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Sarekat Islam è stato un movimento islamico nato nelle Indie Orientali Olandesi all’inizio del XX secolo, e ha coniugato la fede religiosa con i principi nazionalisti; nonostante la censura e le altre misure imposte dall’amministrazione coloniale non è stato possibile controllare le sue idee.


Sarekat Islam was an Islamic movement that emerged in the Dutch East Indies in the early 20th century, combining religious faith with nationalist principles. Despite the censorship and other measures imposed by the colonial administration, it was not possible to control his ideas.


Introduzione – Una Mobilitazione Popolare

Quando Sarekat Islam (SI) esplose sulla scena politica indonesiana nelle decadi centrali del primo Novecento, esso non restituiva soltanto una piattaforma di rivendicazioni economiche e nazionali, ma restituiva un linguaggio che molte famiglie riconoscevano a prima vista. I gesti e il linguaggio erano facilmente riconoscibili, e riguardavano problematiche reali della popolazione indigena; per questa ragione, questo movimento ha avuto un certo successo. Non sorprende, dunque, che l’amministrazione coloniale cercò di contenere questo fenomeno, riconducendolo ad un modello compatibile con gli interessi coloniali.

Da De Expres, 1 luglio 1912. ‘Il numero dei membri dell’associazione musulmana Sarekat Islam, che ha come obiettivo la propaganda dell’Islam, ammonta già a più di 30.000 membri

Fondato intorno al 1912 come associazione di commercianti musulmani (Sarekat Dagang Islam) e guidato da figure carismatiche come H.O.S. Tjokroaminoto, Sarekat Islam aggregò rapidamente artigiani, mercanti, intellettuali religiosi e studenti. A differenza di molte associazioni politiche dell’epoca, il SI non costruì una barriera tra sacro e politico; al contrario, il sermone, il consiglio di quartiere e l’assemblea economica formavano un’unica trama. Per il contadino o il piccolo negoziante, iscriversi al SI significava trovare protezione commerciale, formazione morale e un linguaggio per descrivere quella che era percepita come ingiustizia della dominazione coloniale.

Questo intreccio tra politica e religione fu la sua forza e simultaneamente la sua vulnerabilità, e l’appello all’uguaglianza e alla solidarietà, mediato da concetti islamici familiari, costruiva fiducia; per queste ragioni, SI divenne oggetto delle attenzioni della polizia politica coloniale, che cercava di colpire prediche religiose che erano anche propaganda politica.


La Percezione Coloniale dell’Islam Politico

L’esperienza di Sarekat Islam mostra chiaramente che l’Islam è stato usato in chiave politica, e le figure religiose svolgevano anche un ruolo politico ben preciso, quello di contrastare il dominio coloniale in nome della difesa dell’Islam. Le autorità, di conseguenza, misero in atto un apparato di controllo capillare, per evitare che un sermone religioso incitasse le persone alla rivolta contro le autorità coloniali; tra le misure adottate si ricordano le richieste di autorizzazione per predicare, la registrazione formale delle scuole coraniche, i permessi per il pellegrinaggio rituale, e la puntuale presenza di informatori negli incontri di SI.

La prestigiosa rivista De Gids del 1918, conteneva un articolo in cui si osservava che

Die reactie tegen het Europeesche denk- en gevoelsleven uit zich nog onvolkomen en verward, maar niettemin onmiskenbaar, in de vereenigingen Sarēkat-Islam en Boedi-Oetåmå, welke beide nationaal willen zijn, doch zeer uiteenloopen in de keuze der wegen, langs welke zij hun nationalisme willen bevorderen. Voorzoover de geestesrichtingen, in deze vereenigingen belichaamd, zich thans reeds met eenige duidelijkheid afteekenen, zou men ze als volgt kunnen karakterizeeren.

De Sarēkat-Islam wil haar nationalisme uitbreiden tot alle volken van Ned. Indië en zou dus in dit opzicht eer internationaal moeten heeten.

Questa reazione contro il pensiero e il sentimento europeo si esprime ancora in modo incompleto e confuso, ma inequivocabile, nelle associazioni Sarēkat-Islam e Boedi-Oetāmā, entrambe aspiranti nazionali, ma che divergono ampiamente nei modi in cui scelgono di promuovere il loro nazionalismo. Nella misura in cui le tendenze spirituali incarnate in queste associazioni sono già in qualche modo chiaramente definite, potrebbero essere caratterizzate come segue.

