nieuw guinea
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La Nieuw Guinea (corrispondente all’attuale provincia di Papua Occidentale) è stata per anni un territorio amministrato dai Paesi Bassi, e centro di una contesa territoriale con la Repubblica indonesiana; solamente nel 1963, la Nuova Guinea è diventata una provincia dell’Indonesia, ma la sua integrazione rimane problematica.


New Guinea (corresponding to the current province of West Papua) was for years a territory administered by the Netherlands and the centre of a territorial dispute with the Republic of Indonesia; Only in 1963 did New Guinea become a province of Indonesia, but its integration remains problematic.


Introduzione – Una Lenta Decolonizzazione

La storia della Nuova Guinea occidentale, corrispondente all’attuale Papua e Papua Sudoccidentale, rappresenta una delle vicende più complesse e meno note del processo di decolonizzazione del Sud-Est asiatico. Essa costituisce, al tempo stesso, l’ultimo capitolo dell’impero olandese e il primo banco di prova dell’Indonesia repubblicana nella difficile gestione dell’eredità coloniale; la transizione da colonia remota a provincia della Repubblica d’Indonesia non fu un semplice passaggio amministrativo, bensì un conflitto di visioni sul significato stesso della libertà, dell’identità e del diritto all’autodeterminazione.

La Nuova Guinea è l’isola più grande dell’Oceania dopo l’Australia, separata dal resto dell’arcipelago indonesiano da un confine invisibile che è al tempo stesso geografico, etnico e simbolico; il suo paesaggio, aspro e montuoso, è abitato da popolazioni melanesiane che per millenni hanno mantenuto un’economia di sussistenza, un’organizzazione sociale tribale e sistemi di credenze arcaici. Questo profondo radicamento nelle culture locali, linguisticamente frammentate e solo marginalmente toccate dall’islam o dal cristianesimo, fece della Nuova Guinea un mondo ‘altro’ rispetto alla matrice malese-giavanese del resto dell’Indonesia.

Nel XIX secolo, le potenze europee si spartirono le isole del Pacifico, e i Paesi Bassi rivendicarono la porzione occidentale dell’isola, includendola formalmente nelle Indie Orientali Olandesi nel 1828; ciò nonostante, la Nieuw-Guinea rimase a lungo una frontiera lontana, scarsamente popolata da europei e considerata più un presidio strategico che un territorio da integrare nel sistema coloniale. Gli olandesi vi stabilirono pochi avamposti, missioni e centri amministrativi, mantenendo un contatto limitato con la popolazione locale.


L’Età del Tardo Colonialismo

Nel XX secolo, mentre l’Indonesia centrale viveva la stagione dell’espansione economica e della formazione di un’élite indigena istruita, la Nuova Guinea rimase ai margini; tale condizione, tuttavia, la preservò da alcune delle tensioni sociali che attraversavano Giava o Sumatra, rendendola una sorta di ‘laboratorio ideale’ per una nuova concezione dell’impero.

Foto presa da Nieuw Guinea, 1955, p. 4

Negli anni Trenta, alcuni amministratori coloniali immaginarono la Nieuw-Guinea come un luogo in cui sperimentare una ‘decolonizzazione guidata’, un territorio in cui i papuani potessero essere gradualmente condotti verso l’autonomia sotto la supervisione olandese. Si trattava, evidentemente, di una visione paternalistica, ma anche il sintomo di un mutamento di paradigma; il colonialismo olandese, ormai in declino, cercava una giustificazione morale alla propria presenza oltremare, attraverso la retorica dello sviluppo e dell’educazione.

Durante la Seconda guerra mondiale, l’isola assunse un valore strategico, e, dopo l’invasione giapponese delle Indie Orientali, la Nuova Guinea divenne teatro di battaglie decisive fra le forze nipponiche e quelle alleate. La guerra portò con sé nuove infrastrutture, missioni evangeliche e contatti con il mondo esterno, ma anche violenze, distruzioni e profonde ferite sociali. Nel dopoguerra, mentre il resto delle Indie Orientali imboccava rapidamente la via dell’indipendenza, la Nuova Guinea restò un possedimento olandese, isolato e fragile, ma conteso, segno della resistenza del colonialismo nell’epoca post-coloniale.


