- Introduzione – Una Presenza Singolare
- Le Origini – Un Cristianesimo di Frontiera
- L’Interludio Britannico a Giava (1811–1816)
- Il XIX Secolo e la Lunga Assenza
- Il XX Secolo Tra Globalizzazione Ecclesiale e Rinascita Postcoloniale
- L’Anglicanesimo nel Contesto Pluralista Indonesiano
- Una Chiesa 'Senza Impero' – Significato Teologico e Simbolico
- Conclusione
- Letture Consigliate
Nell’arcipelago indonesiano, la Chiesa Anglicana ha avuto un ruolo marginale, fatta eccezione per il periodo 1811-1816; ciò nonostante, la sua presenza testimonia la resilienza e la capacità del cristianesimo anglicano di reinventarsi e di adattarsi ad un ambiente dominato dall’Islam sunnita.
In the Indonesian archipelago, the Anglican Church played a marginal role, with the exception of the period from 1811 to 1816; Nevertheless, its presence testifies to the resilience and ability of Anglican Christianity to reinvent itself and adapt to an environment dominated by Sunni Islam.
Introduzione – Una Presenza Singolare
La vicenda della Chiesa Anglicana nelle Indie Orientali Olandesi e, più tardi, nella Repubblica d’Indonesia, rappresenta una traiettoria singolare nel vasto mosaico delle storie cristiane d’Asia; non si tratta di una presenza trionfale né di una missione di massa, ma di una testimonianza silenziosa e tenace, che accompagna la lenta trasformazione del cristianesimo da religione dell’impero a espressione spirituale globale e interculturale.
In un arcipelago dove la fede cristiana è stata storicamente associata alla colonizzazione europea ( portoghese prima e olandese poi) l’anglicanesimo si colloca in una posizione marginale, mai pienamente coloniale, mai nemmeno completamente autoctona. Invece, si osserva una continua oscillazione tra la presenza e l’assenza, il potere e la marginalità, il rito e la relazione.
Seguendo il suo percorso dalle cappellanie della Compagnia britannica delle Indie Orientali fino alle comunità anglicane indonesiane contemporanee, si delinea un quadro complesso, in cui la religione diviene non solamente uno strumento di conquista ma, diventa progressivamente, un linguaggio di dialogo e riconciliazione.
Le Origini – Un Cristianesimo di Frontiera
L’anglicanesimo giunse nelle Indie Orientali come religione itinerante, portata dai marinai, dai funzionari e dai mercanti britannici che attraversavano le rotte commerciali dell’Oceano Indiano; a partire dal XVII secolo, la Compagnia Inglese delle Indie Orientali (East India Company) aveva stabilito cappellanie per i propri dipendenti a Madras, Calcutta, Penang e Malacca. Il clero che vi operava non aveva finalità missionarie in termini di proselitismo; il suo compito era piuttosto quello di servire la comunità britannica all’estero, amministrando i sacramenti e mantenendo una certa coesione spirituale tra i sudditi dell’Impero.
L’arcipelago indonesiano, tuttavia, costituiva un territorio particolare ed era governato dalla Compagnia Olandese delle Indie Orientali (VOC); questo territorio, dunque, era posto al centro di una solida struttura coloniale olandese, il cui perno ideologico e religioso era la Chiesa Riformata Calvinista. L’anglicanesimo vi giunse dunque come una presenza secondaria e, per certi versi, sospetta, limitata a piccoli gruppi di stranieri nel porto di Batavia (l’attuale Jakarta). Solo in seguito all’interregno britannico all’inizio del XIX secolo, tale presenza di estese anche ad altri centri, come Surabaya e Ambon.
Le autorità olandesi, gelose custodi del proprio monopolio confessionale, tolleravano questi culti, considerandoli parte dell’ecumene protestante e cristiano, e non furono oggetti delle restrizioni che colpirono le attività missionarie cattoliche. Il mandato della VOC, in effetti, era commerciale, e gli aspetti religiosi erano funzionali a questo obiettivo principale; sicuramente, l’atteggiamento della Compagnia non era confessionale, e non aveva obiettivi di proselitismo, specialmente tra i musulmani.
