- Introduzione – Il Fenomeno Barack Obama
- Retorica Simboli e Inclusione
- Effetti sulla Comunità Islamica Americana
- Terrorismo e Radicalismo Islamico
- Percezione Interna e Narrazione Nazionale
- La Strategia di Obama – Un Fallimento Annunciato
- Conclusioni – Un Mondo Disilluso
- Letture Consigliate
La doppia presidenza di Barack Obama, tra il 2009 e il 2017, rappresenta un momento significativo della storia statunitense, segnato da una retorica favorevole all’islam sul fronte interno e esterno, ma anche da ambiguità che hanno fatto fallire questo approccio ideologico.
Barack Obama’s two terms as president, from 2009 to 2017, represent a significant moment in American history, marked by pro-Islam rhetoric both domestically and internationally, but also by ambiguities that led to the failure of this ideological approach.
Introduzione – Il Fenomeno Barack Obama
La doppia presidenza di Barack Obama, dal 2009 al 2017, rappresenta un momento emblematico per gli USA; come si ricorderà, Obama era il candidato del ‘Yes, we can’, uno slogan che portò un discreto successo al movimento guidato dal futuro presidente, il primo di etnia afro-americana della storia del Paese. Il candidato democratico ha basato la sua campagna elettorale su una promessa di cambiamento e discontinuità con il suo predecessore, George W. Bush, che decise gli interventi in Iraq; Obama, dunque, promette una nuova rotta alla politica a stelle e strisce, sia interna che esterna.

Nuovo è anche il rapporto tra Stati Uniti e islam, inteso sia come religione interna al Paese che come dimensione geopolitica; la sua vicenda personale, padre keniota di tradizione islamica e infanzia trascorsa in Indonesia, fece di Obama un simbolo di possibile ponte culturale tra l’Occidente e il mondo musulmano, pur restando cristiano praticante.
Retorica Simboli e Inclusione
Dai primi discorsi ufficiali, fu chiaro che Obama intendeva superare la narrativa dello ‘scontro di civiltà’, che invece aveva caratterizzato il suo predecessore alla Casa Bianca; nel celebre discorso pronunciato al Cairo nel 2009 egli affermò,
The relationship between Islam and the West includes centuries of co-existence and cooperation, but also conflict and religious wars. More recently, tension has been fed by colonialism that denied rights and opportunities to many Muslims, and a Cold War in which Muslim-majority countries were too often treated as proxies without regard to their own aspirations.
(…)
I know, too, that Islam has always been a part of America’s story. The first nation to recognize my country was Morocco. In signing the Treaty of Tripoli in 1796, our second President John Adams wrote, “The United States has in itself no character of enmity against the laws, religion or tranquility of Muslims.” And since our founding, American Muslims have enriched the United States. They have fought in our wars, served in government, stood for civil rights, started businesses, taught at our Universities, excelled in our sports arenas, won Nobel Prizes, built our tallest building, and lit the Olympic Torch. And when the first Muslim-American was recently elected to Congress, he took the oath to defend our Constitution using the same Holy Koran that one of our Founding Fathers — Thomas Jefferson — kept in his personal library.
Il rapporto tra l’Islam e l’Occidente comprende secoli di coesistenza e cooperazione, ma anche conflitti e guerre di religione. Più recentemente, la tensione è stata alimentata dal colonialismo che ha negato diritti e opportunità a molti musulmani, e da una Guerra Fredda in cui i paesi a maggioranza musulmana sono stati troppo spesso trattati come stati fantoccio senza riguardo alle loro aspirazioni.
(…)
So anch’io che l’Islam è sempre stato parte della storia americana. La prima nazione a riconoscere il mio paese è stato il Marocco. Firmando il Trattato di Tripoli nel 1796, il nostro secondo presidente John Adams scrisse: “Gli Stati Uniti non hanno in sé alcun carattere di inimicizia contro le leggi, la religione o la tranquillità dei musulmani”. E sin dalla nostra fondazione, i musulmani americani hanno arricchito gli Stati Uniti. Hanno combattuto nelle nostre guerre, servito nel governo, lottato per i diritti civili, avviato imprese, insegnato nelle nostre università, eccelso nelle nostre arene sportive, vinto premi Nobel, costruito il nostro edificio più alto e acceso la torcia olimpica. E quando di recente il primo musulmano-americano è stato eletto al Congresso, ha prestato giuramento di difendere la nostra Costituzione usando lo stesso Sacro Corano che uno dei nostri Padri Fondatori — Thomas Jefferson — teneva nella sua biblioteca personale.
