fed
  Reading time 19 minutes


Abstract

Nel 1948 inizia ad emergere, nell’area israelo-palestinese, la minaccia dei Fedayeen, un gruppo eversivo arabo che cerca di sovvertire il risultato delle guerre precedenti, mediante azioni sempre più organizzate e sistematiche di guerriglia. La reazione dello Stato Israeliano presenta caratteri erratici, in quanto inizialmente priva di una vera e propria strategia, di risorse e mezzi; al contrario, il fronte arabo si organizza rapidamente, e riesce a mettere in difficoltà la nuova entità statale, alimentando un conflitto che è (e rimane) principalmente politico, e non religioso.


In 1948, the threat of the Fedayeen, an Arab subversive group, begins to emerge in the Israeli-Palestinian area. They seek to overturn the results of previous wars through increasingly organised and systematic guerrilla actions. The reaction of the Israeli State is erratic, as it initially lacks a true strategy, resources, and means; on the contrary, the Arab front quickly organises itself and manages to put the new state entity in difficulty, fuelling a conflict that is (and remains) primarily political, and not religious.


Introduzione – Dalla Guerra all’Insorgenza

In seguito alla sconfitta dell’Impero Ottomano durante la Prima Guerra Mondiale, gli ottomani perdono i territori che per secoli erano stati parte integrante di un impero, i cui confini sono stati definiti e ridefiniti a più riprese. Tra i territori persi, si segnala la regione di Gerusalemme, che gli Ottomani amministravano come una Provincia Speciale; nel 1917, il generale Allenby conquista Gerusalemme e ha inizio la disputa di territori che continua ancora oggi. Dopo aver ricevuto un Mandato, ovvero un incarico di governare la ‘Palestina’, protettorato britannico dal 1922 al 1948, le Nazioni Unite concepiscono un piano di spartizione, contenuto nella celebre risoluzione n. 181 del 1947.

Come noto, la Risoluzione prevede la creazione di uno stato ebraico e di uno stato arabo, ma la leadership palestinese non accetta l’accordo; la controparte ebraica, invece, ratifica la Risoluzione e il 14 maggio del 1948 nasce lo Stato di Israele. Il rifiuto della parte araba (a maggioranza musulmana) si basa, oltre che su motivi ideologici, anche sulla promessa (non ufficiale) dei britannici di stabilire uno Stato arabo in quella regione.

Due mesi dopo che l’evacuazione delle forze armate della Potenza mandataria saranno state
completata, e comunque non oltre il 1 ° ottobre 1948 devono sorgere in Palestina uno Stato
Arabo Indipendente ed uno ebraico e il regime internazionale speciale per la città di
Gerusalemme, di cui alla parte III del presente piano. I confini dello Stato arabo, dello Stato
ebraico, e la città di Gerusalemme saranno come descritto nelle parti II e III.

(Risoluzione n. 181 del 1947, Parte I, A. 3)

A partire da questo momento, la parte araba ha sempre cercato di riconquistare le aree che ritiene dovrebbero essere da lei controllate, e si è opposta alla creazione dello Stato di Israele; in altre parole, la leadership araba ritiene questo Stato illegittimo, e, di conseguenza, cerca di riprendere possesso di queste terre. I movimenti che sono nati in questa regione, dal 1947 ad oggi, possono essere compresi (non giustificati) solamente se si considerano queste premesse; per questa ragione, è difficile inquadrare con una certa precisione il profilo di questi gruppi, che non possono essere ridotti solamente al terrorismo, ma anche all’insurrezione e all’eversione.


La Nascita dei Fedayeen – La Guerra di Attrito

Nel 1948, Israele si è subito dovuto confrontare con una guerra, scatenata dagli Stati arabi che non accettavano la presenza di Israele in quella regione; in effetti, si prepara una vera e propria coalizione di nazioni (Egitto, Libano, Giordania e Siria) che attaccano Israele, provocando la Prima Guerra di Indipendenza. Questo conflitto viene vinto da Israele, che nel 1949 firma un armistizio con i Paesi belligeranti; i confini decisi in questo momento diventano la cosiddetta ‘linea verde’, e ha permesso a Israele di controllare il 78% dell’ex Mandato Britannico della Palestina.

