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Abstract

Dopo il ritiro statunitense del 2021, l’Afghanistan è tornato a essere il fulcro delle reti jihadiste internazionali, ospitando gruppi come Al Qaeda, IS-K e TTP, che utilizzano il territorio come base logistica, ideologica e operativa. La crescente instabilità interna, unita alla rivalità tra fazioni terroristiche, rende questo Paese sia un produttore di insicurezza globale sia una vittima dei propri conflitti interni. Sul piano geopolitico, poi, Afghanistan, Pakistan e Cina costituiscono oggi un triangolo strategico, mentre Russia e altre potenze cercano un equilibrio tra sicurezza e interessi economici.


After the U.S. withdrawal in 2021, Afghanistan has once again become the hub of international jihadist networks, hosting groups like Al Qaeda, IS-K, and TTP, which use the territory as a logistical, ideological, and operational base. The growing internal instability, combined with the rivalry between terrorist factions, makes this country both a producer of global insecurity and a victim of its own internal conflicts. On the geopolitical level, Afghanistan, Pakistan, and China today form a strategic triangle, while Russia and other powers seek a balance between security and economic interests.


Introduzione Hub del Terrorismo Islamico

Quando si parla di terrorismo internazionale nel XIX secolo, raramente si immagina oggi che l’Afghanistan possa essere al centro di una rete globale che fonde narrazione, formazione e operazioni transnazionali. Tuttavia, dopo il ritiro statunitense del 2021 e il ritorno al potere dei Talebani, il paese si è trasformato in un hub logistico, ideologico e di propaganda del jihadismo globale. Questo articolo esplora come Al Qaida, IS-Khorasan (IS-K), il Tehrik-i-Taliban Pakistan (TTP) e altri gruppi utilizzino l’Afghanistan come base operativa, analizzando le strutture di collaborazione, le pubblicazioni ideologiche e le implicazioni geopolitiche.

La minaccia terroristica dell’Afghanistan è confermata da numerose pubblicazioni, che sottolineano come questo Paese, dopo il ritiro delle truppe statunitensi nel 2021, sia (ri)diventato l’incubatore del terrorismo islamico a livello internazionale. In altre parole, dopo il 2021 si è riproposta la situazione precedente all’intervento americano, che aveva permesso a personaggi come Osama bin Laden di organizzare un vero e proprio impero del terrore.

Secondo il Global Terrorism Index (GTI) del 2025, l’Afghanistan era al nono posto in termini di impatto del terrorismo,

Global Terrorism Index 2025 (p. 6)

Di conseguenza, questo Paese non è solamente un produttore di terrorismo, ma anche una sua vittima primaria; nonostante il miglioramento rispetto al 2024 (6a posizione), l’Afghanistan rimane una delle realtà in cui gli attentati terroristici rimangono un problema serio. Il ritiro delle forze americane nel 2021 sembra aver innescato una sorta di guerra interna a diversi gruppi terroristici che si contendono la leadership del Paese, che non è affatto stabile politicamente.

Questa situazione complica notevolmente gli sforzi diplomatici, in quanto il governo riconosciuto, ma in esilio, continua a combattere contro numerosi gruppi terroristici (tra cui i talebani che controllano Kabul e altri centri vitali). Non è certamente un caso che proprio in questo Paese sia nato ISIS Khorasan, come derivazione del gruppo principale, la cui sconfitta in Medio Oriente non ha comportato la sua scomparsa, ma solamente una profonda ri-organizzazione, la cui base è proprio in Afghanistan.


Al Qaeda Sotto la Protezione Talebana – Una Presenza Consolidata

Nonostante i vertici talebani lo abbiano ufficialmente negato, diversi rapporti delle Nazioni Unite (UN Security Council Analytical Support and Sanctions Monitoring Team, 2024–2025) attestano che Al Qaeda mantiene attività dirette in almeno 12–14 province, incluse Nangarhar, Kunar, Helmand e Nuristan. Alcuni leader come Saif al Adel, poi, avrebbero viaggiato in Afghanistan già nel novembre del 2022, secondo quanto riportato da fonti recenti;

Secondo Voice of America,

The report by the U.N. sanctions monitoring team warns that al-Qaida and the Taliban maintain a symbiotic relationship, “with al-Qaida viewing Taliban-administered Afghanistan a safe haven.”

Il rapporto del team di monitoraggio delle sanzioni delle Nazioni Unite avverte che al-Qaeda e i Talebani mantengono una relazione simbiotica, “con al-Qaida che considera l’Afghanistan amministrato dai Talebani un rifugio sicuro.”

Jeff Seldin, UN Report Warns Al-Qaida, Islamic State Growing in Afghanistan, Voice of America, 14 Giugno 2023

La morte di Ayman al Zawahiri a Kabul nel luglio 2022, in una residenza legata a Sirajuddin Haqqani, costituisce un chiaro segnale della sovrapposizione operativa tra Al Qaida e i vertici talebani, un legame che non è possibile negare alla luce dei numerosi resoconti e avvertimenti delle intelligence occidentali.

Oltre al supporto logistico, Al Qaeda ha integrato strutture di addestramento in aree strategiche come la valle del Panjshir; secondo Jack Detsch (Foreign Policy, 2024), i Talebani hanno consentito la creazione di nove nuovi campi e depositi di munizioni (alcuni persino nel nord del paese), un fatto quasi impensabile negli anni Novanta.

Pertanto, l’Aghanistan si conferma come un centro del terrorismo internazionale, che si aggiunge ad altri centri, come il Pakistan, il cui supporto a gruppi terroristici è noto e documentato; per questa ragione, il potenziale destabilizzante di questi due Paesi non dovrebbe mai essere sottovalutato.


La Rinascita di IS-K e la Rivalità Jihadista Interna

Fin dalla sua nascita nel 2015, lo Stato Islamico – Provincia di Khorasan (IS-K) si è contrapposto apertamente ai Taliban; attualmente, questo gruppo è considerato il principale nemico interno, in contrasto ideologico e operativo con il regime di Kabul. Gli attacchi contro minoranze etniche come gli Hazara e l’uccisione di alti funzionari talebani testimoniano una campagna intensificata, che coinvolge circa 2.000–3.500 miliziani attivi, con oltre 5.300 vittime civili registrate tra il 2015 e il 2023.

Un raid del 2024 a Mosca contro un teatro-concerto fu rivendicato da IS-K, dimostrando la capacità del gruppo di operare sia nella regione che oltre; l’organizzazione necessaria per compiere un atto del genere, del resto, è possibile solamente se esiste un forte radicamento in Afghanistan. Pertanto, il governo di Kabul sembra non controllare tutto il territorio aghano, e pezzi importanti di esso sono di fatto sotto la sovranità di altri gruppi e fazioni, come IS-K appunto.

L’infiltrazione di IS-K nelle istituzioni governative aghane, come i ministeri della Difesa e dell’Interno, è stata segnalata da numerose fonti, anche ONU, che lo identifichano come la minaccia interna più pericolosa rispetto alla stabilità del Paese e della regione.


TTP – Alleato Militare ed Estensione Regionale di Al Qaeda

Il gruppo pakistano Tehrik-i-Taliban Pakistan (TTP), affiliato ad Al-Qaida, è oggi uno dei maggiori protagonisti operativi in Afghanistan; forte di circa 4.000–6.500 combattenti stanziati nelle province orientali opera sotto il diretto supporto logistico e finanziario dei Talebani. Il TTP ha condotto circa 600–800 attacchi in Pakistan solamente nel 2024, spesso armato con equipaggiamenti rimasti negli arsenali dell’esercito afgano smobilitato.

Il leader Noor Wali Mehsud riceve circa 43.000 USD al mese dal gruppo Tehrik-i-Taliban Afghani (TTA) con l’approvazione talebana; al Qaeda ha poi trasferito armamenti e veicoli direttamente al TTP per evitare il targeting da parte degli USA. Si tratta dunque di un’alleanza strategica che rende il TTP una minaccia extraregionale, capace di coordinare attacchi contro il Pakistan, l’India e potenzialmente l’Occidente. Attualmente, non risulta una presenza di questo gruppo in Occidente, fatta eccezione di qualche base logistica in Canada e USA; a parte i consueti attacchi verbali e minacce contro le società occidentali, TTP non ha (ancora) la capacità di operare in Occidente.

Il finanziamento da parte del governo talebano segnala dunque la volontà di usare il terrorismo per combattere un nemico percepito, replicando la politica ambigua del Pakistan; di conseguenza, la minaccia sembra (per il momento) limitata a questa regione, ma certamente da non sottovalutare.


Afghanistan come Sanctuario del Terrorismo Islamico

Il ritiro delle forze internazionali ha lasciato centinaia di milioni di dollari in armamenti di cui si sono appropriati i jihadisti, che poi le fanno circolare sfruttando confini porosi e reti criminali stabili e organizzate. Secondo il rapporto SIGAR (Special Inspector General for Afghanistan Reconstruction) del 30 aprile 2024, erano oltre 12 i funzionari senior di Al-Qaeda ad essere attivi nel Paese, sfruttando infrastrutture tattiche e armi residue per addestrare nuovi militanti.

Dal menzionato rapporto emerge una relazione conflittuale ma anche simbiotica tra al Qaeda e il governo talebano,

This quarter, the Taliban general directorate of intelligence assigned al
Qaeda members to various ministry and military positions in eastern
Afghanistan.190 The Taliban also announced that they dissolved several sui-
cide battalions and incorporated them in the army’s special forces. These
battalions were reportedly established by the Taliban deputy director of
intelligence and an al Qaeda affiliate.

Questo trimestre (gennaio-marzo 2024), la direzione generale dei servizi segreti dei talebani ha assegnato membri di al-Qaeda a varie posizioni ministeriali e militari nell’est dell’Afghanistan. I talebani hanno anche annunciato di aver sciolto diversi battaglioni suicidi e di averli incorporati nelle forze speciali dell’esercito. Questi battaglioni sarebbero stati istituiti dal vice direttore dei servizi segreti dei Talebani e da un affiliato di al Qaeda.

SIGAR (Special Inspector General for Afghanistan Reconstruction), 30 aprile 2024, p. 58.

Il rapporto con al Qaeda appare dunque complesso, in quanto alcuni dei suoi affiliati pakistani contrastano il governo pakistano, mentre in Afganistan i talebani cercano di incorporare i membri di al Qaeda all’interno del loro apparato amministrativo, specialmente dove la loro presenza è significativa. Pertanto, l’atteggiamento verso al Qaeda è determinato da principi politici e di circostanza, nell’impossibilità di eliminare la presenza del gruppo terroristico; la scelta è dunque quella dell’alleanza, allo scopo di irrobustire un controllo che appare decisamente fragile.

La combinazione di armi avanzate, denaro e complicità politica ha trasformato l’Afghanistan in un nodo centrale delle reti globali del terrorismo, e rendono complessa ogni trattativa e tentativo di dialogo con chi controlla Kabul.


Narrativa e Pubblicazioni – Guerra Cognitiva e Propaganda Jihadista

L’attività terroristica non si basa solo su addestramento e attacchi, ma su una potente narrativa che supporta le sue azioni; il sito di propaganda di Al-Qaeda, As-Sahab, e la rivista IS-K Voice of Khorasan diffondono messaggi ideologici, fatwa, storie di martiri e inviti alla mobilitazione. Numerosi sono i video realizzati da Al Emara(h), una sorta di agenzia di stampa ufficiale del governo talebano che spesso diffonde la propaganda di al Qaeda.

Logo di Al Emara
Logo di As Sahab Media

Tra le pubblicazioni, si nota che molte di esse citano (senza contestualizzarli ovviamente) testi classici di Ibn al Nuhaas, Sayyid Qutb, e Abu Bakr Naji, proponendo un’agenda revisionista del jihad come dovere individuale permanente, e ricollegando le nuove generazioni alla giustificazione ideologica della ‘guerra sacra’. Secondo la narrazione proposta e rinforzata da articoli e video, questo ‘dovere’ sarebbe stato dimenticato e negletto dalla maggior parte dei musulmani, che dovrebbe recuperare questa dimensione ritenuta fondamentale.

L’obiettivo di questa propaganda, finanziata da attori sia statali (talebani afghani) che non statali (al Qaeda, ma anche ISIS), ovviamente, è quello di formare generazioni che considerano la jihad militare come un obbligo e un dovere del ‘buon musulmano’, immagine contrapposta ai ‘traditori’, ‘falsi musulmani’ e ‘infedeli’ in generale. Si tratta di un insieme di nemici da abbattere mediante la lotta armata, sull’esempio di quanto (sarebbe) successo in Afgnanistan; tale narrativa, diffusa dai media, crea un ambiente favorevole al terrorismo, ma anche, ovviamente, ad una instabilità perenne. La lotta tra gruppi jihadisti che hanno idee differenti sull’applicazione della sharia, in effetti, si osserva a diverse latitudini, e non è certamente esclusiva dell’Afghanistan.


Impatto Regionale e Trasformazione Geopolitica

Le relazioni tra Afghanistan, Pakistan e Cina costituiscono oggi uno snodo geopolitico di straordinaria rilevanza, non solo per l’Asia meridionale, ma anche per gli equilibri di potere che si ridisegnano a livello globale. L’Afghanistan, reduce da decenni di conflitti e transizioni instabili, continua a essere una fonte di incertezza per i suoi vicini, pur rappresentando al contempo un attore strategico che nessuna grande potenza può ignorare o sottovalutare.

Il Pakistan, da lungo tempo principale interlocutore dei Talebani, ha cercato di favorire una loro moderazione politica, nella speranza di stabilizzare i propri confini occidentali e preservare un margine di influenza a Kabul. Tuttavia, il 2024 ha segnato un anno particolarmente drammatico, in quanto il Paese ha registrato oltre 2.500 vittime a causa degli attacchi del Tehrik-e-Taliban Pakistan (TTP), l’organizzazione che, muovendo dalle basi afghane, ha intensificato le azioni terroristiche contro obiettivi civili e militari. Di fronte a questa escalation, il regime talebano afghano, pur sottoposto a pressioni crescenti sia interne sia esterne, ha mostrato una reazione limitata, con misure di contenimento soltanto parziali e poco incisive.

Sul fronte settentrionale, la Russia ha adottato una strategia più pragmatica, e nel 2025 ha ufficialmente rimosso la designazione dei Talebani come gruppo terroristico, con l’obiettivo di aprire un canale di dialogo stabile con il governo di Kabul e ridurre i rischi di destabilizzazione dell’Asia Centrale. Questa decisione, seppure motivata da esigenze di realpolitik, non è priva di contraddizioni, in quanto il governo di Mosca continua a nutrire forti timori per l’espansione dello Stato Islamico della Provincia del Khorasan (IS-K), oltre che per il possibile afflusso di combattenti jihadisti nelle repubbliche ex-sovietiche, già fragili sul piano della sicurezza.

In questo quadro, la Cina ha assunto un ruolo di mediatore di primo piano,e, dopo anni di cautela, Pechino ha promosso il ripristino delle relazioni diplomatiche tra Afghanistan e Pakistan, un passaggio fondamentale per garantire la stabilità del proprio corridoio economico strategico. Nel giugno del 2025, Kabul è stata ufficialmente inclusa nel progetto infrastrutturale sino-pakistano, ma non senza condizioni. In effetti, la Cina ha espressamente chiesto ai Talebani delle garanzie per contenere le attività del TTP, consapevole che ogni azione destabilizzante metterebbe a rischio i colossali investimenti già pianificati.

In questo intricato gioco di interessi e pressioni, l’Afghanistan si conferma un paradosso geopolitico, che, da un lato rimane una piattaforma di instabilità cronica, segnata da rivalità interne, conflitti settari e traffici illeciti. Dall’altro, invece, tende ad assumere un ruolo crescente nella mediazione pragmatica, dove potenze regionali e globali cercano un punto di equilibrio tra sicurezza, interessi economici e influenza politica.


Conclusioni

L’Afghanistan post-2021 si è trasformato in un laboratorio del terrorismo internazionale, dove vecchie e nuove sigle jihadiste si contendono il controllo di territori, risorse e influenza ideologica; Al Qaeda, protetta dai Talebani, ha consolidato la propria rete in almeno una dozzina di province, mentre IS-K, con la sua ideologia più estrema e transnazionale, rappresenta la minaccia interna più destabilizzante, capace di colpire anche oltre i confini afghani. A ciò si aggiunge il TTP, che funge da proiezione regionale di Al Qaeda, intensificando gli attacchi in Pakistan e rafforzando il nesso tra terrorismo e dinamiche politiche instabili. Il ritiro internazionale ha dunque lasciato un vuoto di potere che questi gruppi hanno saputo sfruttare, rendendo sempre più difficile un processo di pacificazione duraturo.


Letture Consigliate

  • Tahir, S., & Jadoon, A. (2025). Leaders, fighters, and suicide attackers: Insights on TTP militant mobility through commemorative records, 2006–2025. Combating Terrorism Center at West Point, 18(5).
  • Hassan, Y. U. (2022). Taliban and Al-Qaeda: The Unbreakable Relationship. Strategic Analysis46(2), 211-219.
  • Steinberg, G., & Albrecht, A. (2023). Afghanistan after the withdrawal of the West: The Taliban, Al-Qaeda, and IS-K. In Routledge Handbook of Transnational Terrorism (pp. 500-508). Routledge.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.). Nel 2025 hai iniziato a colloborare con la testata online 'Rights Reporter', per la quale scrive articoli e analisi sull'Islam, la shariah e i diritti umani.

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