(Time, Full Text: President Barack Obama’s Speech to the Muslim World, 4 Giugno 2009)
Pertanto, appare evidente che Obama ha cercato da subito di riportare al centro dell’attenzione il rapporto sia esterno che interno con l’islam e le comunità islamiche, in una rilettura ideologica e superficiale della storia, che ignora coscientemente le complesse problematiche sottostanti. L’intento era chiaro, distanziarsi dal predecessore e dalle sue politiche, considerate ‘coloniali’, termine vago che risuonava nel suo elettorato e anche in parte dell’opposizione, stanca delle continue guerre.
In occasione delle feste islamiche, poi, la Casa Bianca accolse membri della comunità musulmana, mentre nel 2016 visitò una moschea a Baltimore dichiarando di essere una sola famiglia americana; si tratta di gesti simbolici che rafforzarono la legittimazione della comunità musulmana americana, offrendo un riconoscimento pubblico della sua appartenenza alla società.
Per la prima volta dagli attentati dell’11 settembre, dunque, la narrativa e la percezione dell’Islam iniziano a cambiare; i musulmani non sono più, secondo questa visione, portatori di scontri e problemi, ma persone perfettamente integrate nella società americana, parte integrante della ‘American Family’.
Effetti sulla Comunità Islamica Americana
L’approccio di Obama era teso a creare un’immagine ideale di islam, alimentando una legittimazione simbolica, mediante il rafforzamento della percezione di appartenenza agli Stati Uniti d’America, e non di outsiders. Inoltre, egli diede alle comunità islamiche una notevole visibilità politica e culturale; è in questo quadro che i musulmani americani ottengono un maggior numero di ruoli pubblici e attenzione da parte dei media.

Obama, poi, lancia uno strumento ideologico che avrà molto successo anche nei decenni successivi, quello della lotta alla cosiddetta islamofobia, mediante dichiarazioni contro retoriche ritenute discriminatorie e sostegno a programmi di inclusione. Tuttavia, le tensioni non sono state sopite da questo tentativo di rebranding dell’islam americano; in effetti, la prima visita alla moschea avvenne solo nel 2016, e alcune operazioni militari estere furono percepite come contraddittorie rispetto alla retorica inclusiva. Sono di quest’anno numerose operazioni in Siria, Iraq, Libia, Yemen e Agfghanistan, nonostante la retorica pacifista e inclusiva tenuta sul fronte domestico; pertanto, è agevole concludere che Obama abbia usato coscientemente argomentazioni retoriche.
Terrorismo e Radicalismo Islamico
L’amministrazione Obama adottò un approccio calibrato contro il terrorismo, mediante operazioni mirate, con un uso selettivo di droni e raid per ridurre la capacità operativa di gruppi come Al‑Qaeda senza interventi convenzionali estesi (guerre). Obama ha dichiarato di concentrarsi sulla prevenzione della radicalizzazione interna, grazie alla collaborazione con scuole e comunità religiose per identificare segnali di estremismo, promuovendo integrazione e cittadinanza attiva.
Obama, infine, segnala una attenta calibrazione del linguaggio pubblico, che distingue tra terrorismo e radicalismo, da una parte, e la religione musulmana, riducendo la stigmatizzazione dell’islam come religione violenta e nemica dell’Occidente. Gli effetti di tale strategia furono ambivalenti, e se da un lato essa rafforzò la sicurezza interna e la legittimazione della comunità musulmana, dall’altro, alcune operazioni militari alimentarono diffidenza e percezioni di ‘doppia misura’.
Percezione Interna e Narrazione Nazionale
Obama contribuì a normalizzare l’islam negli Stati Uniti, enfatizzando ideologicamente la partecipazione dei musulmani alla storia, alla difesa e alla vita civile del Paese; non sorprende, dunque, che tale atteggiamento venne accolto da una parte dell’opinione pubblica con uno certo scetticismo. Secondo il Pew Research Center, nel 2010 circa il 18% degli americani credeva, erroneamente, che Obama fosse musulmano, dimostrando le contraddizioni profonde della sua strategia. Un moderato democratico che cerca di legittimare l’islam pur essendo un cristiano praticante, ma che sul fronte esterno viene considerato un nemico dei musulmani, come in Iraq.
L’autorevole istituto di ricerca statunitense, in effetti, pubblicò i risultati di una ricerca (2018) che lasciava pochi dubbi sulla distanza tra la propaganda di Obama e la realtà;
A new national survey by the Pew Research Center finds that nearly one-in-five Americans (18%) now say Obama is a Muslim, up from 11% in March 2009. Only about one-third of adults (34%) say Obama is a Christian, down sharply from 48% in 2009. Fully 43% say they do not know what Obama’s religion is. The survey was completed in early August, before Obama’s recent comments about the proposed construction of a mosque near the site of the former World Trade Center.