La Nascita del Problema della Nieuw-Guinea

Nel 1949, al termine di lunghe trattative, e dopo quattro anni di conflitto, i Paesi Bassi riconobbero la sovranità della Repubblica d’Indonesia, che si estese sull’attuale territorio, ad eccezione, appunto, della Nuova Guinea occidentale. Gli olandesi sostennero che i papuani non facessero parte dell’identità ‘indonesiana’ e che la loro integrazione in uno Stato malese-musulmano avrebbe tradito la loro diversità etnica e culturale. Per Jakarta, invece, la sovranità sull’intera eredità delle Indie Olandesi era un principio non negoziabile, ed accettare una separazione avrebbe significato minare la legittimità stessa della neonata Repubblica.

Si aprì così una lunga e complessa disputa internazionale, nella quale il linguaggio dei diritti dei popoli e quello della geopolitica si mescolarono inestricabilmente; gli olandesi parlavano di ‘autodeterminazione papuana’, una formula che tuttavia celava anche la volontà di mantenere un residuo di potere coloniale. Gli indonesiani, invece, invocavano ‘unità nazionale’, anche se spesso in termini che escludevano la pluralità culturale; pertanto, la Nuova Guinea divenne il simbolo di due opposte eredità, l’impero che non voleva cedere la sua ultima roccaforte, e la giovane repubblica che non voleva nascere mutilata.


Gli Esperimenti Olandesi – Il Sogno di una Nazione Papuana

Negli anni Cinquanta, i Paesi Bassi tentarono di trasformare la Nuova Guinea in un prototipo di Stato-nazione papuano; a tale scopo, vennero aperte scuole, centri medici, seminari di formazione politica e amministrativa. Gli olandesi introdussero simboli di identità nazionale, una bandiera, un inno e persino un consiglio locale, il Nieuw-Guinea Raad, istituito nel 1961, in cui sedevano rappresentanti papuani.

Questo sogno si scontrò presto con la realtà di una difficile transizione dall’epoca coloniale all’Indonesia, e la promozione dell’emigrazione in Nieuw Guinea non è stata accompagnata da una gestione adeguata; sulla rivista Niew Guinea del 1955 si può leggere,

Voor het bij verscheidene leden bestaande begrip voor de beperktheid der middelen, waarmede
in Nieuw-Guinea moet worden gewerkt, een begrip, dat ook aanwezig blijkt bij andere
leden, waar zij spreken van nuchter en zakelijk gevoerd everleg, waarin het eigen potentieel
niet wordt overspannen, is de Regering ten zeerste erkentelijk.
Men zal zieh naar Haar mening bij de beoordeling van hetgeen in Mieuw-Guinea in luttele
jaren is gedaan en van hetgeen in de toekomst kan worden verricht, blijvend voor ogen moeten
hauden, dat, gemeten naar maatstaven, ontleend aan een in hoge mate geperfectionneerde samenleving als de Nederlandse of aan een samenleving als de Nederlands-Indische vóór de oorlog
met haar zeer groot arbeidspotentieel, de middelen, waarmede in Nieuw-Guinea moet worden
gewerkt, inderdaad niet anders dan zeer beperkt kunnen warden genoemd.
Deze beperktheid heeft tot onvermijdelijk gevolg, dat bepaalde prioriteiten motten toorden OpItsteld,
zodat vele wensen — hot redelijk zij ook op zichzelf mogen zijn — voorshands onvervuld zullen
moeten blijven, en dat, zoals door verschillende weer andere leden terecht wordt epgemerkt,
in vele gevallen in het huidige stadium tog moest worden volstaan met de aanduiding, dat naar
bepaalde dingen zal worden gestreefd, zonder daf het wvoorshands mogelijk is in concreto aan
te geven, op welke twijze de witvoering is gedacht Binnen de grenzen van het beschikbare potentieel
zel de ontwikkeling van Nieuw-Guinea slechts stap voor stap kunnen worden aangevat.