Molti arabi cercarono rifugio nei Paesi confinanti, ovvero Egitto, Libano, Siria e Giordania, ma molti altri non accettarono un trattato che consideravano ingiusto, e cercarono di tornare nelle proprie abitazioni, che però si trovavano in territorio israeliano. A volte, essi organizzarono dei veri e propri attacchi terroristici, nel tentativo di ribaltare il risultato della guerra appena persa e di quelle precedenti, anch’esse perse. Le persone che cercarono di infiltrarsi in territorio israeliano diventarono note come ‘fedayeen’, che letteralmente significa ‘coloro che si sacrificano’; da questo momento, nasce dunque un gruppo che inizia la lotta armata contro lo Stato di Israele, nel tentativo di opporsi alla decisione delle Nazioni Unite, ritenuta ingiusta e inaccettabile.

Si stima che, tra il 1949 e il 1956 i fedayeen abbiano ucciso 200-300 Israeliani (civili), oltre, evidentemente, ai soldati con cui i fedayeen si sono scontrati, mentre i feriti sarebbero compresi tra 500 e 1,000; i danni inferti, poi, non si limitano a quelli economici o umani, ma sono anche, e soprattutto, di ordine psicologico. Il clima di attacco continuo ha infatti costretto lo Stato ad allocare una considerevole quota di risorse per proteggere le comunità che si trovavano ai confini di Israele. Non sorprende, dunque, che molti israeliani decidano di spostarsi nel centro del Paese, dove la sicurezza è maggiore; in questo modo, i confini rimangono esposti e, tra il 1948 e il 1953 vengono creati 350 nuovi insediamenti.

Le techiche di guerriglia adottate dai palestinesi, dunque, hanno avuto degli effetti precisi, la cui eredità è presente ancora oggi; l’attacco del 7 ottobre 2023, in effetti, ha avuto luogo proprio in territori di confine rispetto ai territori Palestinesi, e la strategia di Hamas sembra aver ripreso quella dei Fedayeen.


Fedayeen – L’Insurgenza si Organizza

Nei primi anni Cinquanta del secolo scorso, le attività organizzate dai Fedayeen erano spontanee, e avevano una natura criminale; assente, o comunque secondario, appare la motivazione politica, anche se a volte gli attacchi possedevano questa dimensione, ed erano orchestrate dall’ex governatore, (Gran Muftì) di Gerusalemme, sia nella Striscia di Gaza che nel cosiddetto ‘West Bank’ (Gerusalemme e territori adiacenti).

Con il passare del tempo, tuttavia, le azioni dei fedayeen assunsero i contorni di una guerra di attrito, con cui le nazioni arabe rimanevano in conflitto con Israele, ma evitavano di scadere in una guerra aperta, che avrebbero probabilmente perso. I fedayeen, dunque, vengono usati come pedine di una vera e propria guerriglia, che si adattava perfettamente alle condizioni presenti sul campo; inoltre, l’impegno concreto per riconquistare territori ‘storici’ o percepiti come tali, era decisamente benefico per il mondo arabo.

Milizie di Fedayeen nel 1979 a Beirut

Il conflitto tra la ‘Palestina’ e Israele, evidentemente, ha dei risvolti geopolitici precisi, con ricadute evidenti sull’equlibrio del potere in un’area sensibile che nel corso dei secoli è stata parte integrante di soggetti statali differenti. Dopo i due Conflitti Mondiali, e la dissoluzione dell’Impero Ottomano, diventa evidente che l’egemonia araba sul Medio Oriente inizia ad incrinarsi; per questa ragione, le nazioni arabe si impegnano in una lotta per recuperare la propria rilevanza in questa regione.

Tra gli Stati arabi, particolarmente attivi furono l’Egitto, la Giordania e il Libano, che organizzarono e diressero diverse cellule di fedayeen tra il 1954 ed il 1956; si tratta di un esercito irregolare, usato per colpire Israele e destabilizzarlo.


Una Causa Araba

Il carattere nazionalista della questione palestinese risulta evidente dal principio, quando le Nazioni Unite proposero uno ‘Stato Arabo’, accanto a quello ebraico, e non uno ‘Stato Islamico’; la preminenza del nazionalismo rispetto alla religione, del resto, risulta evidente dalle metodologie usate dalla contraparte araba.

Il Presidente Egiziano Nasser

I termini usati per definire la ‘causa palestinese’ sono mutuati dalla politica, e non dalla religione, e i termini ‘rivoluzione’, ‘liberazione’, ‘occupazione’, e simili confermano che ci si trova di fronte ad un problema nazionalistico. Il supporto iniziale degli Stati arabi, poi, apporta un’ulteriore conferma a questa osservazione, in quanto non sono solamente le nazioni a maggioranza sunnita a supportare la lotta palestinese, ma anche quelle sciite.

