Contrariamente a quanto si può supporre, il comunismo era una forza viva che raccoglieva enormi consensi nei contesti coloniali, in quanto prometteva eguaglianza ed emancipazione; le Indie Orientali Olandesi non sono immuni da tale fenomeno. Al contrario, il Partai Komunis Indonesia, nato da una frattura in seno a Sarekat Islam, che si divide nel ramo ‘bianco’ (islamico, ndr) e ‘rosso’ (comunista, ndr), rappresenta una forza politica vivace che inciderà profondamente nella vita del Paese anche dopo l’indipendenza del 1945-1949, fino al fallito colpo di Stato del 1965.
Per le autorità coloniali, il PKI rappresentava un problema, in quanto esso era capace di attirare diversi nazionalisti; non tutti concordano sulla linea secolare del Partito Comunista, ovviamente, come le forze tradizionali, che non rinunciano all’identità islamica, specialmente a Giava. La discussione sul ‘pericolo comunista’, in effetti, viene espresso sulle pagine della stampa coloniale indigena, come Darmo Kondo, che nell’edizione del 3 agosto 1921 dedica un breve approfondimento a questo problema.

MALEISCH-CHINEESCHE PERS, 1921, p. 329.
Questa è la traduzione in italiano,
Contro il comunismo
R. M. Soeleiman scrive un articolo nel quale sottopone ad analisi le associazioni come la B.O. (Boedi Oetomo, ndr), la N.I.P. (Partito delle Indie Olandesi, di orientamento autonomista, in seguito vietato, ndr) e la I.E.V. (Associazione per l’Unità delle Indie, un’altra organizzazione nazionalista moderata, ndr), affermando tra l’altro che tali organizzazioni perseguono pressoché lo stesso fine: la libertà e l’uguaglianza, uno slogan che oggi esercita una certa attrazione su tutti.Per ottenere diritti politici, l’“inlander” (cioè l’indigeno) si assocerà naturalmente a questi movimenti, scrive l’autore, poiché finora egli è stato ancora considerato come un “quarto d’uomo”. Tuttavia, l’autore teme che l’uguaglianza nei diritti per l’indigeno possa avere effetti funesti, in particolare per quanto riguarda la proprietà della terra, dal momento che l’indigeno tende troppo facilmente a vendere le proprie terre agli stranieri.
L’autore esprime quindi viva soddisfazione per il fatto che la protezione della proprietà fondiaria indigena sia considerata dal Governo come un dovere, e ritiene che gli indigeni debbano esserne profondamente riconoscenti.
Passando poi alla discussione sulle associazioni politiche presenti nel paese che aderiscono al comunismo, l’autore prende come esempio lo stato caotico della Russia contemporanea e dichiara che Java seguirà inevitabilmente la stessa via, qualora il comunismo venga applicato anche sull’isola; egli pertanto mette in guardia con fermezza contro tale pericolo.
Il Darmo Kondo aveva un orientamento nazionalista islamico di stampo moderato, e rappresentava, nella stampa indigena, il tentativo di equilibrare l’opposizione al comunismo, da una parte, e le aspirazioni di una maggiore dignità e autonomia per gli ‘inlanders’, i locali. Il rapporto olandese cerca di individuare le forze moderate che si oppongono al comunismo, ma che comunque rientrano nella galassia nazionalista.
Il comunismo rappresentava una minaccia maggiore per l’amministrazione olandese, e l’iniziale condiscendenza verso le associazioni nazionalistiche può essere spiegato dal tentativo di non alienarsi le simpatie di persone e movimenti che potevano essere co-optati per lottare contro il fronte comunista.
In un altro rapporto, del 1926, l’amministrazione coloniale osserva che

Il governo pensava di poter contrastare il comunismo istituendo quelle disposizioni legislative restrittive fortemente applaudite da giornali come quelli citati, ma in pratica ciò ha solo generato una feroce amarezza. A ciò si aggiunge il licenziamento sia dei funzionari pubblici che degli operai delle imprese private, non appena si viene sospettati di comunismo, il che favorisce la propaganda comunista. Anche per scoprire chi è comunista si fa ampio uso di spie, che spesso agiscono a caso e rendono molte persone disoccupate.
(Articolo di RASA, riportato da OVERZICHT VAN DE INLANDSCHE EN MALEISCH-CHINEESCHE PERS, 1926, p. 18).
Il pericolo comunista era dunque reale, così come una certa efficacia del PKI nel promuovere le sue idee in un contesto molto difficile, segnato da forti spinte islamiste e da un controllo coloniale pervadente, specialmente nell’ambito della stampa. Il sentimento anti-comunista, attualmente espresso da una legislazione penale che considera reato la diffusione delle idee comuniste (e prevede la reclusione da 5 a 7 anni), ha dunque radici decisamente più profonde rispetto al fallito colpo di Stato del 1965.


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