al 28 luglio a Giacarta, e, in questa occsione, il MUI ha acquisito una maggiore influenza nel svolgere la sua funzione organizzativa e pubblica; il presidente Yudhoyono e il vicepresidente Boediono hanno aperto e chiuso il Congresso Nazionale del 2010. In questo modo, le due massime cariche dello Stato hanno colto l’occasione per confermare il ruolo pubblico ed autorevole del Majelis Ulama Indonesia rispetto al compito di ripristinare la moralità indonesiana. Questo pubblico riconoscimento, poi, si inserisce in un momento caratterizzato da uno scandalo che coinvolgeva una cantante indonesiana nota a livello nazionale.

Il presidente Yudhoyono ha anche dichiarato che la condotta commerciale e politica in Indonesia stava superando i confini della legge religiosa islamica; in questo modo, egli ha offerto il suo sostegno alla certificazione halal del MUI e alle industrie finanziarie e bancarie basate sulla sharia. La formulazione dell’agenda di shariatisation del Congresso del 2010 è stata dunque presentata in maniera strategica.


Conclusioni

Dall’analisi svolta in precedente, appare evidente che, per il Majelis Ulama Indonesia, la legge islamica rappresenta l’unica e legittima soluzione per i problemi dell’Indonesia, sia di natura religiosa che mondana. Non sorprende, dunque, che il MUI sostenga attivamente la shariatisation della sfera pubblica e legale del Paese asiatico. Uno degli strumenti usati per mobilitare il consenso su questa visione del mondo è rappresentato dai Congressi Nazionali, durante i quali vengono discusse tematiche centrali per l’organizzazione e vengono emesse fatawa e raccomandazioni su tali questioni.

Il Congresso Nazionale, inoltre, può essere considerato parte integrante di un’efficace strategia per rafforzare la posizione del Majelis Ulama Indonesia rispetto al potere statale, nonché alle altre organizzazioni islamiche. Questo evento, che si tiene con cadenza quinquennale, rappresenta un’opportunità per promuovere la sua immagine, oltre che per comunicare e articolare le sue attività al pubblico indonesiano. Da notare, poi, che alcune attività ed iniziative del MUI interessano anche i non musulmani, come accade con le banche islamiche e la certificazione halal.

Si osserva, infine, che il MUI utilizza il Congresso Nazionale come strumento per aumentare il suo potere contrattuale nei confronti dello stato, dei non musulmani e di altre organizzazioni islamiche come Nadlatul Ulama e Muhammadiyah. Sebbene queste ultime due organizzazioni islamiche forniscano la maggior parte dei membri del MUI, in alcuni casi le loro opinioni e obiettivi, possono anche essere divergenti.


Letture Consigliate

  • Syafiq Hasyim. (2023). The shariatisation of Indonesia: The politics of the Council of Indonesian Ulama (MUI). Leiden: Brill.
  • Sirry, M. I. (2013). Fatwas and their controversy: The case of the Council of Indonesian Ulama (MUI). Journal of Southeast Asian Studies, 100-117.
  • Olle, J. (2009). The Majelis Ulama Indonesia versus ‘heresy’: the resurgence of authoritarian Islam. State of authority: The state in society in Indonesia, 95-116.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.)

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