Attualmente, il coinvolgimento di Libano e Iran conferma la natura politica di questa lotta, che solo secondariamente diventa una ‘guerra tra religioni’, come vorrebbe presentarla una parte dei media; pertanto, la comprensione del nazionalismo palestinese passa inevitabilmente per la comprensione del nazionalismo arabo e del suo apparato di propaganda. E’ proprio questo nazionalismo che spiega il supporto della causa palestinese da parte di gruppi e movimenti legati al mondo comunista-socalista, o comunque di sinistra, sia in passato che attualmente.

L’elemento rivoluzionario (politico) appare evidente, ed è esplicito, al pari dell’obiettivo e dalle metodologie adottate; ad una iniziale spontaneità, in effetti, si sostituisce una crescente professionalizzazione dei combattenti. Il pensiero del mondo arabo è sempre stato (e rimane) chiaro,

‘When initiate war I want to be able to achieve
one, and only one, result and nothing less —
namely, decisive victory. Anyone can bring
about war, but only the victor can terminate it
according to his desire. I know that the Arab
nation does not want an adventure this time, but
a victory. I shall not permit the initiation of war
unless I am capable of developing it into an allout
war against the enemy and against all support
which may be sent to him, and achieve sure
victory.’


The objective of liquidating a state by war
requires that such a war be total, and speedy, so
that decisive results can be achieved before there
is time for intervention from outside.

Professor Walid Khalidi elaborated these ideas in a lecture
in which he explained that the Arabs should
launch against Israel a surprise total Blitzkrieg:
‘The limited war does not suit us, as partial
victory would not entail a final settlement of the
situation but probably its stagnation.’

’Quando inizio una guerra voglio essere in grado di ottenere
un solo risultato e niente di meno —
cioè, una vittoria decisiva. Chiunque può iniziare una
guerra, ma solo il vincitore può porvi fine
secondo il suo desiderio. So che la nazione araba
non vuole un’avventura questa volta, ma
una vittoria. Non permetterò l’inizio della guerra.
a meno che non sia in grado di svilupparla in una guerra totale
contro il nemico e contro tutto il supporto
che potrebbe arrivargli, e ottenere una vittoria certa’.

L’obiettivo di liquidare uno stato attraverso la guerra
richiede che una tale guerra sia totale e rapida, affinché
dei risultati decisivi possano essere raggiunti prima che ci
sia tempo per un intervento dall’esterno.

Il professor Walid Khalidi ha elaborato queste idee in una conferenza,
in cui spiegava che gli arabi dovrebbero
lanciare contro Israele un Blitzkrieg totale a sorpresa:
“La guerra limitata non ci si addice, poiché una vittoria parziale non comporterebbe una soluzione definitiva della situazione ma probabilmente la sua stagnazione.”

Harkabi. Y. (1968) Fedayeen Action and Arab Strategy, Adelphi Papers, 53, 1968, p. 4

Questo brano presenta le motivazioni e le strategie principali del conflitto che oppone la ‘nazione araba’ a Israele, un costrutto teorico ideale che rappresenta la natura politica del confronto con lo Stato israeliano, e non religioso. La strategia suggerita, di una ‘guerra lampo’, è stata poi seguita dagli eredi dei Fedayeen, che hanno cercato di applicarla, come nel caso dell’attacco del 7 ottobre 2023; gli elementi in comune sono diversi, come l’elemento della sorpresa, la pianificazione e organizzazione, il supporto di altri Stati ‘arabi’ (anche se l’Iran non lo è), e l’idea di una ‘guerra totale’, almeno nelle intenzioni.


La Reazione di Israele

Alla minaccia degli Stati arabi e dei Fedayeen Israele risponde con la costruzione di una serie di fortificazioni e di apparati di difesa, come le recinzioni erette lungo i confini degli insediamenti che celavano mine ed esplosivi. Inoltre, furono incrementate le truppe che sorvegliavano le aree di confine, in quanto esse potevano essere usate dagli arabi per potenziali incursioni e attacchi; si tratta di un compito fondamentale, assegnato, all’inizio degli anni Cinquanta, alla Mishmar Hagvul, o Polizia di Confine, che sorvegliava queste aree e tendeva anche imboscate alle unità di Fedayeen.