Il Sarēkat Islam mira a estendere il suo nazionalismo a tutti i popoli delle Indie Orientali Olandesi e dovrebbe quindi essere definito internazionale sotto questo aspetto.

(Lekkerkerker, Oud Hindoeïsme en jong nationalisme, L’antico induismo e il giovane nazionalismo, in De Gids, 1918, p. 468)

La spinta nazionalista era già evidente a pochi anni dalla nascita del movimento, che venne immediatamente posto sotto lo scrutinio delle autorità coloniali; come diventerà evidente nelle prossime sezioni, l’azione coloniale fu duplice, repressiva e di contenimento.


Meccanismi della Repressione – dalla Sorveglianza alle Misure Legali

La repressione assunse forme molteplici, come l’ascolto, l’infiltrazione, la redazione di rapporti sui leaders del movimento, o ancora l’uso di leggi d’emergenza e di regolamenti amministrativi per sciogliere sezioni locali o bloccare pubblicazioni. Le autorità si servirono di strumenti apparentemente neutri, come le ordinanze sulla stampa, i regolamenti sul pellegrinaggio, e le procedure amministrative di registrazione, per colpire i nodi vitali del movimento. I quotidiani e i fogli locali, che erano la linfa comunicativa del SI, furono oggetto di fascicoli di censura e requisizioni.

Tjokroaminoto, uno dei fondatori e artefice della trasformazione da Sarekat Degan Islam, a Sarekat Islam nel 1912, fu oggetto di intensa sorveglianza, come rivelano i documenti coevi,

SAREKAT ISLAM.
Viene annunciata una riunione pubblica del circolo di Mojowarno (…) In un rapporto di una riunione del circolo Soelang (Rembang) tenuta la sera di domenica 7 agosto, si riferisce che erano presenti circa 3000 persone, tra cui circa 1000 donne. Il signor Tjokroaminoto era presente anche lui. (…) L’assemblea ha espresso vivacemente il suo consenso alle parole del presidente.
La parola fu poi presa dal signor Tjokroaminoto, che espose gli scopi, i principi e le aspirazioni della S. I. e indicò ai membri i loro doveri. Il relatore condannò il comportamento dei suddetti membri del consiglio di amministrazione della S. I. Rembang, dichiarando che erano posseduti dal diavolo; con l’arrivo di Tjokro a Rembang, quel diavolo sarebbe scomparso (…)

(OVERZICHT VAN DE INLANDSCHEI EN MALEISCH-CHINEESCHE PERS, Panoramica della Stampa Malay-Cinese Indigena, 33, 1921, p. 314-315)

Tjokroaminoto fu anche eletto come membro del Volksraad, un organo di governo consultivo e senza effettivi poteri, ma simbolici; tale nomina, del resto, ha suscitato polemiche sia in SI che negli amministratori olandesi.

Naar aanleiding van de benoeming van den heer Tjokroaminoto
tot lid van den Volksraad, zegt de redactie in het nummer
van 15 Maart dat het voorkomen van de namen der heeren
Tjokroaminoto en Soetomo onder die der benoemde leden een
voldoende maatstaf oplevert voor de soort der door de Regee
ring te voeren politiek, in verband met de in het gemoed van
het volk verborgen gevoelens opgewekt door den geest des tijds.
Reeds lang was een zeker gevoel van bitterheid te consta-
teeren aan de zijde der Sarekat Islam tegenover de politiek
der Regeering, vooral in verband met het besluit van het
Madioensche congres, dat eerherstel voor den heer Tjokroaminoto
vroeg na diens preventieve hechtenis van een jaar in verband
met de Afd. B-zaak. De benoeming van den heer Tjokroami
noto zou volgens schrijver in de periode Mr. D. Fock tot de
volstrekte onmogelijkheden hebben behoord, doch het stuur
van Jhr. Mr. A. C. de Graeff geeft een anderen weg aan dan
in den tijd van den „G. G. bekas advocaat” (ex-advocaat).