Il Governo è estremamente grato per la comprensione, condivisa da diversi membri, della limitatezza dei mezzi con cui si deve operare in Nuova Guinea, una comprensione che si rivela presente anche in altri membri quando parlano di una discussione sobria e pragmatica, in cui non si sovraccarica il proprio potenziale.
Si dovrà tenere costantemente presente, nel valutare ciò che è stato fatto in Nuova Guinea in pochi anni e ciò che potrà essere realizzato in futuro, che, misurato con standard derivati da una società altamente perfezionata come quella olandese o da una società come le Indie Orientali Olandesi prima della guerra, con il suo enorme potenziale di lavoro, i mezzi con cui si deve operare in Nuova Guinea non possono essere definiti altro che molto limitati.
Questa limitazione ha come conseguenza inevitabile che vengono stabilite determinate priorità, in modo che molti desideri, per quanto ragionevoli possano essere di per sé, dovranno rimanere insoddisfatti per il momento, e che, come giustamente osservato da diversi altri membri, in molti casi nell’attuale fase si è dovuto limitarsi a indicare che si cercherà di raggiungere determinati obiettivi, senza che sia al momento possibile specificare concretamente come si intende attuare il finanziamento. Entro i limiti del potenziale disponibile, lo sviluppo della Nuova Guinea potrà essere affrontato solo passo dopo passo.

Nederlands Nieuw Guinea, De Indische Nederlanders, Januari 1955, pp. 19-20.

Crocifisso in stile indigeno (Nieuw Guinea, Gennaio 1958, p. 11)

Nonostante le difficoltà iniziali, furono molti i missionari e antropologi olandesi, che avevano trascorso decenni tra le comunità locali, a diventare sostenitori dell’idea di una Papua libera, moderna ma non indonesiana. Tuttavia, questa strategia giunse troppo tardi e apparve ambigua per la comunità internazionale: mentre gli olandesi parlavano di autodeterminazione, in Asia e in Africa cresceva il consenso verso le lotte di liberazione anticoloniale, e per molti Stati del Terzo Mondo, la posizione olandese la percezione era quella di un residuo anacronistico di paternalismo occidentale.


La Crisi Diplomatica e la Guerra non Dichiarata

Nel frattempo, il presidente Sukarno aveva consolidato il proprio potere in Indonesia e cercava di riaffermare la sovranità nazionale sui precedenti possedimenti coloniali; la questione di Nieuw-Guinea divenne il fulcro della sua politica estera. A partire dal 1959, l’Indonesia intraprese una serie di azioni militari di infiltrazione nel territorio, appoggiate da una campagna di propaganda anticoloniale.

Si trattò di un vero e proprio stallo diplomatico, come si evince da numerosi articoli della stampa dell’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso;

De Indonesische regering heeft formeel de eis laten vallen, dat Nederland de Indonesische soevereiniteit over Nieuw-Guinea moet erkennen, voorda’ Nederl.-Indonesische besprekingen over de toekomst van het gebied kunnen worden geopend. In de praktijk echter denkt Indonesië er niet over een ge sprek met Nederland te beginnen, als niet vaststaat, dat de onderhandelingen
zullen leiden tot de overdracht van Nieuw-Guinea aan Indonesië.
Dit is de officiële uitleg van de redevoeringen, die president Soekarno op 17 augustus in zijn eigen land en de vorige week in Belgrado op de conferentie van neutralen heeft gehouden. De zegsman is een van de belangrijkste leden van de Indonesische regering, met wie de verslaggever van de Volkskrant sprak. Hjj verlangde, dat zjjn naam niet zou worden genoemd.Vrijdag zei president Soekarno, dat hij de Nederlanders aanbood niet meer te spreken over de vraag wie de soevereiniteit over Nieuw-Guinea heeft. Betekent dit, dat Indonesië niet langer een erkennings-vooraf van de
Indonesische soevereiniteit verlangt? Nederland heeft een dergelijke erkenning-bij-voorbaat steeds van de hand gewezen, omdat van echt onderhan delen geen sprake meer zou zijn en omdat volgens de Nederlandse kabinetten in de akkoorden van de Ronde Tafel Conferentie de Nederlandse soevereiniteit over Nieuw-Guinea vastligt.