Questa politica di difesa e sicurezza è costato ad Israele 1 milione di Euro annuali tra il 1949 e il 1956, corripondenti a circa 35 milioni di dollari attali, una cifra enorme, specialmente per uno Stato di recente costituzione come quello in esame. Ciò nonostante, questo budget si è rivelato insufficiente, ed è fallito anche il tentativo di accordarsi con gli Stati arabi confinanti, allo scopo di prevenire l’infiltrazione dei fedayeen.

Per questa ragione, il governo di Israele decise di adottare una politica basata su azioni di ritorsione e intimidazione, sia dei ‘palestinesi’ che degli Stati arabi confinanti; la reazione di Israele, tuttavia, non si basava su una dottrina militare particolare, ma dipendeva (inizio anni 50) su una confusa organizzazione di uomini e mezzi che invece si dovevano confrontare con un fronte arabo compatto e organizzato. La politica di Israele, dunque, dipendeva da diverse motivazioni, come la vendetta e il tentativo di deterrenza rispetto agli attacchi dei fedayeen.

Per queste ragioni, la strategia iniziale di Israele si rivelò fallimentare, come osservò il comandante del distretto di Gerusalemme, il Colonello Michel Shaham,

1952 was full of failures. IDF soldiers demonstrated a lack of persistence and
professionalism. There were places where reprisals took place, or where they
were meant to have taken place; and these are all unpleasant to remember.
Beit Jalla, Beit Sira, Idhna, Wadi Fukin, Furik, Deir Ballut, and more. It is
fortunate that these reprisals were not published in the Israeli press. It was
better that way. It was better for the people of Israel to think that the IDF, for
political and other reasons, was employing a policy of restraint, rather than
to be aware of the army’s military failures
.

Il 1952 è stato pieno di fallimenti. I soldati delle IDF hanno dimostrato una mancanza di perseveranza e
professionalità. C’erano luoghi dove si sono verificate rappresaglie, o dove si
sarebbero dovute verificare; e tutti questi episodi sono sgradevoli da ricordare.
Beit Jalla, Beit Sira, Idhna, Wadi Fukin, Furik, Deir Ballut, e altri. È
fortunato che queste rappresaglie non siano state pubblicate nella stampa israeliana. Era
meglio così. Era meglio per il popolo di Israele pensare che le IDF, per
ragioni politiche e di altro tipo, stavano adottando una politica di moderazione, piuttosto che
essere consapevoli dei fallimenti militari dell’esercito.

(Ganor, B. (2021). Israel’s counterterrorism strategy: origins to the present. Columbia University Press. p. 30)

L’originaria reazione di Israele all’insurgenza araba, dunque, è ben lontana dall’essere lucida, ma rivela una mancanza di mezzi, risorse e professionalità, oltre che di una strategia coerente ed efficace; il fronte arabo, al contrario, si organizza velocemente, e può fare affidamento sul sostegno degli Stati arabi, come Egitto, Libano e Giordania.


Conclusioni

La creazione dello Stato di Israele, contestato dalla leadership araba, ha innescato la nascita di un movimento di insurgenza, che non accettò i confini proposti dalle Nazioni Unite, e nemmeno quelli che risultarono dopo l’armistizio del 1949. Per queste ragioni emergono i Fedayeen, milizie irregolari, ma efficaci, che organizzano incursioni nel territorio israeliano, allo scopo di destabilizzare il nemico e ribaltare il risultato delle guerre precedenti.

Il parallelo tra la strategia dei Fedayeen e quella di Hamas (e degli altri attori della Jihad Palestinese) appare interessante, e mostrerebbe il carattere principalmente politico di questo conflitto, che viene ancora e prevalentemente presentato come una lotta di ‘liberazione’ e di ‘resistenza’. Non si tratta solamente di propaganda, ma anche e soprattutto della comprensione degli eventi e del loro significato da parte dei governi e dei gruppi che si oppongono allo Stato di Israele.


Letture Consigliate

  • (Ganor, B. (2021). Israel’s counterterrorism strategy: origins to the present. Columbia University Press.
  • Kurtulus, E. N. (2012). The new counterterrorism: Contemporary counterterrorism trends in the United States and Israel. Studies in Conflict & Terrorism35(1), 37-58.
  • Davis, R. (2016). Hamas, popular support and war in the Middle East: Insurgency in the Holy Land. Routledge.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.). Nel 2025 hai iniziato a colloborare con la testata online 'Rights Reporter', per la quale scrive articoli e analisi sull'Islam, la shariah e i diritti umani.

Un pensiero su “I Fedayeen – La Minaccia Eversiva del Nazionalismo Palestinese”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *