Dopo la guerra ‘dei 12 giorni’ tra la Repubblica Islamica dell’Iran e Israele (a cui si sono aggiunti gli Stati Uniti d’America), è sorto un gruppo iraniano, noto come ‘Patto di Sangue’, che ha promesso di dare a colui/ei che ucciderà il Presidente Trump la somma raccolta mediante un’operazione di crowdfunding. Attualmente, la cifra supera i 42 milioni di dollari americani, come si può apprezzare dall’immagine riportata.

Si tratta di una vera e propria taglia, in stile far west, che ad una certa parte del mondo islamico sembra piacere molto; dopo la presentazione del ‘progetto’ vengono riportate alcune fatwa di ‘sapienti’ iraniani, che, anche se non menzionano mai il Presidente Trump, si scagliano contro coloro che minacciano l’Iran e i suoi leaders.
La notizia è stata riportata da testate autorevoli, come il New York Post e il The Jerusalem Post, che si sono occupati di questa ‘iniziativa’; quest’ultima sembra che sia partita da un ex impiegato dei media iraniani.
Il gruppo iraniano ha anche fornito una sezione in cui vengono spiegati gli obiettivi della campagna,

I terroristi iraniani accusano Trump e Israele di terrorismo, e, per questo motivo, essi hanno dato vita ad una campagna che non è legata (secondo le intenzioni degli organizzatori) a nessun governo; i ‘colpevoli’ hanno la possibilità di scusarsi ufficialmente, oppure di aspettare il loro destino.
Non mancano nemmeno le testimonianze, lasciate da coloro che hanno lasciato la loro donazione, come si può vedere,

Nonostante le dichiarazioni in senso contrario, è evidente il legame con il regime iraniano, che non ha mai nascosto il suo odio per l’occidente e per gli Stati Uniti d’America e i suoi alleati, Israele in primis; poco importa che i testimonials siano veri o falsi. Il messaggio è chiaro, e la somma raccolta testimonia che essa, probabilmente, non proviene da donazioni volontarie, ma da fondi governativi; del resto, la stessa somma è stata solamente dichiarata.
Non esistono prove indipendenti che essa sia stata effettivamente raccolta, o che verrà versata a coloro che accettano il patto; l’impatto di terrore, invece, è certo e chiaro, ed evidenzia la volontà di un regime allo sbando di raccogliere consensi e di salvare un apparato che ha già ampiamente mostrato i suoi limiti.
Le dichiarazioni della presunta vittoria nella guerra dei 12 giorni, del supporto (sempre presunto) della popolazione, e le numerose fatwa contro l’Occidente e gli architetti dell’operazione militare di giugno, accompagnati dalla consueta retorica del martirio, fanno pensare all’ennesima operazione di propaganda.
Ancora recentemente, diversi esponenti del regime iraniano hanno dichiarato di aver inferto un ‘durissimo colpo’ ad Israele, e di essere pronti a distruggere lo Stato Ebraico in ‘meno di un’ora‘; dichiarazioni iperboliche, coerenti con la solita propaganda di un regime, che, invece, si deve confrontare con una crisi economica e sociale senza precedenti.