Si tratta di una prima stagione anglicana nelle Indie Orientali Olandesi, che si distingue, dunque, per la sua marginalità istituzionale ma anche per la sua resilienza spirituale; era una chiesa fragile e itinerante, che esprimeva un cristianesimo di transito, sospeso tra il porto e la nave, tra il sermone e la partenza.
Gli archivi ecclesiastici, parzialmente conservati, permettono di ricostruire la vita ecclesiastica della Chiesa di Inghilterra, dagli inizi fino ai giorni nostri; per la chiesa di Surabaya, ad esempio, esiste un opuscolo dell’agosto 1960 in cui si descrive la genesi della ‘Christ Church’ in questo centro indonesiano.

Come si vede dalla pagina riportata dall’opuscolo in esame, le origini di questa chiesa risalgono al 1878, ma i primi servizi religiosi sono stati svolti solamente nel 1910, ma in un altro sito; il contributo fondamentale, in questo senso, è stato del cappellano di Batavia e del vescovo di Singapore. La Chiesa non era ancora attiva, e nemmeno costruita, in quanto il progetto risale al 1929.


Per Surabaya e altri centri, dunque, la presenza anglicana è stata tardiva e progressiva, e conferma quanto osservato in precedenza; nel 1928 la Chiesa di Surabaya lancia un appello alle donazioni, che portano poi alla costruzione della chiesa attuale e all’inizio dei servizi religiosi regolari nel 1931, data della dedicazione della Christ Church.
L’Interludio Britannico a Giava (1811–1816)
Il dominio olandese venne interrorro tra il 1811 e il 1816, e segnò un periodo in cui la Chiesa Anglicana riuscì a godere di una presenza formale e organizzata nel cuore dell’arcipelago, grazie al breve dominio britannico. In seguito alle guerre napoleoniche, l’Olanda cadde sotto il controllo francese e la Gran Bretagna occupò temporaneamente i suoi territori asiatici; a capo del governo di Giava fu posto Thomas Stamford Raffles, uno dei protagonisti più singolari dell’Illuminismo coloniale. Raffles, in effetti, era un riformatore, orientalista, umanista e fervente sostenitore di una visione più moderna e meno repressiva della dominazione europea.

Durante il suo governo, Raffles introdusse diverse innovazioni amministrative e culturali, tra cui l’abolizione della schiavitù, e la promozione dello studio delle lingue locali; egli incoraggiò la tolleranza religiosa e favorì la presenza anglicana, ma non è accertato che egli abbia anche stabilito un cappellano anglicano ufficiale a Batavia, come risulta invece dalla seconda metà del secolo. Fu un momento breve ma intenso, in cui l’anglicanesimo divenne per qualche anno una chiesa visibile e istituzionalmente riconosciuta, anche se limitata ai residenti europei. Le celebrazioni, probabilmente, seguivano il Book of Common Prayer, e alcuni funzionari britannici sostennero la diffusione di opere bibliche e scolastiche in lingua malese.
Tuttavia, il sogno di Raffles di una ‘Giava illuminata’ ebbe una durata limitata, e nel 1816, con la restaurazione olandese, l’esperimento britannico cessò; rimase, però, una traccia di memoria religiosa e culturale, la testimonianza di una chiesa che, pur senza radici locali, aveva tentato di proporre un modello di cristianesimo più umanistico, aperto e dialogico.
Il XIX Secolo e la Lunga Assenza
Il XIX secolo fu l’età d’oro del movimento missionario protestante, ma l’Indonesia rimase ai margini dell’espansione anglicana; le due principali società missionarie inglesi, la Church Missionary Society (CMS) e la Society for the Propagation of the Gospel (SPG), concentrarono i loro sforzi nei territori britannici del Sud e Sud-Est asiatico: India, Birmania, Malesia, Singapore, Hong Kong.
