Abstract
Le fatwe, verdetti religiosi emessi da autorità o sapienti islamici, sono usate in senso politico, specialmente durante le guerre o i conflitti; raramente si osserva l’uso della fatwa per incitare espressamente ad azioni violente contro l’Occidente, tranne che in Iran, nelle questioni legate alla ‘Palestina’ e a gruppi estremisti. Questi ultimi, tuttavia, usano concetti ampiamente accettati, e storicamente superati della teologica islamica classica, che, quando viene posta in discussione, suscita ampi dibattiti e polemiche nel mondo islamico (conservatori vs. progressisti, vero Islam vs. falso Islam, ecc.)
Fatwas, religious verdicts issued by Islamic authorities or scholars, are used in a political sense, especially during wars or conflicts; the use of fatwas to explicitly incite violent actions against the West is rarely observed, except in Iran, in matters related to ‘Palestine’ and extremist groups. The latter, however, use widely accepted and historically outdated concepts of classical Islamic theology, which, when questioned, provoke extensive debates and controversies in the Islamic world (conservatives vs. progressives, true Islam vs. false Islam, etc.).
Introduzione – Uno Strumento Politico
La Fatwa, un verdetto religioso islamico, viene spesso usata per mobilitare le comunità islamiche contro i ‘nemici’ percepiti del ‘mondo islamico’; in occasioni di guerre e conflitti, spesso la fatwa viene usata per condannare la supposta aggressione e (cercare di) mobilitare i musulmani contro il ‘nemico’. La fatwa, in altre parole, viene usata come strumento propagandistico contro l’occidente e i suoi valori; tale condanna, tuttavia, raramente appare esplicita durante i periodi di pace. Durante le guerre, invece, l’attivismo dei chierici islamici sembra aumentare notevolmente, e questa tendenza la si può osservare nel corso delle principali guerre che sono state combattute nel passato recente e meno recente.
L’uso della fatwa in tempo di guerra, in effetti, non è affatto nuovo, ma ha profonde radici nella teologia islamica, che impone alla ‘umma’ (comunità islamica) di difendersi compatta di fronte ad una minaccia esterna. Il concetto tradizionale, che poteva funzionare e avere una giustificazione in passato, sembra però aver perso il suo valore nel corso del tempo; la nascita degli Stati-nazione e il progresso tecnologico, in effetti, hanno modificato profondamente il concetto di ‘umma’, così come i suoi confini.
Le Crociate
Il periodo delle crociate comprende diversi secoli (XI-XIII in particolare) e il mondo islamico ha reagito con decisione alle campagne militari ‘occidentali’; Ibn Al Athir, uno dei cronachisti islamici più celebri del Medioevo (vissuto tra il XII e XIII secolo), descrive con queste parole la situazione che si poteva osservare verso la fine del secolo XI. Si tratta di una narrazione non coeva, e decisamente ideologica, tipica dei cronachisti islamici, come al Tabari, la cui funzione non era quella di ricostruire gli eventi, ma di presentare uno scenario ideale, capace di mobilitare la comunità islamica.
When the Franks – may Allah frustrate them – extended their control over
what they had conquered of the lands of Islam and it turned out well for
them that the troops and the kings of Islam were preoccupied with fighting
each other, at that time opinions were divided among the Muslims, desires
differed and wealth was squandered.
Quando i Franchi – possa Allah frustrarli – estendevano il loro controllo su
quello che avevano conquistato delle terre dell’Isla, e andò bene per
loro che le truppe e i re dell’Islam erano occupati a combattere
l’uno contro l’altro, in quel periodo le opinioni erano divise tra i musulmani, i desideri
differivano e la ricchezza veniva sperperata.
(The Chronicle of Ibn Al-Athir for the Crusading Period from Al Kamil Fil Tarikh, Vol I: The Years 491–541/1097–1146), p. 16)
Il testo riportato riassume perfettamente l’atteggiamento del mondo islamico verso l’occidente, e, in prima battuta, si noti l’espressione ‘terre islamiche‘; ancora oggi, è diffusa la concezione secondo cui alcuni territori siano ‘islamici’ di diritto, e che tale status sia eterno. Un altro tema che emerge è la maledizione dei nemici, che si esprime mediante frasi ed espressioni tipiche (possa Allah frustrarli, ecc.); anche se attualmente le maledizioni vere e proprie si possono osservare solamente da parte dei gruppi terroristici, i toni che vengono espressi durante i conflitti convogliano lo stesso messaggio.
Il periodo delle crociate, in effetti, è stato fondamentale per formare (reciprocamente) l’atteggiamento verso il ‘nemico’; alcuni concetti, poi, sono rimasti immutati, come lo statuto ‘islamico’ di territori che successivamente sono stati persi e conquistati dalle potenze occidentali. Nel Medioevo, tuttavia, queste terre erano parte integrante di territori posti sotto il dominio islamico, e la reazione dei musulmani dell’epoca appare coerente e anche giustificata.
La Situazione Attuale
Dal tempo delle crociate sono passati diversi secoli, ma l’atteggiamento del mondo islamico, a differenza di quello occidentale, non sembra essere mutato nella sostanza; nel corso del Rinascimento vennero emesse diverse fatwe e pareri religiosi che giustificavano le guerre di espansione dell’Impero Ottomano. Si ricorda, a tale proposito, che l’Impero Turco era anche la sede del califfato, e tale condizione conferiva alle politiche del sultano un’aura e una giustificazione religiosa; questo atteggiamento perdura anche dopo il periodo coloniale.
La stragrande maggioranza dei giuristi e teologi musulmani, anche attuali, continua a considerare ‘terre islamiche’ quelle che appartenevano al califfato e ai regni islamici; un esempio su tutti è quello di Gerusalemme e della Terra Santa, attualmente divisa tra lo Stato di Israele, la Striscia di Gaza e il West Bank (più la Cisgiordania).
Non si tratta, del resto, del solo esempio rilevante, in quanto le fatwe sono state usate in diverse guerre combattute nel corso del XXI secolo; tralasciando, per il momento, l’aspetto relativo alle particolari dinamiche e motivazioni, si osserva che la fatwa è ancora usata come ordinario strumento di mobilitazione e orientamento delle comunità islamiche. Nei paragrafi successivi, si cercherà di fornire alcuni esempi notevoli di fatwe importanti emesse da studiosi islamici contemporanei o del passato recente.
Fatwa nella Guerra tra Iran e Iraq (1980-1988)
Non sempre le fatwa sono usate contro l’occidente, e talvolta esse vengono emesse per allineare e motivare il combattimento contro un nemico islamico, come successe durante la guerra tra l’Iran (sciita) e l’Iraq (sunnita). In questo caso, entrambi i Paesi in guerra erano islamici, ma appartenevano a denominazioni differenti; immediatamente dopo la fine del lungo conflitto, l’ayatollah Khomeini emise una fatwa in cui ordinava (e giustificava) l’uccisione dei prigionieri di guerra.
L’editto religioso, in realtà, riguardava i prigionieri che erano considerati ‘munafiqin’, letteralmente ‘ipocriti’, ovvero ‘falsi’ o ‘finti’ musulmani; nella tradizione islamica, questo termine indica quei musulmani che, pur affermando e anche praticando esteriormente l’Islam, in realtà non lo sono. Tale giudizio, evidentemente, può essere emesso ufficialmente da un’autorità islamica di uno Stato retto dalla shariah, e non rimanere un giudizio morale. In questo caso, la condizione di ‘munafiq’ può comportare conseguenze legali; la fatwa di Khomeini del 1988 aveva la funzione di liberarsi dei prigionieri di guerra che potevano risultare scomodi al regime.
Per questa ragione, l’allora ‘Guida Suprema’ emise questa fatwa, di cui vengono riportati alcuni passaggi significativi, che si rivolse principalmente, a coloro cha appartenevano al gruppo noto come Mujahedin-e Khalq, che si opponeva al regime degli ayatollah.
Since the treacherous munafiqin [Mujahideen] do not believe in Islam, and whatever they say is stemmed from their deception and hypocrisy; and since, according to the claims of their leaders, they have become apostates of Islam; and since they wage war on God and are engaging in classical warfare in the western, northern and southern parts of the country with the collaboration of the Baathist party of Iraq, and are spying for Saddam against our Muslim nation; and since they are tied to the World Arrogance and have inflicted treacherous blows to the Islamic Republic since its inception, it follows that those who remain steadfast in their position of hypocrisy in prisons throughout the country are considered to be mohareb [waging war on God] and are thus condemned to a sentence of death, and determination of this issue in Tehran shall be with a majority decision of Messrs Hojat-ol-Islam, Nayyeri (may his life be prolonged), and his Excellency Mr Eshraghi, and a representative of the Ministry of Information.
Poiché i traditori munafiqin [Mujahideen] non credono nell’Islam, e tutto ciò che dicono deriva dal loro inganno e ipocrisia; e poiché, secondo le affermazioni dei loro leader, sono diventati apostati dell’Islam; e poiché dichiarano guerra a Dio e sono coinvolti in una guerra classica nelle parti occidentali, settentrionali e meridionali del paese con la collaborazione del partito Baathista iracheno, e spiano per Saddam contro la nostra nazione musulmana; e poiché sono legati all’Arroganza Mondiale e hanno inflitto colpi traditori alla Repubblica Islamica sin dalla sua nascita, ne consegue che coloro che rimangono fermi nella loro posizione di ipocrisia nelle prigioni di tutto il paese sono considerati mohareb [che dichiarano guerra a Dio] e sono quindi condannati a una pena di morte, e la determinazione di questa questione a Teheran sarà presa con una decisione a maggioranza dei signori Hojat-ol-Islam, Nayyeri (che la sua vita sia prolungata), e il signor Eshraghi, e un rappresentante del Ministero dell’Informazione.
(Khomeini, fatwa contro i munafiqun iracheni)
In seguito a questo fatwa furono istituite delle ‘Commissioni della Morte’ che dovevano giudicare coloro, tra i prigionieri, che corrispondevano alla descrizione della guida suprema; le accuse, come si nota, sono molteplici. Su tutte, quella di aver tradito lo Stato iraniano e di essere diventati apostati, ovvero non più musulmani a causa delle loro azioni; si tratta di accuse politiche, come conferma la fatwa, che parla di ‘spionaggio’ per il regime iracheno, e di ‘guerra contro Dio’, ovvero contro la Repubblica Islamica.

Questa fatwa, tristemente celebre, ha portato alla morte di migliaia di prigionieri per motivazioni politiche, ma giustificate con un discorso pseudo religioso; i morti, secondo le stime operate da organizzazioni internazionali indipendenti, furono comprese tra le 3-5 mila unità. In altre parole, il regime iraniano ha ucciso migliaia di persone appartenenti principalmente al gruppo di opposizione, e che erano già prigionieri in Iran.
Fatwa di Al Qaradawi sulla ‘Palestina’
La posizione dei sapienti sunniti risulta tipicamente più moderata rispetto a quella delle loro controparti sciite; raramente si trovano fatawa che incitano al combattimento su base religiosa, ovvero che invocano una vera e propria jihad militare. Un’eccezione nota è quella del conflitto israelo-palestinese, su cui diversi sapienti si sono pronunciati a favore delle azioni militari; si consideri, in questo senso, Yusuf al Qaradawi, considerato ‘moderato’ a ragione (?) della sua condanna di gruppi terroristici come al Qaeda e ISIS.

Per quanto riguarda la ‘Palestina’, ovvero Gerusalemme e la Cisgiordania, la Striscia di Gaza e l’attuale Stato di Israele, egli rivendica il ‘possesso islamico’ di questi territori, e afferma che la lotta armata per la loro riconquista è obbligatoria per i musulmani.
Il suo pensiero appare molto netto, e ha condizionato la posizione maggioritaria delle comunità islamiche su questo problema,
I have always stressed that Palestine is a Muslim land belonging to all generations of the Muslim nation. Therefore, if any of these generations fail to defend and protect this land, it is for the following generations to stand up for this task. If Palestinians neglect their duty of defending this land, the whole Muslim nation is required to take this responsibility and defend the land either by force or word
Ho sempre sottolineato che la Palestina è una terra musulmana che appartiene a tutte le generazioni della nazione musulmana. Pertanto, se una di queste generazioni non riesce a di difendere e proteggere questa terra, spetterà alle generazioni successive questo compito. Se i palestinesi trascurano il loro dovere di difendere questa terra, l’intera nazione musulmana è tenuta ad assumersi questa responsabilità e a difendere la terra con la forza o con la parola
Gardner, M., & Rich, D. (2008). The thought of Qaradawi, in Democratiya, 12, 158.
Pertanto, la lotta armata (aka terrorismo) sarebbe giustificata e, anzi, un obbligo religioso e morale dei musulmani del mondo intero, secondo una retorica nota e consolidata nel pensiero islamico,
The Palestinians do not have the competence to decide on the fate of Jerusalem without resorting to the Muslims all over the world. This, consequently, makes it obligatory upon every Muslim wherever he is to defend Jerusalem, and al-Aqsa Mosque. This is an obligation upon all Muslims to participate in defending Jerusalem with their souls, money, and all that they possess, otherwise a punishment from Allah shall descend on the whole nation
I palestinesi non hanno la competenza per decidere sul destino di Gerusalemme senza ricorrere ai musulmani di tutto il mondo. Questo, di conseguenza, obbliga ogni musulmano, ovunque si trovi, a difendere Gerusalemme, e la Moschea di al-Aqsa. È un obbligo per tutti i musulmani partecipare alla difesa di Gerusalemme con le loro anime, il loro denaro e tutto ciò che possiedono, altrimenti un castigo di Allah scenderà sull’intera nazione.
Gardner, M., & Rich, D. (2008). The thought of Qaradawi, in Democratiya, 12, 158.
Rirtorna il leitmotiv delle ‘terre islamiche’ e del supposto diritto di riconquista su basi religiose, il medesimo principio che viene invocato da altri gruppi islamisti per giustificare le loro azioni terroristiche; pertanto, non esiste alcuna distinzione tra il ‘caso palestinese’ e gli altri, se non da un punto di vista ideologico. Al Qaradawi, semmai, appare particolarmente preoccupato dalla ‘Palestina’, ma i principi che enuncia possono essere applicati anche ad altre situazioni e gruppi, che invece sono riconosciute come terroristi anche dalla maggior parte dei musulmani.
La Fatwa di Osama bin Laden
Osama bin Laden, ispiratore e fondatore di Al Qaeda ha emesso almeno due fatawa esplicitamente contro l’Occidente, incitando alla lotta armata contro di esso; l’editto religioso, del 1996, si intitola ‘Declaration of War against the Americans Occupying the Land of the Two Holy Places’, ‘Dichiarazione di Guerra contro gli Americani che Occupano la Terra dei due Luoghi Sacri’.
Sebbene bin Laden sia stato disconosciuto (ufficialmente) dalla stragrande maggioranza dei sapienti islamici (sia sunniti che sciiti) il suo status di ‘sapiente’ è stato riconosciuto in alcuni circoli salafiti ed estremisti. Egli, tuttavia, non possedeva i titoli e le certificazioni che nel mondo islamico sono necessarie per emettere ‘validamente’ una fatwa; ciò nonostante, sembra che il suo riconoscimento come sapiente sia aumentato dopo la sua morte.