A proposito della nomina del signor Tjokroaminoto a membro del Volksraad, la redazione afferma nel numero del 15 marzo che la presenza dei nomi dei signori Tjokroaminoto e Soetomo tra quelli dei membri nominati fornisce una misura sufficiente del tipo di politica che il governo dovrà attuare, in relazione ai sentimenti nascosti nel cuore del popolo suscitati dallo spirito del tempo.
Da tempo si constatava un certo sentimento di amarezza da parte della Sarekat Islam nei confronti della politica del governo, soprattutto in relazione alla decisione del congresso di Madiun, che chiedeva la riabilitazione del signor Tjokroaminoto dopo la sua detenzione preventiva di un anno in relazione al caso della Sezione B. La nomina del signor Tjokroaminoto, secondo l’autore, sarebbe stata tra le assolute impossibilità nel periodo di Mr. D. Fock, ma la guida di Jhr. Mr. A. C. de Graeff imbocca una strada diversa rispetto al tempo del “G. G. bekas advocaat” (ex-avvocato).

(OVERZICHT VAN DE INLANDSCHEI EN MALEISCH-CHINEESCHE PERS, Panoramica della Stampa Malay-Cinese Indigena, 13, 1927, p. 415)

Nel loro insieme, queste misure ebbero lo scopo di contenere (ma anche di reprimere) il movimento, inglobandolo simbolicamente nella gestione del potere coloniale, che rimaneva saldamente controllato dagli olandesi. Questi ultimi, tuttavia, non potevano più ignorare il crescente nazionalismo, che rischiava di minare alle fondamenta il dominio coloniale.


Divisioni Interne di Sarekat Islam

La reltiva forza numerica del SI coesisteva con profonde tensioni interne, e la componente tradizionale e religiosa di Tjokroaminoto si confrontava con la frangia più radicale, influenzata dal marxismo e da idee socialiste. Le autorità coloniali seppero sfruttare queste divisioni interne per indebolire il movimento, enfatizzando gli elementi comunisti del movimento; per questa ragione, le autorità coloniali ottennero più facilmente l’appoggio della società europea e giustificarono misure severe come repressione anti-bolscevica.

Il risultato storico fu paradossale, e la separazione, favorita dall’alto tra religione e politica venne in parte realizzata proprio attraverso la repressione che divideva e indeboliva il movimento al suo interno; del resto, la rapida espansione di SI non poteva non comportare l’emergere di posizioni differenti, talvolta in conflitto tra loro.

L’obiettivo coloniale era la ‘depauperazione politica’ dell’Islam, ma il risultato storico fu più complesso, e la limitazione della funzione pubblica dell’Islam portarono alla formazione di nuove organizzazioni e strategie. Il modernismo educativo di Muhammadiyah e la riaffermazione tradizionale di Nahdlatul Ulama sono parziali risposte a questo contesto; in altre parole, la repressione non estinse la dimensione politica dell’Islam ma la trasformò. Per questa ragione, sorsero nuove forme di cittadinanza, di mobilitazione civile e di pensiero politico-religioso che sarebbero arrivate a collocarsi al centro delle lotte per l’indipendenza.

L’Islam tardo coloniale si presentò come una forza etica, e promosse iniziative sociali, presentandosi come un attore apolitico; ovviamente, la realtà era differente da quanto appariva, e il nazionalismo, aiutato anche da Sarekat Islam, continuò la sua traiettoria evolutiva.


Interpretazione Teorica – Diritto, Biopolitica e Amministrazione del Sacro

L’azione coloniale verso il Sarekat Islam si può comprende meglio se letta come un dispositivo, non la mera proibizione del culto, ma la produzione di un regime in cui il sacro viene amministrato, classificato e pacificato. Si tratta di una forma di biopolitica (nel senso foucaultiano) che mira a plasmare soggetti governabil, e ha come obiettivo la formazione di un Islam che rispetta i suoi rituali, ma che non avanza pretese di governo. Si osserva, da questo punto di vista, che la legge e l’amministrazione non erano solamente strumenti repressivi, ma soprattutto meccanismi di governo volti a ristrutturare la soggettività religiosa in modo conforme all’ordine coloniale.

La formazione di una sorta di Islam coloniale nelle Indie Olandesi, analogamente a quanto accade in Algeria e Marocco sotto il dominio francese, fu dunque il risultato di un complesso processo di ingegneria politico-culturale, in cui il potere europeo cercò di tradurre una religione viva e polimorfa in una categoria amministrabile. Le autorità coloniali non si limitarono a controllare l’Islam dall’esterno, ma ne produssero una versione ‘ufficiale’, conforme ai dettami e ai principi dell’ordine politico moderno e alla grammatica del dominio europeo. Si trattava di un Islam regolato, depurato delle sue implicazioni politiche e ridotto a fonte di moralità sociale; da questo punto di vista, l’Islam coloniale non fu un’entità teologica, ma un artefatto burocratico e discorsivo. In altre parole, era un Islam amministrato attraverso statistiche, censimenti, scuole e permessi, modellato secondo le esigenze dell’amministrazione olandese.