Il governo indonesiano ha formalmente rinunciato alla richiesta che i Paesi Bassi riconoscano la sovranità indonesiana sulla Nuova Guinea prima che possano essere avviati i colloqui olandesi-indonesiani sul futuro del territorio. In pratica, tuttavia, l’Indonesia non intende avviare un dialogo con i Paesi Bassi a meno che non sia certo che i negoziati porteranno al trasferimento della Nuova Guinea all’Indonesia.
Questa è la spiegazione ufficiale dei discorsi che il presidente Soekarno ha tenuto il 17 agosto nel suo paese e la settimana scorsa a Belgrado alla conferenza dei non allineati. Il portavoce è uno dei membri più importanti del governo indonesiano, con cui ha parlato il giornalista del Volkskrant. Hjj desiderava che il suo nome non fosse menzionato. Venerdì il presidente Sukarno ha detto che offriva agli olandesi di non parlare più della questione di chi detiene la sovranità sulla Nuova Guinea. Significa questo che l’Indonesia non richiede più un riconoscimento preventivo della sovranità indonesiana?
L’Olanda ha sempre respinto un tale riconoscimento preventivo, perché non si sarebbe più trattato di una vera negoziazione e perché, secondo i governi olandesi, gli accordi della Conferenza della Tavola Rotonda fissavano la sovranità olandese sulla Nuova Guinea.

de Tifa, Soekarno Compromis, 9 September 19161, p.1

L’Olanda reagì con un aumento della presenza militare e la costruzione di basi aeree, ma la sproporzione di forze era evidente; la tensione sfociò in alcuni scontri, come la battaglia della Baia di Arafura (1962), in cui la marina indonesiana subì perdite significative. Tuttavia, il conflitto non poté protrarsi a lungo, e gli Stati Uniti, timorosi che Soekarno si avvicinasse troppo all’Unione Sovietica, esercitarono forti pressioni diplomatiche sui Paesi Bassi affinché cedessero il controllo dell’isola.

In un mondo diviso in blocchi, la Nuova Guinea divenne una pedina minore di un gioco molto più grand, e, alla fine, il realismo geopolitico prevalse sulle aspirazioni idealistiche olandesi, portando nel 1962 ad un compromesso.


L’Accordo di New York e la Fine dell’Utopia

Il New York Agreement, firmato il 15 agosto 1962 sotto l’egida delle Nazioni Unite, segnò la fine dell’amministrazione olandese; in base all’accordo, il territorio sarebbe stato amministrato temporaneamente dalle Nazioni Unite attraverso la UNTEA (United Nations Temporary Executive Authority), per poi essere trasferito all’Indonesia il 1 maggio 1963.

La clausola più controversa era quella relativa a un futuro ‘atto di libera scelta’ (Act of Free Choice), con cui la popolazione papuana avrebbe dovuto decidere se restare parte dell’Indonesia o optare per l’indipendenza. Tuttavia, l’atto, tenutosi nel 1969, fu organizzato sotto stretta supervisione indonesiana e coinvolse appena un migliaio di delegati scelti, non un voto popolare; non sorprende, dunque, che il risultato fu plebiscitario, quasi unanime a favore dell’integrazione. Per questa ragione, esso venne denunciato da molti osservatori internazionali come una farsa; le Nazioni Unite, nel pieno della Guerra Fredda, preferirono ratificare l’esito piuttosto che riaprire la questione.

Gli attuali scontri in Papua Occidentali, con una sistematica repressione del governo indonesiano, sembrano confermare che il passaggio all’Indonesia non fu un atto di libera scelta, ma un risultato pilotato da Jakarta, che non poteva ammettere la presenza olandese o una mutilazione della sua sovranità, dopo anni di campagne e scontri per questo territorio.


Dalla Provincia di Irian Barat alla Repubblica Indonesiana

Con il passaggio ufficiale all’Indonesia, la Nuova Guinea occidentale assunse il nome di Irian Barat (Irian Occidentale), successivamente semplificato in Irian Jaya; si ricorda che la parte orientale era ancora detenuta dalla Gran Bretagna, che riconobbe l’indipendenza di Papua Nuova Guinea solamente nel 1975.

L’integrazione della nuova provincia (Papua Ovest) non fu priva di tensioni, e le autorità indonesiane, provenienti prevalentemente da Giava, imposero una burocrazia estranea alle consuetudini locali, mentre la militarizzazione del territorio generò sospetti e risentimenti.

Attuale logo della provincia di Papua Ovest

Le politiche di ‘indonesianizzazione’ si scontrarono con la diversità etnica e religiosa dei papuani, che in gran parte professavano forme di cristianesimo introdotte dai missionari olandesi; la popolazione locale, esclusa dai centri decisionali, vide rapidamente svanire le speranze di autonomia coltivate negli anni precedenti. Nacquero dunque i primi movimenti di resistenza armata, tra cui l’Organisasi Papua Merdeka (OPM), che ancora oggi rivendica l’indipendenza del territorio.


Il Peso della Memoria e le Eredità della Decolonizzazione

La vicenda della Nieuw-Guinea rivela l’ambiguità del processo di decolonizzazione, e quanto veniva presentato come un atto di emancipazione nazionale nascondeva nuove forme di dominio; l’Indonesia, erede dell’impero olandese, riprodusse in parte la stessa logica centralista e assimilatrice del suo predecessore, sostituendo un potere straniero con un potere interno ma altrettanto distante.

Allo stesso tempo, i Paesi Bassi, pur rivendicando motivazioni umanitarie, utilizzarono la causa papuana per prolungare artificialmente la propria presenza imperiale, e l’esito fu una duplice frustrazione; per l’Olanda, la perdita definitiva dell’ultimo frammento di impero, mentre i papuani, video negata una vera autodeterminazione.

La regione rimase per decenni marginale nello sviluppo economico dell’Indonesia, pur essendo ricchissima di risorse naturali (rame, oro, gas e legname), sfruttate in larga misura da compagnie multinazionali. L’estrazione mineraria nel complesso di Grasberg, tra i più grandi giacimenti d’oro del mondo, divenne emblema di questa contraddizione, un territorio naturale di straordinaria ricchezza, ma i cui abitanti continuavano a vivere in povertà.

Oggi, le rivendicazioni autonomiste papuane persistono, spesso represse con durezza, e la memoria coloniale olandese, seppure lontana nel tempo, sopravvive nelle chiese, nei villaggi e nelle lingue locali, come un’eco di un passato ambivalente, segnato dal dominio, ma anche da incontri, alfabetizzazione e contatti umani che hanno lasciato tracce profonde.


Conclusione – La Lunga Fine dell’Impero

La Nuova Guinea, tra epoca coloniale e repubblicana, non fu solo un episodio marginale della storia indonesiana, ma un crocevia di mondi; si trattava, ad eccezione della Antille Olandesi, dell’ultimo residuo dell’impero olandese, che si spense in una lenta dissoluzione amministrativa.

Il destino di questa regione mostra come la decolonizzazione non sia mai un processo lineare, in quanto essa non rimuove il passato, ma lo trasforma, lo stratifica, lo costringe a convivere con il presente; la Nuova Guinea rimane, ancora oggi, un arcipelago di memorie e contese, un luogo dove la storia dell’impero e quella della repubblica continuano a guardarsi da lontano, senza mai riconciliarsi pienamente.


Letture Consigliate

  • Boissevain, J. (1956). Dutch administration and the Papuans: The New Guinea experience. Leiden: KITLV Press.
  • Saltford, J. (2003). The United Nations and the Indonesian takeover of West Papua, 1962–1969: The anatomy of betrayal. London: Routledge Curzon.
  • Ottolenghi, D. (2019). Decolonization and Cold War politics in West New Guinea (1949–1962). Journal of Southeast Asian Studies, 50(3), 431–453.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.). Nel 2025 ha iniziato a colloborare con la testata online 'Rights Reporter', per la quale scrive articoli e analisi sull'Islam, la shariah e i diritti umani.

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