Abstract
La presenza di pellegrini nelle Indie Orientali viene immediatamente associata all’attività politica di opposizione, potenziale, al governo coloniale; tale percezione si basava su una conoscenza ancora imperfetta di questo fenomeno. Tuttavia, non era rato che persone recatesi a Mecca o in altri centri del Medio Oriente potessero rientrare nelle Indie con idee radicali; in questo caso, essi diventavano figure di riferimento sia religiose che politiche ed erano sorvegliate dalle autorità olandesi, ed eventualmente sanzionate, come succede con Yusuf di Makassar. Del resto, l’intreccio tra politica e Islam è sempre stato stretto, specialmente come reazione al dominio coloniale europeo; in tali situazioni, l’Islam diventava (e diventa) un’arma politica che supporta e giustifica la ribellione alle autorità costituite.
Introduzione – Gli Hadjis
La presenza di persone note con il titolo di ‘hajjis’ venne notata a partire dal XVI secolo, ovvero immediatamente dopo l’arrivo degli olandesi nell’arcipelago; tuttavia, non era ancora chiaro il preciso significato di questo termine. In realtà, gli hajjis iniziano a comparire dal 1612 in diverse aree delle Indie Orientali, come Banda, e le Molucche; due anni più tardi, questi individui vengono anche descritti dai registri ufficiali a Bantam, a Giava Occidentale. Nonostante la confusione iniziale, gli olandesi comprendono immediatamente che le persone dotate di questa designazioni godono di un evidente rispetto da parte delle loro comunità.
I primi arabi a venire registrati nelle Indie risalgono al 1612, e vengono descritti con evidente preoccupazione da parte delle autorità coloniali; nel corso del tempo, gli olandesi iniziarono a legare i pellegrini al contrasto alle istituzioni dell’amministrazione coloniale. Si consideri, a tale proposito, Yusuf di Makassar, vissuto tra il 1629 e il 1699, esiliato in Sud Africa a causa dei suoi viaggi a Sulawesi, Bantam e Mecca, che lo rendevano un personaggio potenzialmente nella percezione degli olandesi. Attualemente, l’Indonesia lo considera una figura importante per la lotta contro il colonialismo, e gli riconosce il titolo di ‘eroe nazionale’.
A lui è stato dedicato un articolo interessante da ‘Tempo’, una delle principali riviste nazionali, che si esprime in questi termini,
Syekh Yusuf adalah seorang tokoh yang sangat penting dalam sejarah Indonesia, terutama dalam konteks perjuangan melawan penjajahan Belanda, di Sulawesi Selatan. Ia dikenal sebagai seorang ulama, pemimpin agama, dan pejuang yang berperan aktif dalam perlawanan melawan kolonialisme Belanda pada abad ke-17. Syekh Yusuf digelari Tuanta Salamaka ri Gowa oleh pendukungnya di kalangan rakyat Sulawesi Selatan.
Syekh Yusuf è una figura molto importante nella storia dell’Indonesia, soprattutto nel contesto della lotta contro la colonizzazione olandese, nel Sulawesi del Sud. È conosciuto come un ulama, un leader religioso e un combattente che ha avuto un ruolo attivo nella resistenza contro il colonialismo olandese nel XVII secolo. Syekh Yusuf è stato soprannominato Tuanta Salamaka ri Gowa dai suoi sostenitori tra il popolo del Sulawesi del Sud.
Tempo.co, Profil Syekh Yusuf Al-Makassari yang Dikagumi Nelson Mandela (Il Profilo dello shaykh Yusuf di Makassar, ammirato da Nelson Mandela), 26 Maggio 2023.