Nella menzionata fatwa del 1996, bin Laden affermava, dopo aver descritto un quadro della supposta decadenza del mondo islamico e della necessità di agire, che,
Under such circumstances, to push the enemy-the greatest Kufr- out of
the country is a prime duty. No other duty after Belief is more important
than the duty of had . Utmost effort should be made to prepare and
instigate the Ummah against the enemy, the American-Israeli alliance-
occupying the country of the two Holy Places and the route of the
Apostle to the Furthest Mosque (Al-Aqsa Mosque). Also to remind the Muslims not to
be engaged in an internal war among themselves (…)
In tali circostanze, spingere il nemico—il più grande Kufr—fuori
il paese è un dovere primario. Nessun altro dovere dopo la Fede è più importante.
che il dovere di avere. Il massimo sforzo dovrebbe essere fatto per preparare e
istigare l’Ummah contro il nemico, l’alleanza americano-israeliana-
occupando il paese dei due Luoghi Santi e il percorso del
Apostolo (Maometto, ndr) alla Moschea più lontana (Moschea Al-Aqsa). Anche per ricordare ai musulmani di non
essere coinvolti in una guerra interna tra di loro (…)
(Osama bin Laden, Dichiarazione di Guerra contro gli Americani che Occupano la Terra dei due Luoghi Sacri’)
Anche se questa fatwa non era stata emessa da un sapiente, inteso secondo i canoni tradizionali dell’Islam, gli elementi che contiene appartengono tutti alla tradizione islamica, e sono generalmente accettati. Il concetto di ‘occupazione’, in questo caso, viene esteso in maniera iperbolica, e viene usato per mobilitare e giustificare la lotta armata e l’insurrezione contro legittimi governi; per questa ragione, questa dichiarazione può essere considerata una vera e propria fatwa.
Nel 1998, Bin Laden prepara e diffonde un altro documento, un’altra fatwa, in cui riporta il manifesto del cosiddetto ‘World Islamic Front’, incitando apertamente all’uccisione di statunitensi (occidentali) ed ebrei in qualunque parte del mondo.
Nel loro insieme, questi due documenti rappresentano l’applicazione estesa (e retorica, iperbolica) di principi che si possono ritrovare nella teologia islamica classica, ma che vengono manipolati per giustificare le azioni terroristiche. Evidentemente, la persistenza di concetti ambigui e storicamente superati nell’alveo dello stesso Islam mainstream costituisce un serio problema, colto da una stretta minoranza di teologi che spesso sono considerati ‘progressisti’ in maniera derogatoria, specialmente alla luce della recente ‘ondata conservatrice’ nel mondo islamico.
Conclusioni
La fatwa, verdetto religioso islamico, spesso viene usata in situazioni belliche, come strumento di mobilitazione o di sanzione per coloro che sono considerati ‘collaboratori’ del ‘nemico’; si tratta di un uso ideologico delle fatwe adottato sia dal mondo sunnita che sciita. Si tratta, del resto, di uno strumento consolidato da secoli, che nel mondo moderno viene riproposto senza particolari variazioni; i gruppi più estremisti, poi, ampliano ulteriormente concetti radicati e consolidati nella teologia islamica classica, per giustificare le loro azioni.
Letture Consigliate
- Amin, A. R. M., Syatar, A., Mayyadah, M., Abubakar, A., & Haq, I. (2024). Problematic Fatwa: An In-Depth Sociological Investigation of MUI’s Fatwa on Supporting Palestine’s Struggle. El-Usrah: Jurnal Hukum Keluarga, 7(1), 237-252.
- Adısonmez, U. C., Onursal, R., & Oztıg, L. İ. (2023). Quest for regional hegemony: The politics of ontological insecurity in the Saudi–Iran rivalry. Alternatives, 48(1), 91-107.
- Johnston Jr, D. M. (2024). Know Your Enemy: Understanding the Worldview and Motives of Osama Bin Laden and the Jihadist Movement He Inspired. The Review of Faith & International Affairs, 22(1), 108-115.