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Il Piano di Pace presentato dal Presidente Trump, la Pax Americana, e siglato da Netanyahu prevede 20 punti, in cui si propone una possibile fine per la guerra che da due anni oppone Hamas ad Israele; la reazione del mondo arabo è stata generalmente positiva, e anche Hamas sembra aver intenzione di accettare un accordo che porrebbe fine ad uno dei conflitti più visibili e politicizzati di sempre.

Hamas ha rilasciato un comunicato ufficiale, che di fatto accetta alcuni punti, e si dichiara disposto a negoziare sugli altri; in un articolo apparso su ‘Falesteen’, una sorta di agenzia stampa legata ad Hamas, viene analizzato il Piano proposto da Trump e le sue possibili implicazioni per il gruppo palestinese. Dalla lettura di questo articolo appare chiaro che Hamas non considera accettabile, nel suo complesso, quanto proposto da Trump, in quanto la potenziale pace avrebbe benefici solamente per Israele e i suoi alleati.

Secondo i media palestinesi, dunque, il Piano di Trump

non è stato formulato con una visione chiara per porre fine all’occupazione o raggiungere una soluzione equa. (…)

Basel al Qassem, La risposta di Hamas al piano Trump: una panoramica delle opzioni disponibili, Felesteen News, 1 ottobre 2025.

Viene poi criticata l’ambiguità della forza internazionale che dovrebbe guidare Gaza se il Piano Trump venisse accettato; ancora, si pone l’accento sul fatto che gli israeliani non si ritirerebbero in maniera definitiva, ma si manterrebbe il ‘controllo israeliano in forme distorte, anche se le truppe si ritirassero ufficialmente.’

E’ proprio l’ambiguità di tale proposta, secondo il media di Hamas, che potrebbe fornire una possibile via d’uscita; delle tre opzioni che vengono delineate, accettazione incondizionata, rifiuto totale, e accettazione condizionata, l’ultima viene ritenuta la scelta migliore.

Hamas può mantenere i suoi principi attraverso un atteggiamento pragmatico: accogliendo qualsiasi iniziativa che ponga fine all’aggressione e allevi le sofferenze, pur mantenendo un atteggiamento cauto nei confronti di clausole poco chiare e respingendo categoricamente quelle che ledono i diritti nazionali. In questo modo, protegge i diritti del popolo palestinese, guadagna la simpatia dell’opinione pubblica internazionale ed evita situazioni imbarazzanti di fronte ai suoi alleati e alle grandi potenze, senza fare concessioni sostanziali che siano in conflitto con la sua posizione di resistenza all’occupazione.

Basel al Qassem, La risposta di Hamas al piano Trump: una panoramica delle opzioni disponibili, Felesteen News, 1 ottobre 2025.

Dovrebbe dunque prevalere un accordo pragmatico, e questa tendenza, decisamente inedita per Hamas, che ha sempre sostenuto una linea intransigente, potrebbe segnalare le condizioni estremamente precarie in cui si trova il movimento palestinese, delegittimato sia internamente che sul fronte internazionale. Di fatto, Hamas ha accettato meno della metà delle condizioni poste dal Piano, tra cui la disponibilità a liberare tutti i prigioneri; tale accettazione, tuttavia, è stata subordinata alle ‘condizioni sul campo’, una formula ambigua che si potrebbe tradurre in una mancata liberazione.

E’ evidente che Hamas sta cercando di prendere tempo per riorganizzarsi, e sono molte le variabili che rimangono incerte;

  • Non è chiaro quanti siano gli ostaggi, e quanti di essi siano ancora vivi.
  • E’ altamente probabile che gli ostaggi vengano detenuti (sempre che ne rimangano in vita) in luoghi che Hamas ignora o di cui ha perso traccia a causa delle operazioni militari israeliane.
  • La partecipazione futura di Hamas al governo della Striscia o di un futuro Stato Palestinese.

Il secondo anniversario di questa guerra si avvicina, e non esistono ancora certezze, se non quella delle armi; di fronte ad un atteggiamento ambiguo di Hamas sarebbe preferibile portare a termine l’operazione militare, e imporre condizioni non negoziabili ad un nemico che ha dimostrato in diverse occasioni di non volere la pace e di non riconoscere Israele come Stato legittimo.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.). Nel 2025 ha iniziato a colloborare con la testata online 'Rights Reporter', per la quale scrive articoli e analisi sull'Islam, la shariah e i diritti umani.

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