Invece, i registri olandesi delle missive inviate al Governatore Generale e ai funzionari, registrano questa descrizione coeva del leader locale,
(…) 18 fehr. is de Zijpe ruiar Amboina
gezonden en de Maccasser naar Makassar en Banda, de 1^ maart de öele Beer naar
Ternate en de Nederhorst naar Surahaja en Banda; 28 fehr. is vernomen,dat de vader eyndelinge tot dighte bij Bantam op verkregen pardon
afgekomen en onder genoegsame verseeckering, resterende nogh eenige van de
broeders en oomcn, waervan men geen reghte notitie heeft, dogh wij zijn aan dese
kant in het district van Tangaran met eenige inlanders onder den capiteyn Ruys
op de been om de vlughtelingen de wegh om de oost over Craoan naar de naburige lantschappen af te snijden en, waar ‘t mogelijck, den Maccassaarsen hooftpriesteroff anders Siëch Isoff “j.daer de Bantammers b\jnaar een afgodt vangemaeckt hebben, met zijn aanhangh te attrapperen
(…) il 18 febbraio lo Zijpe è stato inviato ad Ambiona e il Macasser a Makassar e Banda, il 1 marzo il Gele Beer a Ternate e il Nederhorst a Surabaya e Banda; il 28 febbraio si è saputo che —–)
—– il padre (vecchio Sultano di Makassar) infine giunto vicino a Bantam ottenuto il perdono e sotto sicure promesse, rimanendo ancora alcuni dei banditi, di cui non si ha una nota precisa, ma siamo ai margini nel distretto di Tangaran con alcuni indigeni sotto il capitano Ruys per tagliare la strada ai banditi in fuga verso oriente attraverso Craoan verso le vicine regioni e, se possibile, catturare il sommo sacerdote Macassa (Yusuf), che i Bantam quasi venerano come un dio, con i suoi seguaci.
Generale missiven van gouverneurs-generaal en raden aan heren XVII der Verenigde Oostindische Compagnie (Missive generali dei governatori generali e dei membri dei Signori XVII della Compagnia Olandese delle Indie Orientali), 9 marzo 1683, p. 496.
Il Pellegrinaggio come Attività Sospetta
La conoscenza del pellegrinaggio, sia nelle Indie Orientali che in altre aree asiatiche, era ancora limitata presso gli europei; non sorprende, dunque, che verso la fine del XVII secolo fossero molti gli olandesi a ritenere che i ‘maomettani’ andassero in pellegrinaggio presso la ‘tomba di Maometto alla Mecca’. Questa concezione, sebbene errata, divenne nondimeno il modo più semplice per spiegare un movimento di massa di esseri umani attraverso spazi globali ancora parzialmente sconosciuti. Ai pellegrini veniva assegnato un rischio implicito, e coloro che si recavano alla Mecca erano considerati come dei ‘disturbatori’ e dei potenziali e probabili criminali.
Nel 1725 venne descritto il movimento segreto di hajjis verso Semarang, Giava Centrale, una questione che destò una certa preoccupazione, in quanto tale centro era un importante porto commerciale olandese. Queste connessioni tra il pellegrinaggio nella penisola arabica e i disturbatori’ ha esercitato una notevole influenza sulla concezione dell’hajj, e ha condizionato le pratiche e gli atteggiamenti degli olanesi nei secoli successivi. Le missive che riportano attività di ‘banditi’ si susseguono numerose anche negli anni successivi al 1683, e testimoniano un approccio ad un problema percepito basato sul tentativo di mantenere l’ordine pubblico.
In realtà, la politica della VOC nei confronti degli hajjis appare strettamente legata agli interessi commerciali della compagnia, e nella prima metà del XVII secolo, la stessa VOC, spesso sotto l’influenza dei circoli missionari, cercò attivamente di convertire al cristianesimo le popolazioni che vivevano a Est del Capo, e impose anche divieti alla predicazione musulmana all’interno dei suoi domini asiatici nel 1642 e nel 1651. Entro il 1680, tuttavia, la compagnia sembrava aver compreso che queste prescrizioni religiose erano dannose per gli affari, ed il trattamento dei pellegrini islamici subì dei cambiamenti significativi; in altre parole, l’hajj viene permesso, sempre che i pellegrini avessero le risorse finanziarie sufficienti per il viaggio sulle navi olandesi.
Poteva poi succedere che i pellegrini venissero scoraggiati dall’imbarcarsi per La Mecca per motivi politici, ma solitamente la VOC accoglieva con favore gli hajjis (paganti, si intende), in quanto le somme di denaro che spendevano per tali viaggi contribuiva ai magri profitti della compagnia, che stavano già declinando nel XVIiI secolo. Il richiamo del denaro rendeva dunque l’hajj un fenomeno paradossale per gli olandesi, poiché si pensava (e non sempre a torto) che il pellegrinaggio potesse potenzialmente diffondere la militanza islamica. Allo stesso tempo, il pellegrinaggio rituale islamico costituiva un elemento rilevante per il commercio e il profitto della VOC.