Un nuovo sondaggio nazionale del Pew Research Center rileva che quasi un americano su cinque (18%) ora afferma che Obama è musulmano, in aumento rispetto all’11% di marzo 2009. Solo circa un terzo degli adulti (34%) afferma che Obama è cristiano, in netto calo rispetto al 48% del 2009. Ben il 43% afferma di non sapere quale sia la religione di Obama. Il sondaggio è stato completato all’inizio di agosto, prima delle recenti dichiarazioni di Obama sulla proposta costruzione di una moschea vicino al sito dell’ex World Trade Center.
(Pew Research Center, Growing Number of Americans Say Obama is a Muslim, 18 Agosto 2010)

Obama dunque veniva percepito da quasi un americano su cinque come un leader musulmano, e tale percezione era rafforzata dalla sua storia familiare; le polemiche sul suo atto di nascita, poi, alimentarono ulteriormente la percezione di trovarsi di fronte ad un leader straniero.
La Strategia di Obama – Un Fallimento Annunciato
L’approccio di Obama all’Islam si caratterizzò per la ricerca di un equilibrio tra simbolismo, pragmatismo e sicurezza, e internamente egli rafforzò una maggiore legittimazione e visibilità delle comunità islamiche; esternamente, invece, egli adottò strategie mirate contro il terrorismo e cercò un dialogo multilaterale con il mondo islamico.
Questa strategia celeva evidenti contraddizioni e limiti, in quanto alcune operazioni militari, ritardi simbolici e percezioni persistenti di alienazione limitarono l’impatto completo delle sue politiche, che si scontravano con una realtà differente rispetto a quella presentata dalla Casa Bianca.

L’esperienza Obama mostra, effettivamente, come simboli, gesti e retorica possano aprire spazi di inclusione e dialogo, ma la trasformazione culturale richiede anche coerenza tra parole e azioni, strumenti di prevenzione e partecipazione quotidiana delle comunità.
Obama ha usato l’islam come strumento di legittimazione interna a scopi elettorali, ma alla fine questa strategia è stata controproduttiva; secondo i dati del Global Terrorism Index, gli attentati terroristici (a livello globale) aumentano tra il 2013 e il 2016, per diminuire nel periodo successivo, durante il primo mandato Trump (2017-2021). La stessa dinamica la si osserva sul fronte interno, con un aumento delle operazioni violente in territorio americano, che invece dimunuiscono drasticamente con Trump; si ricordano, a questo proposito, gli attentati di Fort Hood, del 2009, con 13 morti, della Maratona di Boston, con 3 morti e 260 feriti, e di Orlando, con 49 morti. Sotto la presidenza Trump si ricordano gli attentati di New York (2017, a guida Democratica) e di Pensacola, ma la loro scala non è confrontabile con quella di Boston o di Orlando della presidenza Obama.
Obama, evidentemente, non favorì il terrorismo, ma la sottovalutazione di determinati fenomeni ha sicuramente contribuito ad una minore sicurezza, sia domestica che internazionale; le primavere arabe, del resto, si svolgono sotto la sua presidenza, e sono state possibili anche per il suo mancato intervento, a differenza del suo predecessore. Allo stesso modo, si assiste all’ascesa del Califfato ISIS, un altro evento, che poteva essere contenuto adottando politiche differenti.
Conclusioni – Un Mondo Disilluso
Le aspettative esistenti nel 2009, quando si credeva possibile una svolta positiva, anche in politica estera, sono state sistematicamente deluse; il fenomeno Obama, con il suo iconico slogan e le riforme fallite, anche in ambito domestico (come quella del sistema sanitario che ha creato problemi strutturali di sostenibilità e consenso politico) rimarrà nella storia come esempio di populismo democratico.
L’atteggiamento ondivago e i ritardi decisionali in politica estera, poi, hanno confermato che questo genere di politica non è efficace nel governare fenomeni complessi come quelli che si svolgevano in Medio Oriente. La strategia verso l’islam, che presentava questa religione in termini illusori (con elementi di verità ovviamente) non ha contribuito a legittimare le comunità islamiche, ma ad isolarle ulteriormente, specialmente dopo la fine del suo doppio mandato. I risultati furono dunque ambivalenti, e, ad una maggiore visibilità delle comunità islamiche si sovrappose un clima di sospetto reciproco.
Letture Consigliate
- Bahari, D. M., & Sahide, A. (2023). The comparison of the United States’ foreign policy against the Islamic world under President Barack Obama and President Donald Trump administration. Journal of Islamic World and Politics, 6(2).
- Gardner, R. (2018). Action not words: Obama’s opportunity to transform U.S.–Muslim relations. Sustainability, 7(2).
- Goldberg, J. (2016). The Obama Doctrine. The Atlantic.

