Masjid_Agung_Baitul_Mukminin_Jombang_2021
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Abstract

Dopo la fine del regime di Suharto, il Majelis Ulama Indonesia si è progressivamente distanziato dai governi del Paese, alla ricerca di una certa indipendenza; non sorprende, dunque, che il suo ruolo sia cambiato rispetto a quello assunto nel corso dell’Orde Baru di Suharto. I suoi presidenti sono stati attivi nel cercare di proporre un’immagine del MUI differente rispetto a quella assunta nel regime precedente, caratterizzata da una sostanziale sfiducia da parte delle altre organizzazioni islamiche del Paese.

La presenza del governo in seno al Majelis Ulama Indonesia, seppure ridotta, è ancora presente, in quanto il MUI riceve circa 3 miliardi di rupie indonesiane (250,000 Euro circa) all’anno come sovvenzione statale, una somma superiore a quella destinata alle due organizzazioni islamiche più importanti e numerose del Paese, Nadaltul Ulama e Muhammadiyah.


Introduzione

Il MUI è cambiato in maniera significativa nell’era della riforma, iniziata nel 1998, ed è stato dettato sia dalle circostanze generali della politica indonesiana che dalla situazione interna dell’organizzazione, rispetto alle sue élite ed ai ruoli istituzionali. In effetti, l’era della reformasi ha avuto un impatto significativo sull’organizzazione del MUI. La sua leadership, dopo la morte di Hasan Basri, è stata assunta da Ali Yafie, nato 1 settembre del 1926 a Donggala, nel Sulawesi Centrale. Egli studiò le ‘scienze’ religiose in una madrasah di Sengkang, nel Sulawesi Meridionale, e si è specializzato nello studio della giurisprudenza e della teoria legale islamica.

La sua nomina è stata anche dovuta alla sua anzianità tra gli altri membri del consiglio del MUI, oltre che al suo ruolo rispetto alle dimissioni di Suharto; effettivamente, nel periodo di transizione dopo la fine dell’Orde Baru, l’organizzazione aveva bisogno di una figura forte come leader, ovvero Yafie. Prima di unirsi al MUI, è stato Vicepresidente del consiglio consultivo di Nadlatul Ulama dal 1991 al 1992, per poi dimettersi dalla sua posizione a causa del suo disaccordo con Abdurrahman Wahid. Quest’ultimo era l’ex presidente generale dell’organo esecutivo del Nadlatul Ulama, ed ammetteva la possibilità di accettare donazioni dalla Yayasan Sumbangan Dana Sosial Berhadiah, o SBSD, la ‘Fondazione della lotteria’, sponsorizzata dallo Stato indonesiano, per finanziare le attività di NU.


La Presidenza di Ali Yafie

Sebbene la sua leadership sia durata solo due anni, Yafie ha servito durante il periodo più difficile per il MUI; non era affatto scontato, in effetti, riuscire a mantenere buoni rapporti con lo Stato in un momento caratterizzato da ampie proteste sociali che chiedevano le dimissioni di Suharto. In considerazine delle notevoli tensioni presenti nel Paese, Suharto invitò un certo numero di leader musulmani di spicco per cercare il loro sostegno e consiglio su come affrontare il movimento di protesta contro la sua presidenza, tra cui Yafie. Durante l’incontro, fu proprio Yafie a consigliare le dimissioni, ed avvertì il Presidente che manifestanti ed attivisti stavano chiedendo una ormai inevitabile riforma. Di conseguenza, Suharto non aveva altra scelta ragionevole se non le dimissioni dalla leadership nazionale.

Gli altri partecipanti all’incontro non avevano sospettato che Yafie avrebbe dato un consiglio del genere, in quanto Suharto aveva un buon rapporto con il MUI; Nurcholish Madjid, ‘Cak Nur’, il portavoce del gruppo, ha trasmesso la dichiarazione ai giornalisti, agli attivisti e anche a coloro che manifestavano fuori dal Palazzo del governo. Di conseguenza, si ritenne che gli esperti islamici invitati all’incontro con Suharto sostenevano il movimento di riforma proposto dagli studenti indonesiani. La dichiarazione di Yafie, tuttavia, ha deluso Probosutedjo, il fratello minore di Suharto nonché una delle persone più ricche dell’Indonesia, che si è sentito tradito dalla posizione del MUI. A seguito di questo incontro controverso, Suharto si è finalmente dimesso dalla sua presidenza, con una dichiarazione pubblica che è passata alla storia.


I rapporti tra il MUI e lo Stato Indonesiano

L’inizio dell’era delle riforme ha stimolato un cambiamento nelle relazioni tra il MUI e lo stato, e tale situazione era evidente nel Kongres Umat Islam Indonesia, KUII, il Congresso della Comunità Musulmana Indonesiana, tenutosi a Giacarta dal 3 al 7 novembre del 1998. Tale congresso, in effetti, è stato utilizzato dal MUI (e dai suoi portatori di interesse) per riflettere sulla loro vicinanza rispetto al governo del Paese, considerata una debolezza. Pertanto, il primo passo da intraprendere dopo la caduta di Suharto era la creazione di una nuova immagine e posizione per il MUI, che avrebbe dovuto essere percepito come organizzazione neutrale e indipendente, lontana dall’eredità dell’Ordine Nuovo.

Il KUII, in effetti, può essere considerato come il primo tentativo del Majelis Ulama Indonesia di rivedere e correggere la sua posizione precedente, attraverso la rivitalizzazione della ‘legge islamica’; il Congresso ha raccomandato alla società musulmana indonesiana di cercare l’integrazione della sharia in uno degli articoli della Konstitusi, la Costituzione del 1945, rimuovendo la Pancasila come unica ideologia delle organizzazioni religiose e sociali di massa indonesiane. Il KUII ha anche pubblicato un memorandum, in cui esortava gli elettori musulmani a non eleggere candidati non musulmani come presidente e vicepresidente dell’Indonesia, sebbene la Costituzione non lo impedisse, e non lo impedisce tuttora.

Questa campagna si basava sul tentativo di riportare il MUI alla preminenza sociale e politica, e non solamente teologica; il Majelis Ulama Indonesia, in realtà, non insisteva solamente sulla necessità di una leadership musulmana dell’Indonesia, ma rifiutava anche l’idea di una presidente donna. L’esclusione delle donne dalle massime cariche dello Stato, ovvero la Presidenza e la Vice-Presidenza, secondo la visione del MUI, sarebbe stata giustificata dalla sharia, anche se erano (e sono) diversi gli studiosi musulmani al di fuori del MUI a rifiutare questa opinione.

Questa raccomandazione ebbe una reale un’influenza sul Parlamento indonesiano, l’Assemblea Consultiva del Popolo dell’Indonesia, in quanto nominò Wahid, noto come ‘Gus Dur’, alla presidenza, anche se il partito di Megawati Soekarnoputri aveva vinto le elezioni generali del 1999. La popolazione dell’Indonesia era musulmana, e quindi anche il presidente indonesiano doveva essere musulmano, secondo la prospettiva del MUI. L’Indonesia, tuttavia, non era e non è uno stato islamico, e, di conseguenza, le argomentazioni sollevate dall’organizzazione islamica non erano puramente teologiche, ma piuttosto sociologiche e politiche.


Le altre raccomandazioni del Congresso della Comunità Musulmana Indonesiana del 1998

Il MUI non si limitò a raccomandare l’elezione di un presidente musulmano di sesso maschile, ma si spinse oltre; in effetti, altre due consigli meritano di essere considerati;

  1. La rimozione delle aliran kepercayaan (le credenze indigene) dai contenuti delle Linee Guida per lo Sviluppo Nazionale
  2. Vietare i gruppi islamici considerati devianti come gli Ahmadiyah, il gruppo Inkar Sunnah (gruppo di rifiuto della Sunnah) e molti altri.

La seconda raccomandazione, effettivamente, è stata accolta dal governo indonesiano, che si è rifiutato di rivedere la Legge n. 1 del 1965 sulla Diffamazione Religiosa; inoltre, è stato pubblicato un Decreto Congiunto da parte dei Ministri degli Affari Interni, Affari Religiosi e del Procuratore Generale, che limita le attività degli Ahmadiyah indonesiani. Del resto, questa impostazione è stata confermata da un altro decreto congiunto del 2008, che ribadisce, dopo aver formalmente sancito la libertà di religione, che

Memberi peringatan dan memerintahkan kepada penganut, anggota, dan/atau anggota pengurus Jemaat Ahmadiyah Indonesia (JAI), sepanjang mengaku beragama Islam, untuk menghentikan penyebaran penafsiran dan kegiatan yang menyimpang dari pokokpokok ajaran Agama Islam yaitu penyebaran faham yang mengakui adanya nabi dengan segala ajarannya setelah Nabi Muhammad SAW

Dare avvertimenti e ordinare ai seguaci, membri e/o leaders del consiglio della Comunità Ahmadiyya Indonesia (JAI), finché si dichiarano musulmani, di fermare la diffusione di interpretazioni e attività che deviano dai principi fondamentali dell’Islam, cioè la diffusione di dottrine che riconoscono l’esistenza di un profeta con tutti i suoi insegnamenti dopo il Profeta Muhammad SAW

Keputusan Bersama Menteri Agama (Ministro degli Affari Religiosi), nomor 3, Tahun 2008, Jaksa Agung (Procuratore Generale), nomor KEP-033/A/JA/6/2008, dan menteri dalam negeri (Ministro degli Interni) Repubilk Indonesia, nomor 199, tahun 2008)


Un altro esempio, poi, dell’inclinazione del MUI verso l’Islam politico in questo periodo, è stata l’iniziativa del Consiglio di organizzare l’evento Amanah Umat Islam, ovvero Il Mandato della Società Musulmana, un programma, sostenuto da moltissime organizzazioni musulmane per discutere di tre questioni importanti, in vista delle elezioni generali del 1999. Per iniziare, si consigliava agli elettori musulmani di utilizzare i loro diritti elettorali in modo responsabile, in conformità con i principi di cittadinanza e moralità. Il secondo era la raccomandazione, agli elettori musulmani, di eleggere un partito politico che si sforzasse di realizzare le aspirazioni della comunità islamica ed una riforma. In terzo luogo, agli elettori musulmani è stato consigliato di non eleggere partiti politici i cui candidati non fossero allineate agli interessi della comunità islamica.

In questo periodo, il MUI stava quindi sviluppando una chiara tendenza verso un maggior coinvolgimento nella politicizzazione dell’Islam; si cercava, inoltre, di beneficiare del crescente movimento islamista che stava emergendo durante la transizione verso la democrazia (1998-2002). Il MUI, dunque, è diventato uno degli attori più importanti in questo senso; i gruppi islamisti radicali dell’Indonesia, in effetti, ritenevano la posizione non politica del MUI, seguito dalla maggior parte dei musulmani indonesiani, incapace di soddisfare le loro aspirazioni di trasformare lo Stato secolare dell’Indonesia in uno Stato basato sulla sharia.

Per i musulmani indonesiani che desiderano uno Stato basato sulla legge islamica, l’Islam politico offre una strategia compatibile per raggiungere questo obiettivo attraverso vari strumenti, inclusa l’integrazione strategica delle disposizioni sciaraitiche nell’ordinamento giuridico indonesiano. Sebbene l’Islam politico non si sia realizzato nella forma di un impero islamico (califfato) come in passato, il fenomeno attuale che si sta verificando in Indonesia si allinea con la tendenza globale di incorporare la sharia nel diritto nazionale, al pari di quanto accade in altri Paesi musulmani.

Molti Paesi musulmani hanno intrapreso il processo di redazione ed emendamento delle loro leggi statali in conformità con la sharia, oppure hanno scelto la stratetgia del cosiddetto ‘accomodamento costituzionale, l’introduzione di disposizioni costituzionali compatibili o favorevoli ai principi della legge islamica. Si tratta, del resto, di una tendenza che non si osserva solamente nei Paesi islamici del Medio Oriente che utilizzano la sharia come fondamento legale dell’ordinamento giuridico, ma anche in altre nazioni a maggioranza islamica, come l’Indonesia, la Malesia e altri paesi del Sud-est asiatico e dell’Asia del Sud, come il Pakistan e il Bangladesh.


Il Congresso del 2000

Anche se la posizione del MUI tra le organizzazioni sociali, ed il suo atteggiamento non partigiano nei confronti dei partiti politici siano rimasti sostanzialmente invariati, l’organizzazione islamica iniziò ad orientarsi verso l’istituzione di un ordinamento giuridico basato sulla legge islamica in Indonesia dopo le dimissioni di Suharto. La visione del MUI prima della reformasi (1998-2002) era orientata all’istituzione di una società sicura, pacifica, giusta e prospera basata sull’Islam, nel quadro dello Stato indonesiano, retto dal Pancasila. Si tratta di una visione allineata con la filosofia di base dell’organizzazione islamica in quel periodo, ovvero la Pancasila; tuttavia, le richieste della comunità musulmana e dei gruppi conservatori, hanno reso il ruolo del MUI rispetto all’Islam politico sempre più evidente nella sfera pubblica.

Nel Congresso del 1998, in effetti, il MUI ha raccomandato l’abolizione della Legge n. 8 del 1985 sulle organisasi sosial masyarakat, Ormas, ovvero le organizzazioni di massa, in quanto questa legge era considerata restrittiva della libertà di associazione e delle attività delle organizzazioni in generale, non solamente islamiche. Il Presidente dell’Indonesia (1998–1999), Habibie, ex vicepresidente nel governo di Suharto, ha concesso l’abolizione di questa legge statale. Pertanto, sia il MUI che le altre organizzazioni musulmane potevano usare l’Islam come loro ideologia di base, ed avevano anche l’opportunità di esprimere le loro aspirazioni politiche islamiche. Il Majelis Ulama Indonesia, insieme ad altre organizzazioni islamiche, utilizzò questa opportunità per consolidare la sua forza, anche dal punto di vista politico, allo scopo di perseguire con maggiore efficienza i suoi obiettivi.

Sahal Mahfudh, Quinto Presidente Generale
del Majelis Ulama Indonesia

Il Congresso Nazionale del 2000 scelse, inoltre, un nuovo presidente generale del MUI, e Yafie venne sostituito da Sahal Mahfudh. Ci si aspettava che il nuovo leader avesse modifcato l’immagine dell’organizzazione islamica, a beneficio dell’era delle riforme indonesiane.



Mahfudh era nato il 17 dicembre del 1937 a Pati, a Giava Centrale, da una famiglia tradizionale di ulama che appartenevano a Nadlatul Ulama. Egli ha studiato l’Islam in diversi pesantren (scuole islamiche simili ai collegi) nella sua città natale, dimostrando un ampio interesse per le scienze islamiche. Le sue specializzazioni, in particolare, erano la giurisprudenza e la teoria legale islamica, ed ha scritto diversi libri in arabo, una caratteristica decisamente rara per gli ulama indonesiani. Tra le sue produzioni letterarie si ricordano opere anche in lingua indonesiana sulle questioni sociali.

Il cambiamento organizzativo, inoltre, diventa uno degli obiettivi perseguiti dal nuovo presidente generale; da questo punto di vista, si nota un’importante modifica nella struttura del consiglio del MUI, la cui composizione si limita al consiglio consultivo e dal consiglio esecutivo. Al primo viene affidato il compito di nominare un pimpinan harian, un direttore esecutivo ad interim del Majelis Ulama Indonesia; inoltre, i funzionari statali con maggiore esperienza, che precedentemente sedevano nel consiglio di amministrazione e nel consiglio consultivo, non ricoprivano più tali cariche. Si tratta, evidentemente, del tentativo del MUI di prendere le distanze dallo Stato e diventare maggiormente indipendente rispetto ai governi del Paese.

Il wawasan, o prospettiva (weltanschauung) del MUI, formulato nell’era di Mahfudh, emerge un aspetto che viene rafforzato, ovvero la hurriyya, o libertà; pertanto, il Majelis Ulama Indonesia afferma il suo diritto a esercitare le sue attività in maniera indipendente da qualsiasi intervento e influenza esterna, che non possono influenzare le sue decisioni, opinioni e raccomandazioni. Un particolare accento, ancora, viene posto sulla necessitò di dare spazio e maggior potere ai gruppi oppressi, i mustadafin.


Un ruolo rinnovato per il MUI

Il Majelis Ulama Indonesia si è adattato allo spirito dell’era delle riforme, e, allo stesso tempo, si osserva che dal 20005 ha anche cercato di riformulare il suo nuovo ruolo; per iniziare, il MUI cerca di svolgere un ruolo ‘profetico’ che si sforza di allineare la vita sociale agli insegnamenti islamici. Di conseguenza, si apre, teoreticamente, la possibilità che il MUI sia soggetto ad una certa critica, specialmente quando le sue proposte sono considerate opposte alle tradizioni e alla cultura locali.

In aggiunta, il MUI cerca di continuare il suo ruolo come produttore istituzione di fatwa, indipendentemente dal fatto che il suo parere venga richiesto dallo Stato o dalla società; l’emissione delle fatawa, però, viene subordinato (teoricamente) alle aspirazioni delle comunità musulmane, che sono plurali per natura. Ancora, il Consiglio si presenta come fornitore di guida e servizi per la società musulmana. Da questo punto di vista, il Majelis Ulama Indonesia dovrebbe essere pronto, e disposto, a ricevere richieste e anche a fornire supporto dalla e per la umma, specialmente in relazione a fatwa e consigli religiosi.


Ancora, il MUI cerca di diventare un’istituzione che ‘comanda il bene e proibisce il male’ nel senso corretto dell’Islam; in questo caso, l’obiettivo di questo è stabilire la società musulmana come la ‘migliore forma di società’ nel mondo. Il Majelis Ulmaa Indonesia, poi, si proclama pioniere nel compiere il rinnovamento (tajdīd) del pensiero islamico; si osserva, tuttavia, che le fatawa e le raccomandazioni emesse sembrano indicare una svolta dell’organizzazione verso il puritanesimo islamico, ovvero un’interpretazione puritanica dell’Islam, che evidentemente non è condivisa da tutti i musulmani e le organizzazioni islamiche del Paese.


Infine, il MUI si pone come pacificatrice tra i gruppi in conflitto all’interno delle comunità musulmane indonesiane; in effetti, quando due gruppi islamici hanno un’opinione diversa, il Consiglio cerca di assumere il ruolo di mediatore nella disputa. Il metodo utilizzato, in questo caso, è il compromesso e l’aggiustamento, noto come ‘al-jam wa al-tawfiq). Se questo tentativo fallisce, allora il MUI adotterà l’opinione più forte, nel senso islamico, delle due opinioni; la speranza è quella di creare un senso di fratellanza musulmana, che deve essere mantenuto tra i membri della comunità.

Sembra interessante notare, da ultimo, che lo Stato indonesiano continua ad essere presente nel MUI, mediante il cosiddetto Anggaran Pendapatan dan Belanja Negara, APBN, ovvero il bilancio statale, da cui riceve un importo corrispondente a circa 250,000 Euro per anno (3 miliardi di rupie indonesiane). Si nota che tale importo è superiore a quello destinato a Nadlatul Ulama e Muhammadiyah, le due organizzazioni islamiche più numerose ed importanti dell’Indonesia.


Conclusioni

I cambiamenti avvenuti nel Majelis Ulama Indonesia, sia a livello organizzativo che ideologico, riflettono la ricerca di indipendenza rispetto ai governi in carica, un aspetto che in precedenza non era assicurato, specialmente nel corso del regime di Suharto. Di conseguenza, la differenza tra le due epoche, l’Ordine Nuovo e l’era successiva, diventa evidente; i principali autori di tale cambiamento, sono i suoi presidenti generali, che hanno promosso congressi, e dibattito in seno all’organizzazione.

La rinnovata indipendenza del MUI, tuttavia, ha avuto effetti che non sono necessariamente positivi per la fragile democrazia indonesiana; si nota, in effetti, il tentativo del Majelis Ulama Indonesia di assumere un crescente ruolo sociale, e anche politico. Diverse fatawa, poi, segnalano una tendenza ‘puritanica’ nel modo di interpretare l’Islam, una posizione che potrebbe generare conflitti sia con lo Stato che con altre organizzazioni islamiche.


Letture Consigliate

  • Syafiq Hasyim. (2023). The shariatisation of Indonesia: The politics of the Council of Indonesian Ulama (MUI). Leiden: Brill.
  • Ichwan, M. N. (2013). Towards a puritanical moderate Islam: The Majelis Ulama Indonesia and the politics of religious orthodoxy. Contemporary developments in Indonesian Islam: Explaining the “conservative turn, 60-104.
  • Ichwan, M. N. (2005). ‘Ulamā’, State and Politics: Majelis Ulama Indonesia After Suharto. Islamic Law and Society12(1), 45-72.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.)

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