L’Hajj nel XIX secolo nelle Indie Orientali Olandesi
La VOC viene sciolta il 1 gennario del 1800, a causa dei numerosi debiti e scandali che non permettono di continuare l’impresa commerciale; come noto, è a partire da questo momento che inizia la costruzione di uno Stato coloniale vero e proprio nelle Indie Orientali. In altre parole, gli olandesi iniziano a governare (più o meno) direttamente la colonia, senza l’intermediazione della Compagnia; in corrispondenza di questo cambiamento, si ha anche il tentativo di disciplinare l’hajj in maniera più precisa, e, per questa ragione, vennero tenuti e mantenuti registri dettagliati nel XIX secolo.

I controllori locali, funzionari pubblici di medio livello, (solitamente europei ma spesso assistiti da aiutanti indigeni), ricevettero dai loro superiori l’ordine di registrare i dettagli del pellegrinaggio a La Mecca dalle loro giurisdizioni (residenze). Sebbene l’impulso per queste direttive fosse spesso politico, gran parte di queste segnalazioni si rivelò di natura finanziaria; i rapporti del residente di Banten per il 1860, in effetti, fornì al governo di Batavia le informazioni sulle persone che erano tornate da La Mecca nello stesso anno, tra cui individui come Mochamad Markoem, Inam, Hadjie Djamiel e Hadji Daham.
Oltre a registrare i nomi di molti contadini e pescatori analfabeti, i registri mostrano che 222 di queste persone tornarono alla residenza da La Mecca quell’anno, un numero molto alto considerando i costi e le difficoltà di viaggio nel 1860. A partire dal 1858, quasi un quarto di milione di fiorini erano partiti dalla residenza per questo genere di viaggi, in quanto i pellegrini portavano con sé tutti i fondi che potevano per facilitare i loro viaggi. Tale tendenza, evidentemente, suscitò un certo allarme tra i funzionari locali, e il problema del ‘drenaggio d’argento’ divenne uno dei temi commentati a tutti i livelli dei rapporti governativi che esaminavano le meccaniche dell’hajj.
Capitava poi che il costo del pellegrinaggio fosse talmente elevato da costringere i pellegrini ad accettare contratti di lavoro a Singapore o nella penisola araba, ma tali lavori, spesso condotti in condizioni prossime alla schiavitù, non permetteva di ripagare i debiti contratti, e si trovavano in un ciclo vizioso da cui non riuscivano più ad uscire. I ‘datori di lavoro’ erano spesso ‘shaykhs’, rappresentanti del clero saudita che risiedevano nel Sud-est asiatico. Tuttavia, dopo diversi decenni anche i rimpatriati indigeni dell’arcipelago spesso decidevano di intraprendere questo genere di affari, sicuramente redditizio, anche se indubbiamente poco etico.
Non sorprende, di conseguenza, che gli olandesi limitarono gradualmente il numero di pellegrini delle Indie autorizzati a partire per il pellegrinaggio, per motivi economici e di sicurezza; molti furono coloro, tuttavia, che decisero di partire illegalmente attraverso Singapore. In questo modo, evidentemente, tali persone si esponevano maggiormente al rischio di sfruttamento da parte degli shaykhs, in quanto non potevano ricorrere alle leggi coloniali che li avrebbero protetti. Questa situazione viene espressa molto bene in the De Indische Gids del 1887,
In Benkoelen was het aantal personen dat ter bedevaart naar Mekka
ging in 1886 aansienlijk minder dan in vorige jaren , «waartoe geldschaarschte
onder de bevolking vermoedelijk het hare bijdroeg.” Twee Fklembangers,
die in gemeenschap stonden met ontevredenen in Djambi, hielden zich in
de afdeeling Lais op voor bet opkoopen van wapenen, maar zij werden naar Tebing Tinggi (Palembmg) teruggezonden, waar het bestuur op hun gangen het oog hield.”
A Benkoelen, il numero di persone che si recavano in pellegrinaggio a Mekka nel 1886 era notevolmente inferiore rispetto agli anni precedenti, «probabilmente a causa della scarsità di denaro tra la popolazione». Due Fklembangers, che erano in contatto con i dissidenti a Djambi, si trovavano nel distretto di Lais per acquistare armi, ma furono rimandati a Tebing Tinggi (Palembmg), dove l’amministrazione teneva d’occhio i loro movimenti.
De Indische Gids, Cijfers en feiten uit het Koloniaal Verslag vau 1887 iü verband met eenige opgaven
van vroegere Koloniale Verslagen (Cifre e fatti dal Rapporto Coloniale del 1887 in relazione ad alcune informazioni di rapporti coloniali precedenti), Brill, Leiden, pp. 1671-1672.
Ancora più interessante è l’osservazione che si può trovare qualche pagina più avanti (p. 1780)
Mekka, hoewel als een heilige stad vereerd, vertegenwoordigt voor de Arabieren van Hadhrarnout niet de intellectueele en geestelijke hoofdstad van den Islam. Terwijl zij veel hebben vuor de aristocratische families, de geleerden en de hooge geestelijkheid van Mekka, weten zij zeer goed dat de overige inwoners geen andere godsdienstige gevoelens koesteren dan om zoovel mogelijk voordeel de trekken var de vromen, die jaarlijks daarheen ter bedevaart toestroomen. Gering is het aantal Arabieren in Indiê die de bedevaart gemaakt hebben en van hunne vrouwen en dochters geen enkele.
Mekka, sebbene venerata come una città sacra, non rappresenta per gli arabi di Hadhramaut la capitale intellettuale e spirituale dell’Islam. Mentre hanno molto rispetto per le famiglie aristocratiche, gli studiosi e il clero di alto rango di Mecca, sanno molto bene che gli altri abitanti non nutrono altri sentimenti religiosi se non quello di trarre il maggior vantaggio possibile dai pii, che ogni anno si recano in pellegrinaggio lì. Scarso è il numero di arabi in India che hanno compiuto il pellegrinaggio e nessuna delle loro mogli e figlie.
Koloniale Literatur, Critische Overzichten, (Letteratura Coloniale, Panoramica Critica), p. 1780.
In definitiva, l’hajj è stata un’occasione per le autorità olandesi di conoscere e regolare più da vicino una realtà che in precedenza era rimasta sconosciuta; nella seconda metà del XIX secolo, anche se circondata ancora da un alone di mistero, il pellegrinaggio rituale, al pari dei pellegrini islamici, erano diventati un elemento abituale del panorama coloniale.
Il Monitoraggio del Pellegrinaggio Islamico
Le Indie Orientali Olandesi fossero tecnicamente il luogo a maggioranza musulmana più lontano da La Mecca, e, di conseguenza, la colonia olandese forniva un numero molto elevato di pellegrini alle città ‘sante’ di Mecca e Medina. Nel 1911 erano oltre 24,000 i pellegrini provenienti dalle Indie, mentre nel due anni dopo questo numero era già salito a oltre 26,000; in totale, i pellegrini delle Indie Orientali costituivano circa un quarto di coloro che si recavano nella penisola arabica per l’hajj. Per le autorità coloniali si trattava, evidentemente, di una statistica rilevante; in corrispondenza di queste cifre, aumentò la percerzione che assegnava ai pellegrini la fama di persone radicali.
Per questa ragione, venne previsto un sistema di sorveglianza rispetto a coloro che intendevano recarsi al pellegrinaggio rituale; in effetti, a partire dalla seconda metà del XIX venne prodotto un ingente volume di documenti che contenevano informazioni dettagliate. Tra le annotazioni previste, le autorità coloniale indicavano anche il livello di minaccia percepita; altre informazioni, poi, riguardano le rotte seguite dalle navi. Alcuni pellegrini, poi, decidevano di cambiare il proprio nome dopo essere tornati dal pellegrinaggio, un atto personale che a volte veniva compiuto al termine di un viaggio di successo a La Mecca; per questa ragione, i registri delle reggenze locali registrano che Fasilan di Semarang divenne noto come Abdullah, mentre Arseah cambià il proprio nome in Abdusjamad.
All’inizio del XX secolo, l’amministrazione di Batavia usava informazioni dettagliate, a scopi politici, per stabilire eventuali connessioni tra il pellegrinaggio e l’appartenenza a Sarekat Islam a livello locale; in questo modo, gli amministratori coloniali avevano una base informativa per decidere eventuali misure repressive.
La sorveglianza di questo fenomeno non era, del resto, limitata agli amministratori coloniali di Batavia, ma si estendeva anche ai funzionari della madrepatria; si osserva, a questo proposito, che l’archivio del Ministrie van Buitenlandse Zaken (Ministero degli affari esteri) dell’Aia, contiene materiale di sorveglianaza raccolto nella colonia, a proposito del pellegrinaggio rituale islamico. In effetti, venne attivata una vera e propria rete di spie olandesi, che riferivano al governo olandese fatti e informazioni potenzialmente rilevanti. Si pensi, a tale proposito, che il governo dell’Aia venne informato, nel 1881, rispetto ad un uomo che affermava di essere un ‘secondo Maometto’, un tale ‘Imam Imhabil, 38 anni, nato a La Mecca’. La notizia era rilevante, in quanto il sultano turco avrebbe inviato missive ai governi islamici per prepararsi ad una sorta di guerra santa o ‘jihad’. Questa informazione era considerata talmente attendibile da giustificare dei preparativi da parte del console olandese a Singapore.
Nello stesso anno, la corrispondenza diplomatica avvertì dell’arrivo di tre shaykh meccani (Syed Hussein Alkoods, shaykh Abdul Hamid Murdad e shaykh Ahmed Salawi) a Singapore, e questo evento fu sufficiente per allertare la rete di sorveglianza olandese sul pellegrinaggio. Secondo gli olandesi, i tre uomini dovevano essere attentamente sorvegliati, in quanto era possibile che il loro trasferimento nelle Indie servisse loro a predicare odio contro gli europei.
Conclusioni
Il pellegrinaggio rituale islamico, noto come Hajj, era scarsamente conosciuto dagli amministratori delle Indie Orientali Olandesi, ed i pellegrini, a partire dal XVII secolo, vengono etichettati e considerati come potenziali demagoghi ed avversari politici; per questa ragione, e a causa della rete di sfruttamento che circondava il pellegrinaggio, le autorità coloniali olandesi decidono di monitorare questo fenomeno. Per questa ragione, sia Batavia che l’Aia diventano dei centri in cui si focalizza un’intensa attività di spionaggio; molti dei leaders religiosi che erano stati a Mecca e in altri centri del Medio Oriente, vengono considerati come oppositori politici e perseguti dalla legge.
Non si trattava, del resto, di una persecuzione gratuita, in quanto in molti casi le idee radicali a cui i pellegrini erano esposti nella penisola arabica potevano comportare una radicalizzazione, e le persone diventavano dei punti di riferimento (nelle Indie Orientali) non solamente religiosi ma anche politici. Un esempio, su tutti, è quello di Yusuf di Makassar, leader sia politico che religioso, e che si era formato anche nella penisola arabica.
Letture Consigliate
- Motadel, D. (Ed.). (2014). Islam and the European empires. OUP Oxford.
- Tantri, E. (2013). Hajj Transportation of Netherlands East Indies, 1910-1940. Heritage of Nusantara: International Journal of Religious Literature and Heritage, 2(1), 119-147.
- Alexanderson, K. (2014). “A dark State of affairs”: Hajj networks, Pan-Islamism, and Dutch colonial surveillance during the interwar period. Journal of Social History, 47(4), 1021-1041.
[…] Lo scioglimento della VOC il 1 gennaio del 1800 ha comportato cambiamenti rilevanti nell’amministrazioni della città di Batavia; un impulso importante venne dal governatore Daendels, che decise di trasferire l’amministrazione a Weltevreden, un distretto situato a sei chilometri a sud di Batavia. Il medesimo governatore fu poi l’artefice della distruzione delle mura che circondavano la città, diventata malsana ed inabitabile; per questa ragione, le persone in vista iniziarono a spostarsi a Sud rispetto all’insediamento originario. In questa regione, le condizioni di vita erano considerate più salubri, e questa migrazione, dalla ‘città vecchia’ verso l’interno, segnò anche una nuova era dell’occupazione olandese a Batavia, che da semplice porto commerciale divenne una vera e propria capitale coloniale dei Paesi Bassi. […]