Le Indie Orientali Olandesi, per contro, costituivano una zona ecclesialmente chiusa, in cui la Chiesa riformata, legata allo Stato, esercitava un controllo capillare sulle missioni e guardava con sospetto a qualsiasi influenza anglicana o episcopale. Solamente in regioni più periferiche, come le Molucche o Timor, si svilupparono missioni protestanti di altra provenienza, ma quasi sempre sotto l’egida olandese.
In questo periodo, l’anglicanesimo sopravviveva in forma diasporica, formata da piccole congregazioni di lingua inglese, composte da marinai, commercianti o funzionari, che si riunivano saltuariamente nei porti principali. Furono poche le chiese anglicane edificate in questo periodo, e la stessa Christ Church di Surabaya iniziò le funzioni religiose solamente nel 1931; il culto era più un gesto di appartenenza identitaria che un atto missionario. Si trattava di un modo per mantenere viva la continuità spirituale con la madrepatria in un ambiente lontano e ostile; vennero tuttavia poste le premesse per la successiva (modesta) espansione nel XX secolo.
Il XX Secolo Tra Globalizzazione Ecclesiale e Rinascita Postcoloniale
Fu solamente nel XX secolo, e in particolare dopo la Seconda guerra mondiale, che la presenza anglicana entrò in una nuova fase; la decolonizzazione e la nascita della Repubblica d’Indonesia nel 1945 aprirono uno scenario radicalmente mutato, con il crollo dell’impero olandese, e con esso le sue istituzioni ecclesiastiche coloniali. In tale contesto, l’anglicanesimo tornò in Indonesia non come espressione del potere britannico, ma come parte di una rete ecclesiale globale, libera dai legami politici dell’impero.
La All Saints Anglican Church di Jakarta, fondata originariamente come cappellania coloniale, divenne il fulcro di una rinascita ecclesiale più aperta e multiculturale; negli anni successivi, sorsero piccole congregazioni a Bandung, Surabaya e Bali, sostenute dalla Diocesi anglicana di Singapore, poi confluite nella Province of the Anglican Church in South East Asia, fondata nel 1996.

Questa nuova fase segna il passaggio da una chiesa ‘straniera’ ad una comunità indonesiana bilingue, nota oggi come Gereja Anglikan Indonesia (GAI); Il suo profilo teologico e pastorale si distingue per tre tratti essenziali, iniziando da una liturgia tradizionale ma adattata al contesto linguistico e culturale indonesiano. Tale chiesa, poi, adotta una teologia incarnazionista, che cerca di leggere il Vangelo attraverso le categorie culturali locali; si nota, infine, un forte impegno per il dialogo interreligioso e la giustizia sociale, coerente con la tradizione anglicana della via media, l’equilibrio tra fede e ragione, tra autorità e libertà.
L’Anglicanesimo nel Contesto Pluralista Indonesiano
L’Indonesia contemporanea, a maggioranza musulmana e dotata di una complessa pluralità religiosa, costituisce un terreno delicato ma fertile per la presenza cristiana; la Chiesa anglicana, seppur minoritaria, ha trovato un ruolo peculiare di mediazione. Essa, in effetti, non rappresenta una potenza straniera, e nemmeno una confessione autoctona politicamente identificabile. La sua discrezione storica le consente una libertà di azione teologica e sociale maggiore di quanto si osserva per altre chiese, che seppure più radicate o militanti, talvolta non possiedono.
Le parrocchie della GAI operano oggi come spazi di dialogo interculturale e promuovono programmi educativi, assistenza sociale, incontri ecumenici e attività artistiche; a Bali e Jakarta, in particolare, esse attraggono sia indonesiani convertiti che stranieri residenti, configurandosi come comunità cosmopolite in cui la fede si intreccia alla quotidianità urbana.
Questa apertura è anche una forma di testimonianza politica implicita, in un Paese in cui la religione può facilmente diventare strumento di contrapposizione, la GAI propone un cristianesimo della mitezza e della relazione, fedele al principio anglicano della comunione nella diversità. La sua presenza non è numericamente rilevante, ma culturalmente eloquente, e mostra che è possibile vivere il cristianesimo senza dominio, praticare la missione senza conquista, ed esercitare l’autorità spirituale senza potere temporale.