Attraverso regolamenti come la Goeroe Ordinantie (1905, 1925) e la School Ordinantie (1922), l’Islam fu gradualmente inserito in una rete di sorveglianza che definiva chi potesse insegnare, quali dottrine potessero essere trasmesse, e quali pratiche potessero essere considerate ‘civili’. Questo regime disciplinare, lungi dal distruggere la religione, ne produsse una nuova ecologia, ovvero un Islam burocraticamente riconosciuto, in cui i maestri religiosi divennero funzionari morali e le scuole diventarono strumenti di alfabetizzazione compatibili con il progetto coloniale.

In altri termini, il progetto era quello di creare una religione depurata dalle sue aspirazioni politiche, e compatibile con il progetto coloniale; tale processo generò quello che la storiografia più recente ha definito colonial Islam (Madinier, 2015), una configurazione religiosa ibrida, in cui la devozione popolare sopravviveva dentro forme istituzionalmente regolate. Si creò dunque una doppia identità islamica, una pubblica, disciplinata, compatibile con la civiltà colonial, e una privata, che esprimeva le aspirazioni locali, alimentata da strutture e reti tradizionali.


Conclusione

La storia di Sarekat Islam e della sua evoluzione nell’era coloniale è rappresentata da controllo e repressione; le misure olandesi, spesso sobrie nelle forme ma incisive negli effetti, intendevano neutralizzare il potere aggregante dell’Islam. Il risultato, tuttavia, non fu quello sperato, e risultò controproducente; la creazione di un islam coloniale, progetto che non interessò solamente i domini olandesi, fallì.

In effetti, gli olandesi sottovalutarono la forza aggregatrice e identitaria dell’Islam, che è riuscita a mobilitare milioni di persone nonostante le restrizioni e le leggi esistenti; la cultura islamica ha permesso di rifiutare il progetto coloniale. La promessa di redenzione, sia materiale che spirituale, in effetti, ha prevalso sul tentativo di creare un Islam addomesticato; evidentemente, i cambiamenti non possono che provenire dall’interno di una comunità, ma non possono essere imposti.


Letture Consigliate

  • Madinier, R. (2015). Islam and politics in Indonesia: The Masyumi party between democracy and integralism. National University of Singapore Press.
  • Suharto, A. (2020, July). The Sarekat Islam in Surakarta (1912–1915). In International University Symposium on Humanities and Arts (INUSHARTS 2019) (pp. 190-193). Atlantis Press.
  • Yusuf Perdana, Y. P., Sumargono, S., Rinaldo, A. P., & Nur Indah Lestari, N. (2022). The Gait of Islamic Unions in the Political Stage of the National Movement. The Gait of Islamic Unions in the Political Stage of the National Movement5(2), 269-275.

Di Salvatore Puleio

Salvatore Puleio è analista e ricercatore nell'area 'Terrorismo Nazionale e Internazionale' presso il Centro Studi Criminalità e Giustizia ETS di Padova, un think tank italiano dedicato agli studi sulla criminalità, la sicurezza e la ricerca storica. Per la rubrica Mosaico Internazionale, nel Giornale dell’Umbria (giornale regionale online) e Porta Portese (giornale regionale online) ha scritto 'Modernità ed Islam in Indonesia – Un rapporto Conflittuale' e 'Il Salafismo e la ricerca della ‘Purezza’ – Un Separatismo Latente'. Collabora anche con ‘Fatti per la Storia’, una rivista storica informale online; tra le pubblicazioni, 'La sacra Rota Romana, il tribunale più celebre della storia' e 'Bernardo da Chiaravalle: monaco, maestro e costruttore di civiltà'. Nel 2024 ha creato e gestisce la rivista storica informale online, ‘Islam e Dintorni’, dedicata alla storia dell'Islam e ai temi correlati. (i.e. storia dell'Indonesia, terrorismo, ecc.). Nel 2025 ha iniziato a colloborare con la testata online 'Rights Reporter', per la quale scrive articoli e analisi sull'Islam, la shariah e i diritti umani.

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