Una Chiesa ‘Senza Impero’ – Significato Teologico e Simbolico
Il destino dell’anglicanesimo in Indonesia ha un valore che travalica la storia locale, e rappresenta la trasformazione del cristianesimo mondiale nell’età postcoloniale; da religione dell’espansione europea, il cristianesimo è divenuto, nel XXI secolo, una rete globale di comunità plurali, in cui l’autorità non scaturisce più dal centro (Roma, Londra, Ginevra), ma dalle periferie, dall’Africa, dall’Asia, dall’America Latina.
In questo senso, la GAI incarna una teologia del margine, e rappresenta la forza di chi non domina ma dialoga, di chi non esporta la fede ma la traduce nella vita quotidiana; la liturgia bilingue, i canti che uniscono elementi occidentali e melodie indonesiane, le omelie che intrecciano Bibbia e cultura locale, riflettono una cristologia contestuale. In essa, Cristo non appare più come simbolo dell’Occidente, ma come Logos universale che abita ogni cultura.
È una visione che si accorda con il principio anglicano di incarnazione nella storia, e rappresenta la convinzione che la verità cristiana non si impone, ma si radica nei linguaggi, nelle sensibilità e nelle sofferenze dei popoli. In Indonesia, quersto significa riconoscere (o presentare) l‘Islam non come nemico, ma come interlocutore spirituale; la tradizione indù-buddista non viene considerata una superstizione, ma come parte di un cammino umano comune verso il divino.
In effetti, alcune delle omelie combinano sia l’indonesiano che l’inglese, per sottolineare alcuni passaggi particolarmente importanti, come si può notare nell’omelia tenuta nel luglio del 2025 per la cresima di alcuni fedeli.
Nel corso del sermone, si alternano sia l’indonesiano che l’inglese, e vengono fatte affermazioni che non ci si aspetterebbe, come ‘dì al tuo vicino, dite a destra e a sinistra, voi avete bisogno dello spirito santo’ (circa minuto 42). Un’affermazione che si potrebbe intendere rivolta non solamente ai cristiani, ma anche ai musulmani, ‘a destra e a sinistra’, ‘al tuo vicino’, non si limita ai cristiani, e testimonia una strategia molto interessante. Formalmente, non si tratta di un invito diretto ed esplicito alla conversione, ma può anche essere interpretato in questo senso, e denota una strategia intelligente che non si oppone direttamente all’Islam.
Conclusione
Dalle cappellanie marittime dell’Oceano Indiano alle parrocchie urbane di Jakarta, la storia della Chiesa Anglicana in Indonesia è la storia di una metamorfosi della fede, da espressione dell’impero a simbolo del pluralismo religioso contemporaneo. Essa dimostra la capacità del cristianesimo di riformularsi e trovare un linguaggio adatto alle circostanze senza perdere le proprie radici storiche e spirituali.
In un arcipelago che offre una considerevole diversità di popoli, lingue e religioni, l’anglicanesimo indonesiano rappresenta una minoranza peculiare, dai tratti cosmopoliti e riconciliatori; il suo cammino, iniziato come eco dell’Inghilterra imperiale e culminato nella nascita di una chiesa asiatica autonoma, mostra come il cristianesimo, spogliato dei suoi privilegi storici, possa riscoprire la sua essenza, legata al servizio, al dialogo e alla compassione.
Letture Consigliate
- Aritonang, J. S., & Steenbrink, K. (Eds.). (2008). A history of Christianity in Indonesia. Brill.
- Lumintang, S. P. I. (2025). The Fading (Lost) Colour of Reformed Theology in Reformed Churches in Indonesia and the Urgency of Reformation in the 21st Century. Jurnal Ilmiah Religiosity Entity Humanity (JIREH), 7(1), 277-290.
- Jeremiah, A. H. (2017). Anglicans in South Asia: Life in the Midst of Religious Marginality. In Contemporary Issues in the Worldwide Anglican Communion (pp. 191-210). Routledge.